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Autore: Ruffa    04/04/2009    3 recensioni
Se un giorno ad uno dei personaggi principali di una saga che sta avendo un gran successo, si ritrovasse ad avere bisogno dell'aiuto di un noto cacciatore di demoni? Signori, niente di speciale! Avviso che è la mia prima fanfiction in assoluto. Vi troverete molta, molta ironia, comicità e voglia di divertire. Le fan della saga di Twilight non me ne abbiano: voglio semplicemente fare sorridere! Ho scritto il titolo volutamente sgrammaticato, è una piccola dedica al mio mito Maccio Capatonda ;)
Genere: Commedia, Comico, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Dante
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Bene bene.
Vi sono mancata? Spero di sì!
Ho avuto un blocco di ispirazione e tante cose da fare in questo periodo, che mi hanno tenuta lontana dalla continuazione della fan fiction. Finalmente, la voglia di scrivere mi è tornata: spero sia di vostro gradimento! Come al solito, chi si sente chiamato in causa non si offenda perché tutto quello che scrivo è frutto di ironia. Un‘altra cosa, vogliate scusarmi se faccio dei capitoli non molto lunghi, ma voglio sottolineare di volta in volta l‘assurdo della vicenda anche nel fare puntate di breve lunghezza.
Ringrazio per i commenti passati e per quelli che verranno! Grazie anche a chi ha aggiunto la mia fan fiction ai preferiti!



I nostri eroi rimasero sospesi nel vuoto per un lunghissimo istante. La visuale roteò attorno a loro messi così, assolutamente immobili.
Il volto di Odoardo era strabordante di un’ira così perfettamente profonda, una rabbia così perfetta, che era difficile scorgerla sul suo viso perfettamente levigato e piallato dalle mani di un ottimo chirurgo plastico dello Stato di Wahsington, U.S.A..
Il volto di Dande era una maschera di cera intagliata molto rozzamente, vagamente giallognola, che disegnava molteplici e profonde rughe sul suo viso che sembrava così attraente quando manteneva un’espressione a scelta tra queste: pirla, buffone, tranquilla, rilassata, allupata, mediamente incavolata o estatica. Quando veniva preso dalla rabbia, la sua faccia mostrava al mondo l’animo demoniaco che il nostro amico albino celava nell’abisso del cuore.
Infine, vuoi per la forza di gravità, vuoi per ragioni di sceneggiatura, i nostri eroi si scontrarono l’uno contro l’altro producendo un boato cinematografico che scosse i vetri, tanto che le vetrate della porta si misero ad ondeggiare in maniera sensuale.
Fu una fortissima craniata, non si sa per quale motivo i due sopravvissero. Ma sopravvissero, per cui andiamo avanti con la storia e non perdiamoci in ciance come siamo soliti fare.
Dande finì rovinosamente a terra, in un tripudio di pezzi di pigiama di flanella rossa svolazzanti. Odoardo, invece, sgusciò in un angolo tetro, buio, umido e muffito dell’ufficio -ovvero dietro al divano-. Per primo atterrò lui, a ruota tutta l’adipe del busto.
Seguirono lunghi attimi di rumoroso silenzio.
Dande mosse i muscoli delle gambe, puntò i piedi ciabattati sul pavimento, fece forza e si mise in posizione eretta. Era profondamente arrabbiato: non c’erano parole per descrivere la sua ira nell’avere in casa un odioso moscerino vampiro che gli aveva dato una fortissima craniata, quasi compromettendo la sua salute mentale. Ne aveva viste di cose strane durante la sua lunga carriera di cacciatore di demoni: un cane pompato di steroidi con un piccolo difetto genetico di tre teste, una demone ninfomane, un ragno gigante, un uccello un po’ troppo cresciuto… e la lista non finiva lì. Ne avrebbe avute da raccontare per tutta la vita! Ma il vampiro le batteva veramente tutte. Non aveva mai visto un vampiro girare di giorno e sanguinare argento. Più lo guardava, forse anche per effetto della craniata, e più pensava che quello poteva essere un sogno.
Il mezzodemone si avvicinò con molta circospezione al retro del divano il quale, aveva notato con stupore, si alzava e si abbassa leggermente come se piangesse. Con un solo braccio spostò il divano di centoventi chili come se pesasse quanto una sedia di legno, e scorse qualcosa di davvero brutto dietro di esso. Qualcosa che non aveva niente a che vedere con i bacarozzi che scapparono via una volta alla luce…
C’era… una cosa tutta rannicchiata, una schiena bianca dalla pelle sottile e bianchissima sotto alla quale si intravedevano venuzze violacee, spiccavano le ossa della spina dorsale e si indovinava facilmente la forma delle costole. La cosetta color mozzarella era scossa da singhiozzi di tristezza.
Dande, con l’uso della sua demoniaca intelligenza, comprese immediatamente che si trattava di Odoardo -e non di Gollum come aveva pensato-.
Il suo cuore così freddo e glaciale che non gli aveva mai fatto provare una stilla d’amore per qualche donna si riscaldò improvvisamente al vedere Odoardo così triste. Non aveva mai visto una cosa così orripilante. Lo prese per un braccio e lo mise in piedi con la stessa grazia che usava con gli stracci per i pavimenti.
Odoardo aveva il volto rigato di lacrime di pura tristezza ed incomprensione. Tristezza ed incomprensione che aumentarono vedendo il volto schifato di Dande: Odoardo si abbandonò a singhiozzi più insistenti.
