Fanfic su artisti musicali > Mika
Segui la storia  |       
Autore: _Even    10/04/2016    2 recensioni
«Se una storia è finita, se un'amicizia si è rotta, è meglio evitarsi per ricucire le ferite. Solo così ci risparmiamo altro inutile dolore.»
E se non tutto il dolore fosse inutile?
E se evitarsi non fosse possibile?
E se una storia non fosse del tutto finita?
X Factor 10. Due giudici. Una storia finita nel peggiore dei modi. Un album che ne percorre il destino.
[Mirco]
Genere: Malinconico, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Elio, Marco Mengoni, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Solo due satelliti
 
«Hello, you sow. I’m Tim
 
In quale parte del corpo
Ci potremmo incontrare
Tim.
L’uomo che Michael aveva giurato di sposare.
Tim.
L’uomo che Michael, al fine, non aveva sposato.
Tim.
L’uomo che alla famiglia Penniman piaceva così tanto da spingere mamma Jonni a prendere un volo diretto per Milano, pur di convincere il figlio a sposarlo.
Tim.
In quel momento era di fronte a Marco. Imponente e furibondo, emanava quel tipo di sicurezza spavalda che solo una ricchezza antica di secoli poteva comprare. Evidentemente, era il tipo di ricchezza posseduta dai Van Der Kuil.
«Tim» la voce di Marco era ridotta a un sussurro.
L’uomo entrò nella camera d’albergo a passo sicuro, come se l’intero mondo gli appartenesse, come se stesse passeggiando nel proprio, immenso parco giochi. Poi, voltatosi per squadrare Marco da capo a piedi, con un gesto imperioso agguantò la cintura dell’accappatoio di spugna che indossava e gliela sfilò dai passanti, cosicché l’accappatoio si aprì. Il fisico di Marco, tonico ma morbido, occhieggiò per un istante prima di venire brutalmente coperto dall’accappatoio, con un gesto repentino di colui che lo indossava. Avvampò in viso e si ingobbì leggermente, come se avesse ricevuto un pugno nello stomaco: da uomo fondamentalmente timido qual’era, di certo l’ultima cosa che avrebbe voluto era uno sconosciuto che irrompesse in casa sua (o nella sua stanza) per spogliarlo così, di punto in bianco. Soprattutto, se quello sconosciuto era l’ex promesso sposo del suo attuale uomo, o almeno, era così che lui lo sentiva. Si coperse come una vergine violata.
 
