Capitolo 19
Quando Chris
lasciò il loft di Derek, quest'ultimo si scoprì ad
avere più incertezze di quante ne avesse prima. Davina stava
guardando i
cartoni mentre pettinava i capelli biondi e chilometrici di una bambola
dal
vestito rosa, sapeva che non aveva potuto udire nulla, Chris Argent ne
sapeva
una più del diavolo riguardo alla licantropia e aveva preso
misure idonee per
far sì che la loro conversazione rimanesse tra quelle
quattro mura.
Aveva detto che
nessuno l'aveva seguito e, sebbene sapesse che i
cacciatori Argent erano più esperti a Beacon Hills, il
dubbio continuava a
scavare nella sua testa come un tarlo, tanto da spingerlo a spiare le
strade
scostando man a mano tutte le tende di casa (rigorosamente scelte da
Davina e
montate da un maldestro Stiles in procinto di spaccarsi la testa a
più riprese,
per fortuna c'era lui a soccorrerlo, vuoi aggiustando la scala
momentaneamente
sbilanciata vuoi disincastrandogli i piedi tra uno scalino e l'altro).
Dopo che ebbe
ripulito il loft da polveri ed erbe varie, (Chris era
il solito meticoloso esperto) si sedette sul divano affiancando la
figlia con
un sospiro tremulo,
<< Che
c'é? >> gli domandò la piccola
senza smettere
di pettinare la bambola.
<<
Dovrai stare per un po' da Stiles. >>
<< E?
>> sorrise constando ancora una volta quando la
piccola fosse sveglia, probabilmente aveva preso da Laura.
<<
Stiles farà troppe domande. >>
<< Le
farebbe comunque. >>
<<
Anche questo è vero. >> sancì
sorridendo una
seconda volta, più divertito e meno malinconico questa volta.
Non appena le ore
scolastiche giunsero al termine Derek bussò alla
porta di casa Stilinski. Stiles aprì con lo spazzolino
ficcato in bocca e una
leggera schiuma dall'odore di menta agli angoli della bocca.
<<
Ferek! >> esclamò sputacchiando sul volto del
licantropo adulto e facendo ridacchiare quello piccolo.
<< Non
favevo che faresti paffato. >>
<< Che
nella sua lingua significa "Non sapevo che
saresti passato" >> puntualizzò Scott
apparendo sulla soglia con
aria rassegnata.
Come se si fosse
accorto solo in quel momento di aver aperto la
porta mentre si stava lavando i denti corse sulle scale diretto verso
il bagno.
Derek poggiò una mano tra le scapole della figlia
invitandola ad entrare,
Davina lo fece senza farsi pregare e si diresse verso la sala saltando
sulla
poltrona.
<< Devo
parlare con Stiles. >> spiegò l'Alpha
chiudendosi la porta alle spalle.
<< E
con me, no? >> chiese ironico il lupo più
giovane. << Inizio a sospettare che hai delle
preferenze... >>
continuò con tono volutamente malizioso.
<< Vedo
che Stiles ti ha detto tutto. >> osservò Derek,
senza nascondere una punta di fastidio. Sperava che l'aspetto intimo,
recentemente intimo, del loro rapporto potesse rimanere tale ancora per
un po'.
<<
Ovvio. Io faccio lo stesso con lui >>
<<
Immagino che ti dirà anche quello che gli dirò
tra poco.
Bene, perché non avevo nessuna voglia di ripetermi.
>>
<<
Allora perché non parlare direttamente ad entrambi?
>>
Derek alzò
gli occhi al soffitto con fare drammatico, dopo di che
indicò Davina con una movimento veloce del capo, Scott
corrugò la fronte
perplesso per poi illuminarsi di colpo,
<< Ah!
>>
<<
Già, "Ah!" >> Derek gli fece il verso
spostandosi in sala.
<< Ho
capito tutto, amico. >> affermò raggiungendolo,
guardò l'espressione strana di Derek (come una di quelle che
si fanno quando ci
si trattiene a fatica dal fare una battuta negativa nei confronti di
una
persona di cui si ha un disperato bisogno di aiuto) ma decise di non
prestargli
attenzione preferendo rivolgersi a Davina.
