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Autore: Paperetta    10/04/2016    5 recensioni
Tanto tempo fa, in una terra lontana, vi era un grande regno nascosto tra le dune del deserto. Era un deserto strano, diverso da qualunque altro che potreste incontrare sul vostro cammino; non aveva una sabbia dorata, ma una scura, nera come un cielo senza stelle, e poiché sul regno soffiava un vento molto forte l’aria era diventata anch’ella così nera che pareva sempre notte.
[Una raccolta di storie in stile fiabesco]
[1. Il principe dai bei capelli d'oro][Kenma, Kuroo]
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Kozune Kenma, Tetsurou Kuroo, Tooru Oikawa, Un po' tutti, Yuu Nishinoya
Note: AU, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Tanto tempo fa, in una terra lontana, vi era un grande regno nascosto tra le dune del deserto. Era un deserto strano, diverso da qualunque altro che potreste incontrare sul vostro cammino; non aveva una sabbia dorata, ma una scura, nera come un cielo senza stelle, e poiché sul regno soffiava un vento molto forte l’aria era diventata anch’ella così nera che pareva sempre notte.

Un immenso palazzo si ergeva sulle dune, ricoperto d’intarsi e pietre preziose e oro, e tuttavia la coltre di sabbia era così scura che persino l’oro non risplendeva più.

Nel palazzo, com’era giusto che fosse, viveva un sovrano. Un re dai lunghi capelli bianchi, un uomo buono ma piegato dal peso degli anni, del dovere e del lutto. La morte si era abbattuta sulla sua famiglia già da molto tempo, a cominciare da due dei suoi figli, il primo e il secondogenito, strappati a lui da una guerra che ancora pareva lontana dal trovare una fine; e poi sua moglie, la regina, sopraffatta dalla malattia e dal dolore per la prematura scomparsa dei due giovani.

Al povero re era rimasto solo il figlio più piccolo: Kozume, il giovane principe dai capelli biondi come l’oro. Era un ragazzo silenzioso, buono come il padre, ma cagionevole al punto da essere costretto a letto per buona parte delle sue giornate; non poteva addestrarsi nell’arte del combattimento, né partecipare con costanza alla vita di palazzo, e tuttavia si era talmente abituato a quella vita da non darsene più pena. Al contrario, col tempo aveva perso interesse per qualsiasi attività o persona gli venisse proposta, e tutto ciò che faceva era leggere i suoi preziosi libri giorno e notte, quand’era in salute o con la febbre sotto le coperte, del tutto disinteressato di ciò che gli accadeva attorno.

Il re era assai preoccupato, consapevole del pericolo che suo figlio correva, del tutto incapace di proteggere se stesso. Vi starete forse domandando la ragione di tale apprensione: c’è infatti una cosa che non vi ho ancora raccontato.

Dovete sapere che l’oro, in quel regno, era più prezioso che in qualsiasi altro angolo del mondo. Un tempo ve n’era tanto, così tanto che la sabbia ne era ricoperta e i colori del deserto non erano scuri e tenebrosi, ma chiari e luminosi, dal bianco al giallo al rosso, e la gente ne era molto felice. Tutto quell’oro proveniva proprio dal grande palazzo reale. Vi chiederete come fosse possibile procurare tanto oro in mezzo al deserto, e vi sorprendereste nello scoprire che i capelli del re, un tempo, erano proprio di un magnifico biondo oro; ogni giorno tirava via un capello e lo faceva filare insieme agli altri, così come suo padre e sua madre prima di lui e i suoi nonni prima ancora e tutti gli avi, sin dall’alba del regno.

Accadde però che il re avesse contratto matrimonio con una donna di una terra lontana, una bella giovane coi capelli scuri da cui aveva avuto tre figli; i primi due, morti in guerra, avevano gli stessi capelli della regina e non potevano dunque produrre neanche un grammo d’oro, mentre solo il terzo era nato col dono di famiglia, seppure avesse anch’egli alcuni capelli neri. Cosicché, una volta che il re ebbe ebbe perso anche l’ultima traccia di colore, fu Kozume a produrre l’oro di cui il regno aveva bisogno, ma la fatica che dovette sopportare fu immensa proprio perché i suoi capelli non erano completamente biondi. Il povero principe godeva di una salute troppo precaria per sottoporsi a tale costante pressione e si era ammalato ancora di più, costringendo suo padre a proclamare ufficialmente che nel regno non si sarebbe più prodotto l’oro.

