Fanfic su artisti musicali > EXO
Segui la storia  |       
Autore: Ehyca    17/04/2016    2 recensioni
Minseok non è davvero bravo in cinese, Luhan è lo studente nuovo con dei segreti, Jongdae dà pessimi consigli, ma Kyungsoo no. Sehun apprezzerebbe davvero tanto se Kim Jongin smettesse di interessarsi a lui, Baekhyun e Chanyeol sono davvero sul confine del più-che-solo-amici, e niente, la loro vita si incasina giusto un po'.
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Lu Han, Lu Han, Un po' tutti, Xiumin, Xiumin
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Alla fine del primo giorno come compagno di adattamento di Luhan, Minseok era più ottimista di tutta la cosa rispetto a quando Junmyeon gli aveva chiesto di farlo. Aveva passato tutto il pomeriggio tra il sentirsi compassionevole per il povero ragazzo Cinese e cercare di non pensarci troppo, perché non era un suo problema. Minseok aveva già abbastanza problemi. Non voleva dover pensare anche a quelli di Luhan. Ma questo non impedì alla sua mente di pensare a tutte le centouno difficoltà che il ragazzo avrebbe dovuto affrontare prossimamente.
Quando l'ultima campanella suonò, Minseok si voltò verso il compagno di banco senza davvero guardarlo e chiese, “Allora vuoi, um, che ci scambiamo i numeri di telefono o qualcosa del genere?”
Luhan rimase in silenzio, e Minseok si sforzò di incrociare lo sguardo del ragazzo, e trovò Luhan con la bocca arricciata. Minseok sollevò un sopracciglio inquisitorio, confuso dal suo silenzio, e poi Luhan disse, “Non ho un cellulare.”
Minseok lo guardò sorpreso. “Davvero?” Di questi tempi, persino i bambini delle elementari avevano un telefono.
“Non ne ho uno,” disse Luhan. “Ci siamo appena trasferiti. Non l'ho ancora comprato.”
“Oh,” disse Minseok, annuendo comprensivo. “Non ne hai ancora comprato uno. Okay, beh, um... Posso comunque darti il mio numero. E se ne hai bisogno... puoi chiamarmi, immagino.” Cercò di non fare smorfie. Il pensiero di Luhan che gli chiedeva aiuto ventiquattr'ore su ventiquattro non era esattamente allettante, per quanto potesse sentirsi compassionevole nei confronti del ragazzo. Ma immaginò che facesse parte di quello che aveva accettato di fare, anche se non volontariamente.
Sospirando mentalmente, strappò un pezzo di carta dal proprio quaderno e scrisse il proprio numero, insieme al nome. Lo porse a Luhan, che lo guardò per un momento prima di infilarlo con attenzione in tasca. “Grazie,” disse, riportando lo sguardo su Minseok, gli occhi grandi e marroni incerti come sempre. Mettevano a disagio Minseok, anche quando Luhan gli sorrideva gentilmente.
“Okay. Bene. Io vado a casa. Quindi... ci vediamo domani,” disse Minseok, alzandosi e prendendo i libri da portare a casa.
Fece per voltarsi, ma un lieve tocco al gomito lo fermò. Si girò e vide le dita di Luhan posate sul suo braccio, la testa inclinata. “Grazie, Minseok. Davvero.”
Minseok sbatté le palpebre un paio di volte, sentendo la solita stretta al petto vedendo i grandi occhi sinceri di Luhan. Dovette deglutire prima di riuscire a rispondere con un semplice, “Nessun problema,” per poi fare un cenno di saluto e andarsene, dirigendosi all'armadietto. Aveva bisogno di andare a casa.

Si incontrò con Jongdae fuori da scuola, come sempre. “Dov'è il tuo ragazzo cinese?” chiese l'amico mentre si avvicinava.
Minseok lo guardò male. “Non è il mio nuovo cagnolino, sai.”
Jongdae sorrise e scrollò le spalle. “Sei sicuro che sappia come arrivare a casa, almeno? Seoul può essere piuttosto caotica, se non sei abituato alle grandi città.”
Minseok dovette resistere all'istinto di fermarsi e farsi prendere dal panico. Continuò a camminare lungo il marciapiede. “Sono sicuro che troverà la strada di casa.”
“Sei senza cuore, hyung,” disse l'amico, spingendolo leggermente con il gomito.
“Non è vero! Voglio solo andare a casa. E dubito che Luhan apprezzerebbe essere trattato come un bambino indifeso, comunque,” protestò Minseok. Si spostò lo zaino sulle spalle.