<< Ehi,
piccola. C'è un parco giochi che vorrei farti vedere,
passiamo da casa mia a prendere un pallone da Basket? Non sai quanti
momenti
divertenti ho passato in quel posto. >>
<<
Viene anche papà? E Stiles? >>
<< Oh
no, non voglio farlo vedere a loro due, sarà un nostro
segreto. Sempre se... sai mantenere un segreto? >>
<<
Certo! >> strillò gioiosa la bambina mentre
Derek
decideva di togliersi quella faccia incredula che aveva assunto,
conoscendo il
beta si era aspettato qualcosa come " Dobbiamo uscire perché
quei due
devono parlare e non vogliono che sentiamo" con tante di proteste di
sua
figlia sul fatto di voler essere informata, disattendendo le sue
aspettative Scott
McCall si era comportato da vero adulto,
<< A
dopo! >> salutò Scott poggiando una mano sulla
spalla di Derek a mo di saluto, e beccandosi un'occhiataccia per questo
(era
ancora restio a certi gesti d'affetto), anche Davina salutò
il padre
(beccandosi invece un meraviglioso sorriso) per poi strillare un "Ciao
Stiles! " prima di uscire.
Dopo che la porta fu
chiusa Stile scomparve in cima alle scale,
<< Dove
vanno tutti? >>
<< Io
sono qui. >> gli rispose il licantropo ignaro
dell'aumento di pulsazioni che quelle parole gli stavano causando, o
forse una
vaga idea ce l'aveva considerato il sorriso dolce che stava
increspandogli la
bocca, la consapevolezza di essere soli in casa lo fece deglutire a
vuoto.
<<
Già… sei qui. E che ci fai qui?
>>
<<
Dovresti tenermi Davina. Solo per
qualche ora >>
<< Come
la volta scorsa? Che doveva essere
solo qualche ora e poi sei quasi morto? Te lo puoi scordare!
>> rispose
irritato il ragazzo.
<<
Stiles, per favore. Mi fido di te. La
posso lasciare solo con te >> chiese quasi con tono di
preghiera.
<<
Io non mi fido di te. Perché non so
dove devi andare di così importante >>
ribattè.
<<
Ho un appuntamento >>
<<
Potresti essere più specifico?
>> L’adolescente si beccò uno
sguardo fulminante da parte del lupo.
<<
Derek, o me lo dici o prendo le scorte
di strozzalupo che ho e ti ammanetto al letto >>
<<
Mi ammanetti al letto, eh!? >>
rispose l’Apha prendendosi gioco dell’umano e
avvicinandosi pericolosamente a
lui.
<<
Non cambiare argomento e non cercare
di distarmi. Tanto non ci riesci >>
controbatté il castano facendo dei
passi indietro, allontanandosi dal suo interlocutore.
<<
Sono sicuro che potrei riuscirci
>> Stiles stava perdendo la pazienza. Che si credeva,
Derek? Che
seducendolo gli avrebbe fatto dimenticare quello che voleva sapere? Si
sbagliava di grosso. Il ragazzo era testardo e determinato e chiese con
voce
molto seria
<<
Derek Hale, dove devi andare? >>
Esasperato il moro non poté far altro che rispondere con la
verità.
<<
Devo vedermi con Chris Argent, va
bene? Abbiamo un piano >>
<<
Un piano >> Stiles scoppiò a
ridere. Non poteva credere alle sue orecchie.
<<
E tu ti fidi di lui? >>
<<
No, ma non ho alternative. Mi è venuto
a parlare e ho potuto sentire che non mentiva. Sta solo facendo finta
di essere
dalla parte del padre >>
<<
Ok. Bene. Quindi la mia opinione non
conta. Come al solito decidi sempre tutto tu. Quindi… quindi
tu sei venuto qui
solo per questo? Per mettermi al corrente, anzi no, perché
fino a pochi secondi
fa non ti passava nemmeno per l’anticamera del cervello di dirmi
quello che dovevi
fare. Sei venuto qui per lasciarmi Davina e tentare il suicidio?
>>
<<
Sì >>
<<
Oh … Ok. Bene. Benissimo. E io che
pensavo … >> al ragazzo sfuggì una
risata nervosa.
