Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Mistiy_Ronny    17/04/2016    2 recensioni
Certe cose le rimuoviamo, le seppelliamo perché ci paiono così insignificanti e allora le lasciamo a marcire sotto altre faccende. Le rimuoviamo fino a quando non succede un qualcosa che ce le fa ricordare. E così cambia tutto, anche la visone della realtà.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Levi Ackerman
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Good night little boy



Un giovane Levi cammina lungo strade marce rese ancora più tetre dalla volta grottesca sovrastante. L'odore di fogna nella città sotterranea è perenne, abita lì da quando è venuto al mondo e non s'è mai abituato al fetore. Non vuole che quell'odore gli si cucia addosso.
Non riesce a giustificare quello che sta per fare, si sente incredibilmente ridicolo, eppure il diciottenne continua a camminare, i suoi piedi non sembrano intenzionati ad arrestare quella marcia.
Arriva dinnanzi a una catapecchia di legno, veloce percorre i gradini, schiva le prostitute parcheggiate sul portico, apre la porta e s'arresta dinnanzi al banco, c'è il vecchio proprietario, se ne sta lì ripiegato selle scartoffie fino a quando s'accorge della sua presenza. Alza la testa mostrando un volto scavato, eroso dagli anni.
<< Buongiorno >> la sua voce striscia viscida all'interno dell'orecchio di Levi.
<< Ho prenotato una stanza >> senza alcuna cortesia, sbatte sul banco un sacchetto di tela colma di monete, voraci le dite rugose svuotarono il contenuto.
<< Con quale donna? >> domanda con un sorriso dopo aver attestato il generoso compenso
<< Nerania >> dice secco, sa quanto è insignificante dato che non coincide con l'identità della donna: tutte le prostitute si autodenominano con nomi fiabeschi, per rendersi più appetibili al mercato e per nascondere la propria personalità.
<< T'attende alla stanza 20, sta al piano di sopra >>



Levi aveva passato tutta la vita a provare astio nei confronti di tutte quelle fecce che si recavano in quel posto per soddisfare i propri desideri animaleschi, per poi divenire uno di quelli. In verità Levi non vuole soddisfare un bisogno primordiale, ma una necessità: riposarsi. Da anni soffre di insonnia , al giorno riesce a dormire sì e no tre ore. La cosa non lo disturba, tutto sommato riesce a compiere tutte le mansioni giornaliere con estrema lucidità, ma quell'equilibrio malsano s'era spezzato così che da giorni non riusciva a prendere sonno. Il fisico ne risente, difatti il corpo è pesante, attorno alla testa s'è formato una specie di cerchio metallico, questo opprime il cranio rendendolo stanco ed irritato. Tutti questi sintomi sembrano il preludio perfetto per una lunga nottata riposante, eppure quando posava la testa sul cuscino arrivava sempre qualcosa: un immagine, un pensiero giungevano veloci come fulmini e altrettanto rapidamente si ritrovava sveglio e vigile più che mai.
La notte scorsa si ritrovò a domandarsi: il sonno è sempre stato un problema? La risposta fu affermativa, da quando ha memoria il sonno è sempre stata una faccenda difficoltosa. Levi possiede pochi ricordi della sua infanzia, era un bambino introverso, parlava poco e se ne stava sempre in disparte. Il suo carattere lo rendeva un ottimo scrutatore ma la realtà che osservava non era semplice: era cresciuto in un bordello perciò era circondato da donne malinconiche dotate di sguardi privi d'emozione, parevano svuotate prossime alla morte. E poi vedeva uomini, tanti uomini. Questi giungevano ad ogni ora del giorno, non c'era mai un attimo di riposo per le prostitute, anche per sua madre. Difatti quando i porci bussavano alla porta, Kuchel lo spingeva fuori dalla stanza e lui se ne rimaneva lì, seduto sul pavimento con la schiena posata sulla porta e le mani poste contro le orecchie. I rumori provenienti oltre la lastra di legno lo inquietavano.
Sì, era stata un infanzia difficile, ma nonostante ciò il piccolo Levi aveva vissuto dei lunghi momenti pacifici: quando s'acchetava nel letto assieme alla mamma, erano ore intime che riuscivano a ritagliarsi durante le giornate. Tra le sue braccia riusciva a dormire beatamente. Aveva dimenticato quei lunghi istanti di beatitudine, non sapeva come aveva potuto gettarli nel dimenticatoio.
Certe cose le rimuoviamo, le seppelliamo perché ci paiono così insignificanti e allora le lasciamo a marcire sotto altre faccende. Le rimuoviamo fino a quando non succede un qualcosa che ce le fa ricordare. E così cambia tutto, anche la visone della realtà.
Per quanto riguarda Levi, quel qualcosa s'era verificato una settimana fa: camminava lungo le strade polverose, alla sua destra c'era il bordello, sul portico stavano le prostitute come belle merci dietro alla vetrina d'un negozio. L'occhio grigio cadde verso la squallida vetrina. Un occhiata fugace e fu fatale, la vide e il suo cuore prese a scalpitare, il respiro s'ingabbiò all'interno del torace, le palpebre tremarono. La donna stava in piedi con i gomiti poggiati sulla ringhiera, lo sguardo era perso chissà dove. Capelli lunghi leggermente ondulati ricadevano sule sue spalle, la pelle era talmente bianca che splendeva persino sotto la luce opaca della città.
Fu inevitabile, il pensiero andò a Kuchel, pareva la sua copia. Di certo non poteva dirlo con certezza dato che non possedeva una immagine esatta del suo volto, era venuta a mancare quando era troppo piccolo, perciò di lei rimanevano solamente i lineamenti e questi parevano essersi incollati addosso a quella donna che  incontrerà fra attimi.



