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Autore: laragazzadislessica    17/04/2016    2 recensioni
È stata nascosta in un corpo non suo. Ha dovuto combattere nonostante nessuno le avesse insegnato a farlo, ma è ancora viva. Avrà una seconda possibilità per poter vivere la vita che le è stata strappata troppo presto?
Dal Testo:
...- Lo so bene. È per questo che ora andrò a New Orleans. –
- Cosa? No, no, no. Caroline non puoi… - Bonnie venne presa dal panico e lo si sentiva bene.
- Bonnie ho tutto sotto controllo...
Genere: Fantasy, Horror, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: CarolineKlaus, Elijah, Hayley, Klaus, Nuovo, personaggio | Coppie: Damon/Elena
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Poco prima tra le strade di New Orleans.

Hayley e la sua super bimba che tutto il mondo soprannaturale voleva morta, erano al sicuro. Le aveva portate in uno di quei nascondigli che suo fratello paranoico aveva fatto costruire tra le mura di quella città, tanto tempo fa. Anche Caroline era a posto. Era rimasta una sola cosa da fare e Rebekah stava andando a vedere se tutto fosse andato come sarebbe dovuto andare. Marcel avrebbe consegnato il corpo di Bry alle streghe. Sapeva per certo che i suoi fratelli avrebbero combattuto fino all’ultimo respiro in quella mossa suicida, anziché prendere solo in considerazione la possibilità di arrendersi. Non aveva aspettato mille anni solo per vedere la sua possibilità di amare chi voleva nella città che poteva finalmente chiamare casa, rasa al suolo da due teste dure. Quindi lo avrebbe fatto lei. Se le streghe volevano il corpo della Divina Brynhild, lei glielo avrebbe dato, a condizione di una tregua per lei e per tutta la sua famiglia.
Le sue orecchie da vampiro udirono un suono. Non era uno solo, ma un gruppo di suoni che andavano a formare quasi una melodia da quattro quarti. Come se qualcuno stesse suonando una marcia, ma Rebekah conosceva bene cosa poteva emettere un suono del genere. Zampe, zampe di licantropo. Si fermò al centro della strada, attenta ad osservare da quale punto sarebbero usciti. Erano tanti e molto vicini. Un muro di un vicolo alla sua destra si macchiò di un ombra cupa e nera. Non bastò molto e chi stava proiettando quell’ombra uscì allo scoperto. Un lupo mannaro nero con un ringhio largo da lato a lato della bocca, che mostrava le sue fauci affamate del suo sangue da vampira. Un altro uscì dalla via che incrociava la sua, ma questo non era solo. Altri due lupi stavano al suo fianco. Non finì così. Almeno una decina di lupi uscirono da ogni dove e l'accerchiarono. Era spacciata. Un morso di licantropo poteva uccidere un vampiro, ma non un originale, però le sue atroci conseguenze si sarebbero mostrate comunque.
Il lupo nero corse verso di lei, ansioso di agire. Aveva affrontato dei licantropi altre volte e schivare il suo attacco fu facile. Ne evitò altri e uno di loro sfiorò con un morso il suo braccio, portandosi via con sé la manica del trench nero che indossava. Si controllò la pelle e un graffio rosso vivo le divideva l’avambraccio in due parti, dal gomito al polso. Era solo un graffio, non era niente.
- Rebekah. – qualcuno la chiamò. Tentò di vedere chi fosse stato, forse qualcuno che avrebbe potuto aiutarla.
- Bekah! – di nuovo e stavolta ricorse al suo nomignolo. Scosse la testa da un lato all’altro della strada, ma niente… solo lupi. Si era distratta solo per un secondo e uno dei lupi più grossi le saltò addosso. Era pesante e il suo peso finì per farla cadere a terra. Non riusciva a toglierselo di dosso, mentre con la mano tentava di afferrare il suo collo per non farsi mordere.
Di un tratto quel lupo venne scaraventato via. Rebekah era libera di alzarsi e poter tornare a fronteggiare gli altri licantropi, ma quello che vide ora che la visuale era libera, la sorprese al tal punto da renderla paralizzata.
- Ehi, sorellina! –
La persona che l’aveva salvata si era inginocchiata verso di lei per darle una mano ad alzarsi, mostrandole un grande sorriso.
Il suo sorriso. Nel suo volto, nel suo corpo. Esattamente come quando era vivo.
Kol.
Kol era lì con lei.
- Mi sei mancata tanto. – le disse poi e di un colpo non esisteva più niente oltre a loro due.
- È una allucinazione vero? – gli domandò liberandosi momentaneamente la bocca dalle sue stesse mani che l'avevano serrata per la sorpresa.
- Ha importanza? – le disse sospirando una risatina tra i denti bianchi. Suo fratello che gli era stato sottratto così prematuramente e così brutalmente, per una stupida puttanella, era lì, davanti a lei. Rebekah si spinse in avanti per potersi avvicinare di più e allungò una mano verso la sua spalla.
- Posso toccarti? – gli chiese trattenendo la mano a metà aria.
- Non lo s… - gli occhi di Kol si spalancarono sorpresi. Rebekah non aveva atteso la fine della frase e aveva già appoggiato la mano sulla sua spalla – la sento. – le disse e i suoi occhi si riempirono delle stesse lacrime della sorella. Rebekah si buttò nelle sue braccia e iniziò a piangere sul suo petto. Era duro e accogliente esattamente come lo ricordava. Esattamente come quando era vivo.