Vi dicevo dunque, se la memoria non m’inganna, che il re era molto preoccupato per suo figlio. In molti ambivano ai suoi capelli, spinti dall’ingordigia, e il debole Kozume non sarebbe mai sopravvissuto se avessero cercato di rapirlo o di ucciderlo.

Decise così di trovare qualcuno che proteggesse il principe, un uomo forte e coraggioso che mettesse la propria vita al suo servizio, ma dopo tanto cercare comprese che non lo avrebbe mai trovato: i soldati del suo regno erano in guerra e coloro che erano rimasti non possedevano le qualità necessarie.

Il re, che nella sua angosciata vita aveva sofferto troppo per arrendersi così facilmente, decise allora di rivolgersi allo stregone del regno, un vecchio dai poteri misteriosi temuto e rispettato da tutti.

“Vi scongiuro, trovate un guerriero che protegga il mio Kozume”.

Lo stregone, che al re doveva molto, esaudì la sua richiesta. Uscito all’aperto prese un pugno di sabbia, pronunciò qualche parola e lasciò che scivolasse tra le dita; tanti granelli di sabbia si unirono uno dopo l’altro per dare vita a un uomo, un giovane coi capelli e gli occhi neri come una notte senza stelle.

“Lui è Kuroo, colui che proteggerà la vita di vostro figlio. È forte e coraggioso e non teme nessuno, ma badate bene, non è immortale; se dovesse essere colpito a morte, perirà come qualunque uomo”.

Il re, incredulo e purtuttavia soddisfatto, portò il guerriero nelle stanze del principe, che riposava a letto colpito da una violenta febbre.

“Figlio adorato, ti presento Kuroo. D’ora innanzi ti proteggerà giorno e notte, così sarai al sicuro e potremo dormire entrambi sonni tranquilli”.

Kozume ringraziò suo padre e studiò con lo sguardo quello strano ragazzo dall’aspetto così serio e fiero. Provava una certa soggezione, come sempre, d’altronde, quando si trovava faccia a faccia con un soldato. Si domandò cosa pensasse di lui, così gracile e debole, raggomitolato dentro al letto come un bambino.

Ci pensò e ripensò a lungo, ma non proferì parola per tutto il tempo in cui Kuroo rimase al suo fianco. E, a dirla tutta, non ebbe idea di quanto fosse rimasto in piedi accanto al letto, se nel frattempo si fosse allontanato o seduto o se avesse riposato, poiché Kozume si addormentò e al suo risveglio il guerriero era ancora lì, vigile e muto come una sentinella.

I giorni trascorsero, ventosi e caldi. Kozume si riprese dalla febbre e fu di nuovo in grado di camminare, col suo fedele guardiano sempre alle calcagna ovunque andasse; si dice fosse stato costretto a ordinargli di lasciarlo da solo quantomeno durante i momenti più intimi, o mentre si vestiva, poiché la sua profonda timidezza non lo avrebbe mai sopportato. Kuroo aveva accettato, in silenzio come sempre. Non era infatti ancora capitato che Kozume riuscisse a udirne la voce, e la sua convinzione che non fosse in grado di parlare diventava sempre più una certezza.

Accadde un giorno che il principe e il guerriero, mentre percorrevano uno dei mille corridoi del palazzo, ascoltarono una breve conversazione tra due membri della corte che si trovavano in uno dei salotti.

“Quanto ci vorrà perché qualcuno attenti alla vita del principe? È così debole e indifeso che mi stupisce non sia ancora successo: i suoi capelli fanno gola a molti”.

“Mi trovi d’accordo. È inconcepibile che l’erede al trono sia un simile incapace”.

Non era la prima volta che alle orecchie di Kozume giungevano parole dure e spietate e da tempo vi si era abituato; ciononostante, forse per la presenza del forte e coraggioso Kuroo al suo fianco, si sentì ferito più di quanto non avrebbe voluto e la sua espressione si incupì. Nel vedere il suo sguardo basso e gli occhi tristi, Kuroo si fece d’improvviso ancora più serio; estrasse la spada, entrò nella stanza e fronteggiò i due uomini che stavano conversando.

