Good night little boy
Un
giovane Levi cammina lungo strade marce rese ancora più
tetre dalla
volta grottesca sovrastante. L'odore di fogna nella città
sotterranea è perenne, abita lì da quando
è venuto al mondo e non
s'è mai abituato al fetore. Non vuole che quell'odore gli si
cucia
addosso.
Non riesce a giustificare quello che sta per fare, si
sente incredibilmente ridicolo, eppure il diciottenne continua a
camminare, i suoi piedi non sembrano intenzionati ad arrestare quella
marcia.
Arriva dinnanzi a una catapecchia di legno, veloce
percorre i gradini, schiva le prostitute parcheggiate sul portico,
apre la porta e s'arresta dinnanzi al banco, c'è il vecchio
proprietario, se ne sta lì ripiegato selle scartoffie fino a
quando
s'accorge della sua presenza. Alza la testa mostrando un volto
scavato, eroso dagli anni.
<< Buongiorno >> la sua
voce striscia viscida all'interno dell'orecchio di Levi.
<<
Ho prenotato una stanza >> senza alcuna cortesia, sbatte
sul
banco un sacchetto di tela colma di monete, voraci le dite rugose
svuotarono il contenuto.
<< Con quale donna? >>
domanda con un sorriso dopo aver attestato il generoso compenso
<<
Nerania >> dice secco, sa quanto è
insignificante dato che non
coincide con l'identità della donna: tutte le prostitute si
autodenominano con nomi fiabeschi, per rendersi più
appetibili al
mercato e per nascondere la propria personalità.
<<
T'attende alla stanza 20, sta al piano di sopra >>
Levi
aveva passato tutta la vita a provare astio nei confronti di tutte
quelle fecce che si recavano in quel posto per soddisfare i propri
desideri animaleschi, per poi divenire uno di quelli. In
verità Levi
non vuole soddisfare un bisogno primordiale, ma una
necessità:
riposarsi. Da anni soffre di insonnia , al giorno riesce a dormire
sì
e no tre ore. La cosa non lo disturba, tutto sommato riesce a
compiere tutte le mansioni giornaliere con estrema lucidità,
ma
quell'equilibrio malsano s'era spezzato così che da giorni
non
riusciva a prendere sonno. Il fisico ne risente, difatti il corpo
è
pesante, attorno alla testa s'è formato una specie di
cerchio
metallico, questo opprime il cranio rendendolo stanco ed irritato.
Tutti questi sintomi sembrano il preludio perfetto per una lunga
nottata riposante, eppure quando posava la testa sul cuscino arrivava
sempre qualcosa: un immagine, un pensiero giungevano veloci come
fulmini e altrettanto rapidamente si ritrovava sveglio e vigile
più
che mai.
La notte scorsa si ritrovò a domandarsi: il
sonno è sempre stato un problema? La
risposta fu
affermativa, da quando ha memoria il sonno è sempre stata
una
faccenda difficoltosa. Levi possiede pochi ricordi della sua
infanzia, era un bambino introverso, parlava poco e se ne stava
sempre in disparte. Il suo carattere lo rendeva un ottimo scrutatore
ma la realtà che osservava non era semplice: era cresciuto
in un
bordello perciò era circondato da donne malinconiche dotate
di
sguardi privi d'emozione, parevano svuotate prossime alla morte. E
poi vedeva uomini, tanti uomini. Questi giungevano ad ogni ora del
giorno, non c'era mai un attimo di riposo per le prostitute, anche
per sua madre. Difatti quando i porci bussavano alla porta, Kuchel lo
spingeva fuori dalla stanza e lui se ne rimaneva lì, seduto
sul
pavimento con la schiena posata sulla porta e le mani poste contro le
orecchie. I rumori provenienti oltre la lastra di legno lo
inquietavano.
Sì, era stata un infanzia difficile, ma nonostante
ciò il piccolo Levi aveva vissuto dei lunghi momenti
pacifici:
quando s'acchetava nel letto assieme alla mamma, erano ore intime che
riuscivano a ritagliarsi durante le giornate. Tra le sue braccia
riusciva a dormire beatamente. Aveva dimenticato quei lunghi istanti
di beatitudine, non sapeva come aveva potuto gettarli nel
dimenticatoio.