Percorre le scale, ogni passo viene susseguito da uno stridulo scricchiolio. Cammina in punta di piedi verso la stanza indicata dal vecchio e non può far altro che sentirsi un idiota, anzi uno stupido illuso. Prova una tale irritazione nei confronti di se stesso che vorrebbe tanto prendersi a calci in culo e andare via, ma non lo fa. Ha già pagato ed è giunto dinnanzi alla lastra scrostata, sul legno è in inciso il numero venti. Bussa
<< Avanti >>
Senza alcuna titubanza apre l'uscio, richiude la porta per trovarsi dinnanzi a lei, il suo cuore perde qualche battito.
<< Salve >> l'accoglie Nerania con quel sorriso cortese privo di sentimento, i suoi occhi sono spenti come due pezzi d'onice.
<< Salve >> ricambia senza lasciar trapelare lo sconcerto
<< Mi devo preparare, non sono ancora vestita per l'occasione >> difatti la figura femminile si nasconde dietro abiti larghi e sportivi, sul letto sono stese tre lunghi abiti
<< Scegli quale devo indossare >>
<< No, vai bene così >> dice secco senza degnarli d'uno sguardo.
La donna non se lo fa ripetere, afferra tutte le vesti riponendole all'interno dell'armadio.
Levi circumnaviga con la vista la stanza rettangolare, c'è un letto, un armadio e una sedia. L'ambiente è spoglio e le crepe nere corrono ovunque, lungo il soffitto, sulle mattonelle, lungo i mobili, basterebbe un soffio per far crollare la stanza ma nella città sotterranea il vento non passa mai, perciò la casa rimarrà lì fino a quando non crollerà su se stessa. Nonostante il generale squallore, la camera è pulita. Lo aveva richiesto quando aveva preso appuntamento e doveva ammetterlo, la donna aveva fatto un buon lavoro.
La vede, le sue mani corrono lungo l'orlo della maglietta.
<< No, non spogliarti >> dice con fretta, con la stessa velocità Nerania lascia calare le braccia lungo i fianchi per avvicinarsi al giovane.
<< No, non devi spogliare neppure me >> dice con una nota velenosa, quei gesti meccanici tipici del mestiere lo irritano. Prova irritazione anche nei confronti di se stesso: quello è il luogo del sesso, se non ci si spoglia allora che diamine era venuto a fare lì? Levi ha la risposta ma evita d'esprimerla giacche non ne è convinto.
<< Va bene, faccio tutto quello che vuoi >>
Le rivolge un occhiataccia fulminante, quello che gli scaturisce il volto della prostituta è contrastante: se da un lato sente una delicata carezza stringergli il cuore, dall'altro lato quel modo di fare così accomodante, gli fa salire il sangue alla testa.
<< Sdraiati >> ordina con fare scontroso, non vuole essere così sgarbato ma non può  tranquillizzarsi, troppe sensazioni gorgogliano all'interno del petto.
Lei obbedisce, si mette al centro del letto, supina sulla propria schiena.
Levi piega il soprabito, lo posa sulla sedia.
Sfila via gli stivali, li appoggia composti ai piedi del letto.
