XXVI
IBRIDO
“Rivoglio
i
miei occhi..” confessò Lucifero, a braccia
incrociate, frustando la coda.
“Tecnicamente..tu
sei nato con quegli occhi! Usa le lenti a contatto”
ironizzò Mihael “Con l’età
che avanza, potrebbero anche aiutarti con la vista che cala”.
“Io
ci vedo
benissimo! E queste stupide iridi sono così grosse che non
saprei come
coprirle, altro che lenti a contatto!”.
“Sto
scherzano! E poi sei il solito esagerato. Son solo un paio di occhi
azzurri..non è che di colpo sei diventato un putto dal
faccino paffutello ed il
pannolino!”.
“Vuoi
che
ti picchi?!”.
“Rilassati..sei
ridicolo!”.
Lucifero
fece per colpire il fratello, che però riuscì a
fermarlo.
“Sei
mancino?” domandò l’angelo.
“Lo
sono
sempre stato..”.
“Hai
le
mani gelide”.
“E
chi ti
dice di toccarle?! È colpa del veleno di
Drakonta..”.
“Non
riesci
a contrastarlo?”.
“Fatti
i
cazzi tuoi! E ti do un consiglio: sbrigati a tornare a casa. Da quando
sei qui,
mangi troppe schifezze. Se ingrassi troppo, poi non riuscirai
più a volare..”.
“Che
ti
fotte?! E poi..come volano i putti ciccioni dal faccino paffutello che
ho
citato prima, ce la fanno tutti. Appena la mia ala sarà
guarita, vedrò il da
farsi. Non sto mangiando troppo. Mi godo solo qualche dolce in
più..”.
“Peccato
di
gola, fratello”.
“Può
darsi..”.
Mihael
affondò il cucchiaio nella tazza che aveva davanti, colma di
densa cioccolata
calda con la panna. Kanon e Tolomeo avevano appena terminato le ore di
lezione
ai piccoli di casa, su precisa indicazione di Keros ed Eleonore. Come
ogni
giorno, i bambini dovevano leggere, scrivere e studiare. Quelle ore
erano terminate
ed ora i bambini correvano per casa. Sorrisero all’angelo ed
al demone,
facendosi sfiorare il capo da entrambi e giocando con la coda del
diavolo.
Ora,
nella
stessa stanza, si fissavano gli adulti di casa. Kanon, Tolomeo, Eris,
Lucifero,
Mihael ed Ares. Il demone ed il Dio della guerra non si sopportavano,
ma si
ignorarono, entrambi non in condizione di venire alle mani.
“Secondo
voi..” ruppe il silenzio Eris “Quanto tempo ci
metteranno a tornare? Parlo di
Keros ed Eleonore, ovviamente. Con Ary, si spera..”.
“Sai
dove
sia stato rinchiuso mio figlio, sorella?” le chiese Ares.
“No,
mi
spiace. Ho provato a scoprirlo, ma Zeus non si fida di me”.
Ares
scosse
la testa. Eris sorrise, d’istinto. Il fratello ed il demone
erano nella stessa
posizione, a braccia incrociate. I loro capelli neri, scombinati,
ricadevano
sul viso imbronciato. Una lieve ruga segnava quei volti, preoccupati e
stanchi.
“Scusate..”
interruppe Larya, entrando dopo aver bussato
“..c’è una donna qua fuori che chiede
di voi, signor Lucifero”.
“Una
donna?” chiese lui.
“Sì.
Pelle
bianca, capelli ramati, occhi viola..”.
“Lilith!”
sorrise il diavolo “Falla pure entrare. Non è
pericolosa”.
La
donna
degli inferi entrò nella stanza, seguendo il gesto
d’invito di Larya. Si guardò
attorno, incrociando lo sguardo di tutti i presenti. Che strana
compagnia, si
ritrovò a pensare. Un demone, un angelo, dei greci, un
egiziano ed un
precolombiano. Pareva l’inizio di una barzelletta..
“Mia
bella
bambola di porcellana!” la salutò Lucifero
“Come sono felice di vederti! Stavo
iniziando a sentirmi solo”.
“Sono
venuta a vedere con i miei occhi quanto mi è stato detto, Re
Lucifero” rispose
lei, rimanendo ferma accanto alla porta.
“E
che ti è
stato detto?”.
“Io
non c’ero
alla battaglia..”.
“Lo
so, mia
cara. Non vorrei mai che venissi danneggiata a causa di faccende
belliche. Che
mai ti han raccontato?”.
