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Autore: Slevin97    07/04/2016    1 recensioni
"la vita di questa valle è un perpetuo circuito di produzione e distruzione, collegate ambedue tra sé di maniera, che ciascheduna serve continuamente all'altra, ed alla conservazione del luogo"
Una breve storia di carattere forse più filosofico che introspettivo.
Lo stile dei dialoghi è prettamente aulico e solenne, ma il contesto è quello di una semplice novella.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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KOILAS
Oltre le montagne dall’arida schiena, tra le pallide e sempiterne arenarie, ove non arriva il suono del vento, sorgeva una minuscola fonte; unica dispensazione di vita nel deserto, solitaria nella valle. In tempi molto remoti vide l’avvicendarsi di molte creature, ma dopo molteplici secoli rimase lei sola, ormai quasi estinta.
Questa sconosciuta, non avendo più veduto sorta alcuna di forma di vita, non essendo per secoli mai andata oltre la vista della luce, della luna e delle miriadi di granelli di sabbia illuminate, rimase sbigottita nel vedere una nuova sorgente di luce; una creatura – molto differente dai fantasmi della valle – dal passo lento e affaticato, avvicinò le labbra alle scarse acque, e solo quello le basto per capire, la vastità della realtà.
Borbottando, l’uomo lamentò la sua triste sorte, inconsapevole di avere un’uditrice:
 
<<Io, solingo peregrino, costretto a sottostare all’acqua che mi incanta e mi manca in queste aride schiere, al volere del sole che scandisce il mio tempo, alla presa di quest’ultimo, che limita la mia vita: quale mai fu il danno compiuto dalla mia specie per il quale sono costretto a vagare, diretto lontano dalla natura, per fuggire ai suoi mali? Io, saggio, sottomesso al volere di ciò che non ha intelletto; divorato dalla sete sarò forse costretto a perire quando questa breve fonte finirà il suo corso?
Questa natura, infima, illude il giovinetto con speranze che vengono poi stroncate quando sono accecati gli occhi dell’umana stirpe dalla rivelazione della sua essenza instabile, precaria, caduca
.>>

Ancora più sorpreso fu però il peregrino nell’udire il canto del gorgogliare dell’acqua rispondere alle sue parole:
 
<<Tu mostri non aver posto mente che la vita di questa valle è un perpetuo circuito di produzione e distruzione, collegate ambedue tra sé di maniera, che ciascheduna serve continuamente all'altra, ed alla conservazione del luogo; il quale sempre che cessasse o l'una o l'altra di loro, verrebbe parimente in dissoluzione. Ed ora lamenti la tua triste sorte, senza curarti della mia. Fuggirai tra le aride schiere, spaurito dal mio parlare; ma termino il mio breve corso con gioia, che ora tu continuerai a camminare, ed il sole avrà qualcosa da illuminare, la luna un essere su cui risplendere, il tempo una coscienza da scandire.>>
 
Mai più odi il canto del passero, nobile valle, ma quello servì te stessa e l’altre creature. Eppure chi l’ha udito sentì l’ebbrezza dell’eco disperdersi nel tempo, ed ancora nelle membra dei suoi discendenti vi è il risuonare lontano:
poiché ciò che ricordiamo influenza la nostra fonte, e quest’ultima tutto ciò che poggia sulle arenarie.
infinite.
   
 
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