Senza andare lontano
Per poterci sfiorare?
Tim si esibì in un giudizio, in un inglese talmente rapido che Marco, spontaneamente, fece: «Eh?»
Tim sospirò, spazientendosi visibilmente. «Io vede bene perché Mica cambia Paese per te.»
Il suo accento era fortemente londinese, il suo tono era arrogante, quasi sguaiato. Lo mise in imbarazzo e, al contempo, lo stupì: non somigliava affatto all’uomo dolce e mite descritto da Michael per tutti quegli anni. Quanto poteva cambiare una persona, la gelosia?
«Perché sei qui?» lo affrontò, seppur lottando contro il timore e il nervosismo. Tremava addirittura.
Tim iniziò a giocherellare con la cinta di spugna che gli era rimasta tra le mani, segno che neppure lui era tanto sicuro di sé come voleva far credere.
«Io pensa molto di te» cominciò, in un pessimo italiano. «Da che Mica lascia mi, io pensa a: che uomo gancia altro uomo che è già engagiato? Allora, io pensa: of course!, un maiala!»
Maiala però lo sai dire bene, pensò Marco. Non poté replicare all’accusa lanciatagli, ché Tim aveva perfettamente ragione ad avercela con lui, il quale in un primo momento gli aveva soffiato l’uomo.
«Sì, ma poi ci siamo lasciati e finché siete stati insieme, io non mi sono più avvicinato a lui» spiegò timidamente.
«Shut up, whore» lo zittì, rimettendolo così al suo posto: in un angoletto remoto, tra la paura e il senso di colpa.
Marco si strinse talmente tanto nelle braccia da farsi male, ma quel dolore non era nulla se comparato a quello che gli squassava il petto e lo straziava come lama rovente.
«Io capire che lui vede: un bello ragazzo per il sexo. Ma però io no capire perché lui pensa che è amore it» detto ciò, rise beffardamente. «Ora so: tu ha confuso lui con tuo dirty body
Quindi era questo che Tim, e probabilmente tutta la famiglia di Michael, pensava di lui: aveva usato il suo corpo, che egli poteva aver definito sia “sporco” che “proibito”, al fine di sedurre Michael e convincerlo a fare ciò che voleva. Anche mandare a monte le sue future nozze.
Tim proseguì quello che era divenuto un burlesco, doloroso monologo. «So, io cerca te su internet: tua family no è ricca, tuo padre ha lavoro in pasta shop. Tue monete è per la fama e tu va a perdere, sooner or later» fece una pausa, compiacendosi delle origini di Marco, non nobili o altisonanti quanto le sue. «Io è Van Der Kuil, ricchi di mille anni fa in Holland
Marco perse definitivamente la pazienza. Qualunque fossero le intenzioni di Tim, ci stava impiegando troppo a rivelarle. Aveva paura di quella visita, sì, ma se la sua arroganza derivava unicamente dai suoi illustri natali, aveva sbagliato uomo con cui vantarsi. «Signor Van Der Kuil, lo vedi quel letto?» Tim si volse a guardarlo prima che Marco proseguisse: «Bene, se ti ci metti sopra senti ancora il profumo di Michael sopra. E non è con il tuo cognome che si è coricato stanotte.»
Tim parve quasi sul punto di perdere le staffe, ma si contenne. «Ok, Mengoni. Di cose che io trova di te in internet, qui è cosa che io no trova.»
«Vale a dire?»
Tim si prese il suo tempo per pronunciarle, quelle tre lettere. Le articolò per bene, una per una. Lasciò che il loro amaro retrogusto danzasse sulla punta della sua lingua, la quale si unì alle labbra per compiere quei malefici movimenti che portarono Marco alla disfatta.
«Gay.»
 
Ti ho annusato le mani
E ho sentito che mi ami
Marco ne rimase così allibito che per poco non mollò la presa sull’accappatoio, scoprendosi una seconda volta. Dovette poggiarsi alla parete per non fare ciò che gli veniva più naturale: sedersi per accusare il duro colpo.
Tim seppe di averlo in pungo quando lo vide vacillare in quel modo. «Ah, so è vero che tu no dice tu è gay. Persone dice che tu è, che tu no è: tu è muto. Tu hai vergogna.»
Eccola, un’altra parola che sa pronunciare benissimo.
Lo sguardo di Marco rimase fisso sul pavimento, più precisamente su una sezione della moquette ricoperta da un lieve strato di polvere. Il pulviscolo aleggiava etereo nell’aria, quasi fluttuasse, come i pensieri nella sua mente, i quali si muovevano scomposti trascinati da un’invisibile e agitata corrente, senza prendere senso né forma.
Tim gli si avvicinò. «Mica è confuso. Io è ricco uomo che fa coming out, tu è povera maiala che vergogna. Magari tu dici lui che tu no va bene in sua vita, o...»
L’altro non gli chiese cosa venisse dopo quella “o”. Perché aveva compreso perfettamente e un dolore simile di rado lo aveva provato in vita sua.
Il dolore di chi viene messo al muro, sapendo di meritare tutto ciò che sta patendo.
Marco non si rese conto di quanto Tim gli fosse vicino finché il suo fiato caldo non lambì le sue gote.
«... o io dice tutti che tu è gay. Tua musica è over, tue monete è over. Mica è over, per te.»
Il senso del suo discorso aveva il sapore del ricatto: nella mente di Tim, Marco avrebbe perso Michael in ogni caso. Doveva solo decidere se perdere assieme a lui anche fama e fortuna, oppure rimanere un cantante ricco e famoso, ma dicendo a Michael che loro non potevano stare insieme.
Due modi diversi di andare all’inferno.
Scosse impercettibilmente la testa, non potendo credere a ciò che gli stava capitando.
«Tu ha un week di tempo, poi io dice tutto» annunciò, infine, imboccando la via della porta.
«No.»
 