- Sono così felice. – alzò la testa toccando con la bocca la spalla del fratello.
- Anche io. – le rispose Kol e Rebekah aprì gli occhi. Poteva vedere il resto della strada al di là della spalla del fratello e in mezzo ad essa c’era una ragazza magra dai capelli ricci biondi. L’aveva vista già da qualche altra parte? Questa alzò una mano e la salutò muovendo solo le dita. In quell’istante sentì un forte colpo al collo. Inarcò il corpo dal dolore e in quella posizione vide Kol morderla. Beveva il suo sangue. Anche il suo aspetto era cambiato. Il colore roseo e vivo che colorava la sua pelle venne sostituito da uno grigio e smorto. Rebekah tentò di liberarsi, ma non riuscì nemmeno a smuoverlo di un centimetro. Fu libera, perché quell’essere dall’aspetto di suo fratello, la lasciò andare. Rebekah si mise una mano al collo e sobbalzò quando le dita toccarono la carne viva.
L’essere si leccò la bocca usando la lingua, offrendole il più spaventoso dei ghigni. Cosa era appena successo?
- Chi siete? – domandò ancora a terra, non riusciva ad alzarsi.
- Come, non riconosci tuo padre, figlia! – la bocca di Kol disse quelle parole senza nessuna logica, mentre la ragazza dai capelli ricci si avvicinò a loro con passi lenti.
- Ho usato questo trucchetto per me stessa per troppo tempo, ho deciso che era ora di condividerlo con qualcuno, soprattutto qualcuno che odiasse Klaus forse più di me. Mikeal Mikaelson. -
- No… No… No… Non è possibile! – Rebekah indietreggiò sul asfalto come un serpente, ma anche così non riuscì ad andare lontano.
- La magia può tutto. – la ragazza che ora aveva capito essere un nuovo corpo in cui Celeste si era incarnata, si chinò verso di lei, con il viso illuminato dalla sua pazzia.
- Perché lui? Perché con tante persone hai preso il suo corpo. – le urlò contro mentre le lacrime le scorrevano dal viso.
- È facilissimo. Il corpo di Kol è nato per poter essere posseduto. Il primo Viaggiatore a essere diventato un vampiro, perfetto per contenere un'anima così potente e forte come quella di tuo padre. –
- Viaggiatore? Cosa stai dicendo? Lui è mio fratello ed è impossibile che sia… - le parole le si bloccarono in gola perché Celeste le aveva stretto una mano sulla bocca. Se avesse avuto i suoi poteri da originale, non avrebbe neanche potuto avvicinarsi.
- E non hai sentito ancora niente. Ora che tuo padre ha avuto anche il tuo sangue, è finalmente pronto. Per cosa? - domandò Celeste per lei visto che teneva ancora la mano sulla sua bocca. - Per diventare un cacciatore di vampiri. Di addio a tuo fratello e alla tua nipotina. Ho vinto io. - tirò via la mano e la bocca di Rebekah iniziò a tremare. "... Ora che anche il tuo sangue..."
- Conosco i miei fratelli, non ti avrebbero mai dato il loro sangue... come... - non riusciva a parlare bene. Tutto quello che le usciva dalla bocca era un sono troppo basso per essere udito.
- Mi offendi. Io non ho bisogno di chiedere. Una delle mie streghe è incaricata a prendere il sangue di Elijah, mentre Klaus gli ha appena offerto il suo braccio scambiandolo, grazie a me e alla mia magia, per un vampiro ferito. -
La testa di Rebekah pesava più del solito. Forse tutto questo era solo un'allucinazione. Doveva alzarsi e trovare Klaus. Lui l'avrebbe curata e fatta tornare alla realtà. Quella non lo era. Non era vero. Non poteva essere.
- Kol non è mio figlio, né tuo fratello, né di Klaus, né di Elijah. Non è un Mikealson. – sentire la voce di Kol essere usata in quel modo e da quel individuo, le fece rivoltare lo stomaco.
Suo padre si abbassò sulle ginocchia e le tolse i capelli davanti agli occhi mettendoli dietro a un orecchio. Sembrava un gesto premuroso, ma Rebekah non smetteva di tremare.
- Devi sapere che quando eravamo ancora umani, al villaggio, gli uomini della nostra tribù dopo ogni luna piena andavano in perlustrazione. Dovevamo quantificare i danni che quei abomini recavano alle nostre case e ai nostri raccolti. Un giorno, in una raduna non molto lontana da dove abitavamo, ho trovato una intera famiglia di nomadi, morti. Non conoscevano la ferocia di quelle bestie demoniache e la loro ignoranza li ha resi la loro vittima. Erano stati tutti sbranati. Tutti tranne un piccolo bambino ancora in fasce. Era tranquillo e i suoi occhioni neri mi guardavano come se potessero parlare. Allora decisi di portarlo a casa. Non appena tua madre lo vide, capì che non era un bambino umano, che era speciale. Quella non erano nomadi, ma dei Viaggiatori. Allora non si conosceva tale razza, né sapevamo che poteri potesse avere, quindi tua madre studiò Kol e lo crebbe come se fosse un figlio, un vostro fratello, ma non lo è. Non lo è mai stato. –
Le lacrime di Rebekah avevano bagnato tutte le sue guance. Kol, il suo bellissimo fratello.