“Dovrei dire a Junmyeon hyung che non ti stai prendendo abbastanza cura del tuo compagno di adattamento,” lo prese in giro Jongdae.
“Dovrei dire a Junmyeon hyung che parli di lui tutti i giorni,” ribatté Minseok, dando un colpo di spalla all'amico mentre attraversavano insieme la strada.
Jongdae tossì, colpendolo a sua volta. “Non è vero.”
“Giuro, Kim Jongdae, hai detto qualcosa su di lui ogni giorno da quando la scuola è iniziata. Comincio a diventare sospettoso.” Minseok sollevò le sopracciglia.
Jongdae sbuffò, spingendolo abbastanza forte da farlo inciampare di lato. “Solo perché tu sei attratto dai ragazzi non significa che lo siano tutti,” disse, alzando gli occhi al cielo in maniera drammatica.
“Mi piace pensare che tutti siano un po' gay, nel profondo,” disse Minseok, sorridendo. “Serve solo incontrare l'uomo giusto e bam! Il gay che c'è in te esce fuori.”
Jongdae rise. “Ah sì? E chi è 'l'uomo giusto' per te?”
Minseok ci pensò su, evitando una donna col passeggino sul marciapiede. “No vedi, per me è il contrario. Per me, penso ci sia un po' di eterosessualità, da qualche parte. Quindi, um, se la donna giusta dovesse arrivare, allora dovrò ripensare alla mia sessualità.”
“O,” disse Jongdae con un sorriso, “un certo uomo giusto che potrebbe essere o meno insolitamente carino.”
“Cosa,” disse il maggiore, voltandosi verso di lui confuso prima di capire a chi si stesse riferendo l'amico, “Luhan?!”
Jongdae rise. “L'hai detto tu, non io.”
“No,” negò Minseok, scuotendo la testa deciso. “No no no. Quel ragazzo mi causerà solo problemi. Giuro. Non ho bisogno che mi metti strane idee in testa. E poi, quante sono le possibilità che sia gay?”
“Beh, sai hyung,” disse Jongdae, “Mi piace pensare che tutti siano un po' gay.”
Minseok grugnì. “Ti odio.”
Jongdae sorrise ampiamente. “Mi piace assicurarmi di sentirtelo dire almeno una volta al giorno.”
“Sei terribile.”
“Sei incastrato con me.”
Sfortunatamente, Jongdae aveva ragione.


Minseok aveva, comunque, un altro amico con cui condividere tutti i suoi problemi, che ascoltava molto meglio di Jongdae. E, ancora meglio, questo amico era quasi sempre disponibile per parlare.
Minseok arrivò a casa e lanciò le zaino accanto alla porta, togliendosi le scarpe e passando in cucina per prendere un muffin che non avrebbe mangiato lui. Poi si diresse dritto in camera, sfilandosi la giacca e aprendo i primi bottoni della camicia mentre si dirigeva alla portafinestra che conduceva al piccolo balcone. Chiudendosi la porta alle spalle, posizionò il muffin precariamente sul muro che divideva il proprio balcone da quello del vicino, poi si sedette a terra contro di esso, tirando fuori il cellulare nell'attesa.
Non dovette aspettare molto. Cinque minuti dopo il suo arrivo, sentì un'altra porta aprirsi, e poi il suono di qualcuno che si sedeva dall'altra parte del muro, mormorando, “Gnam, gocce di cioccolato.”
Minseok sorrise. “Ciao Kyungsoo.”
“Hey hyung. Come è andata a scuola?” chiese il ragazzo, ora schiena a schiena con Minseok, con solo il sottile metallo a separarli.
Minseok sospirò. “Ho incontrato lo studente nuovo.”
“Oh? E com'è?” Kyungsoo parlò con un pezzo di muffin in bocca. “Raccontami.”
Minseok sorrise leggermente. Poteva sempre contare sull'interesse del vicino per qualsiasi cosa di cui il maggiore volesse parlare. Una parte di lui pensava fosse perché Kyungsoo veniva istruito a casa e quindi non aveva molte persone con cui parlare, ma un'altra parte di lui pensava (sperava) che a Kyungsoo piacesse davvero parlare con lui, e ascoltare i suoi problemi. “Non è così male,” ammise. “Intendo, Luhan—si chiama così—Luhan di per sé non è male. Sembra abbastanza gentile. Ma avrà un sacco di difficoltà. Sa a malapena parlare coreano, da quanto ho visto, ed è già tre giorni indietro, e non so se riuscirà a sopravvivere senza un sacco di aiuto e io – non voglio essere quel ragazzo che ha tutta la responsabilità sulle proprie spalle. Contano su di me e io non ho idea di cosa sto facendo e sono già stressato nonostante ancora non abbia incominciato a fare nulla.”
