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Autore: KamiKumi    08/04/2016    2 recensioni
Emily Mayton è una giovane ragazza in carriera:
Eccelle nel suo lavoro dei sogni.
La sua migliore amica è una pazza scatenata su cui si può sempre fare affidamento.
Il suo fidanzato da cinque anni è perfetto in tutto.. fuorchè tra le lenzuola.
Tuttavia la sua vita cambia radicalmente all'incontro col focoso Duke Worten. Un'attrazione magnetica che si trascinerà fin nel suo ufficio.
Un triangolo d'amore e negazione.
Ogni certezza svanisce quando inizia la passione.
Genere: Comico, Erotico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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È lunedì mattina e, dopo aver affrontato in taxy i quaranta minuti di traffico a Manhattan, finalmente riesco a mettere piede in ufficio. Sono già esasperata e la giornata non è ancora iniziata, per giunta oggi mi aspetta l’incontro con un nuovo cliente, un cliente molto esigente. Noi della Simmonds dobbiamo presentare le bozze del progetto, sperando che soddisfino le sue esigenze in modo da non lasciarcelo scappare. Per questo motivo devo essere al massimo delle mie forze. Non direste mai che lavorare in uno studio grafico possa essere tanto stancante o possa mettere tanta pressione addosso, non è così? Pensate a come mi sento io, che lavoro in uno degli uffici più prestigiosi della città. Per la precisione sono impiegata come art director nello studio grafico Simmonds&Co. Non avete idea di cosa significhi essere un art director? Beh, fate una ricerca su Google, è a questo che servono i browser: sfruttateli.
Alzo lo sguardo verso il palazzo alto ed imponente come tanti altri, in cui è però situato il mio studio grafico. A Manhattan smetti di sorprenderti d'innanzi all'immensità di certe costruzioni, nonostante sembrino travolgerti facendoti sentire vulnerabile come una piccola formichina.
Supero le porte d’ingresso in vetro del palazzo e mi ritrovo nell'elegante atrio: il parquet scuro amplifica il ticchettio dei miei tacchi quando ci cammino sopra e crea un forte distacco dalle pareti così bianche e limpide. Volto la testa verso la receptionist, una donna ormai entrata nei quaranta dall’aspetto curato che dimostra essere di almeno vent’anni più giovane, si chiama Trisha e un po' mi spiace di non essere ancora riuscita a stringere amicizia con lei, ci siamo limitate solo a qualche caffè. Mi rivolge un sorriso smagliante, un sorriso a trentadue denti incorniciato da due sottili labbra color bordeaux, mi augura un buongiorno a cui ricambio con piacere, tuttavia ritrovandomi a pensare dove riesca a trovare le forze di sorridere in quel modo alle otto e quarantacinque del mattino.
Mi lascio alle spalle il brusio dell'ingresso per entrare in ascensore prima che si chiuda, poi premo il tasto per l’ottavo piano. In alto, eh? Già, l'edificio è diviso in tre aree, ognuna delle quali è occupata da aziende grafiche differenti: la Blake è quella che occupa più piani, dal quindicesimo all'ottavo, è quella più rinomata, mio malgrado mi tocca ammetterlo; la Simmonds ne occupa sei, mentre la minore, la Xaviel (gestita da cinesi), ne occupa due. Non so con quale logica avessero deciso di mettere tre aziende grafiche nello stesso edificio, è stupido, no? Si. E le guerre giornaliere che si scatenano in questi uffici non sono paragonabili alle guerre d'indipendenza.
