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Autore: Raen91    15/04/2016    0 recensioni
Kira e Ain sono due persone completamente differenti: la prima una mercenaria assassina veterana, baciata dal Combattente, e la seconda una bambina, accarezzata dalla Benefattrice. Le loro vite si legheranno indissolubilmente nella ricerca dell’Altare dell’Aldilà. Attraverso scontri, amori perduti, tradimenti, misteri e colpi di scena riusciranno a raggiungere la loro meta? Gli Dei saranno dalla loro parte? Qual è il mistero che avvolge l’Altare dell’Aldilà? Kira riuscirà a dimenticare Conrad, il suo amore perduto? Ain riuscirà a salvare la madre in coma da 6 anni e riuscirà a seguire le orme di suo padre, morto per difendere il segreto?
In questa folle missione saranno accompagnate da Neil, in cerca del fratello, e Mettew, l’attendente di Ain. Riusciranno a trovare l’Altare dell’Aldilà prima di Re Kilgar, che macchina qualcosa di peggio della ricerca della vita eterna?
Ovviamente il Clan ci metterà lo zampino e solo Kira avrà il potere di sciogliere ogni nodo con l’aiuto della sua piccola compagna e del dono che ogni baciata dal Combattente possiede.
-Il rating potrebbe vertere delle volte sul Rosso, ma per la stragrande maggioranza è Arancione-
Genere: Avventura, Azione, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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SORPRESA A FINE CAPITOLO


