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Autore: beagle26    07/04/2016    2 recensioni
Damon e Elena non potrebbero essere più diversi, e, soprattutto, hanno un pessimo tempismo.
Eppure non possono fare a meno l'uno dell'altra.
Eppure le loro vite correranno per anni su binari paralleli.
Riusciranno prima o poi ad incontrarsi?
AU - AH
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Damon Salvatore, Elena Gilbert, Un po' tutti | Coppie: Damon/Elena
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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4. Wasting my young years

Don’t you know that it’s only fear
I wouldn’t worry, you have all your life
I’ve heard it takes some time to get it right
I’m wasting my young years
It doesn’t matter here
***
Non lo sai che è solo paura?
Io non mi preoccuperei, hai tutta la tua vita
Ho sentito che ci vuole un po’ di tempo per far funzionare le cose
Sto sprecando i miei giovani anni
A questo punto non importa
 
Wasting my young years – London Grammar
 
 
È con grande piacere che le comunichiamo che la sua richiesta di ammissione è stata accolta.
 
Dopo aver riletto la frase per la milionesima volta, Elena non riesce a trovare di meglio da fare che piegare di nuovo il dannato foglio increspato da minuscole grinze e riporlo nella busta bianca.
Un secondo dopo se lo sta rigirando tra le mani. Ancora.
Chissà, forse spera che basti questo ridicolo rituale a far cambiare le cose.
Magari è sufficiente rifare tutto daccapo.
Aprire la busta, leggerne di nuovo il contenuto e trovarci magicamente scritta la risposta che sta cercando dentro di sé senza alcun risultato.
Un sospiro più forte degli altri risuona nell’insolito silenzio che avvolge il soggiorno.
Casa Gilbert ha smesso di essere allegra e chiassosa già da qualche settimana, ma oggi non si sente nemmeno una mosca volare. Solo il ronzio del frigorifero interrompe di tanto in tanto quella calma irreale.
Jenna è uscita a cena col suo ragazzo del momento, col benestare di Elena che, per quanto lo consideri apertamente un idiota nemmeno lontanamente degno di sua zia, l’ha praticamente obbligata a prendersi del tempo tutto per sé.
Jeremy è fuori per un non precisato impegno, tanto per cambiare.
Dopo la sfuriata alla festa al lago, le cose non sono migliorate.
Il giorno dopo Jer aveva accettato le sue scuse con una specie di grugnito, continuando a fissare lo schermo della tv e ingurgitando una quantità spropositata di latte e cereali. Senz’altro si trattava di fame chimica, aveva pensato tra sé e sé Elena-la-bacchettona, ripromettendosi mentalmente di continuare a tenerlo d’occhio, magari evitando di esagerare con le prediche.
Suo fratello però continua ad essere incazzato col mondo, a tenersi tutto dentro, a stare tutto il giorno in giro senza concludere nulla.
Come se questo atteggiamento possa bastare ad illudersi che le loro vite non siano state devastate.
Anche Elena lo vorrebbe, lo vorrebbe davvero, ma sa che non è possibile.
Quella busta però potrebbe essere il suo lasciapassare per il futuro che ha sempre desiderato, se solo non fosse così preoccupata per le conseguenze che una scelta del genere provocherebbe.  
 
Elena getta la lettera sul tavolino, chiude gli occhi e si massaggia le tempie.
Da quando è successo l’incidente  non riesce più a dormire bene, terrorizzata dagli incubi che si presentano puntuali ogni volta che cede al sonno. È terribilmente stanca, così il suono del campanello le rimbomba in testa e la fa sussultare.
“Sei ridicola” si rimprovera, mentre si trascina sulla porta per ritirare la pizza che ha ordinato.
“Eccomi qui. La mia è la margherita con doppio formaggio…”.
“Ciao, Elena”.
Le ci vuole un attimo di troppo per metabolizzare. Forse è la sorpresa di trovarselo davanti, forse è l’effetto che le fa sentire il suono del suo nome sulle labbra di lui. Dio, perché è così… strano?
“Che… che diavolo ci fai tu qui?”.
“Diciamo che ti ho riportato qualcosa che ti appartiene.”.
 