“Nessun uomo in questo regno deve permettersi di insultare o minacciare principe Kozume” disse con voce bassa e ferma. “Il re mi ha incaricato di riferirgli di chiunque provi del rancore nei confronti del principe, pertanto fareste bene a tenere a freno la lingua”.

I due uomini, un po’ infastiditi un po’ intimoriti, borbottarono qualcosa e si allontanarono di gran carriera; era risaputo che il re, seppur buono, non mostrava pietà verso chi minacciava la sua famiglia.

Kuroo tornò al fianco di Kozume e, per la prima volta, gli sorrise.

“Non dovete dare peso a queste voci, principe”.

I due giovani ripresero a camminare, e Kozume comprese che tra loro qualcosa era cambiato. Il suo cuore si era acceso di un’ammirazione che mai prima d’allora aveva provato per qualcuno, un senso di protezione e di rispetto e gratitudine che pulsava ancora debole, ma che sarebbe cresciuto, giorno dopo giorno, nutrito da quel senso di sicurezza che provava accanto a lui.

Principe e guerriero cominciarono a conversare più spesso. Di tanto in tanto, Kozume gli chiedeva consiglio, oppure lo invitava a giocare a un qualche gioco da tavolo – e non poté mai affermare con certezza se le proprie vittorie fossero dovute alla sua abilità o al senso di lealtà dell’avversario.

“Perché hai accettato di proteggermi?” gli chiese una sera, con gli occhi chiusi nel torpore della febbre. Il vento batteva forte sulle finestre mentre Kuroo portava il principe in braccio fino al letto.

“Perché è il mio compito, principe”.

“E non hai una famiglia o qualcuno cui fare ritorno? Sei sempre qui giorno e notte, a proteggere un ragazzo fragile come un granello di sabbia”.

“Io sono stato creato per proteggervi. Ho le sembianze di un uomo, ma sono nato proprio dalla nera sabbia del deserto per essere posto al vostro fianco, perciò non c’è nessuno che mi aspetti. Non preoccupatevi, principe”.

Kuroo strizzò l’occhio in segno d’intesa, eppure, a quelle parole, Kozume non poté non provare una grande tristezza. Non poteva credere a quanto aveva appena udito. Kuroo, il guerriero alto e forte e coraggioso che lo difendeva e lo sollevava con tale facilità era composto da nient’altro che sabbia, ed era costretto a vivere rinchiuso tra le mura del palazzo, a fare da balia a un ragazzino malaticcio.

Quell’inattesa scoperta lo sconvolse, assai più di quanto si sarebbe aspettato; non si era mai legato ad alcun essere vivente prima d’allora, e la compassione e l’affezione si presentavano a lui come sentimenti nuovi e oscuri.

“Sei nato per combattere, ma sei fatto di sabbia… cosa succederebbe se qualcuno ti ferisse?”

“Non saprei, non mi è mai capitato” rispose con un sorriso. “Ma se vi state chiedendo se posso morire, allora sì, posso rispondervi che non sono immortale. Mi dispiace”.

Kozume si rabbuiò. Per un istante aveva sperato che la magia con cui era stato creato l’avesse reso anche immortale, ma neppure quel piccolo conforto gli era concesso.

Il guerriero si accorse che qualcosa turbava il suo principe. Si chinò e sedette sul letto accanto a lui, l’espressione seria e tuttavia rassicurante.

“C’è qualcosa che vi turba? È il fatto che sono mortale?”

“Sei l’unico amico che ho, Kuroo. Sono sempre stato solo, acclamato e desiderato dal popolo solo quando i miei capelli servivano a dargli l’oro, per poi essere deriso e minacciato perché malato e debole; ho imparato a non provare affetto verso nessuno per non dover affrontare il dolore della delusione o della perdita, e scopro ora che l’unica persona cui mi sia mai legata è stata creata con lo scopo di morire per salvare me”.

Kuroo sollevò una mano e la posò sulla spalla del principe.

“Se è questo ciò che vi preoccupa, cercherò di fare attenzione. Ve lo prometto, principe. Ma ora vi prego di riposare”.

