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Autore: Alyeska707    15/04/2016    4 recensioni
Duncan vedeva ogni regola come un filo, e i fili o si spezzano o si rompono.
Ma alla fine tra loro due non c’era poi tanta differenza: nessuno avrebbe mai permesso di appartenere a qualcuno.
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Courtney, Duncan, Gwen, Trent | Coppie: Duncan/Gwen
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo | Contesto: Contesto generale
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Addicted to blue hair and blue eyes
Chapter 7: Beautiful Sunshine
 
Si sentiva così tormentata, come se ci fosse una guerra nella sua testa che non accennava a una tregua. Sapeva che fingere assenza non avrebbe portato alcun miglioramento, ma era davvero pronta a mostrarsi fragile? No, non sarebbe mai riuscita a sopportarlo.
Adesso era all’aperto, l’aria serale, pungente, la sfiorava e le faceva venire la pelle d’oca. Ma tanto meglio: Gwen aveva da sempre amato quel vento, tenue ma intenso, che arrivava senza preavviso; la faceva sentire viva. Si lasciò cullare da quella sensazione di serenità e leggerezza, finchè non avvertì nuovamente la solitudine, che designava come un cerchio intorno a lei, seguendola ad ogni passo. Camminando sul lungo mare, di tanto in tanto lanciava occhiate al sole, che tramontava velocemente. Strizzò gli occhi, oscurandosi lo sguardo con una mano; osservare quella sfera infuocata le avrebbe provocato danni alla vista, ma le importava? Proprio no, non le importava di niente. O almeno, continuava a convincersi che questo fosse vero. Dopo distolse lo sguardo, inchiodandolo sulla sua ombra, proiettata sul marciapiede ricoperto d’asfalto, e il suo viso si dipinse di un’astratta quanto vacua malinconia. Quindi si sedette a cavalcioni sul muretto che divideva la strada dalla spiaggia, ed estrasse dalla tracolla nera un album da disegno. Lo poggiò sulla superficie in pietra, improvvisandone un tavolino. Prese la matita graffite e iniziò a schizzare il paesaggio che le si presentava davanti, il quale continuava a variare, diventando più scuro, attimo dopo attimo, mentre il sole veniva inghiottito dal mare, blu e irraggiungibile. Disegnare la distoglieva temporaneamente dalle tenebre, la faceva sentire come… sollevata. Il tempo intanto scorreva, le persone si susseguivano sul marciapiede, le voci si mischiavano in dialoghi confusi e le risa apparivano rumorose e fastidiose. Due bambini correvano; stavano facendo una gara, continuavano a gridare: “Vinco io”, “No! Vinco io!”. Sembravano pieni di vita, rubarono subito l’attenzione della dark, che si concesse di osservare la scena. Il ragazzino indietro, però, afferrò la maglietta dell’altro e lo spinse per terra, portandosi in vantaggio.
«EHI! Così non è giusto!» gridò quello a terra, cercando di rialzarsi, con aria corrucciata.
«Sì invece!» urlò l’altro in risposta, che non si era neppure fermato.
Gwen rise sommessamente. Ben gli stava, a fidarsi così spudoratamente delle persone. La vita è così, pensò, molto meglio abituarcisi fin da subito.
 
Quando finì di sfumare il disegno era già calata la notte. Il display del cellulare di Gwen segnava le 21:26.
La ragazza risistemò album e matite nella borsa e scese dal muretto, incamminandosi verso l’hotel. Pensò che avrebbe dovuto darsi da fare, trovare un qualche lavoretto magari, in modo da riuscire a prendersi un appartamento in affitto. In quella via i lampioni erano pochi ed emanavano una bassa luce giallastra. Gwen ripercorse i propri passi. Poi si bloccò, a pochi metri dall’entrata dell’albergo. Si impegnò quanto più poté per far sì che la sua espressione non mutasse, ma i piedi erano come incollati all’asfalto e non accennavano a muoversi.
«È da un po’ che aspettavo scendessi… ora ho capito perché ci mettevi tanto.»
Duncan mise su un mezzo sorrisetto; già, Duncan. Duncan Young. Dopo poco più di una settimana di assenza, eccolo di nuovo.
«Perché sei qui?» Forzò noncuranza, un tono acido, irraggiungibile, che accese ancora di più lo sguardo del ragazzo dalla cresta verde.
«Uhm… non è carino dare il proprio numero a qualcuno che alla fine non ti fa neanche uno squillo. E poi… beh, credevo che due amici si incontrassero, sai, fare conversazione.»
Gwen ci pensò su un istante: aveva ragione, erano amici, perché non avrebbero dovuto comportarsi da tali? Quale tipo di tensione la fermava?
«Sì, ma vedi… sono molto stanca, vorrei riposarmi, adesso.»
Il punk la squadrò, sogghignando. «E dai, Gwen, è così che si ripaga un amico, che ha fatto tanta strada per venirti a trovare?»
La ragazza si chiese perché ci teneva così tanto a ribadire quella parola, amico , in ogni frase. Lo esaltava tanto?
Sospirò; non lo poteva evitare. «Okay, entra» disse, varcando l’entrata, seguita dal punk.
 