“Non sei mai stato bravo a gestire lo stress,” disse Kyungsoo, e Minseok dovette ridere.
“No. Per niente. E quest'anno sarà già abbastanza stressante senza tutte queste responsabilità in più,” continuò.
“Quindi cosa farai?” chiese l'amico.
Minseok sospirò. “Voglio dire loro che non voglio farlo.”
“Ma?”
Minseok sorrise mestamente. “Ma... mi sento in colpa. È così indifeso.”
“Quindi non ti tiri indietro?”
“Sinceramente, non credo che potrei farlo nemmeno se volessi, non subito. È il mio compagno di banco, mi sentirei uno stronzo vedendolo in difficoltà,” confessò. “Non penso di poterlo fare.”
“Probabilmente è spaventato,” disse Kyungsoo, e sì, Minseok lo sapeva questo. “Avrà tanta paura, hyung. Anche se non lo dà a vedere.”
“Lo so,” rispose Minseok, guardandosi le dita. “Ma sono spaventato anche io. Non posso fargli da baby-sitter per tutto l'anno. Non posso.”
“Ma non puoi abbandonarlo subito,” concluse Kyungsoo.
“No,” confermò imbronciato lui. “Lo aiuterò per un po'. Fino a che non si sarà ambientato. E poi... poi basta. Ho i miei problemi di cui occuparmi.”
“Fai quello che pensi sia giusto, hyung,” disse Kyungsoo, e a volte, Minseok desiderava che il ragazzo potesse semplicemente dirgli cosa era giusto. Kyungsoo probabilmente era bravo a capire queste cose.
“Già,” sospirò. “Comunque, Soo, che mi dici di te? Cosa hai fatto oggi?”
Kyungsoo fece un suono vago. “Ho dipinto Camelopardalis sul mio soffitto,” rispose.
“Non te lo chiedo nemmeno.”
“È una costellazione.”
“Ti credo sulla parola.”
Kyungsoo rise, e Minseok sorrise scuotendo la testa. Questo, almeno, era normale. E con tutti i cambiamenti improvvisi nella sua vita, aveva bisogno di un po' di normalità per bilanciare il tutto.


Il giorno seguente, l'insegnante di coreano di Minseok assegnò loro un progetto, con scadenza alla fine dell'anno. Era abbastanza grosso – qualcosa circa la scoperta o un viaggio o qualcosa del genere, con un sacco di parti diverse e analisi da fare e presentazioni – ma non l'avrebbe dovuto consegnare per altri nove mesi, quindi Minseok non se ne preoccupò al momento. Segnò semplicemente la data nella propria agenda e lo ripose in un angolino del suo cervello.
Non gli venne in mente che non tutti potevano prendere un progetto del genere con tanta casualità fino a che la professoressa non chiamò sia lui che Luhan alla cattedra per discutere di una cosa. Minseok guardò il proprio compagno mentre camminavano di fronte alla classe; Luhan si stava nuovamente mordendo il labbro, sembrando preoccupato, e Minseok si chiese se avesse capito in cosa consistesse il compito assegnato. Faceva davvero schifo in questa cosa del compagno di aggiustamento, non è così?
“Sono sicura che immaginiate,” cominciò la professoressa quando furono di fronte a lei, “che non sarebbe giusto far fare a Luhan un lungo saggio in coreano, dato che non è la sua prima lingua, anche se dovesse migliorare per la fine dell'anno.” Minseok annuì leggermente, e Luhan sembrava vagamente imbarazzato. “Quindi ho deciso di dargli un progetto alternativo, che conterà anche al posto di tutti gli altri piccoli compiti scritti nel corso dell'anno.” La donna annuì tra sé e sé, sembrando soddisfatta.
Minseok, incerto di cosa c'entrasse lui in tutto questo, si voltò verso Luhan e mormorò, “Hai capito?”
Luhan sembrò un po' titubante, ma annuì.
“Eccellente. Luhan, visto che il progetto dovrebbe essere su una scoperta, voglio che faccia il tuo sulla tua nuova vita in Corea. Visto che il tuo coreano è limitato, però, ti permetto di usare anche delle fotografie.”