Capitolo XXIII

 
Mi assicurai la saccoccia su un fianco per poi abbassarmi e sistemare il pugnale buono nello stivale destro. Le mie mani erano ancora sporche di terra dopo che avevo sepolto il povero Mettew, ancora al pensiero un groppo in gola mi nasceva e non potei fare a meno di pensare ad Ain e alla sua futura reazione alla notizia anche se dal grido che avevo udito prima già doveva essersene resa conto.
Mi alzai con un sospiro e comincia a fare qualche allungamento, dovevo prepararmi alla maratona che avrei dovuto sostenere, loro erano a cavallo e io a piedi.
Niente pause, una borraccia era assicurata al mio fianco per poter bere, avevo raccolto nella saccoccia le cose più essenziali: il libricino di Ain che era stato abbandonato là, caduto a terra nel marasma precedente, qualche pezzo di focaccia trovato nello zaino di Mettew.
Infine avevo assicurata sulla schiena la spada di Neil, anch’essa abbandonata sul suolo polveroso, in contrasto rispetto alla sua solita impeccabile lucentezza.
Smisi di fare esercizi di riscaldamento e sfiorai il monile di mio padre che avevo assicurato al collo dalla faccenda della cattedrale, mi dette conforto sentirlo lì sul mio petto, sicuramente non avrebbero tolto un capello ad Ain data la sua importanza per trovare l’altare, ma non poteva essere detta la stessa cosa di Neil, alla fine era un disertore, ma comunque c’era il fattore processo che avrebbe dilatato i tempi e mi avrebbe concesso di salvarlo.
Senza più indugiare partii con una velocità moderata e costante. Secondo i miei calcoli loro si sarebbero dovuti fermare qualche volta e io ero a piedi dietro di loro di solo qualche ora e non prevedevo pause, li avrei raggiunti arrivato il momento per loro di accamparsi per la notte.
*
Quegli stronzi non avevano alcuna intenzione di accamparsi per la notte, niente affatto! Erano due giorni che correvo senza sosta, erano anni che non ero così stanca! Per tutti gli dei, mi facevano male muscoli che non sapevo di avere e cominciavo ad avere il fiato corto, senza considerare che il terreno era costellato di radici alte metri ed ero spesso costretta a scavalcarle per poter tagliare almeno una parte del tragitto che quegli stronzi avevano dovuto fare per via dei cavalli.
Dovevano essere ansiosi di raggiungere Kilgar, ovunque lui fosse. I miei passi si fecero sempre più pesanti, era difficile alzare le gambe pesanti come il piombo.
Per adesso il tragitto era chiaro, stavano aggirando la bocca, il tragitto che avevo inizialmente pensato per noi, ma non capivo, perché non verso Kurona? Forse volevano stare lontani dalla citt-
Ed ecco che la stanchezza mi aveva reso un’inetta: inciampai in una radice sporgente e caddi al suolo, fui ovviamente costretta a fermare i miei pensieri.
Mi rigirai supina, ansimante, Dei se il torace mi bruciava.
Deglutii un paio di volte per poi alzarmi con un colpo di reni dal terreno e riprendere la mia marcia, speravo che quella notte si fermassero almeno per far riposare i cavalli… e me.
Assorta così nei miei pensieri e con i sensi attutiti dalla stanchezza non mi resi conto di dove stavo andando e in men che non si dica avvertii uno strattone, il basso e l’alto si confusero e io mi ritrovai a testa in giù per una caviglia con la spada di Neil che mi picchiò dolorosamente sulla nuca.
-Merda…- sibilai fra i denti e al minimo rumore di rami spezzati mi voltai verso la sorgente lanciando un pugnale con un movimento fluido e preciso senza nemmeno guardare.
Un suono metallico mi fece capire che il mio lancio non era andato a buon fine bloccato da qualcosa lungo il tragitto. Senza nemmeno guardare cosa fosse successo mi piegai con un colpo di addominali me arrivare al mio amato pugnale nello stivale che fortuna delle fortune era proprio quello della caviglia legata.
Non feci in tempo a piegarmi che una freccia mi passò sibilando di fianco all’orecchio. O l’arciere era un pessimo tiratore o era un modo come un altro per attirare la mia attenzione… c’era riuscito.
Mi abbassai piano tornando con la testa parallela al suolo e con la maglia per metà fuori dai calzari, penzolante e fastidiosa. Con preoccupazione sentii il monile di mio padre scivolare pericolosamente dal mio petto e atterrarmi prima sotto il mento e poi sulle narici per poi rimanere penzolante retto solo dai miei capelli e dalla nuca, stavo per afferrarlo con le mani quando un’altra freccia sibilò e mi strappò qualche ciocca di capelli.
Mi voltai di scatto piegando il collo e vidi una ragazzetta con un arco che mi guardava con occhi stranamente enormi. I suoi capelli erano arruffati e dall’apparenza indomabili, scuri e lucenti, in cui spiccava una lunga e piccola treccia che le ricadeva dietro le spalle, aveva indumenti bizzarri che le davano un’aria da selvaggia e strane pitture sulle braccia, i suoi occhi erano contornati da una tinta nera che metteva in risalto il bianco dei suoi occhi.
Probabilmente mi ero incantata a fissarla incuriosita per troppo tempo perché quella stizzita mi fece un secco gesto verso il basso con la freccia incoccata. Capii al volo cosa voleva.
