XXVII
INDELEBILE
Ares
e
Lucifero, nella stessa stanza, non era mai una cosa buona. Ma in quel
caso, i
due si ignoravano a vicenda. Mihael li teneva d’occhio,
leggendo un libro. Il
demone giocherellava con la solita mela, steso sul divanetto a cui
ormai si era
affezionato.
“Hai
per
caso una sigaretta?” domandò il Dio della guerra.
“Tieni”
rispose Lucifero, offrendogli il pacchetto “Io per un
po’ è meglio che le
eviti”.
“Cazzo,
deve farti male davvero..”.
“Non
è il
dolore quanto la mancanza di fiato. Attualmente ho un solo polmone
funzionante..”.
“Capisco.
Grazie, comunque, Satana. Posso chiamarti Saty?”.
“No.
Assolutamente no! Scordatelo!”.
“Ok..ok..ad
ogni modo..ci terrei a farti sapere che io voglio molto bene a mia
sorella Eris
e non voglio che soffra”.
“E
allora
tienila lontana da me”.
“Non
credo
di poterlo fare”.
Lucifero
passò la mela dalla mano alla coda e viceversa, trovando la
cosa alquanto
stupida e vagamente divertente. Ares fissò la scena
perplesso.
“Comprendo
l’odio che hai provato” continuò il Dio
“Quando mi sono avvicinato a tua sorella
Sophia..”.
“Non
ti sei
avvicinato. Te la sei scopata! Ma è passato un po’
di tempo, non voglio
pensarci”.
“Non
ferire
mia sorella. Non si è mai legata a qualcuno. È la
prima volta che la vedo così,
e non ne comprendo la ragione. Ma per qualche motivo..è
felice accanto a te”.
“Dovrebbe
smetterla di esserlo. Inoltre, lei è innamorata di te.
Dovresti accontentarla,
e la faccenda si risolverebbe, senza che lei abbia a che fare con un
coso come
me”.
“Stai
cercando di irritarmi? Oggi che cerco di fare il gentile con
te?”.
“No.
Ti sto
dicendo la verità. Verità che ho ripetuto
più e più volte a tua sorella Eris”.
Con
una
piroetta, la mela finì in alto e Lucifero allungò
il braccio per prenderla al
volo ma il dolore alla spalla lo bloccò ed il frutto
finì in terra, fra i piedi
di Eris.
“Che
cosa
mi hai ripetuto più e più volte?”
domandò lei, raccogliendo la mela e
porgendola al demone.
“Di
starmi
lontano”.
Lei
sorrise,
sedendosi e sfiorando la fronte del demone disteso, con il dorso della
mano.
“Hai
preso
le medicine che ti ha dato Apollo?” parlò piano
“Scotti un po’..”.
“Sì,
mammina” prese in giro lui.
“Non
fare
lo scemo!”.
“Ma
io sono
scemo”.
Lucifero
mostrò la lingua ed Eris scosse la testa, divertita.
“Devo
andare a prendermi cura dei miei pronipoti”
annunciò poi la Dea “Mi lasci
andare?”.
“Io
non ti
trattengo mica” storse il naso il demone, con entrambe le
mani attorno alla sua
preziosa mela.
“La
coda..”.
Lucifero
mosse la testa, notando che effettivamente la coda si era attorcigliata
attorno
alle gambe di Eris.
“Scusala..”
sorrise, ghignando “..si fa prendere
dall’entusiasmo”.
“È
felice
di vedermi?”.
“Può
darsi..chi lo sa..”.
Eris
scambiò un breve e piccolo bacio con il demone e poi si
alzò. Chiamò con sé il
fratello, ordinandogli di darle una mano con i vari nipoti, i figli di
Arles,
che correvano e strillavano per casa. Ares, sospirando,
lasciò la stanza e per
il corridoio si udì il grido “Nonno
Ares!” ed il rumore di piedi di bimbi e
gridolini d’entusiasmo. Gli erano quasi tutti saltati addosso
per giocare.
“Ma
che ti
prende?” domando Mihael, fissando il fratello maggiore che a
sua volta fissava
la mela.
“Perché?”
chiese Lucifero.