Ti ho baciato sugli occhi
Ed ora mi riconosci
Tim si irrigidì. Tornò sui propri passi, gli occhi come due braci ardenti. «No?»
«So che ho sbagliato in passato» mormorò, con il capo chino. «Ma io amo Michael. Non lo lascerò mai. E sappi che lui ti odierà per quello che mi stai facendo.»
Fu un attimo.
Tim, con tutto il suo peso, gli fu addosso.
Marco tentò di divincolarsi, di scacciarlo via da sé, ma non ci fu verso: lo teneva incastrato tra il muro e il suo corpo, come sovente faceva Michael. Ma del suo calore e della sua gentilezza, non v’era traccia. C’era solo paura e sgomento, oltre che le lacrime negli occhi e sulle guance di Marco.
Tim gli spalancò l’accappatoio, schiaffò la sua mano violenta proprio in corrispondenza del suo inguine e strinse in una morsa i suoi genitali, facendolo urlare di dolore e di terrore.
«Tu no dice niente a Mica!» gli urlò in faccia. «Se Mica sa di io e te oggi, I’ll treat you as the whore you are
Lo avrebbe trattato come la troia che era.
Marco credé di essere sul punto di svenire per il panico e per il trauma che stava subendo, ma proprio in quell’istante Tim mollò la presa e lasciò la stanza, sbattendo con forza la porta d’ingresso.
Libero di accasciarsi al suolo, Marco liberò singhiozzi e lamenti di disperazione. Non poteva crederci.
Perdere il suo amore.
Perdere la sua musica.
Perdere la sensazione di sentirsi al sicuro nel mondo.
A quali orride e funeste prospettive Marco era stato messo di fronte da Tim Van Der Kuil.
Non riusciva ancora a prendere fiato per respirare a dovere, perso tra le lacrime, che si rimise i vestiti in fretta e furia e, così come aveva sempre fatto nella sua vita, scappò via in cerca di un luogo dove urlare al mondo il suo dolore.
 
Come quando avevo voglia di incontrarti anche per sbaglio
Per le strade di un paese che neanche conoscevo
Mi perdevo ed ero certo che ogni volta tanto poi ti ritrovavo
 
Quando Michael finì i suoi Home Visit, erano quasi le quattro del pomeriggio. Aveva una fame da lupi, il caldo era divenuto soffocante e di fare qualcosa che non fosse mangiare insieme a Marco stravaccato sul letto (e, possibilmente, farci l’amore fino a quando ne avessero avuto la forza) non ne voleva proprio sapere.
Bussò alla sua porta con fare gioioso, componendo una musichetta tutta sua tramite le nocche e il legno della porta.
Nel farlo, però, si rese conto che la porta non era chiusa. La spinse leggermente ed entrò nella stanza senza farselo ripetere due volte, ipotizzando che Marco intendesse fargli una sorpresa. Così percorse l’intera stanza, guardando sotto il letto, dentro l’armadio e dietro le tende; poi entrò nel bagno, dove trovò una luce soffusa e una vasca piena zeppa di schiuma: eccola la sua sorpresa. Chiamò il nome di Marco, infilò addirittura una mano all’interno dell’acqua che quasi trasbordava dalla vasca. Ma, del suo amato, neanche l’ombra. Rassegnatosi a non trovarlo là dentro, provò a chiamarlo al cellulare, ma poco dopo lo sentì squillare all’interno della stanza. Pareva che Marco si fosse volatilizzato nel nulla.
Leggermente preoccupato, andò alla reception per chiedere se qualcuno lo avesse visto e, per fortuna, il concierge gli disse che circa un paio di ore prima, in tenuta sportiva, Marco era corso fuori dall’albergo. Michael immaginò che, sentitosi meglio, Marco intendesse mostrare a se stesso tutta la sua capacità di ripresa.
In realtà, quella era la più idiota delle scuse: se fosse andato a correre lo avrebbe avvertito, avrebbe portato il telefono con sé e, soprattutto, non avrebbe lasciato la porta della camera aperta. Senza contare l’orario improponibile.
Sicuro, era dovuto urgentemente correre da qualcuno e, per un secondo, Michael si chiese chi o cosa meritasse tanta urgenza, in tutta Taormina, da parte del suo fidanzato.
 
