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Autore: Hudders_Umbrella    08/04/2016    4 recensioni
Sherlock ha sempre adorato stare al centro dell'attenzione e sminuire il prossimo. Stavolta, tuttavia, ha veramente superato il limite e Mycroft ne ha avuto abbastanza: è giunto il momento di ricordare al suo fratellino che non è il solo a saper giocare. Londra si prepari, la battaglia ha inizio.
Genere: Comico, Commedia, Demenziale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Lestrade, Mycroft Holmes, Quasi tutti, Sherlock Holmes, Sig.ra Hudson
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Sherlock è notoriamente orgoglioso e plateale, e lo scherzo di Mycroft non aveva ovviamente possibilità di restare impunito. Ecco il secondo capitolo, ovvero la vendetta del giovane Holmes nei confronti del fratello. Sarà dura da digerire, in tutti i sensi. 
Speriamo che vi facciate quattro risate (alle spalle del povero Mycroft...) come ce le siamo fatte noi.
Hudders&Umbrella

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"Sherlock, posso sapere cosa te ne fai delle interiora del pollo?"

La signora Hudson, ancora intenta a spezzare lo sterno del volatile con le forbici da cucina, rivolse la domanda al suo inquilino accompagnandola con uno sguardo confuso.

"È per un esperimento.”

“Certo che ultimamente sei strano, caro. Prima quella tinta così appariscente…”

“Non è stata certo una mia libera scelta!”

“…hai ancora una ciocca rosa, oltretutto, dietro la nuca. Adesso vuoi gli organi di un animale. Non stai frequentando brutte compagnie, dico bene?”

Insomma, andava bene che le nascondesse parti di cadavere in frigorifero, era necessario per il suo lavoro. Ma che le chiedesse gli scarti di quello che sarebbe diventato il pranzo della domenica era una novità.

“È per un esperimento, ho detto. Non le serve sapere altro."

La donna storse il naso, infastidita da quel tono saccente.

"Ah, beh. Potresti anche essere un po' più educato, giovanotto. Metterò gli scarti in una scodella, prendi quello che ti pare."

Sherlock Holmes si concesse un sorriso soddisfatto. Era così semplice ottenere quello che voleva.

"La scienza le deve molto."

Fu il ringraziamento che, a modo suo, le rivolse quando finalmente potè allontanarsi con le interiora tanto bramate.

La scienza... come no. Se l'infantile necessità di vendicarsi dello scherzo del fratello e l'incapacità di lasciare a lui l'ultima parola potevano essere definite scienza, allora non aveva mentito.

Salì le scale quasi con euforia, la stessa che lo coglieva quando aveva per le mani un bell’omicidio o la possibilità di ridicolizzare Scotland Yard.

Nonostante i dissapori, le incomprensioni, l’astio e il rancore (probabilmente ingiustificati, ma mai l’avrebbe ammesso) che provava o diceva di provare  nei confronti di suo fratello, aveva sempre adorato giocare con lui. Dagli scacchi alle gare di deduzioni, da “l’Allegro Chirurgo”alle parole crociate, Mycroft era il solo in grado di tenergli testa… anzi, di rappresentare una vera e propria sfida.

Tuttavia, il gioco a cui il maggiore degli Holmes aveva appena dato inizio era qualcosa di particolarmente stimolante e Sherlock, privo di un caso decente ormai da settimane, aveva tutta l’intenzione di rispondere al fuoco.

Non appena fu al sicuro nel suo appartamento posò la scodella sulla prima superficie disponibile e, senza nemmeno preoccuparsi di indossare un paio di guanti, prese a frugare tra gli organi, gettando dalla finestra quelli di cui non aveva bisogno (il gatto che bazzicava sempre vicino ai bidoni avrebbe apprezzato).

Via il cuore, i polmoni, questo cos’era? Fegato? Via! Ah, eccolo qui. Piccolo e decisamente micidiale. 

Tenendolo tra le dita e guardandolo vicino alla luce come avrebbe fatto con una pietra preziosa, Sherlock sorrise e dette un’occhiata all’orologio. Le due del pomeriggio. Aveva tutto il tempo.