 
 
Damon sta trascorrendo la serata seduto al bancone del Grill, svuotando un bicchiere di bourbon dopo l’altro e flirtando senza ritegno con l’adorabile ragazzina che glieli serve.
Non che quel posto gli ispiri particolare simpatia. Semplicemente, non ha voglia di starsene a casa, e non per i motivi che ha immaginato quando ha preso la decisione di abbandonare il college e comunicarlo alla famiglia.
Suo padre ha reagito con pacata rassegnazione al suo annuncio di voler lasciare Stanford ad un passo dalla laurea a favore della sua grandiosa idea imprenditoriale, il lancio del videogioco ideato dal suo amico Ric che Damon ha ben pensato di brevettare con i soldi di Klaus.
In parole povere, lui non ha alcun merito, ma, se tutto andrà secondo i piani, godrà quanto e più degli altri due dei frutti di quell’”operazione”, il tutto grazie al suo innato fiuto per gli affari e ad una buona dose di spavalderia.
Giuseppe non se l’è presa più di tanto, forse convinto che, nel giro di poco, suo figlio tornerà sui propri passi. Chissà perché, Damon non ne è stato sollevato. A dire il vero è rimasto deluso.
Detesta il fatto che suo padre non reagisca, che sia così preso dalla sua rassicurante routine quotidiana da non accorgersi di quello che sta accadendo sotto al suo naso.
 
Lily invece ci aveva provato a far ragionare il figlio.
“Perché non me ne hai parlato prima Damon? Non penso sia una buona idea, te lo devo dire. E poi… credevo che io e te ci dicessimo tutto…” gli aveva sussurrato, carezzandogli dolcemente un braccio. Non poteva sapere quanto ironica doveva suonare quella frase alle orecchie di Damon, che la sera prima l’aveva beccata con le mani nella marmellata, o meglio, con la bocca sul suo cazzo di amante. Tuttavia era rimasto in silenzio, scrutando quegli occhi così uguali ai suoi che traboccavano amore per lui, e gli facevano venir voglia di vomitare.
 
Quel ricordo, ancora troppo vivo e recente, gli fa sbattere il bicchiere sul tavolo con eccessiva violenza, richiamando l’attenzione di Vicky che mentre asciuga i calici sta chiacchierando con un’altra ragazza, ma senza perdere mai di vista il suo cliente preferito.
“Dio, è così sexy…” mormora all’amica appositamente per farsi sentire da lui, fissandolo negli occhi vitrei come se volesse spogliarlo con lo sguardo.
Quando si avvicina per riempirgli ancora una volta il bicchiere, si china in avanti in modo appoggiare il più possibile le tette sopra al bancone.
 “Posso servirti altro?”.
Lui scuote la testa e la ringrazia con un sorriso sbilenco, che ha il solo scopo di rimediare qualche giro gratis, per poi posare lo sguardo proprio dove lei aveva previsto.
Quella ragazza è senza dubbio scopabile, ma non è esattamente il suo genere o forse, semplicemente, è lui a non essere dell’umore adatto.
Damon fa scivolare il liquido ambrato giù per la gola, che ormai brucia per via degli shot e delle troppe sigarette. La serata di Mystic Falls non offre molti diversivi, ma lui non ha ancora voglia di tornarsene a casa.
“Ciaaaaao Vicky”.
La voce impastata e biascicante appartiene a un tizio alto e palesemente ubriaco che a momenti gli cade addosso di peso.
“Ehi, vacci piano”.
“Ohhh scusami amico” .
Il tipo gli rivolge una smorfia addolorata, accompagnandola con un buffetto sulla spalla. Poi si concentra nuovamente sulla barista, la quale non sembra essere entusiasta della cosa.
“Che ci fai qui Jer? Ti avevo detto di sparire" ribatte scocciata.
“Ma io ti amoooooo. Sei fantastica. Dio amico, non pensi anche tu che sia fantastica? Perché non mi vuoi più Vicky? Non ti è piaciuto l’altra sera? A me sembrava che ti piacesse”.
Il tizio continua a blaterare in modo irritante, sbattendo le palpebre sempre più lentamente.
Guardandolo in viso, Damon si rende conto che non può avere più di quindici anni.
“Sei così dolce e sexy. Te lo ricordi quando mi hai leccato il…”
“Falla finita Gilbert! Ti ho già detto e ripetuto di levarti dai piedi” sbotta la mora, in evidente imbarazzo.
Damon sposta lo sguardo da lei al tizio. Tutto ad un tratto, quella scena ha smesso di essere comica, o irritante.
“Come hai detto che si chiama?”.
 