Certe cose le rimuoviamo, le seppelliamo perché ci
paiono così insignificanti e allora le lasciamo a marcire
sotto
altre faccende. Le rimuoviamo fino a quando non succede un qualcosa
che ce le fa ricordare. E così cambia tutto, anche la visone
della
realtà.
Per quanto riguarda Levi, quel qualcosa s'era
verificato una settimana fa: camminava lungo le strade polverose,
alla sua destra c'era il bordello, sul portico stavano le prostitute
come belle merci dietro alla vetrina d'un negozio. L'occhio grigio
cadde verso la squallida vetrina. Un occhiata fugace e fu fatale, la
vide e il suo cuore prese a scalpitare, il respiro
s'ingabbiò
all'interno del torace, le palpebre tremarono. La donna stava in
piedi con i gomiti poggiati sulla ringhiera, lo sguardo era perso
chissà dove. Capelli lunghi leggermente ondulati ricadevano
sule sue
spalle, la pelle era talmente bianca che splendeva persino sotto la
luce opaca della città.
Fu inevitabile, il pensiero andò a
Kuchel, pareva la sua copia. Di certo non poteva dirlo con certezza
dato che non possedeva una immagine esatta del suo volto, era venuta
a mancare quando era troppo piccolo, perciò di lei
rimanevano
solamente i lineamenti e questi parevano essersi incollati addosso a
quella donna che incontrerà fra attimi.
Percorre
le scale, ogni passo viene susseguito da uno stridulo scricchiolio.
Cammina in punta di piedi verso la stanza indicata dal vecchio e non
può far altro che sentirsi un idiota, anzi uno stupido
illuso. Prova
una tale irritazione nei confronti di se stesso che vorrebbe tanto
prendersi a calci in culo e andare via, ma non lo fa. Ha già
pagato
ed è giunto dinnanzi alla lastra scrostata, sul legno
è in inciso
il numero venti. Bussa
<< Avanti >>
Senza alcuna
titubanza apre l'uscio, richiude la porta per trovarsi dinnanzi a
lei, il suo cuore perde qualche battito.
<< Salve >>
l'accoglie Nerania con quel sorriso cortese privo di sentimento, i
suoi occhi sono spenti come due pezzi d'onice.
<< Salve >>
ricambia senza lasciar trapelare lo sconcerto
<< Mi devo
preparare, non sono ancora vestita per l'occasione >>
difatti
la figura femminile si nasconde dietro abiti larghi e sportivi, sul
letto sono stese tre lunghi abiti
<< Scegli quale devo
indossare >>
<< No, vai bene così >> dice
secco
senza degnarli d'uno sguardo.
La donna non se lo fa ripetere,
afferra tutte le vesti riponendole all'interno dell'armadio.
Levi
circumnaviga con la vista la stanza rettangolare, c'è un
letto, un
armadio e una sedia. L'ambiente è spoglio e le crepe nere
corrono
ovunque, lungo il soffitto, sulle mattonelle, lungo i mobili,
basterebbe un soffio per far crollare la stanza ma nella
città
sotterranea il vento non passa mai, perciò la casa
rimarrà lì fino
a quando non crollerà su se stessa. Nonostante il generale
squallore, la camera è pulita. Lo aveva richiesto quando
aveva preso
appuntamento e doveva ammetterlo, la donna aveva fatto un buon
lavoro.
La vede, le sue mani corrono lungo l'orlo della
maglietta.
<< No, non spogliarti >> dice con fretta,
con la stessa velocità Nerania lascia calare le braccia
lungo i
fianchi per avvicinarsi al giovane.
<< No, non devi
spogliare neppure me >> dice con una nota velenosa, quei
gesti
meccanici tipici del mestiere lo irritano. Prova irritazione anche
nei confronti di se stesso: quello è il luogo del sesso, se
non ci
si spoglia allora che diamine era venuto a fare lì? Levi ha
la
risposta ma evita d'esprimerla giacche non ne è convinto.
