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Autore: nalla85    13/04/2016    0 recensioni
Un patto con il Signore del Caos è l'unica cosa che può farle realizzare il suo desiderio. L'unica che può garantirle di soddisfare quella brama che da tempo la divora.
La Vendetta.
Privata di ogni cosa, di ogni persona, di ogni affetto, a lady Alexandra non resta altro che riempire il vuoto lasciato dal suo grande amore con quei sentimenti di odio e vendetta che fino a quel momento le erano stati sconosciuti. Poco importa cosa dovrà fare, dinanzi a chi dovrà inginocchiarsi. Riuscirà a realizzare la sua missione.
Storia scritta un paio di anni fa arrivata seconda ad un concorso a tema. Spero che sia di vostro gradimento e buona lettura.
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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«Sei soddisfatta?»
Un sussurro così lieve che dubitò quasi di averlo udito tra le urla caotiche che rimbombavano nella grande sala.
«Sì.» replicò lei con un filo di voce, era soddisfatta.
«Ora puoi andare. Sei giunta alla fine del tuo viaggio.»
, pensò lei con un sorriso sulle labbra. Finalmente era libera. Libera dal dolore, libera dalla sofferenza.
«Il patto è concluso. Sai cosa ti aspetta, vero?»
Patto? Quale patto? Queste furono le domande che le affiorarono vagamente nella mente, sopraffatta ormai da un solo, unico pensiero. Ora potrò raggiungerlo, pensò prima di perdere i sensi.
 


Buio.
L’oscurità la circondava, avvolgendola nel suo freddo abbraccio, stringendola al punto da privarla di ogni altra sensazione che non fosse il gelo che, lentamente, avanzava lungo i suoi arti dirigendosi verso il cuore, i cui battiti diventavano sempre più radi.
Sono morta?
Ordinò al suo corpo di muoversi, alle sue palpebre di aprirsi, ma fu tutto inutile. Più si sforzava e più sentiva il gelo avanzare.
No! urlò disperata nella sua mente, non potendolo gridare con la propria voce.
Non dovevo finire qui! Dov’è Derek? Ditemi dov’è?
Il silenzio fu la sua risposta. Lacrime silenziose sgorgarono da quegli occhi che, in un altro tempo, si erano posati sull’unico uomo a lei proibito, catturandone il cuore.
Uccidendolo.
Rimase immobile in quell’oscurità, a piangere e disperarsi, per un tempo che parve infinito, finché una risata divertita non si fece strada nella sua disperazione.
Un suono che conosceva bene pur avendolo sentito una volta sola.
Merevhin, Signore del Caos.
La risata crebbe d’intensità e volume e il fruscio di una veste le disse che era proprio lì, accanto a lei.
«Dunque ti ricordi di me?» le chiese.
Come potrei non riconoscere colui che regna nelle tenebre più profonde, il cui diletto è quello di diffondere il caos. Dalla cui carne è stata creata la stirpe di coloro che contrastano l’operato del Signore della Luce, replicò lei con sdegno.
«Eppure hai dimenticato il nostro patto.»
Patto?
Le parole che seguirono furono del tutto prive di emozione. «Posso vedere nella tua mente. Hai davvero rimosso quanto accaduto, mia giovane ragazza. Ma non temere, ti condurrò laddove ti hanno portata le conseguenze della tua scelta, dove il tuo viaggio si è concluso. Afferra la mia mano.»
E, come guidata da una volontà propria, la sua mano si sollevò fino ad afferrare quella maschile e il dolore le ottenebrò i sensi.
Ricordò.
 