- Non ti credo! – riuscì a dire tra i singhiozzi, mentre guardava gli occhi neri di Kol senza il loro proprietario.
- Perché mentirti? – Mikeal allungò una mano per poterla accarezzare e solo allora il corpo di Rebekah reagì, schiaffeggiandola via.
- Bene! -  Celeste alzò la voce per richiamare la loro attenzione e quando l’ebbe proseguì. - Ora che hai avuto la tua risposta, gradirei proseguire. - detto ciò Celeste si avvicinò al suo alleato scambiandosi uno sguardo lungo.
- Ti ho dato la Divina Brynhild, ora lasciaci in pace. - Rebekah urlò mantenendosi la testa che aveva iniziato a girare.
- Mi hai dato? Ho che stupida che sei mia Mikealson, la Divina Brynhild è sempre stata mia. - Celeste ammiccò un sorriso che però si trasformò in qualcos'altro. Il suo corpo venne scosso in avanti da un qualcosa, forse un colpo che le fece alzare gli occhi al cielo. Un rigo di sangue sporcò le sue labbra disegnando il contorno delle labbra sottili della strega che aveva impossessato, per poi tossirlo. Il suo stesso sangue le sporcò la camicetta a scacchi rossa all'altezza del seno dove una mano colorata di rosso sporgeva fuori. La mano di Kol. Mikeal le aveva trafitto il petto bucandole il cuore davanti agli occhi di Rebekah.
- Sei sempre stata la mia figlia preferita, per questo ti darò un po' di vantaggio prima di iniziare a darti la caccia. - Mikeal, suo padre, le aveva appena detto quelle parole e senza chiedersi altro, raccogliendo le poche forze che aveva, Rebekah scappò via.

Pochi minuti dopo tra le strade di New Orleans e un pochino oltre.

Tutto taceva. Le strade, i vicoli e le case di quella città giacevano mute come immortalate da una pellicola degli anni venti, ma nell'inquadratura non c'erano due attori danzanti dal trucco troppo pallido sul viso e troppo scuro sugli occhi, no, c'era ben altro e non danzava. Non si muoveva, né fiatava. Stesi a terra, come svenuti o morti non interessava. Tutti i personaggi che popolavano quella città, tutte le streghe accorse, tutti i licantropi ingannati, tutti i vampiri ingenui e ne erano un sacco, ma non sarebbe bastato. Ci volevano più esseri, ci voleva più potere, doveva sacrificare altre vite e aveva pensato anche a questo. Da dietro il velo che divideva il suo mondo dal'altro controllò quello che aveva fatto e le sembrò perfetto. Doveva solo attenderla, attendere che lei si fosse svegliata lì nello stesso luogo in cui era stata lei per così tanto tempo e da un momento all'altro sarebbe accaduto. Doveva solo avere pazienza, e lei di pazienza ne aveva da vendere.
 
In quel preciso istante da qualche parte tra le strade di New Orleans.

Lo aveva baciato.
L’acqua calda che usciva dal doccino di quella doccia dall’aspetto poco pulito, le batteva sul viso riscaldandola e lavando quell’acqua maledetta in cui le streghe l’avevano immersa.
Per quanto era rimasta in quella vasca?
L’unica cosa che Caroline ricordava dopo essere stata ingannata da quella ragazzina nel vicolo, era l’essersi svegliata in un ambiente stretto e scomodo. Un bagagliaio. Aveva urlato e calciato con tutta la sua forza contro il cofano di quella macchina, maledicendo chi l’avesse messa la dentro, ma nonostante la sua forza da vampira, tutto quello che aveva ottenuto fu ricevere un altro incantesimo assopente. La seconda volta che riaprì gli occhi, sé l’era trovato davanti.
Klaus.
Il suo viso ingrigito da un’espressione preoccupata. I suoi occhi ombrati dalla paura. Le sue mani ansiose dalla voglia di tenerla stretta a sé.
Fu come se fosse sempre stata immersa in abissi profondi e lui l’avesse fatta emergere.
Era successo.
Si erano baciati.
Era stata lei a volerlo.
Perché quando si era svegliata in quel cofano stretto e maleodorante, non aveva fatto altro che chiamare il suo nome. Perché da prima che aprisse gli occhi, il suo corpo sapeva già a chi appartenessero quelle mani che la stavano salvando. Un'altra volta e chissà per quante altre.
Lui e solo lui.
Klaus l’amava.
Lo aveva sempre saputo, ma non voleva ammetterlo per paura. Caroline era terrorizzata da lui e dalla potenza del suo amore che avrebbe reso entrambi cenere, consumati dal fuoco che gli ardeva dentro, lasciando che il mondo diventasse un posto al cui non appartenere, diventando così ultraterreni, diversi, soli.
Da soli contro tutti.
Caroline ispirò l’aria dal naso riempiendosi quei polmoni così vicini al quel suo cuore vivo di un nuovo battito. Se era quello il prezzo della felicità, lo avrebbe pagato.
Nessuna altra scusa.
Lei amava Klaus.