“Foto…grafie?” chiese Luhan, aggrottando le sopracciglia e guardando Minseok.
Minseok mimò l'atto di fare una foto, facendo anche il suono dello scatto. “Immagini,” disse.
“Ahh,” Luhan annuì. “Fotografie.”
L'insegnante sorrise contenta. “Sì, puoi usare immagini, e anche parole. Minseok, mi piacerebbe che lo aiutassi per quella parte, e per qualsiasi cosa avesse bisogno durante il progetto.”
Minseok aprì la bocca per protestare, insistere che non aveva davvero il tempo per occuparsi di due progetti, ma l'insegnante lo interruppe con un cenno della mano. “Se accetti di aiutare Luhan, dimezzerò la lunghezza del tuo progetto finale. Magari solo un pezzo descrittivo o qualcosa del genere. La tua partecipazione nel progetto di Luhan compenserà il resto.”
Minseok chiuse la bocca e ci pensò su. Il progetto finale sembrava richiedere davvero un bel po' di lavoro. Sarebbe stato probabilmente più facile aiutare Luhan a fare un paio di foto e scrivere qualche didascalia. E poi, era compito suo aiutare Luhan, no? “Um. D'accordo allora.”
“Perfetto. Presto ti darò qualche informazione in più, Luhan. Potete tornare ai vostri banchi.”
Mentre Minseok scivolava al proprio posto, si chiese se fosse davvero una buona idea. Un'altra cosa che lo legava a Luhan. E quando Minseok avrebbe voluto tirarsi fuori da questa cosa del compagno di adattamento? Avrebbe fatto qualche differenza?
“Ah,” Luhan disse all'improvviso accanto a lui. Minseok si voltò. “Non ho una macchina fotografica.”
“Cosa?” chiese Minseok.
“Non ho una macchina fotografica. Come faccio a fare le foto?” Luhan si morse il labbro nervosamente.
E prima ancora di accorgersene, Minseok si ritrovò a dire, “Te ne troverò una. Non preoccuparti.”
E doveva davvero smetterla di promettere che avrebbe fatto cose prima ancora di pensarci, ma davvero, quando l'espressione di Luhan mutava in un sorriso grato, non riusciva a pentirsi di aver detto qualcosa.


A pranzo quel giorno, Jongdae annunciò che si sarebbe candidato per il consiglio studentesco. Fu una sorpresa per Minseok, che non aveva mai sentito l'amico esprimere qualche interesse per una carica all'interno del consiglio prima.
“Aspetta un secondo,” disse attorno al proprio cucchiaio. “È una nuova, brillante strategia per passare più tempo con Kim Junmyeon?” chiese.
Jongdae lo guardò male e gli diede un colpo con una delle sue bacchette, e Minseok rise.
“Kim Junmyeon?” chiese una voce alla destra di Minseok, il quale sollevò lo sguardo sorpreso. A volte si dimenticava che Luhan era accanto a lui, nonostante fossero insieme tutto il giorno.
“Oh, uh, già,” disse Minseok. “L'hai conosciuto, vero? Il presidente del consiglio studentesco.”
Luhan annuì, guardando Jongdae. “Ti piace Junmyeon?”
Jongdae si strozzò. “No! Non mi piace.”
Luhan lo studiò per un momento, sembrando pensieroso. “Junmyeon è molto gentile. E molto attraente.”
“Non mi piace!” protestò Jongdae. “Minseok hyung vuole solo essere irritante.”
Luhan scrollò le spalle, sorridendo. “Okay.”
Minseok faticò a non ridere. “Comunque Jongdae, candidati. Magari qualcuno ti voterà.”
Jongdae annuì deciso. “Lo farò. Farà una bella impressione sul mio curriculum. Magari compenserà i miei voti meno che esemplari.”
Minseok cercò di non notare il modo in cui Luhan sussurrasse le parole curriculum e esemplari.
“Ma il motivo per cui te lo sto dicendo,” continuò Jongdae, “è perché se vinco le elezioni, probabilmente salterò diversi pranzi per degli incontri.”
“Oh.” Minseok si accigliò. Jongdae era sempre stato il suo compagno di pranzo. Eccetto ora, che aveva anche— “Bene. D'accordo, allora. Abbandonami.”
“Potresti candidarti anche tu,” suggerì Jongdae.
Minseok fece una smorfia. “E saltare il pranzo?” chiese. “E poi, ho già troppe cose in ballo.” Resistette all'istinto di guardare Luhan mentre lo diceva. Dopotutto, se tutto andava bene, non sarebbe più stato una sua responsabilità.