«Mia signora, siete splendida» fu il commento della dama che, dopo averle appuntato l’ultima forcina tra i lunghi capelli dorati, indietreggiò con aria soddisfatta ammirando il risultato del proprio lavoro. Rimase a fissare l’immagine riflessa nello specchio con la speranza che le illuminava gli occhi. Speranza che si affievolì quando non riuscì a scorgere alcuna reazione sul volto della bellissima donna che sedeva di fronte a lei.
D’altronde, come poteva una donna priva della sua anima e del suo cuore provare emozioni?
«Mia signora?»
Nessuna risposta. La dama si avvicinò lentamente, inginocchiandosi davanti a lei e prendendole le mani tra le sue.
«Lady Alexandra?» mormorò a bassa voce. «Vi prego, mia signora, dovete riprendervi. Lui è stanco di aspettarvi. Ha organizzato questo ballo per mostrarvi come trofeo, come simbolo del suo potere.» continuò con voce sempre più concitata, una punta di rabbia ben nascosta sotto uno strato di paura. «Ha massacrato chiunque osasse sfidarlo, senza lasciare alcuna scelta. Anche la mia gente. Tutti si sono inchinati a lui.» Una pausa. «Come biasimarli? Chi oserebbe mai contrastare l’uomo che è riuscito a catturare l’Alta Sacerdotessa Bianca, colei che, secondo la profezia, sarà la madre di una nuova e potente razza e a ucciderne il custode, ritenuto dai più immortale?»
Alexandra avvertì la presa della giovane inginocchiata farsi più stretta, ma fu attenta a non reagire in alcun modo. Non era ancora il momento.
Un bussare energico alla porta fece sussultare la dama. «Sì?» domandò a voce alta, rialzandosi dopo aver lanciato un’ultima occhiata colma di pietà verso la sacerdotessa.
Un mannaro, con indosso quella che era la grande uniforme del clan, entrò nella stanza. «A che punto è la nostra Bambola?» domandò con voce aspra.
«Merita il nostro rispetto.» replicò con voce tremante la giovane.
«E perché mai? Guardala.» disse indicando Alexandra con una mano. «Sono due anni che è così. Non mostra nulla. Non prova nulla. Ha lo sguardo perennemente fisso nel vuoto, comportandosi proprio come una bambola. Non riesco a capire perché Lord Jeffrey stia perdendo così tanto tempo con lei. Basterebbe montarla un po’ e…»
Il suono di una tromba interruppe la guardia. «Non capisco proprio questa mania di comportarsi come se fossimo nel Medioevo. Trombe, stendardi, grandi uniformi… siamo mannari, guerrieri, non damerini del dodicesimo secolo.» continuò infastidito.
«Lo sai perché: è tutta una dimostrazione di sfarzo e di potere. Ora andiamo a vedere se c’è altro da fare prima di far scendere lady Alexandra.» E i due uscirono, lasciandola finalmente sola.
Il silenzio piombò nella stanza. Alexandra restò immobile qualche altro istante prima di rilasciare il fiato e riprendere coscienza di sé. Dopo due anni passati in quello stato quasi catatonico, le risultava difficile riprendere familiarità con un corpo che sentiva oramai estraneo.
Si voltò lentamente verso lo specchio, restituendo lo sguardo alla sconosciuta che aveva di fronte. Cercò qualche indizio che potesse ricollegarla alla donna che era stata un tempo, ma non trovò nulla. Il viso era incavato; il biondo dei capelli una pallida imitazione di quello solare che l’aveva sempre caratterizzata; gli occhi, di un azzurro intenso come il cielo in una giornata d’estate, adesso erano spenti, morti. Non c’era più amore dentro di lei. Non c’era nulla. Solo dolore.
L’aver assistito alla morte del suo protettore, della sua metà, del suo Derek, aveva spezzato tutto ciò che era, sprofondandola in un limbo fatto di tenebre e di desolazione, di dolore e di rimpianto. Laddove un tempo c’era amore, ora non c’era altro che il nulla. L’Alta Sacerdotessa Bianca, portatrice di gioia, era diventata la Bambola.
Finché un giorno, esattamente un anno prima, un sussurro non riuscì a penetrare oltre quel muro di apatia e d’indifferenza che si era innalzato come un meccanismo di sopravvivenza. Il nome dell’uomo che le aveva portato via tutto, Jeffrey Zaharis, Signore delle Bestie Selvagge, capobranco dell’ultimo clan di mannari esistente sulla faccia del pianeta. Un uomo ambizioso, arrogante, che da sempre bramava quel potere che lo avrebbe condotto più vicino agli dei. Un potere che lei –ingenua e innamorata– aveva scelto di donare all’uomo che le aveva rubato il cuore.
Quel semplice sussurro aumentò d’intensità, fino a far divampare una tempesta. Alexandra aveva ripreso violentemente coscienza di sé. Un odio, come mai aveva provato prima di allora, pervase ogni cellula del suo corpo e fu in quel momento che pregò gli dei affinché le dessero la forza e la possibilità di vendicarsi, di soddisfare la fame del suo astio. Incapace di manifestare esteriormente la devastazione che la stava consumando, dentro di sé urlò, implorò e pregò finché una voce non giunse in suo soccorso.
Il Signore del Caos stava rispondendo al suo appello.
Cosa saresti disposta a offrire in cambio della tua vendetta?
Alexandra non esitò a rispondere: Tutto.
Tutto? Una risata. Mia bellissima, giovane Alexandra, sai bene cosa significhi fare un patto con me, non è forse vero?
Sì.
E nonostante questo non hai esitato a rispondere. Lo ammetto, ne sono colpito. Tu, una prescelta della Luce con così tanto odio dentro da rischiare di soffocare perfino me. Davvero interessante. Dimmi, Alexandra, perché non hai pregato Balder? In fondo è a lui che sei stata consacrata.
Non si può pregare la Luce quando non si ha più un cuore che ne senta il calore. Il vuoto appartiene alle Tenebre ed quello che io sono ora: vuota. Non desidero il caldo abbraccio della Luce. Ciò che voglio è sentire il gelo delle Tenebre diffondersi fino a riempire questo involucro di carne e sangue. Voglio sentire il sangue del mio nemico fuoriuscire da ogni suo poro, voglio che le mie mani tocchino la sua carne fredda. Voglio la sua morte.
Non appena l’ultima parola uscì dalle sue labbra, fu come se il mondo esalasse un respiro di rimpianto e tristezza, consapevole di aver perso l’ultima traccia di purezza.
Rinneghi dunque la Luce? Fu la domanda di Merevhin.
La rinnego.
Ho udito la tua preghiera. Ti darò ciò che desideri Alexandra, ma non sarà facile. Sei pronta a pagare il prezzo del tuo desiderio?
. Mai parola fu pronunciata con più determinazione e volontà.
Così sia.
Ebbe inizio il dolore.
 
