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Autore: Mikky    17/04/2016    0 recensioni
Un lavoro che ti fa vedere il peggio del mondo non può fermare la vita.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Spencer Reid, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'S&M'
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Dichiarazioni

Seduta sul divano, osservava le luci della città sotto di lei.
Voleva dimenticarsi di tutto e di tutti, voleva trovare la quiete, ma non ci riusciva. Si sentiva svuotata, come se qualcuno avesse aspirato ogni emozione da lei. Aveva provato a prendere in mano i colori, nel suo piccolo studio, ma era rimasta senza energie di fronte alla tela bianca. Dentro di lei c’era il vuoto!
Nemmeno il giorno in cui aveva abbandonato la sua famiglia si era sentita così. Perciò aveva deciso che l’unico posto in cui poteva trovare rifugio era il divano, davanti alla luce di quei palazzi che la circondavano.
Rimaneva lì, facendosi scorrere addosso i rumori e i movimenti che percepiva, concentrandosi solo sul respiro e sul battito del suo cuore. Poi all’improvviso sentì qualcuno bussare.
Non aveva le forse per alzarsi e non aspettava nessuno, quindi decise che chiunque fosse poteva stare fuori e passare un altro giorno. Chiuse gli occhi e tornò a respirare profondamente, ma di nuovo qualcuno bussò. Nuovamente finse di non sentire.
“Minerva sono io, Spencer”.
Aprì gli occhi di scatto e si girò verso la porta. Cosa ci faceva lì? Perché era lì?
Non gli bastava averla respinta in quel modo dopo che lui, sì lui, l’aveva baciata?
Avrebbe voluto urlargli che doveva andarsene, che quello che le aveva fatto era stato crudele e che non lo voleva più vedere, ma una forza misteriosa la spinse ad alzarsi e aprirgli.
Lui era lì, con ancora gli abiti del viaggio di quella mattina e i capelli scompigliati. Sembrava imbarazzato e aveva quello sguardo malinconico che adorava e che la faceva capitolare sempre, ma in quel momento no, non ci sarebbe cascata. “Cosa vuoi, dottor Reid?”.
“Vorrei parlarti”.
“Di cosa?”.
“Di quello che è successo ieri notte…”.
“Non ce n’è bisogno, hai già messo in chiaro cosa ne pensi al riguardo. Era qualcosa d’inopportuno e inappropriato. Quindi, se non ti dispiace, vorrei andare a letto e buttare tutta questa storia dietro la schiena e dimenticarmene” provò a chiudere la porta, ma lui la bloccò.
“Ascoltami, ti prego”.
La ragazza lasciò la presa sulla maniglia, così lui poté entrare. Chiuse dietro di sé la porta e si guardò intorno imbarazzato, vide che la valigia era stata buttata su un angolo e il contenuto era sparpagliato a terra “Non hai ancora messo a posto…”.
“Non ho avuto tempo” rispose lei incrociando le braccia, cercando di difendersi e allontanarsi da lui.
Spencer si passò una mano tra i capelli “Più del 50% delle storie finiscono a causa di una separazione o per omicidio e questo mi porta a dubitare in un lieto finale in ogni rapporto amoroso” la guardò negli occhi e si avvicinò “Ho usato questa scusa insieme a tante altre per non mettermi mai a gioco”.
“Sono felice che sei arrivato a questa conclusione, ma non capisco cosa c’entra con me”.
Dovette respirare a fondo prima di fare un passo verso Minerva, prenderle il volto tra le mani e baciarla. Questa volta non si ritrasse quando sentì le sue mani dolcemente salire sulle sue spalle e permise al suo istinto naturale di prendere il controllo del suo corpo, stringendola a sé e approfondendo quel contatto. Era strano come per la prima volta nella sua vita si stesse lasciando tutto alle spalle, permettendo a qualcuno di entrare nella sua sfera privata, di farsi strappare quel guscio con cui si era sempre difeso da quando era piccolo, da quando aveva capito che era speciale.
Ma fu soprattutto strano non sentire più la sua testa pensare, sentire che era il suo corpo a muoversi, a fare qualsiasi cosa in modo primitivo, arrivando a quelle conseguenze logiche e naturali che troppo spesso aveva ignorato.