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Mycroft sedeva composto, pazientemente in attesa. Mancavano pochi minuti ormai all’arrivo del suo ospite e la sola cosa che restava da fare era controllare un’ultima volta che tutto fosse pronto. Due comode poltrone giacevano una di fronte all’altra al centro della stanza, separate da un tavolino dall’aspetto elegante e sobrio. Su questo, un vassoio con due tazze, piattini, stoviglie di vario genere, una teiera e in ultimo un espositore per dolci in argento carico di una particolare prelibatezza che sapeva essere estremamente gradita al giovane francese che sarebbe entrato di lì a poco dalla porta: macarons al pistacchio.

Per essere certo di non sbagliare si era affidato alla migliore pasticceria di Londra, a cui da anni si rivolgeva per ordinare dolci di ogni tipo da offrire ai suoi ospiti più importanti. Si fidava ciecamente del longilineo signore che da tanto tempo ormai gli forniva le migliori leccornie, indispensabili a prendere i suoi colleghi internazionali per la gola ed anche a concedersi un piccolo piacere personale di tanto in tanto.

Errore imperdonabile.

Avrebbe dovuto fare molti più controlli su quell’uomo prima di ritenerlo così degno di fiducia. Avrebbe scoperto tante di quelle cose.

 

“Signor Holmes, la prego. Non mi chieda una cosa simile.”

“Clayton, mi sono forse tirato indietro quando l'ho scagionata dalle accuse di omicidio?”

“No,ma.. suo fratello è mio cliente da tanti anni ormai…”

“Non è stato forse lei a dirmi che mi sarebbe stato debitore vita natural durante?”

“L’ho detto e lo penso tuttora, ma mi sta chiedendo di tradire la fiducia di Mycroft Holmes.”

“La fiducia di mio fratello o la mia, Clayton. A lei la scelta.”

“…per l’amor del cielo, mi dia quel pacchetto e che Dio ce la mandi buona.”

“Ottimo. Ha fatto la scelta giusta.”

 

Ebbene, Mycroft non aveva fatto alcuna ricerca e non aveva idea del fatto che quel pasticciere dovesse un gigantesco favore al caro fratellino, né poteva in alcun modo dedurre una sillaba della conversazione avvenuta tra i due poche ore prima. Fu solo quando ormai era troppo tardi che notò qualcosa di strano, una nota fuori posto nell’accoglienza preparata a puntino.

Quei dolci avrebbero dovuto presentare tutti la stessa delicata sfumatura di verde, ma alcuni (circa la metà, a occhio e croce) apparivano lievemente più scuri del dovuto.

Non era la prima volta che vedeva quel dolce, ne aveva assaggiato uno prima di ordinarli. Perché quella stranezza? Era una differenza quasi impercettibile ad un occhio meno allenato del suo nel notare i dettagli, ma c’era. Fu in quell’istante che l’interfono sulla sua  scrivania si accese. La voce della sua assistente costrinse Mycroft a distogliere l’attenzione da quella inaspettata sorpresa bicromatica.

“Signor Holmes, il signor Gaillard è appena arrivato.”

“Ah, lo faccia entrare, grazie.”

George Gaillard fece il suo ingresso pochi istanti dopo. Nonostante la giovane età, quell’uomo aveva ereditato un impero finanziario dal padre e se tutto fosse andato per il verso giusto avrebbe firmato un contratto con il governo inglese estremamente vantaggioso per il paese.

“Sono lieto di vederla. Mycroft Holmes, la stavo aspettando.”

Lo accolse con una ponderata stretta di mano, per poi scortarlo verso una delle poltrone. L’occhio del francese cadde sui dolci, e così fece quello del politico. Tuttavia, se lo sguardo del primo era animato dalla gola, quello del secondo era tormentato da un brutto presentimento.

“Posso offrirle qualcosa, signor Gaillard?”

“Volentieri, grazie.”

Rispose l’altro, allungando la mano verso i macarons. Mycroft perse un battito, salvo poi sospirare di sollievo nel constatare che aveva preso uno dei dolcetti dal colore regolare. Sembrava non avesse nemmeno notato la sfumatura impercettibilmente differente. Dopo aver riempito le tazze, l’inglese trasse mentalmente un sospiro e prese uno dei dolcetti più scuri, portandolo alle labbra e staccandone metà.

A distanza di anni avrebbe continuato a congratularsi con se stesso per il sangue freddo che era riuscito a mantenere in quell’istante.

Non mosse uno dei quarantatrè muscoli facciali che chiunque altro avrebbe contratto in una smorfia di disgusto.

Non si alzò per correre in bagno a vomitare, cosa che sarebbe stata perfettamente giustificata.