 
 
 
Le ci vuole un attimo per riprendersi. Nel frattempo si sposta i capelli dietro le orecchie con fare nervoso, seguendo lo sguardo di lui che, inevitabilmente, ha percorso le sue gambe lunghe, coperte solo da un paio di pantaloncini blu. Del resto Elena non aspettava visite, eccetto forse il ragazzo delle pizze, che altri non è che il figlio brufoloso dei suoi vicini e di certo non si sarebbe scandalizzato nel vederla in quello stato.
“Bel pigiamino!” esclama Damon ironico, piegando la testa di lato.
L’imbarazzo e la confusione sul volto di Elena lasciano spazio ad un’espressione stizzita.
“Si può sapere di cosa stavi parlando? Questa…cosa che mi appartiene. Di che si tratta?”.
“Ah, si. Giusto”.
Il ragazzo si sposta di lato, lasciando libera la visuale ad Elena che finalmente si accorge del fratello, seduto a capo chino sul bordo del marciapiede accanto ad un’auto di un celeste quasi uguale agli occhi di Damon Salvatore. Che bizzarra coincidenza. Ma ora non ha tempo di pensarci. È già volata giù dal portico immacolato, appena in tempo per raggiungere il fratello che a momenti si sta addormentando sull’asfalto.
“Jeremy… che hai?”.
“Uhhh sorellina. Ciao! Io e il mio amico Damon qui andiamo a fare un giro. Vieni con noi?”.
“Dio mio quanto puzzi! Coraggio, ti aiuto ad alzarti” fa lei, premurosa. L’operazione però risulta un po’ più complicata del previsto, considerato il fatto che suo fratello è alto il doppio di lei.
Elena si volta indietro. Damon li sta osservando a braccia incrociate, col suo solito ghigno strafottente dipinto in viso.
“Si può sapere perché l’hai fatto sedere qui per terra?” gli chiede la mora, continuando a strattonare il ragazzo che però sembra non voler collaborare.
“E rischiare che mi sporcasse gli interni dell’auto di vomito? Starai scherzando!”.
Elena sbuffa e riprende la sua opera di sollevamento pesi. Damon alza gli occhi al cielo. Quella ragazzina è troppo orgogliosa per domandargli aiuto. Così si avvicina, le posa una mano sulla schiena per invitarla a farsi da parte.
“Ci penso io”.
Fa scorrere un braccio sotto le spalle di Jeremy e lo aiuta ad alzarsi da terra. Insieme si dirigono verso la casa. Elena cammina al loro fianco, accarezzando di tanto in tanto il braccio del fratello il quale, dopo aver salito i tre scalini che conducono al portico immacolato, pensa bene di svuotarsi lo stomaco sul pavimento.
 
 
 