“Dimmelo
tu..”.
“Non
mi
prende niente. Sono di buon umore. A volte capita..”.
“Hai
fatto
la treccia ai capelli!?”.
“Sì,
uno dei
tanti marmocchi della casa ci teneva tanto a farmela..”.
“Ti
sei
addolcito..”.
“No.
Sto
solo cercando di ignorare il passato. Questo rende tutto più
facile”.
“Se
lo dici
tu..”.
“Che
cerchi
di insinuare?”.
“Niente..”.
Lucifero
fece per ribattere quando udì qualcuno suonare il piano.
Erano note che si
interrompevano e poi ricominciavano. Il demone, incuriosito,
lasciò la stanza e
si avvicinò allo strumento. Davanti ad esso, stava Sophia,
la giovane figlia di
Arles ed Eleonore.
“Conosco
quello sguardo” commentò Lucifero.
“Ah,
sì?”
mormorò lei, mordendosi il labbro.
“Già.
È lo
sguardo di chi ha nella testa una musica e vorrebbe suonarla,
trovandone le
note”.
“Esatto”
annuì lei “E non ci riesco! Ho fatto un sogno,
stanotte”.
“Davvero?
Che genere di sogno?”.
“Assurdo,
direi”.
“Racconta..”.
“C’eri
anche tu!”.
“Sul
serio?
E che facevo? Niente di perverso, spero”.
“Cantavi.
È
c’era una melodia così bella.. Era così
bella che la voglio ritrovare!”.
“Cantavo?!
E che cosa cantavo?!”.
“Una
canzone..romantica”.
“Romantica?!
Oh, sì..hai fatto proprio un sogno strano! Ma lascia che ti
aiuti”.
Il
demone
sedette accanto alla ragazza, osservandone i movimenti delle dita sui
tasti
d’avorio.
“Cantami
questa canzone” continuò poi “Vediamo se
riesco a coglierne le note”.
“Cantare?
Io?” farfugliò Sophia, arrossendo “Ma
no! Io..non voglio cantare! Mi
vergogno!”.
“Perché
ti
vergogni?! Di che cosa?!”.
“Perché
io
ti ho sentito. Ho sentito la canzone per il mio fratellino, per farlo
addormentare. Hai una voce..splendida”.
“E
tu credi
di essere da meno? Suvvia..sei un angelo! Sai che cosa fanno gli angeli
tutto
il giorno, quando non hanno altre mansioni da svolgere?”.
“No..”
ammise la giovane.
“Cantano.
Cantano le lodi di loro padre e stanno lì a
fissarlo”.
“Davvero?”.
“Sì..”.
Lucifero
fissò la ragazza con una strana espressione e poi
mimò il gesto di premere il
grilletto di una pistola fatta con la mano contro le proprie tempie.
Sophia
rise.
“Quindi..”
ridacchiò lei “..ti sei creato l’inferno
per sfuggire alla noia?”.
“No,
bambina. Ma..è una storia che zio Miky sarà
più che felice di raccontarti. Ora
che sei un angelo, non devi sentire certe cose da me. Ah, a
proposito..bella
aureola”.
“Grazie..la
tua com’era?”.
“Non
è un
argomento di conversazione. E ora su..sono sicuro che canti
magnificamente.
Coraggio. Vediamo di risolvere la faccenda”.
Sophia
prese un paio di respiri, in imbarazzo, poi iniziò a
cantare. Era un testo
triste, malinconico. Lo sguardo di Lucifero si fece distante e mosse le
mani,
iniziando a suonare e continuando anche quando la ragazza si
zittì.
“È
lei!”
sorrise la ragazza “Fa proprio così! Anche se io
l’ho stonata un po’. Oh, è
magnifica! La conosci? Mi sembra di conoscerla da sempre. Come quei
carillon
che ti regalano da bambini, che riapri dopo anni ed hai un tuffo al
cuore.
Forse era una ninnananna di quando ero piccina, ma proprio non
ricordo”.
“Hai
cantato molto bene..”.
“Grazie.
E
grazie per aver trovato le note. Me le scrivi?”.
“Certo.
Io..ti posso dare anche il testo, se vuoi”.
