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Autore: Crilu_98    17/04/2016    2 recensioni
"La prima cosa che noto è che cammina in modo strano: tiene le braccia larghe attorno a sé e procede lentamente, titubante. Le sue mani incontrano lo spigolo di uno dei banconi e mi chiedo perplesso perché abbia dovuto toccarlo, prima di aggirarlo. Poi, quando mi soffermo sui suoi occhi, spalancati e fissi su di noi, comprendo.
-Ma è cieca!- urlo, balzando in piedi. La ragazzina si ferma e fa una smorfia sorpresa, voltando il capo proprio verso di me."
Alexandra Jane Sorrentino: origini italiane, orgogliosa, razionale, talmente sicura di sé e delle sue capacità da iscriversi ad un concorso televisivo di cucina. Unico problema: un incidente l'ha resa cieca. Ed è questo che attrae e insieme spaventa Jake Moore, inflessibile e scontroso giudice del concorso: perché Alexandra è diversa, speciale... Ma è probabilmente anche l'unica in grado di capire il suo modo di fare cucina e, con esso, tutto ciò che ha tentato di dimenticare dietro di sé...
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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P.O.V. Alexandra
 
E' passata una settimana dalla prova eliminatoria ed ho compreso cosa mi voleva dire Moore: abbiamo passato questi giorni a perfezionarci insieme a lui, a Martinez e a Hobbes ed è una grande opportunità per tutti quanti. Ed eccezione di Moore, i giudici sono maestri pazienti ed attenti e Richard mi ha spiegato anche perché: comunque vada a finire quest'edizione di "Chefs", questi cuochi cercano tra di noi anche dei potenziali aiuti in cucina. Ho accarezzato l'idea di poter essere tra quelli, un paio di volte, ma poi ho scacciato bruscamente il pensiero: per quanto io possa essere brava, rimango comunque cieca e quindi inutile in una cucina di alto livello, dove si ricerca la perfezione.
Moore non mi ha rivolto la parola per tutto lo stage e gli sono grata per questo: le nostre ultime discussioni mi hanno destabilizzata e desidero mantenere il nostro rapporto il più formale possibile.
Al contrario io e Robin abbiamo legato molto: io le ho parlato di quanto mi senta chiusa in una scatola a causa della cecità, lei mi ha raccontato di quanto è difficile crescere senza una madre (la sua ha abbandonato lei, suo padre e sua sorella quando Robin aveva appena nove anni). Non ho ancora avuto il coraggio di dirle dell'incidente e lei non chiede, rispettando i miei tempi; nel frattempo però mi rintrona con la sua cotta per Richard, insistendo su quanto sia carino, dolce, gentile, bravo ai fornelli... Un uomo da sposare, come dice lei. E in effetti inizio a chiedermi come mai un ragazzo come lui non abbia neanche uno straccio di fidanzata!
Ma la cosa più importante di cui io e la mia nuova amica discutiamo, quando la sera lei viene a cena a casa mia o viceversa, è un progetto futuro in cui non abbiamo ancora il coraggio di sperare: un ristorante, un locale tutto nostro.
Io sono scettica, Robin entusiasta: ha pensato a tutto, anche a come sistemare la cucina per poter farmi cucinare. E' una bella idea, soprattutto quando ci perdiamo dietro ai dettagli e ai piatti... Ma rimarrà appunto solo un'idea, fino a quando non avremo i soldi per realizzarla. E in questo "Chefs" ci potrebbe dare una mano: il padre di Robin deve mantenere la sorella all'università, così come i miei genitori devono mantenere Daniel... E comunque non credo che apprezzerebbero mai la proposta, prima di vederla messa in pratica, proprio come è successo con il programma.
Oggi mi devo impegnare duramente e soprattutto non andare nel pallone: sarà una sfida nel vero senso della parola perché i giudici esamineranno una coppia di candidati alla volta, confrontando i loro piatti e decidendo poi chi sarà penalizzato nella prova successiva. Siamo rimasti in sedici e ormai ho imparato a riconoscere le voci e gli odori dei miei compagni: oltre a me, Robin e Richard sono rimasti in gara anche Oliver Smith, Priscilla Young, Wade Baker e una decina di variopinti personaggi, con i loro caratteristici difetti e le loro peculiari virtù. C'è Milla Roberts, corpulenta matrona di origini irlandesi, il timido Dave Morris, Evan Parker (talmente competitivo e snob da rifiutare anche la compagnia di Smith&Co.), Sean Walker che profuma sempre di pane appena sfornato ed Emma Rivera che invece spande costantemente attorno a sé un penetrante odore di violette; poi Samantha Foster, che ripete a tutti di chiamarla solo Sam, Ruby Fisher e suo cugino Ed Price, Monica Green, impacciata ed insicura, ed infine Adam Brooks, così taciturno che spesso e volentieri ci dimentichiamo della sua presenza.
Uno di loro oggi sarà il mio avversario; uno di loro competerà con me per avere un vantaggio nella sfida a sorpresa che si svolgerà tra un paio di giorni. Ho valutato attentamente i punti deboli e i jolly di ognuno e penso di poter gareggiare onestamente e serenamente con tutti, tranne che con lui: posso sempre avvertire lo sguardo di Smith che mi segue pesante e sarcastico in ogni mia mossa e più volte ho colto le sue battute di scherno.
Lo detesto e so che non sarei mai lucida se dovessi battermi con lui.
 