L’ascensore arrivò dopo interminabili attimi di silenzio, ma il muto accordo che venne a crearsi dopo fu ancora peggio.
«Quinto piano? Vedo che non soffri di vertigini.»
«Credo non interessasse particolarmente al tipo della reception quando mi ha assegnato la camera» commentò Gwen alzando gli occhi.
Quando i due varcarono la soglia, la camera dalle piccole dimensioni era avvolta dal buio. Gwen entrò per prima, non facendo caso all’assenza della luce. Duncan, dietro di lei, accese l’interruttore affianco alla porta.
«Vuoi dirmi che non funziona nemmeno la luce?» osservò quindi.
«Sei perspicace.»
Gwen avanzò nell’ambiente a tastoni, finchè non intercettò l’interruttore della lampada sul comodino.
«Wow» fece Duncan, ironizzando. «Questa sì che è atmosfera.»
«Volevo ricordarti che sei stato tu a voler venire fin qua» gli fece notare Gwen, con voce quasi infastidita.
«Mh sì, hai ragione.» Duncan si sedette accanto a Gwen sul materasso che, anche se non esattamente confortevole, appariva decisamente più comodo della sediolina in legno presente dall’altra parte della stanza.
Gwen si chinò e svuotò la borsa nera che aveva usato in precedenza, posando gli oggetti in essa contenuti sul comodino. Estrasse il piccolo astuccio nero, il telefono nero, l’agenda, nera, e infine tirò fuori l’album, miracolosamente bianco. Scontato dire che questo attirò subito l’attenzione di Duncan, che trovava nel carattere riservato e freddo di Gwen una fonte insaziabile di mistero. Lo intrigava, e non solo perché a) era determinato a vincere ogni tipo di sfida, anche quella di far venire a galla le vere sfumature della personalità della dark, nemmeno perché b) il suo ego non permetteva indifferenza altrui, ma bensì perché c) lei gli era nuova.
«E quello?»
La dark lo guardò, confusa. «È… un album da disegno.»
Duncan lo afferrò prima che lei potesse fermarlo e cominciò a sfogliarlo: decine di schizzi gli si presentarono davanti. Soggetti astratti, panorami, sguardi e fiori sporcati dal carboncino.
«Li hai fatti… tu?»
Gwen si sentì in imbarazzo: nessuno aveva mai sfogliato quell’album. Lo sentiva suo soltanto, privato. Nemmeno Trent aveva mai visto quei disegni.
«S-Sì.»
«Sono…» Duncan avvicinò un foglio al suo viso, poi lo riallontanò. «Sono strabilianti, Gwen!» esclamò con entusiasmo. E no, lui non era il tipo da adulazioni del genere, non lo era proprio per niente. Preferiva decisamente i fatti, al posto delle parole. La dark pensò che probabilmente quella fosse la sua tipica espressione di quando riusciva a scappare dagli sbirri.
«Grazie…» mormorò in risposta; non se l’aspettava davvero, una reazione del genere.
«Leshawna me lo aveva detto, che eri particolare, ma cavolo, non immaginavo fino a questo  punto!» E no, nemmeno lui si riconosceva.
Il cuore di Gwen mancò un battito.
«L-Leshawna? L’hai v-vista di recente?» chiese, in un filo di voce.
«Oh, sì… Mi ha detto di averti vista mentre lavorava. Cioè, mentre faceva finta di lavorare, ecco» commentò, inarcando le sopracciglia con fare fintamente pensieroso, prima di scoccare a Gwen un occhiolino.
«Ah, s-sì… è successo qualche giorno fa…»
«Mi ha anche detto che ti sei bevuta qualche bicchiere di troppo» continuò Duncan, ammiccando. «Così io le ho chiesto cosa avessi detto sul mio conto mentre eri sballata, dato che parlano tutte di me…»
Gwen strinse involontariamente le lenzuola, nascondendo le unghie sotto di esse.
«Ma ha detto che non mi hai menzionato… insomma, per quale motivo?» Duncan rise beffardo e Gwen improvvisò una risatina nervosa, giusto per nascondere il sollievo.
«E… volevo anche scusarmi per Court, ancora. È un tipo di persona… strano, qualche volta.»
«Un po’ come te» Gwen stese le labbra in un sorriso che piacque particolarmente al punk, il quale lo inserì subito mentalmente nella sua classifica.
«Tutti siamo un po’ strani, no?»
Gwen annuì appena, stava giusto pensando quelle parole.
«Strani e deboli» continuò Duncan, bisbigliando.
Gwen si lasciò scappare una risata. «È questo il modo con cui conquisti le tue donne? Facendo il filosofo? Davvero?»
Duncan ghignò e scrollò le spalle. «Alcune lo trovano irresistibile, ma non è il mio genere.»
«Oh, allora sono molto curiosa di sapere come hai fatto a far cadere Courtney ai tuoi piedi, visto che siamo amici
Il punk rise sommessamente, poi si scostò appena. Posò una mano dietro la testa di Gwen e l’attrasse a sé. Ora sì, che si riconosceva.
Seguì un bacio, tanto desiderato da Duncan, quanto improvviso per la gotica, che, dato il nullo preavviso di quella situazione, non fece neppure in tempo a chiudere gli occhi.
Quando le loro labbra si scostarono e i loro occhi tornarono a fissarsi, Duncan sorrise appena, quasi impercettibilmente.
«È così, che ho fatto» mormorò, incrinando lievemente le labbra in un ghigno. Poi, come privo di ogni colpa o rimpianto, ribaciò Gwen su quelle sue labbra pallide e fredde. E in quel momento, in cui ogni tipo di conseguenza, errore o sintomo di sbagliata e intollerabile fragilità, scomparvero dalla sua mente, anche Gwen si lasciò andare a quel contatto, che non voleva dire niente.
Niente amore, niente sentimento. Solo sfogo represso per troppo, passione.
E non le importava di niente.
E non pensava a niente; era la prima volta che ci riusciva.  
Perché quella sensazione, come il tenue vento serale, la faceva sentire viva per davvero.