“Ma
è una
canzone famosa?”.
“No,
non
direi. Ma la conosco piuttosto bene”.
“Oh.
Forse
l’ho sentita proprio da te quando ero bambina!”.
“Non
credo,
Sophia..”.
“Va..tutto
bene?”.
“Sì.
Ho..bisogno di aria. Mi gira un po’ la testa”.
“Vuoi
che
usi ancora il mio potere di guarigione?”.
“No.
Tranquilla..”.
“Non
allontanarti dal portico. Fuori diluvia!”.
Il
demone
si alzò e camminò lentamente, uscendo
all’esterno della casa. Pioveva a dirotto
ma non ci fece caso. Anzi..provò quasi liberatorio sentire
l’acqua sul viso. Vi
fu un tuono ed un lampo. Mihael sobbalzò: che tempo
tremendo!
“Allora..”
iniziò Deathmask “..voi siete due. Noi siamo
in..quattordici! I dodici segni,
il gemello doppio e il Sacerdote. Facciamo che vi arrendete
subito?”.
“Voi
siete
mortali” non si scompose Apollo “Noi siamo due
Dei”.
“Come
se
questo fosse un problema..”.
“Se
vi fa
schifo la vita..”.
“Ci
sottovaluti? Non te lo consiglio, sai?”.
“Chiacchiere.
Solo arroganza umana, ecco quel che siete”.
“Se
ti
spacco la faccia, allora sì che la vedi la mia
arroganza!”.
“Death!”
sbottò Kiki “Cerchiamo di non scaldarci troppo.
Specie se di fronte hai
Apollo..”.
“Insolenti”
si stizzì Apollo ed Hermes gli lanciò una strana
occhiata.
Le
due
divinità avevano un ordine e corsero per raggiungere Ananke,
con l’intento di
fermare Keros ed Eleonore, ma i cavalieri bloccavano il passaggio.
“Non
andrete oltre” esclamò il Leone.
Hermes
si
mosse rapido, come sempre. Però i fulmini di Aiolos e Aiolia
riuscirono a
colpirlo, anche se solo di striscio. Il Dio capì che
probabilmente aveva
sottovalutato quelle creature.
“Quanto
siete noiosi!” si accigliò Apollo, evocando la sua
armatura dalla luce
accecante.
Hermes
seguì l’esempio del fratello maggiore e
compì lo stesso gesto.
“Bene,
vedo
che finalmente fate sul serio!” sorrise compiaciuto lo
Scorpione “Non mi
piaceva l’idea di affrontare dei tizi in gonnella
greca!”.
“Ve
ne
pentirete. Tutti quanti!”.
I
due Dei
tentarono di nuovo di scavalcare i cavalieri, che però erano
uniti e decisi,
senza alcuna intenzione di retrocedere o abbassare la guardia. Il
potere di
Apollo si infiammò ed il Dio lanciò un grido,
fiondandosi contro gli avversari.
Hermes fu meno avventato ma raggiunse in un lampo i saint, iniziando a
colpirli.
“Come
ha
osato quell’ibrido greco darvi da bere l’ambrosia?!
È inammissibile!”.
“Fatti
i
cazzi tuoi!” rispose Milo, lanciando una cuspide contro il
Dio del sole.
Urlandosi
insulti vari, i cavalieri e gli Dei si affrontarono. L’intera
grotta tremò, scossa
da cosmi che bruciavano ed esplodevano. Le divinità si
stupirono nel vedere
quanto potere potessero sprigionare quei mortali dalla vestigia
d’oro. Forse la
vittoria non sarebbe stata una cosa rapida e scontata..
“Fratello!”
chiamò a gran voce l’arcangelo guerriero
“Fratello, che cosa fai? Sta
diluviando! Torna dentro!”.
Lucifero
lo
ignorò. Si era allontanato dalla porta e dal colonnato.
“Torna
dentro!” ordinò ancora Mihael, raggiungendolo
“Che cosa combini?!”.