Lilith
si
decise a muoversi. Fissò Eris ed Ares, seduti uno accanto
all’altro, vicino al
fuoco. A fianco di Lucifero, lanciò un’occhiata a
Kanon e Tolomeo, in piedi oltre
il camino. Si accigliò leggermente notando Mihael, ma si
concentrò su altro. Si
voltò verso il demone e ci girò attorno,
osservandolo.
“Che
cosa
c’è?” alzò un sopracciglio
Lucifero, con un ghigno divertito “Ti sono mancato?
Vuoi che restiamo soli?”.
Lei,
con un
lungo abito nero e un profondo spacco, allungò la pallida
mano e si poggiò al demone,
facendosi stringere. Ne sfiorò quasi le labbra ma poi si
scansò di colpo.
“È
vero
quel che si dice?” mormorò “È
vero che hai tentato di strapparti gli occhi,
Lucifero? Quegli occhi così..disgustosi?”.
“Sì,
è vero..”
ammise lui, sempre ghignando “Vorresti aiutarmi?”.
“Te
li
caverei volentieri quegli occhi..” furono le parole di
Lilith, con una smorfia
di disprezzo “..ma non potrei far nulla per rimediare al
resto”.
“Quale
resto?!”.
“Puzzi
di
angelo!”.
“Che..?!”.
“Che
schifo..”.
“Credi
forse che io sia di nuovo un angelo?! Ma mi guardi?!”.
“Sì.
Ti
guardo”.
“E
ti
sembro un angelo?!”.
“Forse
non
d’aspetto. Ma nemmeno Keros sembrava figlio di quel fottuto
stronzo di Mihael”.
“Grazie..”
mormorò l’angelo, continuando la sua cioccolata.
“Perché
ci
ritroviamo ancora a parlare di questo, dopo più di 1300
anni?! Non ti ho chiesto
io di crescerlo!” sbottò Lucifero “Io ho
proposto ad Asmodeo di prendermi cura
personalmente di Keros, da solo. È stato lui ad insistere ed
è stata una tua
scelta autonoma!”.
“Che
pezzo di
merda che sei! Mi hai mentito ed ingannato. Se avessi saputo che era
figlio di
Mihael, non lo avrei mai allattato ed allevato!”.
“Ma
che
cazzo dici?! Io non ti ho mai mentito! Ed Asmodeo sapeva che Keros era
figlio
di un angelo!”.
“Sì,
ma non
sapeva di quale angelo! E non mi ha svelato tutto questo”.
“Sono
problemi vostri, non miei! Io non ho..”.
“Asmodeo
doveva ammazzarti, lo sai? Lo meritavi. Hai tradito la tua
specie!”.
“Quale
specie? Inoltre, mia cara, ti ricordo che tu ed io non siamo della
stessa famiglia.
Tu sei una donna, creata per soddisfare Adamo. Ti sei rifiutata e sei
stata
cacciata. Io ti ho accolta, quando non avevi un posto dove andare. Tu
sei
quello che sei grazie a me, non dimenticarlo”.
“Mi
disgusti”.
“La
cosa
non mi riguarda, ingrata puttana degli inferi. Torna da dove sei
venuta, torna
a farti fottere da Asmodeo e da chiunque. Io ti ho reso libera. Se
è questo il
tuo modo di ringraziarmi..allora sii pure schiava di qualunque demone
ti
desideri. Fin ora ti ho protetta, ma ora la cosa non mi interessa.
Scelta tua.
E avvisa Asmodeo: appena starò meglio, lo farò
pentire di tanta insolenza ed
arroganza. Supplicherà il mio perdono”.
“Non
ti
conviene rimettere piede all’inferno. Vogliono tutti la tua
morte”.
“Magari
potrei mandare loro un regalo..”.
Lucifero
ringhiò, afferrando per il collo Lilith, che
lanciò un gemito. Il demone strinse
forte e lei supplicò perdono, mentre gli altri presenti
della stanza
suggerivano al demone di controllarsi.
“Vattene”
sibilò lui,
lasciandola andare di colpo
e gettandola a terra “Ti ho vista crescere. Da quel primo
giorno, in cui ti ho
accompagnata nel mio regno, sei cambiata, divenendo sempre
più splendida. Non
voglio uccidere una rosa così bella, una tale opera
d’arte..ma sparisci dalla
mia vista, o mi costringerai a farlo”.
Lilith
ansimò, riprendendo fiato.
“Tranquillo..”
riuscì a dire “..non mi vedrai più. Io
sono riconoscente al re dei demoni, non
a questa specie di ibrido in cui ti sei ridotto”.
“Ibrido?!”.