Come quella notte in cui mi hai detto: "Voglio andare via"
Ho sbattuto questa porta ed ora basta e così sia
Un istante dopo ti eri perso e per le strade già io ti cercavo
 
Marco si ritrovò presto sperduto tra le vie di quell’immensa città. Il che fu un bene poiché, in altre circostanze, avrebbe beccato le strade più trafficate della città. I fan e chiunque lo avesse riconosciuto gli avrebbero chiesto che ci faceva, a quell’ora, in lacrime e sconvolto, a correre per strade e marciapiedi senza una meta precisa.
Invece, per fortuna, aveva trovato rifugio in un quartiere abbastanza ombroso, dove aveva ritrovato solo vecchi provenienti dalla Grecia e gatti randagi. Nessuno lo avrebbe riconosciuto, seduto lì su una scaletta, con la testa poggiata a una parete in roccia, mentre un gatto gli miagolava contro per poi annusarlo, decidere che era innocuo e limitarsi a girargli intorno. Di certo, nessun vecchietto lo avrebbe interrotto nel suo pianto isterico per chiedergli cosa ci fosse che non andava e, anche se lo avesse fatto, quello era il quartiere greco, e la gente parlava talmente poco italiano da riuscire a malapena a chiedere in che direzione fosse la toilette più vicina. Lì era al sicuro da tutti.
Lì era al sicuro da Michael.
Lo avrebbe perduto per sempre, rinunciando a una delle cose più belle e gratificanti della sua vita, se lo avesse lasciato.
Avrebbe tanto voluto tenerlo con sé, per impedirgli di tornare tra le braccia di quel viscido di Tim. Ma l’opzione era di perdere la sua musica e, per quanto amasse Michael, era impensabile vivere senza il suo unico, vero ossigeno.
Se avesse raccontato tutta la verità avrebbe rischiato il peggior destino che potesse capitare a un uomo, e non era che potesse sempre richiedere la protezione di Michael. Era escluso.
Il solo pensiero lo fece piangere così forte da spaventare i colombi che beccavano le briciole nei paraggi.
Per un lungo, doloroso attimo, pensò a come sarebbe stato se l’avesse fatta finita.
Lo sconforto più totale lo indusse a valutare la possibilità di gettarsi in nel mare cristallino senza riemergere mai più. Di sicuro avrebbe trovato la pace, non avrebbe più subito minacce, e avrebbe liberato Michael dalla sua presenza, che solo sofferenze gli aveva portato.
Subito quel pensiero svanì dalla sua mente, lasciandolo in preda al timore di se stesso. Amava la vita, nonostante tutto. Ma ciò che gli faceva amare la vita erano la musica, Michael e la sua fiducia nel mondo. E, inevitabilmente, avrebbe perso una di quelle tre cose. O, forse, tutte e tre.
 
Non c'è posto in cui può smettere
Questo nostro folle amore

Si voltò, serrando gli occhi e stringendo i denti più che poté, finché non cedette all’urlo che gli raschiava il fondo della gola, e che eruppe dalle sue labbra come anima che si catapulta via da corpo morto.
 
«Oh, mio Dio» si torse le mani cento volte almeno.
«Mika, calmati, vedrai che adesso lo troviamo» lo tranquillizzò Irene.
Erano le sei del pomeriggio, Marco era uscito poco prima delle due e non era ancora tornato. Michael aveva contattato Elio e Irene per sapere se era, magari, andato a parlare con uno di loro, quando invece nessuno dei due lo aveva visto quel giorno.
Michael iniziò a preoccuparsi verso le cinque quando, nonostante le varie ricerche su internet, nessun fan aveva postato nessuna foto su nessun social network in cui vi fosse Marco. Sembrava essersi dissolto nel nulla e questo riempì Michael di ansia.
Alle sei, ancora Marco non aveva fatto ritorno e i tre giudici si erano organizzati per mettere su una piccola squadra di ricerca. Irene di sarebbe occupata di setacciare le piazze, le strade e i luoghi più affollati, Elio avrebbe provveduto a cercarlo in negozi, teatri e altri centri simili, mentre Michael avrebbe pensato a delle strade un po’ meno trafficate e alle spiagge. Così si divisero e Michael iniziò a correre a perdifiato. Cercò nel retro dei pub, per salite e discese, senza successo. Il cuore iniziò a martellargli nel petto: Marco avrebbe potuto essere stato anche rapito, o poteva essergli successo qualcosa? Santo cielo, e se fosse annegato? Cercò di calmarsi, si diede del ridicolo, ma nulla riuscì a placare la sua ansia. Cercò finanche nelle chiese, nonostante Marco fosse ateo; si intrufolò in una casa di piacere che si trovava poco distante da un quartiere universitario, nonostante a Marco neppure piacessero le donne. Non ebbe successo da nessuna parte.
All’improvviso si fermò, per concedersi un lieve momento di sconforto. Riprese fiato e, nonostante il fiatone, trovò la forza di versare qualche lacrima.
Marco, il suo Marco si era perduto. Se gli fosse successo qualcosa in sua assenza, non se lo sarebbe mai perdonato.
 