La mattina successiva si svegliarono al suono dei loro cellulari. Entrambi si sporsero verso il comodino e afferrarono i due apparecchi, per poi lasciarsi cadere di nuovo tra le coperte e i cuscini.
“Reid”.
“Hunter”.
Il dottore avvampò appena sentì la voce dall’altro capo, mentre la ragazza sorrise e si scambiarono i telefoni.
Spencer sentì la risata divertita di Morgan dall’altro capo del suo cellulare “Pensavo che la ragazzina non ti volesse più parlare e invece sei a casa sua. Cos’è successo, bambino?”.
“Nulla che ti deve interessa Morgan” rispose in malo modo Spencer.
“Nulla eh? Siamo sicuri?”.
“Non è successo assolutamente nulla! Perché hai chiamato?”.
Derek tornò serio di colpo “Abbiamo un caso a Philadephia. Un S.I. sta prendendo di mira degli omosessuali ammalati di H.I.V., dovremmo partire tra mezz’ora, ma dirò a Hotch di ritardare la partenza di un’ora e mezza, così fate con calma. Ma siate puntuali”.
La chiamata s’interruppe di colpo, lasciando al ragazzo confuso. Chissà cosa intendeva?
Dall’altra parte del letto Minerva era a pancia in giù e ascoltava JJ che le stava spiegando del caso e di cosa avevano trovato sulla scena del crimine. La ragazza annuiva e sovrappensiero si spostò i capelli da un lato, esponendo la schiena nuda ai raggi del sole che entravano dalla parete di vetro.
Ok, adesso aveva capito a cosa si riferiva Morgan. Il suo corpo si era risvegliato di colpo.
“Vedrò cosa posso fare, ma devo vedere dal vivo il calco. Sì, certo, a dopo” la ragazza mise giù e guardò il display sovra pensiero.
“Che c’è?”.
“Te l’ha detto JJ di venire qui?” chiese la ragazza a bruciapelo.
Spencer si girò verso i lei, puntandosi con il gomito sul materasso “Non esattamente…mi ha solo detto che ne vale la pena”.
“Cosa?”.
Gli spostò una ciocca dai capelli e le sorrise dolcemente. Minerva chiuse gli occhi e sembrò bearsi di quel contatto, quando li riaprì sorrise dolcemente. “Ne vale sempre la pena amare qualcuno” spiegò il giovane dottore.
Minerva schiuse le labbra, prima di tuffarsi su di lui e baciarlo appassionatamente, poi con un movimento deciso si mise a cavalcioni sopra di lui, che avvampò, prima di cedersi nuovamente a lei.

Un’ora dopo erano in macchina di Reid, entrambi con i capelli bagnati ma un sorriso luminoso sulla faccia.
Per risparmiare tempo si erano fatti la doccia insieme e, be’, era stato fantastico. Ora capiva cosa intendeva Morgan quando diceva che alcune ragazze ti fanno salire il fuoco dentro e anche perché li avesse dato un’ora e mezza di tempo per prepararsi.
I due salirono le scale fino all’appartamento di Spencer, che cercò di prendere la valigia di scorta il più velocemente possibile, prima che ci fosse un terzo ‘round’, come diceva Minnie. Quest’ultima si stava guardando attorno, analizzando tutto quello che c’era nel salotto del ragazzo. Prese dalla libreria un libro e cominciò a sfogliarlo con non curanza. “Spenc” lo chiamò, senza staccare gli occhi dalle pagine.
“Un attimo! Sto prendendo il maglione” urlò il padrone di casa dalla stanza da letto.
“Cosa siamo adesso, io e te?”.
“In che senso?”.
“E’ stata una ‘toccata e fuga’, anche se è poco adatto con quello che è successo poco fa, oppure è qualcosa tipo ‘ci sposeremo e avremo tanti bimbi’?”. Spencer lasciò cadere la borsa avvampando “Non capisco…”.
La ragazza alzò gli occhi al cielo, sconsolata. Alcune volte si chiedeva come poteva essere il genio della squadra se alcune volte non capiva nemmeno l’ovvio. “Cosa sono? La tua fidanzata, la tua ragazza, la tua amica con privilegi?”.
“L’amica con privilegi è quella con cui non condividi sentimenti, ma hai solo rapporti…”.
“Sì, esatto, geniaccio” tagliò corto Minnie “Allora?”.
Reid la osservò per un po’ prima di rispondere “Non sono bravo in queste cose, non ho mai avuto una ragazza nella mia vita”.
“Ma ieri non era la tua prima volta”.
“No, infatti. E’ una storia complicata” questa volta fu lui a troncare il discorso “Credo che dovremmo lasciar passare del tempo e capire cosa succede tra di noi”.
“Quindi lo terremmo per noi”.
Spencer annuì “Sempre se non ti dispiace”.
“Ma stai scherzando?” si drizzò e gli andò incontro. Gli sistemò il colletto della camicia e lo baciò a fior di labbra “Sarà interessante non farsi scoprire questa sera mentre m’intrufolerò in camera tua”.
“Ma dobbiamo lavorare” protestò.
“Ma una pausa ci sta”.
Spencer Reid sorrise, era finito in un grosso guaio, ma gli piaceva assai.
  
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