Come per ricordargli quante cose aveva da fare, Luhan sollevò lo sguardo per un momento dai propri appunti e tirò gentilmente la manica di Minseok. “Minseok,” disse piano. “Cosa è un trattato?”
Il ragazzo si voltò verso di lui e sbatté le palpebre. “È... un accordo. Tra due stati o qualcosa del genere.”
“Oh.” Luhan prese la matita e scarabocchiò qualcosa sopra la parola. “E colonnello?”
Minseok guardò la pagina che stava leggendo Luhan e vide che era quasi completamente coperta di cerchietti e punti interrogativi – domande da fare, in modo che Luhan capisse una sola lezione di storia. Sospirò. Avevano un bel po' di lavoro da fare.


Quando l'ultima campanella del giorno suonò, Minseok abbassò lo sguardo sorpreso sulla piccola pila di libri e compiti per il fine settimana, e l'enorme pila sul banco di Luhan (e l'espressione terrificata sul suo viso), e in un momento di compassione e sfortunata impulsività, chiese al ragazzo se avesse voluto studiare insieme o qualcosa del genere.
Luhan lo guardò con grandi occhi speranzosi. “Mi vuoi aiutare?” chiese, sembrando incerto (anche se poteva semplicemente essere la sua mancanza di sicurezza nelle sue abilità comunicative).
Minseok se ne stava già pentendo, ma qualcosa nella disperata speranza nella voce di Luhan gli fece scrollare le spalle e dire, “Già, voglio dire, è il mio lavoro, no? Aiutarti a recuperare e cose così. Anche io devo riprendere un paio di cose, comunque.” Evitò lo sguardo di Luhan, ma quando il cinese rimase in silenzio, si voltò a guardarlo, e vide il ragazzo mordersi il labbro e annuire nervosamente.
“Okay,” disse piano Luhan.
Minseok distolse nuovamente lo sguardo e si schiarì la gola. “Allora puoi, um, venire a casa mia. O vengo io da te?”
“Casa tua va bene,” rispose Luhan, e Minseok annuì. Sarebbe stato più a suo agio a casa propria, comunque.
“D'accordo. Prendiamo, uh, le nostre cose allora. Ci incontriamo con Jongdae.” Sussultò leggermente. Jongdae sarebbe stato terribilmente irritante, lo sapeva.
Eppure quando i due uscirono in cortile, con gli zaini in spalla, il più piccolo non era da nessuna parte. Minseok si accigliò e tirò fuori il telefono dalla tasca, trovando un messaggio dell'amico.
Jongdumb: Rimango ancora un po' per le elezioni del consiglio studentesco! Puoi aspettarmi se vuoi.
Minseok fece una smorfia e lanciò un'occhiata a Luhan, che aspettava pazientemente accanto a lui. Scrisse velocemente una risposta. Nah, preferisco tornare a casa. Buona fortuna per le tue cose. Saluta Junmyeon da parte mia ;)
Senza aspettare la risposta irritata che sapeva sarebbe arrivata, Minseok si voltò verso Luhan e disse, “Jongdae non viene alla fine. Andiamo.” Luhan annuì e cominciarono a incamminarsi verso casa di Minseok.
La prima metà del tragitto fu silenziosa, e questo mise Minseok a disagio, come tutte le altre volte in cui aveva passato del tempo con Luhan. Aveva la netta sensazione di sembrare antipatico non parlando mai con lui, ma continuò a ripetersi che probabilmente Luhan non era a suo agio a parlare in coreano, comunque, quindi gli stava solo facendo un favore. Sì, ecco cosa stava facendo.
Ma poi, quando attraversarono la strada dove solitamente Minseok e Jongdae si separavano, una voce sottile disse, “Vivere in Corea è piuttosto difficile.”
Minseok si voltò a guardare Luhan sorpreso. Il ragazzo raramente iniziava una conversazione, se mai lo faceva. Si chiese cosa lo avesse spinto a farlo ora. “U-um, già,” disse stupidamente. “Immagino.”
Luhan sorrise leggermente, tenendo le spalline del proprio zaino. “Vivevo in una piccola città in Cina,” disse, e le sue parole erano lente e ben pensate, ma la sua voce non tremava nel modo in cui aveva tremato quella di Minseok quando aveva dovuto fare una presentazione in Cinese. “Qui, è molto più…” Luhan esitò, fece una piccola smorfia, poi disse, “manglu.”