In quale parte del mondo
Ci potremmo lasciare
Riprese a cercarlo. Corse così velocemente da volare, e urlò così forte il suo nome che poté giurare di sentirlo chiamare perfino alle porte e alle finestre di tutta la città le quali, spalancate, sembravano mille bocche alla ricerca di un unico amore.
 
Marco ebbe abbastanza tempo per riprendere a odiarsi come quando era un adolescente grasso, brufoloso e con l’apparecchio.
Maledisse mille volte se stesso e quella disgrazia che aveva tra le gambe, perché il tocco di Tim lo aveva fatto sentire più sporco che cosce di puttana, e si odiava a tal punto da provare repulsione verso la sua immagine, riflessa in una pozzanghera che andava sempre di più a rimpicciolirsi, sotto il calore di Taormina.
Non pianse più, ritenne di aver finito le lacrime da versare e, in più, gli dolevano il petto e le costole dopo tutti quei singhiozzi disperati.
A volte gli sembrava di sentire il profumo di Michael sulla propria pelle, e nell’accarezzare l’aria, per poco non avvertiva al tatto i suoi soffici boccoli scuri. E la sua voce, oh, la sua voce, gli pareva di sentirla proiettarsi fuori da qualche finestra aperta come una bocca sul mondo.
 
Per andare lontano
Senza mai più tornare
Preso a gingillarsi nei suoi pensieri, quasi non si accorse che quella voce era reale, e chiamava il suo nome.
La voce dell’amore, l’amore che lo sospinse ad alzarsi in piedi e, nonostante tutto, a correre sulle sue gambe per ritrovarla. La mente gli suggeriva di stargli lontano, anzi, di allontanarsi in fretta: cose terribili gli sarebbero accadute se così non fosse stato. Ma l’istinto fu un burattinaio migliore dell’intelletto e, con fili più forti, lo guidò verso la voce di Michael. Scappare non aveva portato a nulla di buono, da quando aveva cominciato a farlo: era sul punto di ritrovare la strada per il suo cuore e non ci avrebbe rinunciato per nulla al mondo.
 
Ti ho lasciato le mani
Per scordarmi il domani
La stoltezza apparteneva ai giovani che rinnegavano i loro propositi dopo averli così ben formulati, essi erano spergiuri come peccatori, ma gli amanti divisi erano un monito per tutta la terra che avrebbe smosso mari e monti pur di sospingerli l’uno verso l’altro. Marco arrivò a pensare che, se non avesse seguito quella voce, il mare lo avrebbe inghiottito per poi risputarlo tra le braccia del suo unico amore.
«Michael!» lo chiamò, quando non seppe più dove andare per avvicinarsi a lui.
Non dovette fare altro che star fermo. Prima avvertì lo scalpiccio dei passi farsi più forte, poi degli ansiti accompagnarono quel suono finché non si ritrovò investito dal più caloroso e avvolgente degli abbracci che lo prese da dietro alla sprovvista. E rigiratosi in quelle braccia che lo stringevano più che mai, urlò e scoppiò in lacrime, aggrappandosi così forte a Michael che quasi gli strappò i vestiti di dosso.
 
E ti ho perso negli occhi
Mentre già mi mancavi
«Shhh, va tutto bene, piccolo» sussurrò, nonostante la sua voce fosse anch’essa rotta dal pianto. «Ci sono io qui con te.»
Era proprio quello il problema.
Ma Marco tacque, lasciandosi coccolare con dolcezza, come un bimbo sperduto. Non avrebbe mai potuto rinunciare a lui, era chiaro come raggi di sole sull’acqua.
Ma quale sarebbe stato il prezzo per il loro amore?
 