Com'è che si dice in Italia? Me la sono tirata. Ancora non posso credere della mia sfortuna, forse qualche nemica italiana di mia nonna mi ha lanciato il malocchio... Ebbene sì, il mio avversario è proprio Oliver Smith e mentre lui sembra gongolare all'idea, io vorrei solo togliermi il grembiule e finirla qui. Non so il piatto che ci verrà chiesto di cucinare né in base a cosa sarà valutato e sento l'ansia montare sempre di più, nonostante Robin le provi tutte per calmarmi.
Siamo i quinti della lista, quindi dobbiamo aspettare un po' prima di entrare in cucina: i giudici potrebbero chiedere di tutto e da quanto dicono gli altri concorrenti si tratta di richieste piuttosto bizzarre.
Oliver si avvicina e mi prende per un braccio:
-Se fossi stato io a decidere tu qui non avresti mai messo piede: non sei all'altezza di noi altri e soprattutto non alla mia, perciò vedi di comportarti bene durante questa sfida, Sorrentino, e non far leva sulla pietà di quei tre... Specialmente di Moore!-
Spalanco la bocca, troppo sbalordita per rispondere in maniera efficace; Smith sembra essere soddisfatto dell'effetto che ha raggiunto, perché se ne va prima che qualcun altro si accorga della mia aria scossa.
Entro nella cucina verso le due del pomeriggio: ho due ore davanti a me per cercare di soddisfare la richiesta che, come avevo previsto, è molto particolare.
-Dovrete cucinare un primo piatto a vostra scelta, ma...- la voce di Elizaveta Hobbes ha un tono veramente alto e squillante, che ferisce le orecchie. Mi chiedo come facciano nella sua cucina a non essere diventati sordi, nel lavorare con lei -... Dovrete inserirci della frutta!-
Annuisco, concentrata: un paio di idee prendono confusamente forma nella mia mente, spero solo di trovare gli ingredienti adatti!
Con mia grande fortuna, ci sono: limone, riso venere, formaggio morbido e, soprattutto, melograno. Sorrido, concentrata e più fiduciosa: sarà un risotto con i fiocchi.
 