“Frenetico,” tradusse automaticamente Minseok, e Luhan gli fece un sorriso che lo fece sentire decisamente strano.
“Frenetico,” ripeté Luhan, annuendo. “È molto più frenetico qui.”
Minseok non poteva che ritenersi d'accordo. Riusciva a malapena a sentire la debole voce di Luhan a volte con tutti questi clacson e le macchine che passavano. “Sì,” disse. “Seoul è una città affollata.” Poi, quasi involontariamente, aggiunse, “Ti piace stare qui?”
Luhan fece un suono vago, guardando gli alti edifici che li circondavano. “Wo bu zhidao,” disse, poi rise e si corresse, “Non lo so.”
Minseok pensava che Luhan avesse una risata carina. Ma non lo disse.
“È molto diverso,” continuò Luhan. “Anche il cibo è differente.”
“Ti piace?” chiese Minseok.
Luhan scrollò le spalle. “Immagino.”
Minseok era tentato di portarlo in tutti i posti migliori, fargli assaggiare i piatti più buoni, ma non lo fece. Invece, rimase in silenzio per un po', ma alla fine l'atmosfera divenne troppo pesante e disse, “Hai nostalgia di casa?”
Luhan lo guardò inclinando la testa. “Ho cosa?”
“Ti manca la tua casa? La Cina?” riformulò.
“Ahh,” disse il ragazzo. “Che parola hai usato?”
“Nostalgia,” ripeté Minseok, e Luhan sorrise leggermente.
“Nostalgia,” disse. “Sì, ho un po' di nostalgia. Mi mancano... i miei amici, più che altro. Non parlo con loro da quando mi sono trasferito.” Si accigliò tristemente. “Mi manca anche il cibo. Zhenzhu naicha.” Luhan sorrise, guardando Minseok. “Sai cosa è?”
Minseok scosse la testa. Non aveva mai sentito quella parola prima.
“È una... bibita. Milk tea. Con delle... perle?”
“Perle?”
Luhan scrollò le spalle. “È buono,” disse, e Minseok non seppe come rispondere.
Per il resto del tragitto fino al suo palazzo, Luhan continuò a conversare, senza mai lasciare che il silenzio si prolungasse per più di dieci secondi. Passarono più tempo a cercare di capirsi che a parlare seriamente, usando un misto di coreano e cinese, ma era chiaro che Luhan ce la stesse mettendo tutta, davvero tutta. Fece sentire in colpa Minseok per non aver fatto lo stesso sforzo.
Ma gli ricordò anche che aveva i suoi motivi per non voler fare questa cosa, per non averlo voluto fare dal principio.
Alla fine raggiunsero l'edificio, e presero l'ascensore, e Minseok indicò i muffin che c'erano in cucina a Luhan prima di dirigersi in camera e togliersi la giacca. Per abitudine, diede uno sguardo alla portafinestra del balcone, e rimase sorpreso quando vide una sciarpa rossa legata al divisorio in metallo. “Um,” disse distrattamente a Luhan. “Un secondo, devo risolvere una cosa.” Aprendo la porta, mise la testa fuori e disse, “Hey Soo.”
Kyungsoo emise un suono sorpreso dal punto in cui era nascosto dietro il muro. “Oh, ciao hyung. Mi hai spaventato.”
“Scusa,” rise Minseok. “Ma Soo, uh, non posso chiacchierare oggi. Ho un ospite.”
“Oh? È Jongdae?” Kyungsoo aveva incontrato Jongdae un paio di volte prima, quando il più piccolo aveva fatto visita a Minseok.
“No, è – è un ragazzo che sto aiutando con qualche cosa di scuola,” disse con attenzione, perché sapeva che Luhan stava ascoltando da dietro di lui.
“Oh, quel Luhan?” chiese Kyungsoo, e Minseok sussultò. Meno male che non voleva fargli sapere che parlavano di lui.
“Sì,” disse debolmente.
“Posso conoscerlo?” chiese Kyungsoo, e prima ancora che Minseok potesse rispondere, il più piccolo si alzò in piedi, stringendo il muro in metallo che li divideva. Quando la sua faccia apparve sopra il divisorio, Minseok si ritrovò vagamente sorpreso, come al solito. Per quanto fosse strano, non vedeva il viso del vicino tanto spesso. Il 95% delle loro interazioni erano non visive. Kyungsoo lo colpiva sempre per la sua tenerezza.
“Um,” disse Minseok. “Credo di sì.” Si voltò e vide Luhan in piedi dietro di sé, che aspettava in silenzio. “Ti andrebbe di conoscere il mio vicino?” chiese.
