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Autore: Akicchi    15/04/2016    0 recensioni
Ci mancava la piaga alla la mia vita è una fan fiction slash, dove adesso farai coming out dicendo «Sono gay e innamorato di te.»
{ Il rating potrebbe cambiare dal giallo all'arancione, I dunno. }
Genere: Generale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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«Castiel, sono Joshua. Sei libero stasera? Ma certo che lo sei, geek, vieni al pub sotto casa tua. Ti voglio alla festa.»


Ecco com'era iniziata la vicenda.
Detestava quel posto con l'intensità di mille notp ed incoerentemente era lì, seduto su una poltrona, intento a leggere Warm Bodies poiché non riusciva ad integrarsi con gli altri nonostante i suoi sforzi.
Quasi rovinò una pagina nel sentire un tonfo vicino a lui e si voltò, spalancando gli occhi per lo stupore, ed andò a stringere tra le braccia la figura appena arrivata mentre sorrideva al settimo cielo.
«Dov'eri finito? Ti ho cercato per tutto il locale.»
«Mi sono fermato a parlare con il barman.» Rispose, porgendogli un bicchiere contenente un liquido azzurro. «Tieni, avrai sete.»
«No, grazie. Non bevo alcoolici.»
«Accidenti, sei proprio il cliché della brava ragazza insicura, Cassie. E' una sorta di gazzosa; stai tranquillo, non ti farà vedere le tue ship diventare canon.»
Il ragazzino lo squadrò con cautela prima di decidersi a fidarsi nel berlo e, al termine di esso, come se avesse visto la sua otp suprema davanti ai suoi occhi, guardò l'altro con gli occhi luminosi.
«E' buonissima! Posso ubriacarmi con la gazzosa?»
«Non esagerare, Percy Jackson.» Ridacchiò tra un sorso di whisky e l'altro, poggiandolo in seguito sul tavolino di vetro, prima di arruffargli i capelli. «Di solito sono io il brillo delle feste.»
A quel gesto pieno di gentilezza, il ragazzo dai capelli mori gongolò e recuperò il bicchiere (errato), per finirlo, ma la voce altrui arrivò tardi quando ormai il suo cervello era stato divorato da uno zombie. Ragion per evitare qualche disastro l'altro lo trascinò di corsa in bagno, chiudendo la porta a chiave, dove assistette ad uno spettacolo che non augurerebbe a nessuno. Il ragazzo era piegato in avanti e stava rigettando numerose volte, mentre l'accompagnatore lo tranquillizzava con qualche carezza e lo strinse al proprio petto solo al quinto conato, che sembrava essere l'ultimo, e si accorse solo in quell'istante delle lacrime.
«Cassie, sono qui. Non piangere, va tutto bene, non ti lascio qui e così.»
«Dimitri?» Azzardò con lo sguardo lucido e la voce tremula, ricevendo in seguito una risposta affermativa al suo quesito. «Mi dispiace tanto, davvero.»
«E' colpa mia, non...»
«Ti faccio sempre preoccupare, non capisco perché mi stai ancora dietro né cosa cosa ha attirato la tua attenzione su di me. Guardami, sono così sfigato e ordinario, praticamente un cliché vivente. Non... non ho il coraggio di dire che stiamo insieme, la mia pansessualità, né di darmi completamente a te. So che dovrei migliorare e non piangermi addosso, però...»
«Ti aiuterò a farlo, starò sempre con te. Non importa cosa succederà, ricordati che puoi sempre fare affidamento su di me, non solo come ragazzo ma anche come amico. Riguardo il coming out non ti devi preoccupare, se mi vorrai sarò li con te, anche i miei hanno faticato ad accettarlo. Io non sto con te perché voglio portarti a letto, Cassie, e non sei uno sfigato; stare con te mi fa sentire vivo, libero di dire tutto senza essere guardato strano. Ti amo perché sei te.»
Il diciannovenne tentò di stringersi a lui dopo quelle parole, ma l'alcool lo aveva indebolito e di conseguenza scivolava sempre via come una saponetta. Era una triste visione, era per questo che l'altro lo teneva ancor più stretto nell'abbraccio e lo coccolava, come se fosse un cagnolino o un gattino abbandonato al gelo invernale. Si concessero pure un bacio pieno di rimorsi e di sensi di colpa, era salato, sapeva di vomito, alcool e lacrime.

L'ubriaco si era addormentato e per questo lo sollevò, mentre osservava quel volto devastato dall'alcool, con l'intento di portarlo a casa o, almeno, in un posto dove dormire. Il sobrio decise di avvertire i genitori dell'altro, presentandosi con il suo nome d'arte, David, sulla questione che avrebbe dormito con un compagno di classe e che avrebbe ritirato il materiale scolastico l'indomani. Avrebbe mandato Joshua per punizione, come minimo, di aver approfittato dell'incapacità di rifiutare del piccolo nerd.



Una volta arrivati all'abitazione di Dimitri, il quale sistemò Castiel con estrema cura sul letto, si passò dal basso verso l'alto le mani per il volto e infine tra i capelli, tirando un respiro profondo per calmarsi. Ciò che che lo staccarono da quello sconforto furono i mormorii sconnessi dell'addormentato, al quale si avvicinò sedendosi lì accanto.
«Dim... qui... aspetta... non- Dimitri!»
Si alzò bruscamente dal letto con gli occhi spalancati, da un plausibile ma palese terrore, girandosi subito dopo di lato per vomitare e, una volta che si fu ripreso, i due ragazzi si osservarono con dolore.
«Sono qui, Cassie. Sono qui.»
«Perdonami...» mormorò, mettendosi a sedere con l'aiuto dei gomiti. «Non volevo rovinare la serata...»
«Hai solo bevuto per sbaglio il mio bicchiere, sono cose che capitano.»
«Io...»
«Non mi aspettavo che tu fossi l'ubriaco depresso, sai?» Gli rivelò, accarezzandogli i lineamenti con il pollice. «Pensavo che iniziassi a delirare come Magnus Bane in Perù.»
«E flirtare con i piatti.» Gli sfuggì un risolino, mentre si nascondeva le labbra dietro la mano. «E l'urlare di voler diventare un cactus.»
Sospirando rassegnato, il maggiore dei due allontanò quella mano con la propria e lo osservò meglio: i suoi denti non erano dritti, ecco perché si vergognava dei suoi attimi di felicità, eppure gli piacevano comunque nonostante lo spazio che formavano.
«Castiel, non ti nascondere. Sei così carino.»
«Sei ubriaco pure te, Dimitri.»
«Gli ubriachi dicono sempre la verità, non lo sapevi?»
Quelle parole zittirono immediatamente il liceale, il quale andò ad accoccolarsi al fianco altrui e si strusciò contro, prima di alzarsi un'altra volta e lasciargli un bacio a fior di labbra.
«Grazie di tutto, ma perché l'hai fatto? Non... non eri costretto.»
«L'ho fatto perché devo sempre salvarti il posteriore, geek. E ora dormi, domani non andrai a scuola.»
E con quella lieta notizia, preceduta da un esulto, il ragazzino si addormentò piano piano e poi tutto in una volta. Un po' come l'innamoramento.
   
 
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