Si si, ridete stronzi, ridete, voi stolti abituati alla pacchia, alla pace, non saprete mai cosa si prova a dover proteggere il tuo territorio con le unghie e con i denti, non basterebbe nemmeno una gara a chi fa pipì più lontano. Il mio capo: il caro e buon vecchio Signor Simmonds, uomo ultrasessantenne, grasso, fumatore incallito tanto che Dio solo sa come faccia ad essere ancora tra noi, probabilmente è troppo buono affinché esso ci lasci, ha dovuto risistemare i turni in modo che ogni dipendente faccia una ronda per controllare che non ci siano intrusi, le porte vengono chiuse a doppia mandata e c'è un sistema di sicurezza estremamente all'avanguardia "Passeranno cent'anni prima che quei figli di puttana invadano il mio territorio!" pronuncia sempre il suo volto paffuto dall'aria goffa ma allo stesso tempo corrucciata e, a volte, penso che si stia riferendo alla seconda Guerra Mondiale.
Mi riscuoto dai miei pensieri quando le porte si aprono e mi trovo davanti il mio vicino di ufficio: Kyle Lusher. E' un ragazzo alto e posato con lo sguardo severo, tuttavia gentile e sempre ben vestito, ed è per questo che mi sorprendo quando vedo la cravatta storta ed allentata, la giacca stropicciata ed i capelli, solitamente ingellati, sono tutti scompigliati dopo essersi passato una mano tra i capelli con esasperazione.
«A quest'ora?» lo guardo sbigottita
«A tutte le ore, quei bastardi.» sospira, ma poi sorride
«Blake?»
«Chi altri se no?» E mi chiedo come abbia potuto rivolgergli quella domanda, sono i più bastardi, hanno le pareti tappezzati di banconote, il signor Washington è il loro migliore amico. Li immagino sguazzare nei soldi mentre ridono beffardi di noi dopo essersi avventati sui nostri clienti come avvoltoi. Sento il nervoso pervadermi, mi passo anche io una mano tra i capelli scompigliandone la pettinatura, l'esasperazione traspare dai nostri pori.
Kyle mi sorride e mi da una pacca sulla spalla «Stavo andando a prendere un caffè, ne vuoi uno anche tu?» Sto per rifiutare quando ripenso al fatto che abbiamo subìto un attacco ancor prima dell'inizio dell'orario lavorativo ed alla giornata che devo affrontare, quindi accetto. Lui entra in ascensore mentre io mi dirigo verso l'ufficio, non è molto grande ha giusto una scrivania di legno abbastanza ampia ed una sedia da ufficio, sul lato opposto due sedie comode dall'imbottitura bordeaux per gli eventuali clienti. Dietro ad esse c'è un divano a due piazze dello stesso colore ed al suo fianco, in un angolo, c'è una pianta finta, perché non ho il pollice verde, per niente.
Prendo posto e accendo il computer, sono le 9 precise: per me è tempo di iniziare a lavorare. Tiro fuori dei fogli da una cartelletta ed inizio a leggere i brief di alcuni progetti analizzandoli, ma solo dopo aver sistemato le bozze per il cliente di questo pomeriggio.
Quando alzo gli occhi verso l'orologio mi accorgo che sono le 11.30 e che la mattinata è volata. Quando Kyle ha bussato ho percepito lo sconcerto sul suo viso mentre fissava il mio naso, gli ho sorriso ringraziandolo mentalmente per non avermi fatto domande al riguardo, pare proprio che il fondotinta non sia riuscito a coprire il livido, per cui deciso di darci un'altra passata, non voglio che le mie figure di merda si diffondano per altri edifici di questa città. Il caffè che mi ha portato Kyle mi ha fornito le energie necessarie a mantenere il ritmo lavorativo e, per nostra fortuna, non siamo incappati in altri attacchi dal fronte Nord. Sono soddisfatta del mio operato, per cui decido di andare a pranzo. Chiudo a chiave la porta del mio ufficio e mi dirigo verso quello del mio collega, busso chiamandolo intenzionata ad offrirgli il pranzo per restituirgli la cortesia, ma non ricevo risposta, faccio spallucce. La prossima volta  e mi fiondo in strada diretta verso Subway, il mio stomaco brontola e sono impaziente di divorarmi un panino.
   
 
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