Luhan sorrise. “Certo,” disse, e Minseok si fece da parte per lasciare passare il ragazzo. Si voltarono nuovamente verso Kyungsoo, il quale sorrise e salutò.
“Ciao Luhan-ssi,” disse Kyungsoo. “Io sono Kyungsoo.”
Luhan sembrò leggermente sorpreso che il ragazzo sapesse il suo nome, e Minseok cercò di non arrossire. “Piacere di conoscerti, Kyungsoo,” rispose Luhan, offrendogli la mano.
Kyungsoo la fissò, e Minseok si intromise velocemente. “Kyungsoo non stringe le mani,” spiegò. “Ha un disordine di immunodeficienza.” Luhan lo guardò confuso. “Si ammala molto facilmente,” chiarì Minseok.
“Già,” confermò Kyungsoo, come se fosse qualcosa di cui andare fieri. “Questo è anche il motivo per cui studio a casa. Ci sono troppi germi fuori.” Sorrise, ma Minseok sapeva che a volte era difficile per lui. Ne avevano parlato a lungo in passato.
“Ah,” disse Luhan. “Allora…” Sorrise e lo salutò imbarazzato.
Kyungsoo rise. “È un piacere anche per me,” disse. “Vieni dalla Cina, vero?”
Minseok grugnì internamente. Kyungsoo non aveva idea di come ci si comportava in situazioni sociali; probabilmente non pensava potesse essere strano il fatto che conosceva così tanto di Luhan.
Ma Luhan disse semplicemente, “Sì,” e sorrise, ed era strano che Minseok fosse infastidito da come Kyungsoo e Luhan sembrassero già meno a disagio di quanto non lo fossero loro due? O forse era solo Minseok ad essere a disagio.
Decise di non scavare più a fondo.


La sessione di studio di Luhan e Minseok non era divertente. Erano seduti nel soggiorno di Minseok, da soli, e lessero testo dopo testo, traducendolo e spiegando parole e frasi, scrivendo appunti e decifrando calligrafie incasinate (visto che Luhan aveva qualche difficoltà nel leggere hangul scritto a mano), discutendo delle lezioni, e sforzandosi di capire termini tecnici che Luhan non sembrava comprendere. Era stancante e frustrante e più passava il tempo più Luhan sembrava stressato, e Minseok sapeva di essere incline agli sbalzi d'umore, ma cercò di tenersi sotto controllo perché Luhan sembrava già abbastanza agitato.
Ma era difficile quando Minseok pensava al fatto che avrebbe già finito i propri compiti e starebbe facendo qualcosa di divertente da ore, ed era già così stanco e irritato nonostante non fossero arrivati nemmeno a metà delle cose che si era perso Luhan, e Minseok non poteva continuare ad andare in bagno o Luhan avrebbe cominciato a fare domande e—ugh. Non voleva farlo.
E voleva farlo ancora meno quando Luhan gli stava così vicino, spalla a spalla, la voce debole e calda nell'orecchio di Minseok, i suoi occhi castani su si lui. E quando la madre di Minseok tornò a casa dal lavoro e li vide insieme sul divano, così vicini, disse, “Oh, chi è lui, Minseokkie?” e la sua voce era piena di curiosità ma c'era anche quel tono, quello che usava ogni volta che il figlio nominava qualche ragazzo che lei non conosceva, e fece immediatamente sentire Minseok mille volte peggio.
“Un compagno di studio,” mormorò, tenendo gli occhi fissi sugli appunti di scienze.
Luhan si alzò in piedi e si inchinò rispettosamente, dicendo, “Salve, sono Luhan.”
“Oh,” disse la donna, evidentemente sorpresa dal suo accento. “Ciao Luhan. Io sono la mamma di Minseok.”
Luhan sorrise educatamente e si risedette, sfiorando il ginocchio di Minseok con il proprio.
“Preparo una cenetta veloce,” disse la madre di Minseok, e il ragazzo sentì la paura attanagliargli lo stomaco. “Se vuoi stare qui a studiare ancora un po', puoi rimanere a cena se ti va.”
Minseok trattenne un grugnito, ma Luhan si illuminò. “Sarebbe carino,” disse. “Grazie.”
“Vuoi chiamare i tuoi genitori per dire loro dove sei?” Chiese la donna.
Luhan scosse la testa immediatamente. “Non sono a casa.”
“Oh, okay. Beh, continuate a lavorare allora.”