Il tempo è appena scaduto ed io sono soddisfatta di ciò che ho creato, soprattutto perché credo di averlo presentato anche molto bene: il riso venere, dal caratteristico colore scuro, è sormontato da una piccola quiche di formaggio aromatizzata al limone e qua e là spiccano i grani rossi del melograno. O, almeno, è così che io immagino che io sia: spero che il prodotto finale non si discosti troppo dal mio pensiero.
Oliver ha cucinato un'insalata di pasta di melone e rucola e la presenta per primo:
-E' scotta!- afferma acido Moore.
-Non sono d'accordo.- la voce di Elizaveta è carica di astio. Deve essere accaduto qualcosa tra questi due, perché ultimamente Hobbes fa di tutto per contraddirlo. -Non può essere al dente, visto che è un piatto freddo: rischierebbe di risultare immangiabile.-
-La pasta dev'essere sempre al dente!- replica lui, infastidito. A buon diritto, penso tra me e me, quasi divertita dalla situazione.
Elizaveta Hobbes sbuffa e con voce fredda mi invita a presentare il mio piatto. Sembra apprezzarlo, anche se tentenna vistosamente nel darmi un giudizio positivo: apprezza la leggerezza nei piatti, questa donna, ed ha una filosofia più in linea con il pensiero di Smith che con il mio. Io tendo a reinventare piatti già esistenti, invece che creare dal nulla nuove ricette: sono convinta che la tradizione culinaria del mondo abbia ancora molto da offrire anche ai palati più esigenti.
-E' un buon piatto, Alexandra, molto... Carino.- balbetta infine, incerta. Sollevo un sopracciglio: non mi sbagliavo, la frattura tra lei e Moore dev'essere davvero grave per mettere in crisi la sua solita corazza da donna in carriera. In questo momento ha la testa da tutt'altra parte.
-Grazie!- replico, asciutta.
-E' molto lontano dai sapori che assaggio di solito!- commenta invece Martinez -E il tocco del limone sul formaggio gli da' un'acidità particolare, nuova. Complimenti, è una delle tue creazioni migliori!-
Sorrido, sinceramente soddisfatta e felice: adesso lo stronzo può anche umiliarmi, non intaccherebbe per nulla la mia autostima.
Invece Moore sembra risvegliarsi da uno stato di quiete:
-Allora, Alexandra Jane!- esclama beffardo -Come mai non ho ancora sentito nessuna delle tue risposte mordaci, oggi?-
Arrossisco, sbalordita ed indignata: quest'uomo sembra aver sviluppato una strana dipendenza per i miei insulti. Non so come rispondere e deglutisco a fondo, prima di balbettare:
-Non lo so... Ecco, io... Non ce n'è stato bisogno!-
-Finora!- commenta lui, quasi ridendo. Subito un'idea perfida si fa strada nella mia mente, ma mi impedisco di sorridere. Quasi con noncuranza, anzi, fingendo un'aria nervosa, inizio a mordicchiarmi il labbro inferiore... Quando sento che la forchetta ha raschiato a vuoto il fondo del piatto gioisco intimamente, sapendo di aver colto nel segno. Moore tossisce e si schiarisce la voce: posso quasi vederlo mentre si aggiusta il colletto della camicia... E subito mi chiedo, con una punta di tristezza, come sia fatto Moore: me l'hanno descritto, certo, ma una descrizione non eguaglia mai l'impressione di vedere un viso per la prima volta. Dicono sia molto bello, con folti capelli neri perennemente spettinati, occhi azzurri e dal taglio leggermente obliquo, lineamenti marcati e un fisico asciutto... Vengo colta, con mia sorpresa, da un desiderio di poter vedere tutto ciò così intenso e destabilizzante da ricordarmi i primi tempi dopo l'incidente; sento le lacrime premere ai bordi degli occhi e non posso fare nulla per fermarle.
-Alexandra!- esclama Martinez preoccupato -Stai bene?-
-Sì- balbetto, portandomi le mani al viso e asciugando quel pianto che non ha ragione di essere -Sì, solo un po' di stress.-
Sento Smith, dietro di me, soffocare una risata e solo la pronta risposta di Moore mi impedisce di affrontarlo e dirgliene quattro:
-Sorprendente.- afferma -Forse i sapori non sono perfettamente bilanciati, rivedrei le dosi ma... Sorprendente, davvero.-
I respiri di tutti quanti sono sospesi. Devo ammettere che con me Jake Moore non è mai stato veramente cattivo, nei suoi giudizi: voglio dire, gli ho sentito dire di peggio, certe volte ha anche dato spettacolo con sfuriate plateali... Non so se sono davvero molto brava, per riuscire a strappargli quel 'buono' a malapena udibile, o se la sua sia solo pietà.
La cosa straordinaria, però, è che nessun piatto per Moore è 'sorprendente': in base a quanto dicono su di lui, la noia è uno dei suoi peggiori nemici anche in cucina, è molto critico anche sui suoi stessi piatti. Sembra che abbia già assaggiato tutto e che niente riesca più a fargli provare un'emozione genuina... Tranne, a quanto pare, il mio risotto.
Elizaveta è la prima a riprendersi e commenta con tono acido:
-Beh, visto che hai conquistato anche Jake, non possiamo fare a meno di consegnarti la vittoria, Alexandra!-
Sento un pugno sbattuto violentemente sul tavolo, un'imprecazione e dei passi furiosi che si allontanano: Oliver Smith ha appena lasciato la stanza.
 