«Non ha importanza perché è corso via» lo rassicurò, imboccandogli dolcemente un cucchiaio di ottimo brodo di carne.
Dopo quella corsa sotto il sole del primo pomeriggio, a Marco era tornata qualche linea di febbre e i brividi erano tornati forti quasi quanto prima. Di certo, lo shock ricevuto aveva contribuito, ma questo non lo disse.
Avvolto in una coperta, si lasciò nutrire dalle amorevoli mani di Michael.
«La cosa la più importante» proseguì, «è che tu sta bene e io e Irene ed Elio siamo così felici di questo.»
Marco rimase a fissare quel cucchiaio lucido, gocciolante di brodo, per un tempo che parve infinito. Michael glielo spinse verso le labbra.
«Marco, deve mangiare.»
Ma la sua mente era altrove, rivolta a Tim. Quelle minacce, così perfettamente studiate e calcolate. Quelle parole in italiano così ben pronunciate, come se avesse provato mille volte quel discorso di fronte allo specchio. Magari aveva anche il beneplacito di Jonni, chi poteva saperlo. Minacciare un uomo di violenza, però, quello era sicuro che neppure la più incallita dei Penniman lo avrebbe consentito.
«Marco, oggi tu aveva preparato bella vasca per me e te, sbaglio?» fece allegramente, per tirarlo su.
Marco lo guardò come se lo avesse condannato a morte.
Non poté più reggere la finzione, l’inganno, i dubbi che lo dilaniavano. Scoppiò a piangere e seppellì la testa nel cuscino, artigliandone la federa. Sentì il peso di Michael su di lui, che lo stringeva e piangeva a sua volta e questo lo fece sentire peggio che mai. Era l’uomo più vile sulla faccia della terra.
«Marco» lo chiamò. Il suo nome non era mai stato ripetuto così tante volte da quella voce, tutta tenerezza e gentilezza, come una chiave che apriva quella porta, la stessa che si ostinava a tenere chiusa.
Ma che, all’improvviso, si spalancò.
«Se restiamo insieme, sono finito. Se ti lascio, sono finito. Se ti dico tutto, sono finito!»
 
Come quando avevo voglia di incontrarti anche per sbaglio
Per le strade di un paese che neanche conoscevo
Mi perdevo ed ero certo che ogni volta tanto poi ti ritrovavo
Oddio.
Lo aveva detto davvero? Che idiota.
Michael rotolò su un fianco, fino a ritrovarsi accanto a Marco. Gli afferrò il mento con la mano e lo costrinse a guardarlo. «Cosa dici?»
Iniziò a tremare. Non un leggero brivido di freddo, no: delle vere e proprie convulsioni dettate da una folle angoscia, quella di perdere ciò che aveva di più caro al mondo. Si pentì amaramente delle parole appena pronunciate.
Ma quando si guardarono negli occhi, Marco capì che l’idea di tenergli tutto nascosto, in realtà, non l’aveva mai presa veramente in considerazione. Si sarebbe detestato per tutta la vita.
«Tim è qui in Italia.»
La bocca di Michael fece per curvarsi in un sorriso ma, capito appena in tempo che non si trattava di uno scherzo, gli si torse, quasi deformata, in un’espressione non dissimile da quella di Marco.
Il quale, pur conscio del suo errore, gli raccontò tutto per filo e per segno. Dal momento in cui egli lo aveva quasi spogliato, fino alla molestia sessuale che gli aveva levato la tranquillità. Solo in quel momento capì che l’unico intento di Tim era quello di terrorizzarlo, e ci era riuscito alla perfezione.
Michael ascoltò pazientemente tutto il racconto, di tanto in tanto qualche lacrima gli solcava una guancia, ma in confronto a quelle di Marco, erano brina leggera dinnanzi alla tempesta.
Alla fine del racconto, Marco si poggiò alla spalla di Michael, il quale gli rispose in modo diretto e pacato.
«Io so come tu fai.»
«Come?» chiese, gli occhi si fecero enormi e pieni di curiosità e gratitudine per quell’uomo magico, che aveva tutte le soluzioni a portata di mano. Che riusciva sempre a rendere la sua vita più semplice, più bella. Più vita.
Guardando fisso di fronte a sé, l’altro disse: «Noi in cinque giorni ha la conferenza stampa per X Factor, prima di il programma. Bene, tu lì dici davanti a tutti che hai fidanzata donna. Così, quando poi Tim dice tutti che tu è gay, sembra solo un ex geloso che cerca di avere il suo fidanzato indietro.»
Marco si allontanò per guardarlo dritto negli occhi. Fingersi etero e giocare d’anticipo. Era quella la sua idea? Non era da lui.
«Michael, io non capisco...»
«Cosa vuoi?» lo interruppe, ringhiandogli in pieno viso. «Che io amava l’uomo che è un gran bastardo? Che io vorrei kill him con queste mani? Che io amo te so much che io vuole solo che tu è al sicuro e se lui si avvicina di nuovo a tuo corpo I will break his fucking bones?!»
«Michael!»
 