“Come sta?”
“Gli ho dato un’aspirina e adesso sta dormendo, credo”.
Elena risponde senza voltarsi, continuando a sciacquare i bicchieri nel lavello. Deve tenersi occupata, e non ha voglia di incrociare ancora una volta lo sguardo ironico di Damon, che la osserva con una spalla poggiata allo stipite della porta della cucina.
“Ho dato una pulita la fuori…” continua lui.
Questa volta Elena decide di voltarsi.
“Non avresti dovuto ma… grazie” dice a voce bassa, strofinandosi nervosamente le mani col canovaccio.
“Figurati. Ho visto di peggio.”.
Damon accenna un lieve sorriso sbilenco. Elena lo osserva, senza aggiungere nient’altro. C’è qualcosa di nuovo nel modo in cui lui la sta guardando. Un che di protettivo e… compassionevole.
“Sai tutto, non è così?”.
“Beh… Stefan non è esattamente una tomba”.
“Stai facendo ironia?”.
“Ops… non volevo. Scusami”.
Per un attimo si studiano in silenzio, poi lei abbassa il viso sullo strofinaccio, rendendosi conto solo in quel momento di quanto forte lo stia stringendo.
“Mi dispiace, Elena. Per la tua famiglia e… beh. Per tutto quanto”.
“Non voglio la tua pietà” ribatte lei, affrontando il suo sguardo con gli occhi pieni di lacrime e orgoglio.
Damon si trova improvvisamente a corto di risposte e battute sarcastiche.
La fragilità e la testardaggine di lei, ancora una volta, lo lasciano spiazzato.
Si guardano negli occhi per un lungo istante, lui senza sapere cosa dire, lei senza sapere cosa pensare.
Caroline l’ha messa in guardia sul suo conto. Lei sa tutto di tutti, e le ha fatto un bel discorsetto riguardo al maggiore dei Salvatore. Eppure, ora che ce l’ha davanti gli sembra solo un ragazzo sinceramente dispiaciuto e preoccupato, non lo schifoso sciupafemmine di cui gli ha parlato l’amica. O forse è solo lei a volerlo vedere sotto una luce diversa.
“Perché hai lasciato Stanford, Damon?”.
La domanda le esce quasi involontariamente dalle labbra.
Lui sorride storto, incrociando le braccia sul petto.
“A quanto pare non sono l’unico ad aver preso informazioni.”.
Lei arrossisce violentemente ed evita di aggiungere altro, anche se da giorni continua a domandarsi perché quel ragazzo, che sembra avere tutte le opportunità che a lei sono negate, le abbia gettate al vento in quel modo.
“Qualcuno ha ordinato una pizza?”.
Paul, il figlio dei vicini, compare sulla porta con la solita faccia brufolosa e l’aria stralunata.
Due paia d’occhi si posano distrattamente su di lui, per poi tornare ad incrociarsi.
Damon raggiunge Elena con qualche passo esitante.
“Sarà meglio che vada”.
Lei ha voglia di chiedergli di restare, ma le parole le muoiono dentro. Così si limita a mordersi il labbro, tanto per essere sicura di non dire altre cose a sproposito.
“Buonanotte, Elena”.
“Grazie…beh, di tutto”.
La voce le esce come un lieve sussurro. Le labbra di Damon si piegano in un sorriso appena accennato, dal quale l’ironia di poco prima sembra essere sparita del tutto.
Poi si volta e se ne va, infilando le mani nella giacca di pelle e lasciandola sola con i propri pensieri.
 
 
 
La stanza di Jeremy è completamente buia, eccetto per una piccola abat-jour che proietta una luce soffice sulle pareti ricoperte da poster e disegni.
Elena si ritrova a pensare che da troppo tempo suo fratello non prende in mano una matita.
Senza far rumore per evitare di svegliarlo, si siede sulla coperta a scacchi, accanto a lui.
Quando scruta il suo viso però, si rende conto che il ragazzo ha gli occhi aperti e la sta fissando.
“Come stai?” chiede, a voce bassa.
“È solo una sbronza, Elena. Mi riprenderò”.
La ragazza sospira, sconsolata. Non riesce proprio a comunicare con lui senza farlo innervosire.
“Mi mancano così tanto, Jer” si lascia sfuggire.
“Anche a me, Elena”.
Le lacrime le salgono agli occhi in modo violento e inarrestabile. Lui deve rendersene conto, perché un attimo dopo è seduto accanto a lei e la prende tra le braccia permettendole di affondare la testa nell’incavo della spalla.
È il suo modo di perdonarla e chiederle scusa a sua volta.
Dopo tanto tempo Elena si sente di nuovo a casa.
Ha solo lui, null’altro è importante.
Più tardi, prima di andare a dormire, scenderà le scale con la sua risposta.
Ritroverà la busta sul tavolino e, dopo averla rigirata le mani un’ultima volta, la straccerà in mille pezzi.
 
 
*********
Un breve saluto e un ringraziamento a tutte voi che avete letto lo scorso capitolo.
Dopo tanto tempo non me l’aspettavo! Grazie, grazie, grazie.
Un bacio
Chiara
  
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