Abbassai (alzai?) piano le mani sopra la testa con i palmi bene aperti.
-Va bene.- Dissi. –Tranquilla creaturina.-
Quella ringhiò e mi si avvicinò circospetta senza proferire parola, ma con sicurezza.
-Senti,- esordii. –Sarei nel bel mezzo di qualcosa di importante, potrei giocare con te un’altra volta?- Sorrisi denigrandola, tanto mi sa che non capiva un tubo di quello che stavo dicendo.
Per tutta risposta vidi la freccia partire verso di me e di riflesso mi piegai su me stessa per evitare che mi prendesse in un occhio.
Nel movimento sentii qualcosa cadere a terra e con una punta di panico allungai le braccia verso terra per tentare di recuperare la collana di mio padre.
Annaspai per qualche minuto nel tentativo e mi fermai solamente perché vidi l’altra avvicinarsi con una freccia nuova già incoccata.
-Non ci provare!- Sibilai irosa verso di lei.
Quella mi guardò per niente intimorita e si fermò ad una distanza tale che per me era impossibile raggiungerla, poi la vidi distogliere lo sguardo da me e fissarsi sulla collana.
-Non ci provare!- Ripetei. - Se solo sfiori quella collana ti taglio tutte le falangi delle tue manine callose!- Non sapevo se mi capiva, ma per lo meno scaricavo la frustrazione.
La ragazza, che doveva su per giù avere sui 16, 17 anni, ripose l’arco a terra e si allungò fuori dalla mia presa stendendosi quasi del tutto sul terreno, afferrò il monile con un gesto fluido e poi tornò indietro facendoselo penzolare davanti agli occhi.
Vedere la piccola rappresentazione della Dea Guida scrutata da quegli occhi castani e sempre spalancati, mi fece montare il sangue al cervello… senza contare che già capovolta come ero il tragitto doveva essere stato breve.
-Giuro che se ti prendo ti taglio quella treccia e ti ci strozzo!- Le dissi, con tutto il veleno che avevo in corpo.
Quella parve aver capito e distolse lo sguardo dal monile per poi abbassarlo e afferrare con la mano libera la sua treccia.
Ammetto che era più lunga di quel che pensassi, ma ciò che veramente mi sorprese era quello che vi era appeso alla fine: un’altra rappresentazione della Dea Guida identica a quella della mia collana.
Ero così stupita che non pensai nemmeno a prendere il pugnale nello stivale dato che l’altra era disarmata.
-Ecco…- Mi ripresi. –Dato che già ne hai uno perché non mi rendi la collana? Non ho tempo per i giochetti, ho molte cose da fare.- Le dissi con calma.
La ragazza guardò le due statuette e poi riportò lo sguardo su di me sorridendo radiosa, il suo volto libero dalla concentrazione che prima la caratterizzava, forse aveva afferrato il significato delle mie parole! Non posso negare che speravo ci fosse stata una qualche sorta di comunicazione. La vidi afferrare di nuovo l’arco e riporre la mia collana in una tasca, per poi incoccare una freccia… eh no! Non ci eravamo capite!
-Senti Selvaggia, liberami o ti faccio due occhi neri senza bisogno di tante tinte e tatuaggi!-
Ripeto, se anche non mi capiva per lo meno allentavo la mia frustrazione.
Selvaggia, così decisi di chiamarla nella mia mente da quel momento in poi, senza tanti preamboli scoccò la freccia e io chiusi gli occhi per reazione spontanea, ma l’unico dolore che sentii fu quello della mia testa che sbatteva al suolo senza tante cerimonie e mentre mi rialzavo dolorante, con il sangue che tornava a fluire nelle direzioni giuste, sentii che lei si stava avvicinando, era il momento giusto.
Afferrai il pugnale nello stivale e glielo puntai alla gola quando fu vicina quanto bastava.
Sentii Selvaggia trattenere il fiato e vidi la sua espressione tornare seria e concentrata alla sensazione della fredda lama sul suo tenero collo.
-La collana prego.- Le dissi in un soffio dal suo volto e quella fece cadere l’arco per poi afferrare la mia collana ed estrarla dalla sua tasca.
La vidi che piano me la metteva intorno al collo, io premetti di più il pugnale sulla sua gola per farle capire l’antifona, non ero dell’umore per altri scherzetti.
Quando sentii la catena cadermi sulle spalle e il monile tornare al suo posto sul mio petto le dissi un canzonatorio –Grazie.- E quella fece una cosa che non mi aspettai, dopo aver alzato le mani in segno di resa mi sorrise.
Quella stronza di Selvaggia sorrideva mostrandomi i denti sorprendentemente candidi. –Ma che cazzo sorridi!- Le dissi sconcertata. –Hai un coltello puntato alla gola e prima ti ho detto che fra poco ti strozzerò con la tua eccessivamente lunga treccia e tu sorridi? Oserei dire che forse sei stata troppo tempo da sola in questa foresta!- Il sorriso di lei non vacillò, anzi, si allargò di più e la vidi allungare una mano per afferrare la sua treccia, la mancina sempre in aria.
Mi mise letteralmente sulla faccia il suo monile e io lo spostai bruscamente con la mano, era decisamente pazza.
Sbuffai. -Wow, abbiamo i ciondoli uguali, amiche per sempre quindi, eh? Ma per favo—Non potei finire che quella scosse il capo e nella fretta di farlo quasi si tagliò da sola con il mio pugnale.