Espirò dal naso cercando di togliersi da dosso tutta l’ansia che sentiva, perché proprio ora che aveva ammesso di volere Klaus, lui era là fuori a combattere una battaglia tra razze soprannaturali. Era un ibrido immortale e quindi non c’era niente da temere, ma comunque le mani di Caroline chiusero con più fretta del solito i rubinetti. Spinse la tendina beige plastificata e uscì da quel bagno colore sabbia che faceva tanto anni settanta. Rebekah l’aveva trascinata via con la forza, allontanandola dalla battaglia e portandola fin lì, perché la villa non era più sicura, né tanto meno l’hotel nel quale aveva alloggiato la sera prima. Non sapevano se Celeste avesse letto nella sua mente, quindi, Rebekah optò per un altro albergo, più lontano dai loro nemici e più vicino al confine, ma che non aveva la minima idea di cosa fossero le regole di igiene.
“Non ti azzardare a fare qualcosa di stupido! Là fuori sta succedendo qualcosa che non c’è ancora perfettamente chiaro.”
Queste furono le parole di Rebekah quando le aveva poggiato nella mano destra una chiave di una camera, presa da uno dei ganci dietro al bancone della reception. L’Hotel era completamente vuoto. Rebekah le aveva spiegato che tutti gli umani in città, erano scomparsi per un'altra inafferrabile ragione.
“Forse Celeste li ha fatti scappare tutti, ed è l’ipotesi più innocua. Perché se stesse usando la loro energia in un incantesimo stile Papa Tundé siamo fregati.” Le disse poi prima di abbandonarla lì.
Probabilmente andare a dare un occhiata a quello che stava succedendo lontano da lei, era davvero un’idea stupida. Non per lei, ma per Klaus. Sapeva che se lei fosse andata a dagli una mano, Klaus avrebbe finito per concentrarsi esclusivamente nel proteggerla, senza pensare a proteggere sé stesso. Caroline decise di attendere lì e se entro due ore non si fosse fatto vedere nessuno, lo avrebbe raggiunto. Poteva resistere per solo due ore, forse.
Ora sapeva il perché la voce di Klaus le era sembrata così tormentata al telefono, chi non lo sarebbe stato al posto suo? I nemici di cui le aveva parlato erano davvero organizzati e pronti a tutto. Perché poi erano così decisi ad uccidere una bambina? Molto probabilmente se non fosse stato per le streghe, Caroline non avrebbe mai lasciato perdere la questione Hayley. Sì, Klaus non glielo aveva detto, ma puntare i piedi su questa storia, ora che una intera schiera di nemici soprannaturali stavano cercando di uccidere sua figlia neonata a sangue freddo, era davvero una cosa infantile. Perché poi l’avevano rapita? Sapevano di lei? Diamine!!! Usarla per ricattare Klaus… e lei che aveva dubitato di lui… Forse era stata Liv?!
Non era possibile visto che Liv non conosceva neanche lontanamente Klaus e poi Rebekah le aveva spiegato che una strega anziana, quella che tutti chiamavano Celeste, aveva impossessato il suo corpo con un incantesimo stile viaggiatori, e che molto probabilmente Liv non ne sarebbe uscita viva.
Caroline scosse la testa prima di avvolgersi i capelli in un asciugamano.
Con l’accappatoio indosso iniziò ad asciugarsi velocemente. Rebekah le aveva procurato dei vestiti molto più carini della maglietta nera che aveva trovato la sera prima e usato come pigiama. Un lupetto color melanzane a collo alto e a maniche lunghe, di cotone caldo visto il tempo freddo che di colpo aveva invaso New Orleans. Era aderente, quindi tutte le sue forme femminili erano in bella vista, ma le aveva portato anche una giacca di eco-pelle nera da mettere sopra. Un jeans grigio stretto e degli stivaletti neri bassi con la fibbia, così che potesse correre qualora ce ne fosse stato il bisogno. Si massaggiò la testa con l’asciugamano, che ancora aveva su, per poter incamerare quanta più acqua dai suoi capelli bagnati, poi la tirò via lasciando che le ciocche umide le cadessero sulle spalle. Non poteva ammalarsi, quindi decise di risparmiare il tempo nell’asciugarli. Dimenticava qualcosa però. Di istinto portò le mani sulle tasche del giubbotto nero che indossava cercando la forma rettangolare del suo telefono. Ovviamente erano vuote, ma in quell’istante realizzò un’altra cosa di fondamentale importanza.
Bonnie.
Non l’aveva ancora chiamata. Si guardò in giro cercando di ricordare dove avesse messo il telefono, poi ricordò. Si chinò verso i suoi vestiti bagnati, afferrando il giubbotto blu. All’altezza della tasca frontale, Caroline avvertì la forma rettangolare che stava cercando sull’indumento nuovo che indossava. Lo tirò fuori, lanciando un’imprecazione. Quelle stronze l’avevano immersa in una vasca piena d’acqua e di certo non avevano nessun interesse nel salvare il suo telefono. Era stato immerso anche lui. Caroline tentò di riaccenderlo, ma era morto. “Ora?” Pensierosa lo lanciò tra i vestiti raggomitolati in un malloppo.
Uscì dalla camera e il corridoio abbandonato tappezzato da una moquette bordò, le ricordò una versione indie del film Shining. Raggiunse la hole, molto più grande e pulita di quanto ci si aspettasse da un hotel così, ma arredata da schifo. Cercò dietro al bancone di legno scuro della reception se ci fosse un telefono funzionante e ne vide uno. Era un telefono fisso con il filo a coda di maiale. Funzionavano ancora? Dubbiosa alzò la cornetta avvicinando un orecchio e quando sentì il bip della linea tirò un sospiro di sollievo.