Sono stanchissima, ma oggi è stata una giornata splendida, non mi sono mai sentita così fiera e sicura di me in venticinque anni di vita! Sto per uscire insieme a Robin, ma mi accorgo che ho dimenticato il mio anello nel camerino: potrei recuperarlo lunedì, ma è un ricordo di mia nonna e non sopporto l'idea di separarmene.
-Rob, arrivo un attimo in camerino che ho dimenticato una cosa, tu vai pure!-
-Sicura che non vuoi che ti dia una mano?-
-Ma figurati, ormai la strada la conosco, non ci sono neanche le scale da fare! Vai a casa, sarai molto stanca anche tu! Ci vediamo lunedì!-
-Va bene.-
Percorro a ritroso la via che porta ai camerini.
"Seconda porta a destra!" penso, appoggiandomi al muro. Finalmente trovo la mia stanza e recupero l'anello; sto per andarmene, ma sulla soglia sbatto contro una figura che mi impedisce di uscire.
-Smith!- esclamo indispettita, riconoscendo la sua risata sprezzante. -Cosa ci fai qui?-
-Potrei farti la stessa domanda, Sorrentino! Cosa ci fa una ragazza cieca come te in una struttura deserta, il venerdì sera? Stai forse aspettando qualcuno?-
-Smith, hai rotto con le tue insinuazioni, vedi di piantarla! Avevo solo dimenticato una cosa e sono tornata indietro a prenderla... Ora mi lasci passare?-
-Mmm... Credo di no!-
Oliver mi prende per le spalle e mi spinge indietro, facendomi cadere sul pavimento. Quando mi blocca a terra urlo, cercando di spostarlo, ma è troppo pesante e io sono svantaggiata dal fatto che non vedo dove si posano le mie mani.
-Puoi urlare quanto vuoi, dubito che ci sia rimasto ancora qualcuno, qui!- afferma soddisfatto, sfiorandomi un fianco. Ho compreso quello che vuole fare e mi dimeno con più forza e disperazione, terrorizzata.
"Ha ragione lui, non ti salverà nessuno!"
Gli rifilo un pugno sul mento e lui grugnisce arrabbiato.
-Stai esagerando: prima mi soffi la vittoria grazie a qualche lacrimuccia fatta uscire ad arte, e adesso ti permetti anche di colpirmi!?-
-Ho vinto perché sono più abile di te!- strillo, continuando a colpirlo alla cieca e cercando di impedirgli di abbassarmi i jeans. -Puoi anche far finta di non vedere, Smith, ma io sono più brava di te! Hai capito? Io sono migliore...-
Una voce mi zittisce e gela Oliver nella posizione in cui si trova, con le mani sotto la mia maglietta.
-Cosa cazzo le stai facendo?-
 