Non sputò quella.. cosa in un tovagliolo.

Deglutì e si accinse a portare l’altra metà alla bocca, lottando contro l’istinto di sopravvivenza che gli suggeriva di gettarla. Conosceva quel sapore. Era amaro, la cosa più amara che mai gli fosse capitato di assaggiare. Era bile, una sostanza verde prodotta dalla cistifellea. Una mano poco esperta o un po’ di sfortuna erano sufficienti a rompere l’organo durante la pulizia della selvaggina, provocando una contaminazione della carne da parte della bile e di conseguenza un sapore estremamente amaro. Quello stesso sapore che adesso era per la seconda volta nella bocca di Mycroft.

Trovò chissà dove la forza di sorridere mentre le sue papille gustative si davano al suicidio di massa. L’altro tuttavia sembrava godersi completamente il dolcetto, grazie al cielo. Improvvisamente lo schermo del cellulare di Mycroft si illuminò e la notifica di un sms in entrata apparve in alto. “Mi scusi un attimo.” Disse il politico prima di sbloccare lo schermo e controllare velocemente il messaggio. Aveva già capito chi fosse il mittente, ed anche il suo coinvolgimento in quella faccenda.

 

Allora, Mycroft? Cucino bene?

SH

 

Per l’amor del cielo. Si era aspettato una contromossa da parte di Sherlock, dopo averlo fatto girare per Londra con una chioma da fare invidia Lady Gaga.Tuttavia, tentare di sabotare un accordo internazionale di quel calibro era decisamente troppo. Sherlock non aveva il senso della misura.

Se lo immaginava perfettamente, a preparare quei crimini alimentari contro l’umanità con un sorriso beffardo stampato in volto.

Mycroft ripose il telefono e tornò a rivolgere la propria attenzione al giovane che gli stava davanti.

“Mi dica, ha fatto buon viaggio?”

Domandò fingendosi interessato alla risposta mentre versava il tea nelle tazze, zuccherando la propria più del solito nella speranza di scordare quel saporaccio.

“Un volo discreto, sebbene sia abituato a qualcosa di più. Il servizio a bordo non era assolutamente all’altezza della situazione.”
“Me ne rammarico. Mi permetta di compensare offrendole una buona tazza di-”

“Non mi piace il tea, la ringrazio.”
Tagliò corto l’altro, lasciandolo di sasso. Mycroft sapeva benissimo che genere di viziato figlio di papà avesse di fronte, ed era certo che se avesse bevuto per primo, o peggio, se avesse bevuto nonostante la bevanda fosse sgradita al signorino, questi l’avrebbe presa male.

In breve, per il bene dell’Inghilterra era costretto a tenersi quel retrogusto amaro.

Non fece in tempo a rassegnarsi che fu messo nuovamente in allarme: il ragazzo stava allungando la mano verso il piatto ed era ormai a una frazione di secondo dall’afferrare uno dei dolcetti, il più esterno (come da bon ton). E ovviamente, uno dei più scuri. Non ebbe che un istante per pensare ed agire.

“Cos’è quello?”
Chiese di scatto, indicando la finestra. Il giovane si voltò allarmato nella direzione indicata, lasciando a Mycroft l’opportunità di afferrare quella.. cosa prima di lui. Purtroppo, però, il suo movimento per quanto rapido doveva essere stato notato. Il francese infatti tornò a guardarlo, fissando la mano in cui reggeva il macaron.

“Signor Holmes?”
“Curioso. Forse era solo un volatile di passaggio.”

Commentò ostentando la massima nonchalance possibile. Aveva pensato di gettare quella roba sotto il tavolo, ma era stato visto troppo presto e il giovane continuava a fissarlo confuso. Non restava che mangiarlo.    

Dopo aver temporeggiato il più possibile si decise a dare un morso, ingoiando quasi senza masticare. Sperava che fosse più facile, invece fu costretto a fare uno sforzo per reprimere un conato di vomito. Era davvero immangiabile, ma quantomeno adesso il più esterno era uno di quelli commestibili, che infatti l’altro prese.  

“Vogliamo parlare del contratto, signor Gaillard?”

“Sì, vorrei leggerlo per intero, se non le dispiace.”