<<
Perché a cosa pensavi fossi venuto a
fare? >> L’aria nella stanza era intrisa di
tristezza e delusione. Stiles
si passò una mano fra i capelli, ansioso. Non gli serviva
sentire il suo odore
o il suo cuore. Gli bastava vederlo. Ormai lo conosceva così
bene che ogni suo
gesto era così semplice da comprendere.
<<
Niente. Niente. >> dopo qualche
secondo di silenzio Stiles congedò il lupo
<<
Bene. Allora te ne puoi andare adesso
>>
<<
Ok. Adesso vado >> All’Alpha
arrivò solo un freddo
‘’ciao’’. Sapeva benissimo di
cosa avrebbero dovuto
parlare, solo che non gli sembrava il momento adatto. Anche se lo
distruggeva
ferire Stiles in quel modo.
Proprio
mentre se ne stava andando e poggiare
la sua mano sulla maniglia per aprire la porta, sentì Stiles
imprecare
sottovoce.
<<
Dannazione! Perché devo sempre fare
tutto io!? >> e questo gli fece scappare un sorriso.
<<
Derek, aspetta. >> Non fece
nemmeno in tempo a girarsi che la domanda di Stiles gli
arrivò dritta alle
orecchie, anche se non posta con voce alta e chiara.
<<
Ti sei pentito? >>
<<
Di cosa? >> gli chiese,
finalmente girandosi, per poterlo avere occhi negli occhi, anche se con
qualche
metro di distanza.
<<
Oh, andiamo, Derek. Lo sai. Non fare
questi giochetti con me >>
<<
No, Stiles. Non lo so >>
rispose, avvicinandosi, e con un sorrisetto che la diceva lunga. Stiles
odiava
quel sorrisetto. Era capace di fargli provare mille tipi di emozioni
tutte
insieme. Aveva voglia di prenderlo a schiaffi e di saltargli addosso
nello
stesso momento.
<<
Hai detto che sei venuto qui per
Davina . Non devi dirmi nient’altro, giusto? >>
<<
Giusto >> affermò il maggiore.
<<
Quindi devo dedurre tu ti sia pentito.
Magari vuoi fare che non sia successo nulla? >> Stiles
aveva iniziato una
preghiera nella sua testa ‘’Ti prego fa non sia
così. ’Ti prego fa non sia
così. ’Ti prego fa non sia
così.’’ Il bastardo non rispondeva e
Stiles lo
sapeva bene cosa voleva. Voleva una domanda diretta. Dio, se non lo
stava
esasperando! Decise di accontentarlo, altrimenti non avrebbero finito
più.
Prese un gran respiro e sparò tutto insieme
<<
Ti sei pentito di avermi baciato?
>>
Silenzio.
Silenzio.
Silenzio.
Solo silenzio.
Stiles
perse il tempo di
quanti secondi stette lì impalato ad aspettare una risposta.
Ad umiliarsi.
<<
Cavoli, lo sapevo! Lo sapevo, lo
sapevo, lo sapevo >> e si diede un forte colpo sulla
fronte, e dando le
spalle a Derek cominciò a camminare verso la cucina. Aveva
bisogno di acqua.
Acqua bella ghiacciata. Non ebbe tempo di fare più di due
passi che Derek lo
prese per il polso, lo girò, se lo portò
più vicino possibile e lo baciò. Le
loro labbra s’incontrarono, le loro lingue si cercavano.
Presi dalla foga,
Stiles si ritrovò sbattuto al muro. Quello non era affatto
come il loro primo
bacio! Si staccarono per riprendere fiato e Stiles si sentì
chiedere
<<
Ti sembro uno che si è pentito?
>> Nel frattempo non smetteva di guardarlo negli occhi,
di sorridergli e
di accarezzare i suoi fianchi e le sue braccia,e il suo viso.
<<
Non lo so. >> rispose Stiles,
facendo finta di pensarci << Forse … forse non
ti sei spiegato bene!?
>>
Dopo
qualche altro minuto di baci appassionati
e toccatine qua e là…
<<
Ora sono stato chiaro? >>
<<
Cristallino >> rispose felice
Stiles.
<<
Ascolta, Stiles. Quello che devo fare,
non nego che sia pericoloso, ma è necessario, sia per dare a
Davina la vita che
ha sempre sognato e sia per te. Tuo padre mi ucciderebbe se mettessi le
mani
addosso a suo figlio nel mezzo di una guerra tra cacciatori e
licantropi.