Dopo più squilli del solito, Bonnie rispose.
- Pronto? – la sua voce era incuriosita e preoccupata allo stesso tempo per via del numero sconosciuto.
- Hey. Bonnnie sono… -
- CAROLINE! CHE DIAVOLO DI FINE HAI FATTO!!!! – urlò così forte che Caroline dovette allontanare la cornetta dall’orecchio.
- Bonnie, calmati, non è passato neanche un giorno… -
- Ti ho chiamato un milione di volte. Non puoi andare a chilometri di distanza da qui e poi avere il telefono spento. – la interruppe di nuovo e Caroline sorvolò al fatto che con “a chilometri di distanza” Bonnie intendesse dire “da Klaus”.
- È una lunga storia. Raccontami, avete trovato il pugnale? – già, non era riuscita ad avvisarla che la magia era ritornata e sperava tanto che sé ne fosse accorta da sola.
- Sì, ma Katherine è scappata via. –
- COSA? – stavolta ad urlare fu lei. – Come? Bonnie!! -
- Lo so. È una tragedia. Stiamo pensando a cosa fare. –
- Non potete perdere tempo a pensare, insomma è Katherine. A quest’ora sarà già su un volo diretto alle Bahamas. Chiama qualche strega che conosci, pagala se è necessario e falle fare un incantesimo di localizzazione. – era una cosa così semplice che Caroline si sorprese che Bonnie non ci fosse arrivata da sola.
- L’unica strega che conosco è Liv, ma è misteriosamente impazzita e in oltre non risponde alle mie telefonate. Che mi dici della sorella di Klaus? È per un quarto strega, credo, ed è stata così veloce nel far ritornare la magia. –
Caroline annuì nell’aria. La sua amica non conosceva la verità e forse era meglio così.
- Bry non può aiutarci e per quanto riguarda Liv, bè ti conviene fare nuove amicizie. –
- Bry? E chi sarebbe? E cosa significa fare nuove amicizie? – Bonnie aveva perso completamente il punto della situazione. Di chi e di cosa stava parlando Caroline?
- Bry è il nomignolo della divina Brynhild, mentre so di Liv perché è qui a New Orleans. –
- Lo sapevo. È lì che ha portato Kol. –
Caroline si alzò dal bancone su dove si era seduta incapace di credere a quello che aveva appena sentito.
- KOL? KOL MIKEALSON? –
- E chi se no. Come se non avessimo altri guai a cui pensare. – Bonnie sbuffò sonoramente dall’altro capo del telefono per poi proseguire in una raffica di parole. – Sapevo che c’entrava qualcosa Klaus. Avrà fatto fare qualcosa a Liv da una delle sue streghe. Vorrà resuscitarlo. Come? Come può riuscirci? –
- Ok, Bonnie respira. Posso assicurarti che Klaus non c’entra niente con questo. – e quella frase le uscì in un modo troppo sicuro per chi era solo un’ospite estraneo agli eventi.
- Chiami la sorella di Klaus appena uscita dal nulla con un nomignolo… difendi Klaus… Caroline c’è qualcosa che devo sapere? – e Bonnie sé ne accorse subito.
Caroline ricordò le morbide labbra di Klaus che si chiudevano sulle sue.
Erano amiche da così tanto tempo che non ricordava un solo momento della sua vita che non aveva condiviso con lei. Caroline sentì il cuore stringersi di tre taglie perché per quanto morisse dalla voglia di dirle tutto, sapeva benissimo che Bonnie non avrebbe mai capito. Lei non era Elena, per quanto le volesse un bene dell’anima.
- Caroline?! Non mi dire… - non riuscì neanche a finire la frase, ma aveva capito. Caroline abbassò la testa mentre con la punta del piede batteva contro la base di legno del bancone in un tic nervoso. – Ok. Un problema alla volta. –
- Non è un problema per me. – quelle parole le uscirono dalla bocca prima che il suo cervello finisse di assemblarle. Era stato naturale difendere il sentimento che provava per lui. Sì, forse Bonnie non avrebbe capito, sì forse la loro amicizia era a rischio, ma Caroline era stanca di negare. Stanca di perdere il tempo che avrebbe potuto spendere a essere felice con lui. Stanca di dover fingere.
- Quando torni? –
Quella domanda la spiazzò completamente. Nessuna ramanzina o giudizio, solo una soffiata di indifferenza fredda come la brezza glaciale.
- Non posso c’è una schiera… -
- Bene, ora devo andare. Chiamami più spesso. – attaccò.
Caroline guardò la cornetta di quel telefono cipria prima di riporla sulla base. Benissimo. In tutta la sua intera vita era riuscita ad avere solo due amiche, una era probabilmente scomparsa per sempre, l’altra la odiava a morte ed era solo la punta dell’iceberg. Chissà a quante altre cose doveva rinunciare per lui.
In fondo come poteva esserne così sicura. Klaus l’amava su questo non c’era ombra di dubbio e lei provava qualcosa per lui, su questo non c’era assolutamente ombra di dubbio, ma era davvero la cosa giusta? Che fine avevano fatto le sue ambizioni? Il college? Le nuove esperienze? Forse doveva pensarci un po’ su prima… la campanella sulla porta girevole suonò e gli occhi di Caroline furono all’unica entrata di quel hotel. Due ante di vetro girarono a 180° prima di rivelare chi stesse entrando, poi la sua presenza riempì tutta la stanza.