Le porte dell’immensa sala da ballo si aprirono, esponendola alla vista di coloro che erano stati invitati per assistere alla sua umiliazione.
Il silenzio scese nella sala, gli sguardi puntati su colei che era ritenuta dai più perduta per sempre. La guardia scelta per farle da scorta le prese la mano e la guidò lungo le scale, stando ben attenta ad adeguare il suo passo a quello di lei. Proseguirono fino a giungere al centro della sala, accompagnati da sussurri malevoli, bisbigli sorpresi o addirittura toni impietositi mentre la indicavano con il suo nuovo titolo di Bambola.
Una volta arrivata, la guardia si ritirò, lasciandola sola nell’ampio cerchio che si era creato mentre avanzava lentamente con lo sguardo spento. Come in risposta a qualche segnale, dalla parte opposta, sulla cima di una seconda scalinata simmetrica a quella dalla quale era scesa lei, una seconda porta si aprì, rivelando il Lord di tutti i mannari: Jeffrey Zaharis.
Con indosso un semplice abito formale, Jeffrey calamitava su di sé l’attenzione dei presenti, distogliendola da lei. Non disse nulla, limitandosi semplicemente a vagliare i presenti con la freddezza dei suoi occhi dorati. Occhi che si accesero non appena si posarono su di lei.
Vederlo avanzare verso di sé con quel passo misurato, lasciandola in attesa della sua volontà, mise a dura prova il suo controllo. Quale ingiustizia. Lui così vivo, così potente mentre camminava come un conquistatore pronto a ricevere il premio che gli spettava di diritto, mentre Derek –il suo Derek, un uomo così buono, così giusto, la cui unica colpa era stata quella da votarsi a lei– era stato smembrato e divorato davanti ai suoi occhi, cibo per quelle bestie immonde.
Quando Jeffrey scese anche l’ultimo gradino, le guardie disposte lungo il perimetro si misero sull’attenti.
Con tutta la grazia innata della bestia insita in lui, le giunse davanti prendendole una mano, studiandone il volto impassibile. Aspetta, si raccomandò lei.
Aspetta.
Poi Jeffrey, rivolgendosi alla sala, presentò il suo trofeo. «Ecco a voi Alexandra, l’Alta Sacerdotessa Bianca, e da oggi vostra nuova Signora. Inchinatevi davanti alla mia sposa. Inchinatevi davanti alla madre dei miei figli.»
E mentre tutti i presenti si apprestarono ad eseguire quell’ordine, Alexandra agì.
Strappò la sua mano dalla lenta presa di lui e richiamò a sé tutto il potere che aveva accumulato durante quell’anno di sofferenza e di dolore. L’odio, la vendetta, tutto ciò che era diventata si confuse all’interno di quell’esplosione di potere che divampò da lei.
Scoppiò il caos.
Dopo un attimo di sbalordimento per aver visto la Bambola compiere il suo primo gesto da anni, i fulmini che scaturirono dal suo corpo gettarono nel panico i presenti. Le urla e i corpi che si addossavano gli uni sugli altri ostacolando le guardie, fecero guadagnare istanti preziosi ad Alexandra.
Lasciando che l’odio le riempisse gli occhi, levò una mano e scagliò un fulmine direttamente verso Jeffrey, colpendolo e lasciandolo a terra in preda alle convulsioni. Ma non era ancora finita.
Avvicinandosi, alzò le braccia fino all’altezza delle spalle con i palmi rivolti in su e ruotò su sé stessa. Fiamme dello stesso colore di una notte senza stelle mulinarono attorno al suo corpo, come serpenti pronti a scattare e a lanciarsi contro coloro che erano tanto sciocchi da avvicinarsi.
In quel momento non era più solo una donna, solo un’umana. Era qualcos’altro e Jeffrey lo sapeva bene.
Alexandra vide la paura balenare nei suoi occhi, la consapevolezza che non avrebbe potuto fare nulla contro una così ingente quantità di potere. Il Signore delle Bestie vide la sua fine negli occhi furenti di Alexandra.
«Cosa si prova a vedere sopraggiungere la morte?» chiese la donna, con la voce distorta dall’odio che aveva avuto infine la possibilità di vedere la luce. «Cosa si prova ad essere costretti a strisciare come vermi?»
Più Alexandra avanzava –una tempesta di fuoco e fulmini fuori controllo che, incurante, mieteva vittime lungo il suo passaggio– più Jeffrey indietreggiava cercando di rialzarsi a fatica, col corpo ancora scosso dai tremori. «Dimmi Signore dei mannari» continuò lei, gli occhi ormai non più azzurri ma completamente neri «cosa si prova a vedere i corpi della propria gente cadere come burattini a cui sono stati tagliati i fili?»
Intuendo forse quanto stava per accadere, Jeffrey si lanciò contro di lei spinto dalla disperazione.
«No» Bastò una sola parola carica di potere per immobilizzarlo. «Speri forse in una morte rapida, mio signore? No. Patirai lo stesso dolore che hai inflitto a me moltiplicato mille volte. Vedrai la tua gente morire una a una davanti ai tuoi occhi, sentirai le loro grida riempire l’aria della notte, il calore del loro sangue bagnare il tuo corpo. Assisterai impotente all’estinzione della tua specie, consapevole che ad averla condotta alla rovina è stata la tua brama di potere. Solo allora, morirai come la preda che sei.»
E così avvenne.
Costringendo all’immobilità Jeffrey, Alexandra si rivoltò contro i mannari, urlando con tutta sé stessa tutto il suo dolore, il suo odio, la sua disperazione, rompendo quelle catene che troppo a lungo l’avevano soffocata. Solo quando la vita abbandonò l’ultimo membro del clan tornò a concentrarsi su Jeffrey, il cui volto era una maschera di sangue e disperazione. Lentamente lasciò che le lingue di fuoco si avvicinassero a quel corpo immobile, avvolgendolo come un serpente con la preda. Il calore emanato dalle fiamme crebbe d’intensità, bruciando i vestiti, ustionando la pelle. Lacrime di dolore rigarono quel volto un tempo carico di arroganza.
Brucia, pensò lei, brucia come le fiamme dell’Inferno che ti attendono.
«Questo è per Derek» disse e con un colpo di mano, una lingua di fuoco scattò in avanti decapitando il Signore delle Bestie.
 