Si siede sull'estremità del materasso e un sospiro scomposto esce dalle labbra, si sente un tale idiota: quella non è sua madre, lo sa dato che l'aveva vista decomporsi sotto i suoi occhi anni fa perciò s'era abituato alla sua morte. Sapeva che non l'avrebbe rivista. Non era andata via come Kenny, non poteva nutrire alcuna speranza di rincontrarla per caso, eppure eccola lì, la mamma pare essere risorta dalla morte solo per salutarlo. Quella situazione è talmente schifosa che vorrebbe urlare. La mano nervosa va tra i capelli, si sente come un bambino invecchiato che desidera tornare indietro per riscoprire quella dolcezza appartenente al passato.
<< Non preoccuparti, hai pagato per molte ore perciò fai con calma >> dice lei interpretando quella titubanza come una sorta d'agitazione.
Levi non risponde, dalle labbra gli uscirebbe una rispostaccia acida, non vuole essere scortese dato che lei non può controbattere. non è altro che una schiava e in quelle ore lui sarebbe stato il suo padrone. È una cosa talmente schifosa che lo stomaco di Levi s'accartoccia su se stesso.
Con quel nervosismo frustrante, decide di sdraiarsi al suo fianco. Non la guarda negli occhi, ci vedrebbe solamente tristezza, quella c'era anche nel riflesso di sua madre. Era un lato di lei che preferiva dimenticare.
Levi si concentra sul nero dei capelli, lunghe ciocche ondulate cadono scomposte sulla federa bianca del cuscino. Afferra una generosa ciocca, passa le dita in quella morbidezza setosa. È un gesto lontano che lo riporta indietro a quel bambino che s'affascinava nel sentire correre via le dita fra le onde nere.
Sente una mano correre giù lungo il ventre.
<< Non farlo, non toccarmi >> dice senza rabbia. Le mani obbedienti tornarono al proprio posto.
Senza smettere di contemplare la mano pallida ricoperta dalle onde scure, posa la testa sulla sua spalla, non è morbida ma leggermente ossuta come quella di sua madre. Da anni non tocca un'altra persona, il suo corpo è caldo e vicino.
La testa del giovane viene accerchiata da un torpore tiepido, si sente incredibilmente leggero ed ogni cosa appartenente al presente non ha più importanza.
La nuca scivola e l'orecchiò si posiziona lì dove sta un cuore calmo come il suo.
Chiude gli occhi e si lascia cullare dalla cadenza regolare del battito.
Mani tiepide si insinuano tra i capelli, compiono movimenti circolari, un'altra accarezza la schiena.
<< Dormi piccolo ragazzo >> soffice come ovatta la voce percorre la pelle.
Obbedisce, chiude le palpebre per scivolare nel buio accompagnato da quel calore morbido risorto da vecchi tempi


Ciao!

Ho trovato questa storiella per caso, l'avevo scritta tempo fa e ho deciso di pubblicarla.
In queste poche pagine ho tracciato il profilo d'un Levi giovane, forse OOC( sono alquanto dubbisosa>.<), nonostante ciò ho deciso di condividere con voi questa piccola storiella incentrata sul rapporto materno, ovviamente è solamente un personale “viaggione mentale”, ma spero vi sia piaciuto >.<
Spero d'aver corretto tutti gli errori e che la lettura sia risultata piacevole.
Ok, ora mi dileguo e spero di sentire la vostra opinione :)

un abbraccio

Mistiy


   
 
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