Dopo ciò la vidi spostare senza tante cerimonie la mano con cui impugnavo il pugnale e indicare la mia collana e poi la sua treccia.
-Ssssì?- Dissi trascinando la ‘’s’’ –Mi hai persa Selvaggia. Ormai non voglio nemmeno più ucciderti voglio solo capire che diamine vuoi.-
In risposta quella sbuffò frustrata e mi afferrò con forza il polso cominciando a trascinarmi nel folto della foresta.
-Le tracce!- Gridai sconfortata, ma quella aveva una presa tale che non riuscii a liberarmi.
Ben presto persi di vista le impronte di zoccoli e i rami spezzati. –Ain!- Gridai piantando i talloni e l’altra fu costretta a strattonarmi per costringermi a seguirla. Dopo qualche minuto che procedevamo combattendo silenziosamente, mi stufai e decisi che quella storia doveva finire in quell’esatto momento. – Bene Selvaggia, direi che è arrivato il momento di abbatterti, è stato divertente, ma adesso ho da fa—mentre stavo per finire quella lasciò la presa e mi guardò sorridendomi e facendo cenno di seguirla addentrandosi nei cespugli.
Mi voltai per tornare indietro, alle tracce, infischiandomene di lei e dei suoi problemi mentali, quando sentii una freccia passarmi accanto ad un orecchio. Alzai le mani al cielo sbuffando.
-Va bene, va bene, ho capito, ma fai che non sia un altro spreco di tempo o giuro che prima ti rompo l’arco e poi ti uso come puntaspilli per le tue frecce!- Mi voltai nuovamente e mi addentrai nei cespugli seguendo l’ingombrante chioma di Selvaggia che mi tappava tutta la visuale.
Uscite dai cespugli l’altra si fermò improvvisamente in quella che mi sembrava una radura da dietro di lei e in alto potevo vedere chiaramente il cielo.
-Manhat!- Udii e vidi Selvaggia irrigidirsi per poi balzare in avanti… e lì mi si aprì la visuale sull’enorme radura in cui sorgevano grandi tende e persone dall’aspetto più disparato si erano fermate a fissarmi stranamente silenziose, un silenzio tale che una folla del genere non poteva essere capace di mantenere.
Loro guardavano me e io guardavo loro.
-Brava la mia Manhat! Cosa ci hai portato og… gi?- Vidi un uomo massiccio e alto vestito di tutto punto con un’armatura spostare lo sguardo su di me mentre parlava e io ricambia il suo sguardo, evidentemente si aspettava della cacciagione e non una persona, ero ancora in tempo per darmela a gambe.    
L’uomo estrasse uno spadone a due mani con fare aggressivo. –Cosa ci fai qui?- Mi chiese.
Tutti mi fissavano e io mi guardai intorno. –Chiedilo a Selvaggia.- Gli dissi, indicandogliela con un movimento secco del mento.
Quello mi guardò confuso e in tutta risposta la ragazzetta mi tornò di fronte e afferrò la mia collana per mostrarla a tutti. Sentii la tensione calare di botto e un’ondata di persone si riversò su di me in eccitazione. Sentii persone sussurrare eccitate –è lei! È lei!- -è giunto il momento!- -Lode all’Oracolo!- -Finalmente!-
Selvaggia sorrideva di fianco a me e l’omone mi si avvicinò cercando di fare disperdere la folla. –Calma gente! Se fate tutto questo chiasso ci sentiranno le sentinelle!- Il silenzio calò di botto e io mi detti un attimo per osservare queste persone bislacche.
Come avevo fatto a non notarlo?!
Tutte quelle persone a modo loro sfoggiavano la statuetta della Dea Guida, chi come orecchino, chi come ciondolo in un bracciale e chi attaccato alla cintura. Che tutte queste persone fossero come mio padre, Carl Renly? Inviati dall’Oracolo per gli Dei sanno cosa?
L’omone era riuscito a farsi largo tra la folla e si era avvicinato a me tendendo una mano in segno di saluto e quando me lo ritrovai davanti lo vidi accennare un sorriso di cortesia per poi dire mentre io la stringevo, (ero troppo sconvolta dall’intera situazione, ma capii comunque che nessuno mi era ostile…anzi) –Che lo Sconosciuto ti protegga Kira Renly, ti aspettavamo da molto tempo, ma sapevamo che il momento del nostro incontro era prossimo! Io sono Seamron.- Mi lasciò andare la mano e poi proseguì. - Siamo i figli dell’Oracolo e lei ci ha inviati qua per aiutarti.-
Mi guardai intorno confusa e centinaia di persone mi guardarono con una sicurezza e un ardore negli occhi tale da convincermi che quell’incontro non era affatto casuale, ma un vero disegno del destino.






Ed eccomi qua! Come al solito ci metto sempre tantissimo, ma spero che alla fine vi soddisfi <3
 
 
Ed ecco la sorpresa che poi magari vi farà schifo, ma amen!
 
 
Ecco a voi un disegno di come io mi immagino Kira, non son una super artista ma cerco di divertirmi con i disegni co la tavoletta grafica, spero appreziate, ne farò altri e spero che mi farete sapere cosa ne pensate!
Dedico il disegno a Flareon24, che nonostante i miei tempi assurdi continua a seguire la mia storia <3
Grazie mille e sinceramente! 
 
 
http:/imageshack.com/a/img922/2785/gpwciW.jpg

So che il capitolo non è molto lungo, ma per ragioni di trama ho dovuto fermarmi qua! Spero di farmi perdonare con il prossimo!
   
 
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