Come quella notte in cui mi hai detto: "Voglio andare via"
Ed ho chiuso gli occhi con la testa bassa e così sia
Un istante dopo ti eri persa e per le strade già io ti cercavo
Quest’ultimo si era alzato e, afferrato un vaso decorativo che si trovava su uno scaffale, lo lanciò contro il muro. Il rumore fu assordante, ma non fu nulla se comparato a quello della cascata di frammenti che scivolava lungo la parete, per poi finire silenziosamente sulla moquette. Marco lo aveva stretto da dietro, serrando le braccia di Michael tra le sue. Ma era troppo tardi, il vaso era già in frantumi.
Non aveva mai visto un uomo così arrabbiato in vita sua.
«Ti prego, non ne valgo la pena.»
Michael si voltò e lo spinse sul letto, facendolo cadere sul materasso. Poi si mise a cavalcioni su di lui e lo spogliò con una velocità tale che, per poco, Marco mancò il momento di fermarlo.
«Ehi, amore, no» gli parlò in modo tranquillo e pacato, come a una belva inferocita. Pian piano, respirando a fatica, Michael si calmò, crollando sul suo petto e piangendo. Non avrebbe mai dovuto dirglielo, lo sapeva.
«Scusami» disse. Ma, per buffo che fosse, anche l’altro lo disse nello stesso istante. E l’uno volle chiedere all’altro di cosa si stesse scusando e finì che nessuno chiese scusa di nulla, semplicemente si strinsero e si scaldarono, regalandosi con un bacio così disperato, ma pieno d’amore che non aveva bisogno di spiegazioni, né di perché.
Le loro lingue si incontrarono a metà strada tra le loro bocche, intrecciandosi e anch’esse come i due amanti stringendosi tra loro, rendendo quel bacio più profondo, più intenso, più intimo di tutti i baci che si erano dati prima di allora. Si lambirono di carezze, ben poco languide.
Fu Michael a interrompere l’idillio, parlando sulle sue labbra. «Se tu dice che tu sta con donna, tu può salvare tua carriera e te da Tim.»
Marco accarezzò la sua nuca, proprio alla base dell’attaccatura dei capelli. «Ma amore, e noi?»
Gli occhi di entrambi brillavano, quella sera, tra l’amore e le lacrime. Non si capiva più se esse appartenevano a Michael o a Marco, e le labbra erano tumide dei loro baci.
«Noi nasconde, come sempre» alzò le spalle. «Meglio, così noi non lascia mai.»
 
Non c'è posto in cui può smettere
Questo nostro pazzo amore

Non era giusto, e lo sapevano entrambi. Ma la vita non doveva essere giusta, e bisognava aggrapparsi a ciò che si aveva di più caro.
E sentirgli dire che non lo avrebbe lasciato mai –mai– gli riempì il cuore di speranza.
Per questo Marco premette le labbra su quelle di Michael, con tenue gratitudine. Gli cinse il collo con le braccia e in quel bacio, morbido e umido assieme, gli sfilò uno ad uno ogni indumento fino a spogliarlo del tutto.
Quella notte non fecero soltanto l’amore. Fecero molto di più.
 