«Hai ricordato?»
.
«Hai avuto la tua vendetta, ma il tuo corpo aveva già raggiunto il limite a causa dell’accumulo continuo di potere.»
Lo sapeva.
«Non è ancora finita.»
Sapeva anche quello. Ora ricordava ciò che il dolore e la sete di vendetta avevano offuscato al momento della sua scelta. Il motivo per cui non avrebbe mai più potuto ricongiungersi al suo Derek, neppure nell’al di là.
Tenendola sempre per mano, Merevhin la sollevò senza sforzo, poi con voce carica di aspettativa disse: «Dimmi chi sei»
Una sola, unica lacrima scivolò silenziosa lungo il suo viso mentre pronunciava le parole che avrebbero segnato la fine di ciò che era stata: «Sono Alexandra, Sacerdotessa Nera del Caos e portatrice di Morte.»


Note dell'Autrice
Una storia breve scritta un paio di anni fa e che solo ora ho deciso di pubblicare anche qui su efp nonostante mi abbia dato una bella soddisfazione facendomi arrivare seconda al concorso di scrittura online. 
Spero che, come me, anche a voi sia piaciuta e che vogliate condividere con me i vostri pensieri o critiche o qualunque cosa questa storia vi abbia suscitato. 
Grazie! ^_^

By Lucia 
   
 
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