<<
Va bene, faccio tutto quello che vuoi >>
Le rivolge un
occhiataccia fulminante, quello che gli scaturisce il volto della
prostituta è contrastante: se da un lato sente una delicata
carezza
stringergli il cuore, dall'altro lato quel modo di fare così
accomodante, gli fa salire il sangue alla testa.
<< Sdraiati
>> ordina con fare scontroso, non vuole essere
così sgarbato
ma non può tranquillizzarsi, troppe sensazioni
gorgogliano
all'interno del petto.
Lei obbedisce, si mette al centro del
letto, supina sulla propria schiena.
Levi piega il soprabito, lo
posa sulla sedia.
Sfila via gli stivali, li appoggia composti ai
piedi del letto.
Si siede sull'estremità del materasso e un
sospiro scomposto esce dalle labbra, si sente un tale idiota: quella
non è sua madre, lo sa dato che l'aveva vista decomporsi
sotto i
suoi occhi anni fa perciò s'era abituato alla sua morte.
Sapeva che
non l'avrebbe rivista. Non era andata via come Kenny, non poteva
nutrire alcuna speranza di rincontrarla per caso, eppure eccola
lì,
la mamma pare essere risorta dalla morte solo per salutarlo. Quella
situazione è talmente schifosa che vorrebbe urlare. La mano
nervosa
va tra i capelli, si sente come un bambino invecchiato che desidera
tornare indietro per riscoprire quella dolcezza appartenente al
passato.
<< Non preoccuparti, hai pagato per molte ore
perciò fai con calma >> dice lei interpretando
quella
titubanza come una sorta d'agitazione.
Levi non risponde, dalle
labbra gli uscirebbe una rispostaccia acida, non vuole essere
scortese dato che lei non può controbattere. non
è altro che una
schiava e in quelle ore lui sarebbe stato il suo padrone. È
una cosa
talmente schifosa che lo stomaco di Levi s'accartoccia su se
stesso.
Con quel nervosismo frustrante, decide di sdraiarsi al suo
fianco. Non la guarda negli occhi, ci vedrebbe solamente tristezza,
quella c'era anche nel riflesso di sua madre. Era un lato di lei che
preferiva dimenticare.
Levi si concentra sul nero dei capelli,
lunghe ciocche ondulate cadono scomposte sulla federa bianca del
cuscino. Afferra una generosa ciocca, passa le dita in quella
morbidezza setosa. È un gesto lontano che lo riporta
indietro a quel
bambino che s'affascinava nel sentire correre via le dita fra le onde
nere.
Sente una mano correre giù lungo il ventre.
<< Non
farlo, non toccarmi >> dice senza rabbia. Le mani
obbedienti
tornarono al proprio posto.
Senza smettere di contemplare la mano
pallida ricoperta dalle onde scure, posa la testa sulla sua spalla,
non è morbida ma leggermente ossuta come quella di sua
madre. Da
anni non tocca un'altra persona, il suo corpo è caldo e
vicino.
La
testa del giovane viene accerchiata da un torpore tiepido, si sente
incredibilmente leggero ed ogni cosa appartenente al presente non ha
più importanza.
La nuca scivola e l'orecchiò si posiziona lì
dove sta un cuore calmo come il suo.
Chiude gli occhi e si lascia
cullare dalla cadenza regolare del battito.
Mani tiepide si
insinuano tra i capelli, compiono movimenti circolari, un'altra
accarezza la schiena.
<< Dormi piccolo ragazzo >>
soffice come ovatta la voce percorre la pelle.
Obbedisce, chiude
le palpebre per scivolare nel buio accompagnato da quel calore
morbido risorto da vecchi tempi
Ciao!
Ho trovato questa storiella per caso, l'avevo
scritta tempo fa e ho deciso di pubblicarla.
In queste poche pagine ho tracciato il profilo d'un Levi giovane, forse
OOC( sono alquanto dubbisosa>.<), nonostante
ciò ho deciso di condividere con voi questa piccola
storiella incentrata sul rapporto materno, ovviamente è
solamente un personale “viaggione mentale”, ma
spero vi sia piaciuto >.<
Spero d'aver corretto tutti gli errori e che la lettura sia risultata
piacevole.
Ok, ora mi dileguo e spero di sentire la vostra opinione :)
un abbraccio
Mistiy