Sulla faccia del vampiro erano presenti strisce rosse dalla consistenza simile a bava di lumaca: Dande ne rimase così schifato, ancor più che dallo spettacolo della schiena nuda di Odoardo, tanto che contrasse il volto in un’espressione che esprimeva tutto il suo immenso disgusto. Ad essa unì anche un sonoro e spaventato: < Madonna mia! > e si coprì la faccia con le mani.
< Ecco! > singhiozzò Odoardo. I vetri tremarono di nuovo; dovete sapere che Odoardo aveva una voce melodiosa quanto un gesso strisciato con forza sulla lavagna nel bel mezzo del silenzio di un compito in classe. < Vedi! Vedi! Hai paura di me! Ti faccio paura! Non so cosa fare! Ho bisogno d’aiuto e tu ti fai impressionare dal mio aspetto così perfetto e anche dalle mie lacrime, l’unica parte di me che è imperfetta eppur perfetta perché imitano perfettamente la bava di lumaca come nessun’altra lacrima umana sarebbe in grado di fare! >
Dante si azzardò a scoprirsi gli occhi con una mano, solo quel che bastava per fare entrare un po’ di luce. Odoardo aveva una maschera di bava sanguinolenta sul viso. Il mezzodemone aveva ascoltato metà delle cose che aveva detto.
Dande non era affatto un tipo che si arrendeva facilmente, ma si era reso conto che a meno che non disponesse di ingenti quantità di napalm, non sarebbe riuscito a mandarlo via -e forse il napalm nemmeno sarebbe stato sufficiente-. Sospirò sonoramente e con sommo rammarico acconsentì a se stesso di aiutare quell’ammasso informe di carne sorretta da un mucchietto d’ossa. < D’accordo, d’accordo, ti darò una mano, ma vatti a lavare quel luridume che c’hai in faccia se non vuoi che ti rigurgiti addosso la pizza con la caponata dell’anno scorso! > il suo tono di voce era piuttosto seccato. Ma ben lontano dall’essere supplichevole: un mezzodemone non si abbassava mai ad atti infami quali la supplica, il perdono, la magnanimità! Mai! Mai! Avete capito? E’ chiaro? MAI! MAI E POI MAI! Sarebbe assolutamente vergognoso per una creatura così solitaria, fredda e scostante! Quindi Dande non supplicherà MAI, non perdonerà MAI, non sarà MAI magnanimo!
Ora che avete capito, possiamo procedere.
Odoardo rivolse un sorriso che andava -letteralmente, e non scherzo- da un orecchio all’altro e schizzò verso il bagno. Dande non gliel’aveva indicato, ma per motivi di sceneggiatura già sapeva dov’era.
Il mezzodemone abbassò le mani e mentre lo aspettava, si sedette dietro la sua scrivania e si dedicò alla sua attività preferita quando non aveva nulla da fare. No, pervertite incallite, non giocava con le proprie intimità; no, inguaribili romantiche, non faceva una confessione d’amore telefonica a Lady, Trish, Lucia, Kyrie, Eva, la nonnina che si vede in Devil May Cry 2 o qualsiasi altra femmina comparsa nella serie; e no, yaoiste incallite, non si faceva pensieri sconci su cosa stesse facendo Odoardo in bagno -e preferiva evitarlo, poiché Odoardo stava pulendosi la faccia da quella bava sanguinolenta-.
Niente di tutto questo.
Dande prese una matita, mise le labbra in avanti nella classica posizione a ciuccio e giocò a tenere in equilibrio l’oggetto sopra il labbro inferiore. Gli si incrociarono gli occhi, ma lui si divertiva un mondo.
Odoardo -vi risparmio i dettagli della pulitura che farebbero rabbrividire persone del calibro di Anthony Burgess o Dario Argento- uscì dal bagno col viso nuovamente perfettamente pulito, non una goccia di bava rossa nemmeno in un micron di poro, il sorriso di nuovo sulle labbra perfettamente seriche che coprivano una dentatura -senza canini sporgenti, molto vampiresco- così bianca da fare rabbrividire un ricercatore Oral-B. Era così contento che Dande avesse deciso di dargli una mano!
A passo svelto il nostro vampiro andò verso Dande, ancora intento a compromettere la propria vista con la matita. < Bene caro amico, il mio nome è Edward Cullen. Ma tu, solo perché sei così divertente, e simpatico, e travolgente, e scoppiettante, e ciarliero, e chiacchierone, ti meriti di chiamarmi con il mio nickname >
A quel punto Dande sollevò lo sguardo dalla matita, che cadde sulla scrivania, osservando Odoardo. Aveva sentito bene? Nickname? decise di non fare commenti, si limitò ad alzare molto eloquentemente un sopracciglio -ancora una volta scomparve sotto i capelli- e gli fece un gesto con la mano che, tutto compreso, lo invitava a sedersi, ad andare avanti, a fumarsi una sigaretta e chiederne un’altra, se voleva.
Odoardo si sedette di fronte a Dande e continuò il suo discorso. < Odoardo. Chiamami Odoardo. Ho una missione molto importante per te >.
La parola ‘missione’ risvegliò in Dante antichi desideri che teneva ben stretti: mangiare. Missione = soldi; soldi = cibo; cibo = mangiare. Si sporse in avanti sulla scrivania, vi ci si arrampicò sopra come un geco infoiato e sgranò gli occhi. Il suo modo di fare ricordava molto quello di un tastierista di una band, il VertiGoBlu, ovvero Fandrea Umagalli.
Odoardo sorrise. Di nuovo.
< Vedo che ci capiamo. La missione che sto per offrirti è… >
  
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