Klaus.
Caroline sospirò dalla bocca incalzando una camminata verso di lui, dimenticando il ragionamento che stava seguendo prima che lui inondasse quella sala vuota col suo profumo, ma quando vide in che condizioni era, il sospiro le si gelò in gola e i suoi piedi dal muoversi verso di lui, iniziarono a correre.
Era sconvolto. Gli occhi arrossati dal pianto. Le braccia martoriate da morsi di vampiro. I vestiti ancora bagnati dalla pioggia, pieni di sangue e sporcizia.
- Cosa è successo? -  gli afferrò le mani e le tirò in avanti per vedere quelle mezzelune rosse che come crateri ricoprivano la sua pelle bianca come la luna.
- Stai bene? – le chiese invece di risponderle e la sua voce suonò come una supplica di un uomo stanchissimo.
- Come puoi pensare a me? Perché sono così tanti e perché non sono ancora guariti? – Caroline girò gli avambracci per poter vedere se almeno le ferite dietro stessero in condizioni migliori, ma non era così. Erano morsi di vampiro e un vampiro beveva il sangue dell’ibrido originale solo per una ragione, veleno di licantropo. Lei era lì quando Celeste aveva svelato la presenza nascosta dei suoi nuovi alleati licantropi ed erano davvero tantissimi. Klaus aveva donato il suo sangue per salvare i vampiri del suo regno?
- I licantropi hanno attaccato i miei uomini e non potevo lasciarli morire. Non guariscono perché hanno prosciugato tutto il mio sangue e non mi sono ancora nutrito, e inoltre non posso perché gli umani in città sono tutti spariti e i miei uomini hanno esaurito tutta la riserva di sangue dell’ospedale più vicino. – le spiegò velocemente. Caroline rimase senza parole, era una cosa così lontana da quello che avrebbe fatto il Klaus conosciuto a Mystic Falls. Lo guardò e per la prima volta dopo tanto tempo, avrebbe voluto essere umana. Si morse un polso.
- Cosa fai? – le chiese spalancando gli occhi. Il sangue dei vampiri non era come quello degli umani, neanche il suo odore gli somigliava, ma come stava scendendo giù dal suo tenero polso gli mise comunque l’acquolina in bocca.
- Non ti nutrirà come quello umano, ma è meglio di niente. – Caroline gli porse il braccio e Klaus mise le sue mani sulla sua candida pelle.
- Sai che per i vampiri scambiarsi il sangue è una cosa seria. – indugiò di nuovo davanti a quella che gli sembrava una nuova e bellissima Caroline.
- Dai! Bevi e basta. – alzò di un altro centimetro il polso facendolo arrivare sotto al suo naso. Allora Klaus non indugiò più. Mi se le sue labbra calde e morbide sul suo polso sensibile, facendola trasalire. Klaus succhiò il suo sangue per un periodo che sembrò troppo breve per Caroline e poi liberò il suo polso con un bacio. Il cuore di Caroline batteva così forte dal renderla completamente sorda. Come poteva riuscire a farla sentire così con un niente?
Klaus la guardò e sembrò stare meglio. Aveva ancora il polso di Caroline stretto nella mano e lei desiderò che la tirasse a se facendole perdere il fiato in uno dei suoi baci, ma Klaus non lo fece. Strinse la mano là dove i fori dei suoi denti erano già spariti e si voltò per incalzare una camminata nervosa verso l’uscita, tirandola via con se.
- Dobbiamo andare. – disse solo trascinandola con una forza tre volte maggiore a quella di Rebekah.
- Dove? – ma Caroline non si mosse facendo fermare Klaus. Non avrebbe fatto niente contro la sua volontà e lasciò la presa.
- Lontano da qui. – le disse e il suo sguardo parlò per il resto. Qualsiasi cosa era successa là fuori, doveva essere davvero brutta.
- Ok. Andiamo. Dobbiamo solo fermarci in qualche posto in cui posso comprarmi qualcosa. –
Quelle parole crearono un effetto strano in Klaus e il suo petto si scosse visibilmente all’indietro, mostrando la sua sorpresa.
- Siamo tutti pronti. Elijah, Hayley e la bambina stanno varcando adesso il confine di New Orleans per non tornare mai più. Rebekah e Marcel stanno mettendo in salvo gli ultimi vampiri rimasti in vita per poi scappare via. Noi tutti scapperemo via, ma tu no. Tu non verrai. Fortunatamente siamo riusciti a trovare una strega, ti farò fare un incantesimo isolante così che potrai vivere la tua vita al college o dove vorrai, senza che nessuno dei miei nemici possano mai trovarti. –
- No. – Caroline incrociò le braccia impuntandosi. Va bene che Bonnie, l’ex strega Bennet, si opponesse a loro, ma addirittura lo stesso Klaus? - Io vengo con te. –
Klaus scattò girando su se stesso e cercando con gli occhi qualcosa nell’arredamento di quell’hotel, ma era solo un gesto che faceva quando stava per fare qualcosa che non voleva fare.