Non c'è posto poi per l'ombra
Dove batta forte il sole

Michael non si perse in fronzoli e non lo stuzzicò come faceva di solito. Si affrettò a entrare dentro di lui, per divenire fusi in un unico abbraccio: fu talmente bello che per Marco fu come un rituale di purificazione dagli occhi e dalle luride mani di Tim sul suo corpo, corpo che apparteneva a Michael e a lui soltanto. Marco si issò, sedendosi sul grembo di Michael e continuare quel bacio infinito e quell’erotica danza tra i due corpi. Un braccio del libanese sorreggeva con forza il suo amante, il suo amato, il suo amore, e nel mentre usò la mano libera come strumento di piacere che coinvolse il suo membro. Marco gettò la testa all’indietro mentre, tocco dopo tocco, quelle dita cancellavano quelle altrui e, più affondava dentro le sue carni, più egli lo faceva suo. Le mani di Marco andarono a toccare dappertutto il corpo del suo personale dio dell’amore, in ogni avvallamento e insenatura: i suoi polpastrelli tracciarono una mappa, precisa e senza indugi, sul corpo del suo uomo, il quale, tra gemiti e sospiri, arrivò presto al culmine del piacere. Le dita di Michael, strofinando e stringendo nei punti giusti il membro fremente di Marco, aiutarono la sua ascesa verso il paradiso e, ben presto, venne travolto dalla potenza dell’orgasmo, che lo lasciò inarcato, flesso, perfetto, simile a una pantera. Ogni suo muscolo era illuminato da una sottile linea di luce, mentre con la colonna vertebrale rimaneva incantata in un attimo eterno, nella precisa forma di un arco. La bocca spalancata di Marco, assieme ai suoi occhi schiusi, completarono quel quadro di estasi pura. Il solo guardarlo rese Michael schiavo della sua beltà, causando anche in lui quel tanto agognato culmine del piacere. Anche lui, infine, si riversò dentro il suo amore, urlando il suo nome per l’ennesima volta quel giorno, in un modo che fece piangere di commozione Marco.
 
Siamo solo due satelliti
Che si crederanno liberi
Su quest'orbita si gira senza mai uscirne fuori

Nessuno, nella sua vita, lo avrebbe mai chiamato con quella voce, talmente coma d’amore da fargli credere, anzi, da renderlo certo che lo avrebbe inseguito fino in capo al mondo, nel mare profondo e nel cielo sconfinato.
No, Marco non avrebbe mai potuto neanche pensare di vivere senza Michael.
E, mentre quest’ultimo asciugava le sue lacrime con labbra delicate, quasi come a berne per guarirlo da quel malessere che aveva dentro, Marco si ritrovò a dirgli, nel modo più sincero possibile:
«Io ti amo, Michael, più della mia stessa vita e fino alla fine dei miei giorni.»
 
Non c'è posto in cui può smettere
Questo nostro pazzo amore

Michael, posata la sua guancia sulla spalla di Marco, tirò su col naso. Questi lo avvolse con le sue braccia forti, facendolo sentire, per la prima volta in quella giornata, al sicuro. Il calore di quell’uomo ebbe lo stesso effetto su colui che se lo stringeva al petto e in quell’abbraccio, si amarono più che in una vita intera.
 
Non c'è posto poi per l'ombra
Dove batta forte il sole

«Io, mio Marco» replicò Michael, con voce leggermente incrinata, «ti amo più che tutto quello che c’è in questo mondo.»
 
Siamo solo due satelliti
Che si crederanno liberi

Poi, ancora accoccolato a lui, allungò il collo fino ad arrivare al suo viso e lo baciò, come se fosse l’ultimo bacio prima che i loro giorni di vita volgessero al termine.
 
Su quest'orbita si gira
Senza mai uscirne fuori

Come farfalle alla sera.
 
Fuori.
 
 
 
La soffitta dell’autrice:
Eccocci qua, dinnanzi al penultimo capitolo di quest’avventura. Alla fine, devo dirlo, mi sono proprio divertita! Il tutto, ovviamente, grazie a comeunangeloallinferno, una favolosa beta che FINALMENTE SI È DECISA A SCRIVERE LA SUA PROPRIA FANFICTION MIRCO! (Applausi!)
Beh, non ho altro da aggiungere se non che spero di ritrovarvi tutti al prossimo capitolo. Ricordate, non è finita finché non è finita!
Baci.
  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Mika / Vai alla pagina dell'autore: _Even