Lei
si
allontanò, svanendo alla vista dei personaggi della casa.
“Fatti
un
goccio” suggerì Ares, porgendo un bicchiere al
demone e riempiendolo in parte
di un qualche strano superalcolico “Non ci fare troppo caso.
Le donne..”.
“Che
fai?!”
ringhiò Lucifero “Mi compatisci?”.
“Certo
che
no!”.
Il
diavolo
bevve solo un sorso e poi lanciò il bicchiere sul fuoco.
Kanon protestò, non
volendo spegnere incendi. Mihael rimase concentrato sulla cioccolata,
lievemente allarmato, e Lucifero accompagnò quel gesto con
un “Troia” detto a
gran voce. Poi lasciò la stanza, sbattendo la porta. Eris e
Mihael si alzarono,
volendo raggiungerlo. Ares però bloccò
l’angelo, con un ghigno, assicurandolo
di lasciar fare a sua sorella.
“Lucifero!”
chiamò la Dea della discordia.
“Lasciami
stare!” furono gli ordini del demone, che si sforzava di
riuscire a raggiungere
la sua stanza e chiudersi dentro “Per oggi ne ho abbastanza
di femmine e cose
simili. Voglio solo dormire”.
“Aspetta!”.
Eris
riuscì
ad anticiparlo, approfittando del fatto che il demone era ancora
piuttosto
impacciato nei movimenti per colpa delle ferite. Si parò
davanti alla porta
della camera, sfidando lo sguardo d’odio di Lucifero.
“Vuoi
che
strangoli anche te?” domandò lui, serio,
inclinando la testa “Che c’è? Ti
eccita?”.
“Voglio
solo parlarti. Le parole di quella donna ti hanno turbato, e non
è giusto che
tu sia turbato, perché non hai fatto nulla di sbagliato e
non c’è nulla di
sbagliato in te”.
“Non
sono
turbato. Sai con chi hai a che fare? Sono il diavolo. Nulla di
sbagliato?!”.
“E
che cosa
pensi di fare? Vuoi davvero tornare all’inferno a punire chi
ti ha offeso?”.
“Se
Lilith
pensa queste cose di me..allora tutto l’inferno le pensa! Per
poter tornare a
regnare ed ottenere il rispetto dei miei sottoposti, dovrò
sconfiggere tutti
quelli che mi sfidano e sottometterli”.
“E
tu hai
voglia di farlo?”.
“Non
lo so.
Ma penso di non avere alternative..che altro dovrei fare? Darmi
all’uncinetto e
passare le giornate a giocare a canasta? E poi devo andare pure a
prendere le
mie cose! Gli abiti di mio nipote hanno le spalle talmente larghe che
ci navigo
nelle sue giacche! E ora gira al largo. Inizio a pensare che tu ti sia
fatta
strane idee e te lo dico subito: io, come demone, non conosco
l’amore. Non so
che cosa sia, e non lo provo”.
“E
se non
fossi più un demone?”.
“Può
darsi
che non lo sia più. Ma di certo non sono un
angelo”.
“Non
sei un
demone? Non sei un angelo? Ma a chi interessa? Sai che cosa vedo
io?”.
“Non
ha
importanza..”.
“Io
vedo un
uomo. Un uomo dallo sguardo fiero, non importa di che colore sia.
È fiero ed
orgoglioso, segno di chi ha combattuto a lungo nella vita. Le battaglie
si
vincono e si perdono, succede a tutti, ma tu sei sempre andato avanti,
qualsiasi cosa sia successa. E sarà lo stesso anche ora.
Queste cicatrici..sono
traccia di ogni singolo scontro che hai affrontato lungo la tua
esistenza e
dovresti sfoggiarle con orgoglio. Che importa che pensa quella donna?
Lei non
fa che vedere un solo lato di te, non tutto l’insieme. Stessa
cosa fanno gli
angeli. Io ho due
volti, lo sai? Io sono
l’insieme di essi. E tu sei così. Sei un insieme
di cose che ti rendono unico e
magnifico. Sai come sono fatte le gemme più belle e
luminose? Con migliaia di
sfaccettature! D’ombra e di luce, migliaia di angoli diversi
che le rendono
uniche e magnifiche. Non so quanto queste parole possano confortarti o
schiariti le idee, però ci tenevo a dirtelo”.