>>
<<
Ma tu hai le mani addosso a suo
figlio, proprio ora. >> sottolineò lanciando fugaci
occhiate in direzione
delle sue mani strette ai suoi fianchi.
<<
Vorresti le togliessi? >>
sorrise a quella domanda retorica, conscio delle voglia dell'altro di
stuzzicarlo.
<<
Non siamo quasi mai soli... >>
sussurro ben sapendo che ciò non rispondeva alla domanda,
sebbene quella non
necessitasse di risposte.
<<
Lo siamo ora. >>
<<
E quindi...? >> questa volta fu
il turno di Derek quello di sorridere. Aveva capito cosa gli stava
chiedendo il
ragazzo davanti a sé, senza contare che il diretto contatto
con il suo corpo
non aveva fatto altro che mettere in evidenza quello che era il
risultato di
ormoni impazziti di un adolescente in piena crescita, semmai i segnali
captati
dai suoi sensi soprannaturali non fossero bastati a rendere chiaro il
messaggio
sotteso. Risparmiando all'umano fiumi inutili di parole
afferrò la sua mano e
senza chiedergli permesso alcuno lo trascinò di sopra.
Riusciva
a percepire la lieve ansia e timore
che ora stava provando, ma sapeva che quello che sarebbe seguito era un
desiderio che entrambi desideravano esaudire, qualcosa di cui non si
sarebbero
pentiti, né ora né in futuro, sempre se di futuro
si poteva parlare. Sapeva che
ciò che gli aveva chiesto Chris era inevitabile, tuttavia
preferiva uno scontro
diretto rispetto ai tanti piccoli agguati che i cacciatori erano soliti
rifilargli, la notte che seguiva avrebbe decretato un vincitore, nel
bene o nel
male, e la lista dei rimpianti era già così lunga
che non gli sembrava il caso
di aggiungere il fatto di non aver amato l'unica persona che aveva
distrutto il
muro forgiato da mille e più delusioni, che aveva mandato in
frantumi la sua
scelta di non innamorasi più di nessuno e che era riuscito a
strappargli più
sorrisi in un giorno di quanti ne aveva fatti in anni e anni di
solitudine e
dolore.
Per
tutte queste ragioni aveva deciso di far
accomodare Stiles sul letto, quando gli salì sopra, attento
a non gravare tutto
il suo peso su quello fragile dell'altro, decise che non avrebbe avuto
senso
chiedergli se fosse sicuro di quello che stavano per fare, se sapeva a
cosa
sarebbero andati incontro, lo squittio di aspettativa era
più che sufficiente a
rispondere a tutte quelle tacite richieste.
Non
aveva calcolato quanto il semplice contatto
dei loro corpi fosse più che sufficiente a mandare in
frantumi ogni altro
pensiero, in quei momenti gli sembrava assurdo pensare a qualcosa che
non fosse
Stiles, a qualcosa di diverso rispetto a quei grandi occhi castani che
sembravano sondargli l'anima o quelle dita così
disperatamente strette intorno
alla stoffa dei suoi vestiti.
Si
accorse con un secondo di ritardo che quelle
mani erano riuscite nuovamente a infilarsi sotto la sua maglietta,
riuscendo
anche a sfilargliela oltretutto, sorrise nella sua bocca ricambiando il
favore
per poi passare al resto.
In
poco tempo rimasero senza indumenti, coperti
solo dal leggero lenzuolo che l'umano aveva afferrato prima di
riportare il suo
corpo su quello dell'altro, là dove era giusto che stesse.
C'erano solo i loro
respiri rochi e i gemiti mal trattenuti a riempire quella stanza
altrimenti
vuota ed inutile, un appena accennato movimento delle reti del letto
che li cullava
e le trascurate lancette dell'orologio che segnava lo scorrere di un
tempo ora
lontano anni luce dalle loro rinviate preoccupazioni. Ciò
che sarebbe successo
era solo possibile ed eventuale, quello che aveva importanza era
esclusivamente
il presente, a maggior ragione se si sapeva di avere solo quello a
disposizione,
quel misero momento di pura felicità, quell'attimo di
bruciante passione che
stavano condividendo, solo quello.