Qualche tempo dopo giunse voce che la guerra era volta a termine e che il regno aveva sconfitto il nemico. Grandi festeggiamenti furono organizzati in ogni casa, canti e balli rallegrarono i giorni e le notti per settimane e la gente chiacchierava e brindava allegra per le strade.

A palazzo venne data una grande festa che durò dieci lunghi giorni, tanti quanti erano stati gli anni che la guerra aveva portato via a tutti loro. La gente si divertiva e si rilassava, e qualcuno pensò che fosse l’occasione propizia per impossessarsi dei capelli d’oro del principe.

Mentre si preparava per raggiungere il padre a cena e accogliere gli ospiti, Kozume vide con la coda dell’occhio due sagome nere entrare dalla grande finestra che dava sul terrazzo e chiamò aiuto. I due uomini puntarono due grossi coltelli contro di lui.

“Perché volete uccidermi? Non vi servo vivo? I mie capelli non crescerebbero più da morto”.

“A noi bastano quelli che hai per diventare ricchi, non ce ne servono altri!”.

Kuroo fece irruzione nella stanza e vide Kozume fuggire dai due uomini. Sfoderata la spada si lanciò contro il più vicino e gli tagliò la testa con un sol colpo, poi si voltò verso l’altro, che vanamente tentò di difendersi con il coltellaccio e perì sotto il fendente del guerriero.

Kuroo si avvicinò al principe per sincerarsi delle sue condizioni, ma quando fu a un passo da lui vide un terzo uomo nascosto nel buio della terrazza. Fece in tempo a mettersi tra il suo grande arco e Kozume prima che una freccia lo colpisse nel mezzo della schiena, seguita da un’altra, e un’altra ancora.

Ma Kuroo non cadde. Rimase in piedi, chino sul suo principe a proteggerlo fino alla fine, e ciò diede il tempo alle sentinelle reali di accorgersi dell’intruso e colpirlo a loro volta con una pioggia di frecce.

Solo allora Kuroo poté finalmente lasciarsi andare, scivolando al suolo tra le braccia di Kozume.

“Mi dispiace” mormorò, e un sorriso dolce si affacciò sul suo volto. “Non ho mantenuto la promessa”.

Kozume lo strinse forte a sé e pianse tutte le lacrime del mondo, mentre il suo guerriero scompariva in un pugno di sabbia nera.

Grandi onori furono resi al valoroso Kuroo, che aveva dato la propria vita per proteggere il principe. Un principe dolce e fragile, con un cuore gentile ma straziato da una sofferenza che mai nella vita gli aveva dato tregua e che, in ultimo, gli aveva strappato anche l’unica persone che gli era stata accanto, che lo aveva protetto e supportato in un mondo troppo duro per un ragazzo come lui.

E così, il principe Kozume dai bei capelli d’oro raccolse la sabbia che ancora giaceva nella sua stanza, salì sul tetto e si lanciò, trovando infine quella serenità che per tanto tempo gli era stata negata.

Il suo corpo fu bruciato e le ceneri sparse nel deserto nero come una notte senza stelle. E se aveste l’ardire di avventurarvi tra quelle dune, scoprireste che soffia ancora il vento su quel regno lontano.

Un vento che ha di nuovo il colore dell’oro.
 

****

NdA – Ok, vi do il permesso di odiarmi e maledirmi… ma questa DOVEVO scriverla!! Voglio dire, prima ho visto questa immagine http://oi64.tinypic.com/a47rcn.jpg e me ne sono innamorata follemente; poi ho comprato un libro di racconti e fiabe ungheresi e mi è venuta voglia di scrivere in quello stile; e infine la cara Helena ha scritto una storia bellissima ma che mi ha spezzato il cuoricino (ve la linko e ve la consiglio comunque!;D http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3421960&i=1 ) e le ho giurato vendetta, perciò questa storia è frutto delle circostanze, non è colpa mia u_u

Cooomunque! Questa one-shot può essere considerata come parte della mia raccolta “Guerriero”, ispirata al prompt di Eliot, ma l’ho messa in un’altra raccolta perché mi piacerebbe scrivere altre storie in stile “fiabesco”: che ne pensate? :3

Spero che la storia vi sia piaciuta, perché a me scriverla è piaciuto da matti! *-* Anche se è straziante, lo so xD Ma mi farò perdonare, lo giuro!

  
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