Lucifero
rimase in silenzio. Lei gli sorrise, per pochi istanti, pronta a
spostarsi e
lasciare che entrasse in stanza. Lui rimase fermo e pure Eris,
piuttosto
confusa da quella strana faccia, non sapendo bene che cosa fare. Lo
sguardo del
demone era puntato su di lei ma non era più minaccioso o
inferocito. La
fissava..e poi la baciò. Adorava i complimenti e quella Dea
era sincera, non
parlava solo perché lo voleva adulare in cerca di qualcosa o
perché ne era intimorita
e voleva pietà. Era strano. Era abituato ad avere tante
donne intorno ma ad
ognuna di esse incuteva un certo timore, oppure gli erano del tutto
sottomesse.
Fin ora solo Lei, Sophia, l’aveva trattato in quel modo: solo
e solamente Sophia.
Ella non aveva paura, non chinava il capo dinnanzi a lui, e quella Dea
faceva
lo stesso. Eris era orgogliosa, fiera..come Sophia! Solo che, in quel
caso, non
vi erano divieti o strani tabù. Era quasi liberatorio! La
strinse a sé e la
spinse in quella camera, con foga demoniaca. Lei solo qualche istante
tentò di
fermarlo, preoccupata per le ferite provocate da Drakonta, ma poi
lasciò che
accadesse. Era già successo in passato e doveva ammettere
che non vedeva l’ora
che accadesse di nuovo. Era passionale, era violento, era
istintivo..era qualcosa
di non molto adatto a chi era in via di guarigione ma la cosa non
preoccupò
minimamente il diavolo che sentiva davvero il bisogno di sfogare quella
sua
voglia. Eris lo strinse a sé, passando una mano lungo il
fianco ferito e la
spalla. Lui lanciò un gemito, di dolore e piacere. La loro
unione si protrasse
più a lungo di quanto Eris avesse mai sperato e
gridò eccitata in più di
un’occasione.
“Ti
direi
che sono in paradiso..ma non mi sembra rispettoso”
mormorò la Dea, con una mano
affondata fra i capelli del demone, che si sollevò
leggermente e la guardò in
viso, con un ghigno.
“Il
tuo
labbro sanguina” continuò poi lei, passandoci
sopra il pollice.
“Non
penso
sia il labbro” rispose lui, sentendo in bocca ed in gola il
sapore del sangue
“Ma sta tranquilla: ho affrontato ferite ben più
gravi di queste”.
“Sicuro?”.
“Fidati”.
Con
un
mezzo sorriso, Lucifero si lasciò cadere nel letto e lei
rimase ad osservarlo,
leggermente impensierita. Anche sulle sue mani vi era del sangue ma il
demone
pareva non preoccuparsene minimamente. Sforzandosi di riuscire a
fidarsi, lo
guardò addormentarsi e gli rimase accanto, osservandolo
mentre riposava, avvolta
in parte da quelle grandi ali nere.
“State
all’erta” commentò Kiki
“Sicuramente ci sarà qualche trappola”.
“Hai
ragione..” annuì Keros “..sicuramente.
Ma la via è questa”.
La
grotta
dove Ananke era rinchiusa era buia e piuttosto tetra. Ne avevano appena
varcata
la soglia e già si riusciva a percepire più di
una presenza. La piuma rossa del
Dio delle illusioni brillò, illuminando la via.
“Avverto
cosmi ostili” furono le parole di Shaka, camminando nella
quasi totale oscurità.
“Sì,
anch’io” annuì Aiolos.
Eleonore
incitò il gruppo a proseguire con un “per di
qua” e seguì Keros, le cui ali
argento brillavano leggermente. Lei si concentrò, ricordando
chi fosse la sua
famiglia, e pure lei si accese, seppur lievemente.
“Vedervi
mi
rammarica” si sentirono dire “Ma lo dovevo
immaginare che, infine, sareste
giunti per tentare di salvare il vostro amico”.
“Apollo?”
scosse la testa Shura “Cosa ci fai qui?”.
“Io
e i
miei fratelli siamo stati messi qui da nostro padre Zeus, per
sorvegliare la
grotta. Ci diamo i turni, in questo momento siamo io ed Hermes. Presto
giungerà
la mia amata sorella Artemide”.
“Non
siamo
nemici, lo sai bene” tentò di fare il diplomatico
Kiki “Chiediamo solo di
avvicinarci ad Ananke e..”.
“E
che
cosa?! Lo ha mangiato! Lo avete visto tutti! Cosa pensate di
fare?”.
“Cerca
di
essere più delicato!” lo zittì Hermes,
raggiungendo il gruppo a braccia
incrociate “Questa povera fanciulla piange il suo
sposo!”.
Riferendosi
ad Eleonore, il Dio si esibì in un elegante baciamano,
chiedendo perdono da
parte del fratello maggiore.