P.O.V. Jake
 
Ho dovuto sostenere fino a tardi un'accesa discussione con Elizaveta, che si è conclusa con lei che mi dava del bastardo mentre scappava in lacrime. Non è da Elizaveta Hobbes uscire di scena così poco dignitosamente, mi sa che ci vorrà del tempo prima che si riprenda del tutto.
Stavo per uscire (ero l'ultimo a lasciare gli studios e dovevo accertarmi che tutto fosse chiuso) quando ho sentito una voce - la sua voce, dannazione - che gridava aiuto.
E la scena che mi si è presentata davanti quando ho aperto la porta del camerino è stata agghiacciante: Alexandra è distesa sul pavimento e Oliver Smith la blocca con il suo peso. Quando poi vedo le mani di lui che la stanno spogliando sento il cuore accelerare e il sangue scorrere furioso nelle vene. Non so con quale forza di volontà non lo picchio a sangue; forse il disgusto e la paura sul volto della ragazza sono tali che non posso fare a meno di pensare a lei soltanto.
Smith si allontana di scatto da Alexandra e apre la bocca per parlare, ma la mia occhiata gli intima di andarsene il più veloce possibile, prima che la mia parte irrazionale prenda il sopravvento e gli spacchi la faccia.
La ragazzina è rannicchiata su sé stessa e scossa da tremiti incontrollabili: tendendo l'orecchio posso anche sentire i suoi singhiozzi sommessi e soffocati.
Mi avvicino lentamente e provo a sfiorarla, ma lei si inarca e trema come una foglia in una giornata d'autunno. Decido di non demordere e la afferro per le spalle, stringendola a me.
-Va tutto bene, adesso. Sono io, Alexandra...-
-Moore?- pigola, spaesata.
-Non mi hai riconosciuto, questa volta?-
-Sì ma... N-non ci volevo cre... Credere.- balbetta piangendo.
Le accarezzo il capo dolcemente, aspettando che si calmi un po'. I minuti passano, ma lei non sembra riprendere lucidità, è ancora terrorizzata.
-Vieni, dai, ti riporto a casa...-
-No!- urla, facendomi sobbalzare -A casa no, la prego. Non... Non posso farmi vedere in queste condizioni, loro... Loro...-
-Va bene, va bene, calmati!- dico brusco, prendendola in braccio.
-Dove andiamo?-
-Non a casa tua, stai tranquilla!-
-Dove andiamo?- ripete a voce più alta, aggrappandosi con forza alle mie spalle. Ignoro il dolore delle sue unghie quasi conficcate nella pelle e assaporo la sensazione del suo corpo contro il mio: ha il viso premuto contro il mio petto e i capelli biondi mi solleticano il collo.
Sto per risponderle, ma appena la appoggio in macchina scopro che si è addormentata. Forse è svenuta, ma vabbè il risultato è lo stesso: Alexandra Jane Sorrentino riposa con gli occhi chiusi e il capo reclinato sullo schienale della mia macchina, mentre un'ultima lacrima rimane sospesa tra le sue ciglia.
Sembra ancora più piccola di quanto non sia e questa visione mi strappa un sorriso. Facendo il meno rumore possibile, salgo in macchina e mi dirigo a casa.
 
 
Angolo Autrice:
Per farmi perdonare del ritardo, ecco un capitolo bello carico!!!
Non vedo l'ora si sapere cosa ne pensate, soprattutto (ovviamente xD) della parte finale, e di come Jake sia arrivato appena in tempo a salvare la nostra Alexandra...
Grazie di cuore a tutti i lettori/lettrici che seguono e preferiscono la storia, sono super-felice :D e in particolare voglio ringraziare MusicHeart, marika_3 e Batteriascarica che hanno recensito l'ultimo capitolo!
 
Crilu
   
 
P.S. Il piatto "ideato" da Alexandra esiste davvero e fidatevi, è squisito :P
   
 
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