Minseok sospirò e si voltò nuovamente verso i libri.


La cena consisteva nel solito miscuglio super salutare di sua madre – era un'infermiera, e teneva molto alla salute del figlio – e dopo qualche cortese scambio di parole tra i suoi genitori e Luhan, calò il silenzio. Dopodiché i due si ritirarono nella camera di Minseok per continuare a studiare, e se in salotto Minseok si era sentito a disagio, fu ancora peggio nello spazio ristretto della sua stanza. Ogni volta che il gomito di Luhan toccava il suo, oppure chiedeva il significato di una certa parola, o il suo respiro soffiava contro l'orecchio di Minseok, o faceva quel piccolo suono di disperazione quando capitava una domanda che non capiva, Minseok si agitava un po' di più. Non voleva farlo. Non voleva fare niente di tutto questo. Non aveva mai fatto niente per meritarsi tutte le cose sbagliate che ora riempivano la sua vita.
E alla fine, qualcosa in Minseok scoppiò, e disse piano, “Possiamo... smettere?”
Luhan lo guardò sorpreso. “Sei stanco?” chiese, con gli occhi scuri pieni di preoccupazione.
“Io—” Minseok era stanco, ma non intendeva questo. “No, voglio dire... posso smettere? È solo... hai quasi recuperato, giusto? Ci manca solo matematica da rivedere, e sono praticamente solo numeri, e sei molto più bravo in coreano di quanto mi aspettassi, e tu... probabilmente puoi cavartela da solo, giusto? Puoi farcela da solo, no? Posso... posso smettere ora?” Fissò intensamente i fogli sparsi di fronte a sé. “Non voglio... non voglio farlo più.”
Luhan rimase in silenzio, e Minseok sollevò con esitazione lo sguardo. Il ragazzo lo stava guardando, e i suoi occhi erano così grandi e spaesati che Minseok sentì una fitta al petto. “Io—Minseok ti prego,” disse Luhan, e ahi, che male. “Minseok non posso—non posso.”
Minseok si grattò il collo agitato. “Sono... molto impegnato, e non so se avrò sempre tutto questo tempo, e io... mi dispiace.”
E voleva finirla così – voleva che con Luhan finisse così— ma una mano gli afferrò improvvisamente il polso, e Luhan lo guardò disperato, trattenendo il fiato. “Minseok, ti prego non farlo,” disse con voce strozzata. “Non ho nessuno. Non posso—” Cominciò a blaterare un po' in Cinese, e Minseok non capì la maggior parte di quello che stava dicendo, ma il senso era chiaro, e il petto di Minseok gli si stringeva tanto forte quanto la presa di Luhan sul suo polso.
“Luhan, io—”
“Ti pago.”
Minseok si fermò a mezza frase per fissare Luhan. Aveva la mascella serrata, gli occhi sospettosamente lucidi, e no, no no no, Minseok non voleva che si mettesse a piangere. “Mi pagherai?”
Luhan annuì deciso. “Per il tuo aiuto.”
Minseok esitò. Cercò di ragionare tra sé e sé. Non hai bisogno di soldi. Continuerai a odiare la situazione. È un problema. Ma si ritrovò comunque a chiedere, “Quanto?”
“Uh—” Luhan si morse il labbro. “5,000 won?”
“Per ogni sessione di studio?” chiese Minseok.
Luhan annuì con esitazione.
5,000 won. Era quasi nulla. Minseok poteva chiederli ai genitori in cambio di buttare la spazzatura. Eppure, con gli occhi lucidi di Luhan su di sé, e le sue dita ancora attorno al suo polso, e la stupida stretta al petto, Minseok finì per dire, “Okay.”
“Davvero?” ansimò Luhan.
Minseok distolse lo sguardo e annuì. “Bene. Non dovrai pagare per le cose con cui ti aiuterò per il progetto, dato che è un mio compito. Ma per il resto...5,000 won a incontro.”
“Okay,” disse velocemente Luhan, annuendo. Lasciò andare il braccio di Minseok e cominciò a raccogliere i propri libri. “Ti lascio per oggi. Scusa se ti ho creato problemi.” Guardò Minseok per un momento. “E grazie. Io – grazie, davvero.”
La gratitudine di Luhan lo fece sentire anche peggio. “Nessun problema,” disse burberamente, e qualche minuto dopo Luhan se ne andò.
Minseok si mise a dormire sentendosi ancora più in conflitto di quando aveva iniziato.

  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > EXO / Vai alla pagina dell'autore: Ehyca