“Assolutamente, faccia pure.”
Rispose, spingendo verso di lui il contratto con la mano libera mentre deduceva rapidamente. Aveva il segno degli occhiali ai lati del naso, ma in quel momento non li portava, né indossava lenti a contatto. Non aveva rigonfiamenti nel taschino superiore della giacca e sicuramente usava una montatura troppo costosa per essere riposta in altre tasche senza rischi, quindi c’era una sola possibilità.
Il giovane prese infatti a rovistare nella propria valigetta, con somma gioia di Mycroft che potè approfittarne per passare la mano sotto il tavolino ed attaccarvi i resti del dolcetto. Decisamente poco convenzionale per lui, ma a mali estremi… avrebbe sistemato dopo.

“Tutto in regola?”
“Direi di sì. Possiamo firmare, per me.”
“Meraviglioso.”

Lo osservò trepidante mentre apponeva la firma. Presto sarebbe tutto finito e avrebbe potuto passare il resto della mattinata a fare gargarismi. Prese i documenti per firmarli a sua volta, ma non fece in tempo a iniziare che Gaillard afferrò di nuovo uno di quegli affari. Un istante dopo il francese, sempre più confuso, fu inondato di tea.

“Che sta facendo?”

“Sono desolato! Temo di aver colpito inavvertitamente la tazza con il gomito. Sono terribilmente imbranato a volte, spero di non averle rovinato il completo.”
“No.. no, solo la mano.”
Borbottò l’altro innervosito, posando da parte il dolce che gli si stava letteralmente sciogliendo tra le dita.

Holmes gli porse un tovagliolo e si chinò nuovamente sui documenti, deciso a concludere la trattativa prima che… oh, Signore, ancora? Possibile che continuasse a pescare quelli contaminati? Non era il momento, per Mycroft, di rivalutare la propria posizione sulla legge di Murphy. La penna che teneva in mano volò letteralmente a terra, oltre il tavolo.
“Ah, dev’essermi sfuggita. Questa mattina sono imperdonabile. Le dispiacerebbe…”

Il ragazzo, stavolta visibilmente infastidito, posò il macaron sul tavolo e si chinò per raccogliere la penna. Non si accorse della sostituzione che il politico operò a tempo di record, tanto da mangiare in tutta tranquillità mentre questi finiva di ufficializzare i documenti.

“Benissimo, abbiamo finito.”
Fece, sollevato. Si alzarono entrambi, e Mycroft si avviò verso l’uscita, compiacendosi per aver gestito in maniera quasi impeccabile la situazione.

Quasi.

Perché quando, aperta la porta, si voltò per salutare il francese, scoprì con sgomento che costui non l’aveva seguito. Anzi, era ancora in piedi accanto al tavolino, un dischetto di un verde sospettosamente scuro tra le dita.

Mycroft Holmes era troppo lontano per fare qualcosa che non fosse passarsi una mano sugli occhi in attesa della tragedia.

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“..e con uno importante come quello! Ma che hai in testa? L’Inghilterra poteva rimetterci milioni per la tua bravata, te ne rendi conto o no? Fortuna che aveva già firmato, poteva succedere un disastro.”

Raramente Gregory Lestrade appariva tanto arrabbiato come in quel momento. “Mhhm. Raccontami ancora la parte della penna.”

“Sherlock, ce la fai a non compiacerti di te stesso per dieci secondi? Sono sconvolto, cosa ti è passato per la testa? SIGNORA HUDSON! Vuole allontanarsi da quella porta, per cortesia?”
Le parole – per non dire le urla- dello yarder furono seguite dal suono di rapidi passi che si allontanavano per le scale.

“Greg, ascolta.”
Intervenne John, allarmato.

“Li conosci bene, sono due testoni. Per favore, và a casa e porta a Mycroft le scuse di..”

“No, John, stavolta non ho intenzione di coprirlo. Deve scusarsi lui con suo fratello.”
“Senti, è lui che gli ha messo la tintura rosa nello shampoo o no? Sapeva a cosa andava incontro, e quel colore gli è rimasto per giorni.”

“Mycroft ha ancora la bocca amara da ieri mattina, se è per questo, e come suo compagno ti assicuro che non è piacevole.”
“Senti, mi dispiace davvero, ma per il quieto vivere vai da suo fratello e digli che..”

“Vai da mio fratello.”
Interruppe Sherlock di colpo.

“E digli che tocca a lui.”

Gli altri due lo fissarono sconcertati.

“Il gioco, Gunther, è cominciato.”

      

   
 
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