- Mi dispiace Caroline. – e si avvicinò a lei sussurrandole quasi. – Non è ora di fare i capricci. Stanno succedendo delle cose che neanche io riesco a spiegarmi e tu devi andare via di qui. Lontano da me e da tutto questo. -  si girò di nuovo, come se non volesse mostrarle i suoi occhi che altrimenti avrebbero svelato la verità. Caroline però non si mosse.
- Capricci? Cos’è mi insulti volutamente per renderti uno stronzo sotto ai miei occhi? È così vecchio questo trucco che mi sento offesa. Sai che non sono una stupida. – Caroline chiuse le braccia sotto il seno per nascondere le mani da lui, se nel caso avesse voluto trascinarla via con la sua incontrastabile forza. Lei non si muoveva da dov’era.
Klaus abbassò il viso mentre guardandosi i piedi annuì pensieroso. Caroline lo conosceva meglio di quanto pensasse.
- Ok. Vuoi la verità? – tornò a guardarla con quei occhi così spenti che Caroline si sentì male nell’averlo contrastato. - Ho atteso per tanto tempo che tu ti mostrassi così con me, che mi mostrassi l’affetto che ho tanto sognato, sento ancora il sapore del tuo bacio sulla mia bocca e non mi basta. Vorrei spendere l’eternità nelle tue braccia e lasciare che il mondo vada a rotoli intorno a noi, ma non è giusto, non è giusto per te o per mia figlia. Deve finire così. Non è il momento adatto e io non sono l’uomo adatto. –
Klaus le aveva appena rivelato i suoi dubbi ed erano come se fossero stati calcati con un foglio carbone sui suoi. Uguali con gli stessi dubbi e le stesse paure, ma anche col lo stesso fuoco che gli ardeva dentro innestato dalla fiamma del loro amore.
Klaus si voltò del tutto dandole le spalle, non voleva guardarla mentre le diceva addio, di nuovo, ma Caroline non gli permise di fare altri passi. Gli afferrò il braccio e Klaus fu costretto a guardarla.
- So che non è il momento adatto, ma tu sei l’uomo adatto. –
Klaus sentì tutte le sue maschere scivolare via dal suo volto e infrangersi a terra come ceramica. Non aveva più armi e l’amore che provava per lei aveva reso la sua armatura molle come gelatina. Da quando l’aveva vista a Mystic Falls, l’aveva desiderata, quando aveva notato il suo carattere, l’aveva amata e quando in quel bosco si era concessa a lui, aveva giurato di aspettarla per sempre. L’attesa era finita, ma anche il loro tempo.
- Io? Caroline, intorno a noi stanno succedendo delle cose orribili, solo per colpa mia e del fatto che mia madre mi abbia partorito. Sono un morto che cammina e anche mia figlia lo è, se non riesco a portarla lontano da qui. Come puoi essere così cieca da non vederlo. Io porto solo guai, nessuno può restare al mio fianco. – due lacrime amare gli percorsero le guance e Caroline usò le sue mani per asciugarle.
- No, io vedo. Le cose non sono state mai più chiare di così. Sei tu che non vuoi sentire. Ti ho appena fatto capire che ti amo, stupido testone e tu continui a spingermi indietro. – sì, l’aveva detto. Sì, era così. Sì, Klaus l’aveva sentito. Si ora Klaus stava afferrando le sue mani che ancora gli stavano sul viso, ma Caroline stavolta si allontanò prima che potesse farlo. – Non capisci? Ho provato per così tanto tempo a spingere ciò che provavo per te in un posto nascosto del mio corpo, credendo che un giorno si potesse cancellare, ma non posso. Non posso smettere di amarti o pensarti o desiderarti, allora ho scelto di non combatterlo più, di stare con te, ma se tu davvero vuoi vivere il resto della tua vita senza noi, cosa posso farci. – stavolta fu lei a prendere la via della porta. Non ci poteva credere. Aveva altro da volergli gridare contro, ma la rabbia le aveva annebbiato la mente e serrato la lingua. Lei gli aveva appena detto che lo amava e lui… AH!!!!!! Voleva solo uscire di lì e riuscire a dimenticarlo. Basta Klaus. Basta. Basta. Basta.
- Non ho detto che sarebbe stato per il resto della vita. –
I piedi di Caroline si bloccarono.
- Lasciami solo sistemare questa cosa e ti giuro che dopo ti darò la vita che ti ho sempre promesso. Ti amerò come mai ho amato. Ti darò tutto me stesso e diventerò l’uomo adatto per te. Solo… - per la prima volta Klaus rimase senza parole perché Caroline aveva interrotto la sua bocca con la sua.
La sua bella Caroline.
Il suo amore.
Il suo cuore.
La sua vita.
Esplose tutto e Klaus lasciò che accadesse. Non si meritava l’interesse di quella ragazza, lo sapeva, ma poteva lasciare che per una volta quello che sembrava incredibile fosse credibile. Chiuse gli occhi stringendo le sue spalle nelle mani. La baciò. La baciò di nuovo. Quel destino tanto afflitto contro di lui, gli aveva dato la possibilità di baciarla di nuovo e si sentì l’uomo più fortunato al mondo. Le mise una mano sotto alla nuca, infilando le dita in quei capelli bagnati e freddi. Il ricordo di averla trovata in quella vasca, Celeste, sua figlia, sua sorella, gli fece gelare la schiena e Caroline lo avvertì. Si allontanò da lui aprendo piano gli occhi.
