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Autore: Mady    05/04/2009    1 recensioni
Aveva preso un pennarello e aveva cominciato a tracciare linee. Uno qualsiasi. Non sapeva che colore stava usando; quando l'aveva scelto, aveva gli occhi chiusi. piccola one-shot nata in un pomeriggio un pò strano, con sensazioni strane che non riguardano la storia a dire il vero, però ne è venuto fuori questo. diciamo che un esperimento e spero davvero che vi comunichi qualcosa, qualsiasi cosa perchè alla fine non pensavo a niente di particolare, ma se non vi comunica niente allora sarà un fallimento e basta. lui è Derevan...
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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derevan

Derevan



Aveva preso un pennarello e aveva cominciato a tracciare linee.
Uno qualsiasi.  
Non sapeva che colore stava usando; quando l'aveva scelto, aveva gli occhi chiusi.
Linee qualunque.
La sua mano scivolava sul foglio e poi,  appena vicino al bordo si fermava, e tornava indietro
-occhi chiusi-
 come se potesse realmente vedere la fine di quello spazio che le era stato imposto.

Derevan aprì gli occhi.
Sapeva di aver finito, lo sapeva sempre quando era il momento giusto.
La sua mano lo sapeva.
Le dita lunghe si stringevano sul sottile tubicino di plastica per tracciare l'ultima linea
- la più dura, la meno marcata-
 e poi si allentavano definitivamente, lasciando scivolare via il colore.
-Azzuro, questa volta aveva preso l'azzurro-
E poi, poi lo sentiva tutto il resto, che aveva finito, e apriva gli occhi.
Lentamente, lasciava che le lunghe ciglia bionde scoprissero gli occhi neri e allungati e assopiti e languidi.
Gli succedeva solo quando pensava a lui e in quelle linee trovava sempre i suoi occhi.
-Azzurri, questa volta-

Ci passò le dita sopra; piano, lentamente, solo sfiorandoli per non fargli male,
-aveva sempre paura di fargli male-
poi prese il foglio e lo appoggiò tra gli altri.
-occhi verdi, occhi viola, occhi neri, occhi gialli...-
Solo e sempre occhi, tra quelle linee che per un altro non avrebbero avuto alcun senso.
Qulacun altro che non fosse stato lui; perchè lui li avrebbe riconosciuti, i suoi occhi.

Fuori dalla finestra il tempo aveva iniziato a cambiare.
Il cielo si era fatto denso, scuro.
Si alzò dalla scrivania, piano
-lui faceva tutto piano-
e si diresse verso la finestra e spalancò le ante di vetro;
 si sedette sopra il davanzale largo della sua stanza,
-l'aveva scelta solo per quello quella stanza, il davanzale largo-
e sporse il braccio fuori.
Aspettava la prima goccia; la prima goccia che gli sfiorasse la pelle.
Perchè quello era il suo tocco: una goccia.
E quella venne.
Ad accarezzargli la mano e a scivolare via.
E lui la sentiva.
La sentiva percorrergli il polso e sentiva gli occhi chiudersi e le vertebre contrarsi;
 sentiva la schiena curvarsi come la curva che la goccia percorreva sulla sua pelle e le labbra schiudersi e la saliva  seccarsi.
Sentiva la sua lingua farsi spazio e accarezzargli i denti e la bocca e il collo;
e le sue mani risalirgli il petto, sotto la sottile t-shirt nera che gli impediva quasi di respirare.
Era tutto così reale...

"Perchè continui a disegnare i miei occhi?..."

Derevan riaprì gli occhi.

Era entrato piano.
-piano, come piaceva a lui-
Era andato via.
-piano-
  
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