“Ci
sta
chiamando” si sentì rispondere da lei
“Da poco abbiamo ricevuto un segno.
Dobbiamo liberarlo e non sarete voi a fermarci!”.
“Abbiamo
ricevuto un ordine, sono spiacente”.
“Ma,
andiamo! Fino a poco tempo stavate a picchiarvi per decidere chi
è degno di
regnare sull’Olimpo e ora ve ne state qui ad obbedire come
bravi bambini al
volere di Zeus?”.
“Padre
Zeus
ci ha detto che il Dio delle illusioni è morto”
interruppe Apollo.
“Ed
io so
che non lo è! Che cosa vi cambia?”.
“Come
pensate di aiutarlo? Anche se fosse in vita, che pensate di fare?
Smembrare
Ananke?”.
“Se
sei
così curioso, lasciaci passare. E lo vedrai”.
“Se
vi
lasciassi passare, incorrerei nell’ira di mio padre e vi
vedrei crepare. Non
otterrete null’altro!”.
“Se
non ci
lasci passare, incorrerai nella MIA ira, che ti assicuro è
pari se non peggiore
a quella di Zeus!”.
“Non
essere
ridicola. Tu sei solo un’umana, compagna di una
divinità. Non possiedi un
potere in grado di turbarmi. Ed assieme a te vi sono solo un manipolo
di
cavalieri e un ibrido mezzo angelo”.
“Io
non
sono solo un’umana..”.
“Eleonore..”
le mormorò Keros “..tranquilla. Ci pensiamo
noi”.
“No!
Non
dirmi quel che devo fare, perché lo so!”.
Con
un
movimento rapido, richiamò a sé l’arco
e la freccia. Apollo, per nulla
impressionato, la fissò incuriosito. Davvero voleva sfidare
lui, una delle
divinità più abili in assoluto con
quell’arma? Ma Eleonore mirava altrove. La
sua freccia argento corse veloce e raggiunse la parete alle spalle del
Dio, che
sorrise divertito.
“Non
hai
una buona mira..” commentò.
“Sei
tu che
non capisci un cazzo” scosse la testa Hermes, mentre la
parete si sgretolava e
mostrava ciò che celava: Ananke imprigionata.
Keros
afferrò
Eleonore, lei guardò i cavalieri che annuirono. Il mezzo
demone scattò,
consapevole che Hermes si sarebbe mosso ancora più in
fretta. Ma Mur, grazie
alla telecinesi, si frappose fra loro, permettendo al mezzosangue ed
alla sposa
di Arles di andare oltre.
“Ci
pensiamo noi a loro” annuì Milo, ghignando
divertito e puntando il dito contro
Apollo “Andate a recuperare quel caso umano di nome
Arles!”.
Eleonore
si
lasciò sfuggire una risatina. Keros corse, afferrandola per
mano, trovando in
quel momento le sue ali piuttosto ingombranti. Per potersi spostare
più
agilmente, le celò ed i due raggiunsero Ananke. Lei gridava,
dimenandosi, e la
piuma rossa di Arikien brillava intensamente.
“Ananke!”
gridò Keros “Lascia subito andare il mio signore!
So che è colpa sua se gridi
così, il suo potere non riesci a contenerlo!”.
“Spezza
le
mie catene” sibilò lei “Ma io ne creo
delle altre e stringo più forte. Ha aperto
le sue ali ma ora gliele spezzerò. E spezzerò le
vostre vite!”.
Il
mezzo
demone trovò divertente quella frase. La Dea era incatenata,
imprigionata dal
potere di Zeus, che non riusciva a domarla ma ne impediva la fuga.
“Lo
rivoglio” insistette Keros “Ridammelo”.
“Citando
Phobos: Molon Labe” ghignò Ananke.
“Come
vuoi..” si accigliò Eleonore, preparando
l’arco.
Ma
Keros la
fermò, ricordandole che all’interno di
quell’enorme creatura vi era il Dio
delle illusioni e rischiava di ferirlo.
“E
allora
che facciamo?” chiese lei, avvilita “Devo stare qui
a guardarla mentre lo
uccide?”.
“Certo
che
no! Ce lo riprendiamo!”.
I
due si
guardarono, ed entrambi capirono perfettamente quel che dovevano fare.
Lasciarono
che il cosmo di Ananke li avvolgesse e li assimilasse. Era
un’idea folle, ma
era l’unica che balenò nelle loro menti: farsi
mangiare.
Ma
ciao a tutti!! Capitolo 26! Ormai siamo al
“giro di boa”, ci avviamo verso il finale (ci
saranno in tutto 30 capitoli).