- Cosa c’è? – gli chiese ancora stretta nelle sue braccia.
- Oh Caroline Forbes, Miss Mystic Falls. – espirò dal naso mentre appoggiava la testa sulla sua. – Sei proprio sicura che le streghe non ti abbiano fatto nessun incantesimo? –
Caroline scoppiò a ridere curvando la testa all’indietro mentre Klaus non si perse un secondo di lei.
- Purtroppo no. – alzò una sopracciglia lasciando che l’uomo della sua vita la cullasse.
- Quindi mi ami? – le chiese mascherando un enorme sorriso. Sé la stava spassando, facendo irritare al massimo Caroline.
- Smettila, stupido! – che gli colpì la spalla con un leggero pugno, ma Klaus l’afferrò diventando serio all’improvviso.
- È stata una delle giornate più brutte che ho vissuto durante i miei mille anni e l’unica cosa che mi sta tenendo dal lanciarmi contro i miei nemici, in quella che sarebbe una mossa suicida, sei tu e la linea di sangue che unisce la tua vita alla mia. Voglio solo sentirlo un'altra volta. –
La schiena di Caroline si sciolse in acqua calda. Era sua, totalmente e completamente sua.
- Ti amo Klaus. –
In quell’istante, sentì il corpo dell’uomo che la teneva a sé tremare, allora Caroline gli mise le mani al viso.
- Ti amo come mai ho amato in vita mia. –
Klaus chiuse gli occhi lentamente non riuscendo a contenere le emozioni che quella donna gli stava facendo provare, ma lì aprì subito.
- Ti amo anche io Caroline. –
Si guardarono per dei secondi lunghissimi, poi le loro labbra che erano restate per così tanto tempo lontane, si incontrarono di nuovo, come se volessero rimediare al tempo perso. Klaus le afferrò il viso tirandola più vicino e le sue labbra carnose avvolsero quelle di Caroline. Morbide. Calde.
Caroline non riuscì più a trattenersi trasformando quel bacio in uno serio. Appena le loro lingue si toccarono, dalla sua gola salì un suono roco. Un gemito. Klaus mise le sue mani ai suoi fianchi alzandola su e Caroline allacciò le gambe dietro alla sua schiena. In un nanosecondo Klaus la fece sedere sul bancone della reception. Caroline fece per liberarsi della giacca nera, quando Klaus infilò una mano nel collo alto della maglietta per scostarlo in giù. Quando la sua pelle fu nuda, Klaus lo tirò a se e mise le sue morbide labbra sulla carne sensibile del suo collo. Caroline buttò la testa all’indietro per poter liberare un altro gemito nato dal suo basso ventre. Con l'altra mano, Klaus scese sul suo corpo toccando le sue curve e facendo trasformare il sangue di Caroline in lava. Iniziò ad ardere quando arrivato ai fianchi, Klaus fece scendere la sua mano sulla coscia verso l’inguine, aprendo le sue gambe e avvicinandosi a lei con foga. Era così stretto a lei che Caroline stava sentendo il suo desiderio sul suo basso ventre. Ansimò forte quando Klaus mise le sue dita sul bottone dei jeans. Completamente in balia delle sue mani. Completamente sua.
- Cuoh… cuoh… cuoh… - qualcuno finse una tosse. Non erano più soli. Klaus spalancò gli occhi staccandosi da Caroline. Erano stati così coinvolti l’uno dall’altra che non avevano sentito il campanello della porta suonare?
Caroline scese dal bancone e la sua disapprovazione dall’essere stata interrotta scivolò via lasciando spazio alla curiosità. Aveva già visto quella ragazza? Era minuta e il vestito panna bagnato le aderiva sul corpo mostrando le sue linee quasi infantili.
- Mi dispiace che sia sempre io quella che deve interrompervi. – sorrise e i suoi occhi dell’azzurro più chiaro che Caroline avesse mai visto, sferzarono di una luce bellissima. Come un baleno l’immagine dipinta sul quadro nella camera di Klaus le tornò in mente. Era lei? Era Bry? Si era svegliata. Erano salvi. Lei avrebbe risolto con uno dei suoi incantesimi come aveva fatto finora e tutto sarebbe finito.
Klaus però le si parò davanti col corpo rigido di chi stesse per ricevere un colpo di pistola.
- Appena puoi scappa! – le disse non voltandosi.
- Come se questo bastasse. -  la ragazza alzò una mano per aggiustarsi una ciocca di capelli troppo corta, in un gesto sensuale che stonò con tutto il resto. - Felice di rivederti Caroline. Ti è piaciuto il bagnetto? –
Caroline non poteva crederci.
- Tu c'entri qualcosa col mio rapimento?  - le chiese di getto e con un impeto che fece aumentare la difesa di Klaus. Aveva paura per lei.
- Ovviamente. –
- Perché? Io non ti ho fatto niente. – di nuovo il suo carattere scavalcò l’evidente volere di Klaus. Bry rise alzando la testa e il sangue di Caroline le si gelò nelle vene.
- Come spiegarlo. Gli amici dei miei nemici, sono miei nemici e che scostumata devo ancora presentarmi. – si avvicinò ondeggiando nei suoi inesistenti fianchi mentre Klaus diventava più teso che mai. – Piacere di conoscerti Caroline, io sono Celeste Dubois. -
   
 
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