 

Lato dell'autrice (perchè angolo cominciava ad essere noioso)
Buoonasera! O buongiorno, nel caso stiate leggendo questo capitolino, particolarmente fluffuoso e introspettivo, domani mattina o pomeriggio, o dopodomani, o dopodopodomani !
Quindi AAAH finalmente una tregua, con un bacetto innocente che d'innocente non ha proprio niente! *.* Quindi risolverà qualcosa? O provocherà qualcosa? Oppure nessuna di queste due ipotesi? E io riuscirò a non cadere tragicamente nel banale? *pregare affinchè ce la faccia* e quindi non aspettatevi banalità o soliti clichè, nè, lo so cosa state pensando u.u ma prima o poi vi sorprenderò! ^^ *la convinzione è tutto nella vita*
e ringraziamo tutti Morgothip perchè senza di lei probabilmente questo chapter sarebbe arrivato su EFP tra tipo... un mesetto? xD
e come al solito spero recensiate in tanti, perchè più recensite e più mi sento in vena di scrivere, e anche perchè prima ho rivisto tipo per la quinta volta "colpa delle stelle", sì, avete capito bene, proprio quella depressione di film, e mi serve supporto morale! xD
*piccola recensione se avete visto il film xD*
**ma anche se non l'avete visto**
***questa sì che è disperazione***

Duncan: -Perdonatela, è partita...-

& un: Vi adoro, a tutti quelli che stanno leggendo questa storia, a chi l'ha preferita o ricordata o seguita! *lovelovelove*
A soon ^.^
Alyeska
(sì, il nome big esalta)
   
 
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