“Quando
Sophia è morta..” iniziò a parlare il
demone, dopo l’ennesimo tuono “..ho
supplicato papà. Ho chiamato a gran voce il suo nome,
implorandolo di far
finire tutto questo. Mi sono gettato in ginocchio ed ho gridato la mia
resa. Mi
arrendo, ho ripetuto. Basta! Ma..non è successo nulla. Mi
sono dovuto rialzare,
nonostante non sapessi più che strada intraprendere. Sono
passati gli anni e
ultimamente mi ero convinto che era giusto così, che per me
c’era in serbo un
diverso destino. Eris, la battaglia, mio nipote..ok..mi ero convinto
che
facesse parte tutto di un disegno alternativo, di un nuovo inizio. Ma
poi..”.
“Poi?
Fratello, mi spaventi..”.
“Poi
è
tornata lei. È di nuovo lei. Sophia..”.
“Lei
è la
figlia di Arikien ed Eleonore. È la nipote di Sophia, non la
vera Sophia. È
nostra nipote, non nostra sorella..”.
“Quella
canzone..l’ho scritta per lei. Per la mia amata sorella,
quando sono caduto. È
indelebile nella mia mente e la conosceva lei e lei
soltanto..”.
“E..anche
se fosse? È tornata. Dovresti essere contento!”.
“Non
la
toccherei nemmeno con un dito. È una bambina e, anche se non
lo fosse, è la
figlia di Arikien. Ed è un angelo. È un modo come
un altro per dirmi: non
l’avrai mai. L’hai aspettata, ma anche stavolta non
potrai averla. Anche
stavolta rimarrai a guardare. E se non ti limiterai a guardare..ecco
che ti
ricorderò il tuo posto, modificando quegli occhi come il
cielo. La mia amata
sorella, colei che abbracciavo, non tornerà mai
più. Non è un nuovo inizio,
Mihael. È un fottuto cerchio. È il solito fottuto
cerchio. Ed io non ce la
faccio e ripercorrerlo di nuovo punto a capo..forse è un
bene che il veleno mi
stia consumando..”.
“Ma..che
dici? Io sono qui, tu sei qui. Siamo diversi. È tutto
diverso!”.
“Non
ho un
posto dove andare. Ero riuscito quasi a voltare le spalle a questo
Ouroboros
cosmico ma..lei è tornata. E per quanto io mi illuda..la amo
ancora”.
“Ami
Sophia. Ami nostra sorella. Che è morta. Lei è
sua nipote. Forse ha dei ricordi
latenti della nonna, ha qualche connessione ma..tu puoi voltare le
spalle a
tutto e ricominciare! Lo puoi fare”.
“Sono
così
stanco..ho freddo..”.
Il
demone
strinse la spalla, ferita da Drakonta. Sotto la pioggia battente, si
inginocchiò. Mihael fece un passo, per avvicinarsi di
più, e sobbalzò. Vi era
del sangue in terra, molto sangue.
“Che
cos’hai?” si allarmò “Il
veleno?”.
“Uccidimi!”
mormorò il demone “Uccidimi e torna in cielo da
eroe. Così saremo entrambi
contenti, no?”.
“Non
dire
assurdità!”.
“Perché
non
mi ascolti?” gridò Lucifero, furioso, rivolto a
un’entità non precisata “Posa i
tuoi occhi su di me! Sono stanco! Basta!”.
Qualcosa
nel cielo mutò. Un’ombra si tinse del colore del
sangue versato ed un grande
occhio si spalancò, sospeso. Era rosso e fisso. Ma poi
sbatté e l’iride si
tinse di verde, circondata dal colore del sangue.
“Arikien?”
si stupì il demone “Sei tu? Il tuo..occhio
sinistro?”.
L’occhio
si
mosse leggermente, fissando Lucifero.
“Che
succede, fratello?” domandò Mihael, chinandosi
accanto al demone “Ammetto che
questa cosa mi inquieta..”.
“Inquieta
pure me..”.
L’occhio
fissò entrambi, sbattendo un paio di volte.
“Che
dobbiamo fare, Ary?” chiese l’angelo caduto
“Che dobbiamo fare?”.
Spalancandosi
e poi tornando normale, quell’occhio sospeso era strano, e
sempre più grande.
“Il
mio
occhio è su di te” parlò una voce,
quella del Dio delle illusioni “Non sei
curioso di sapere dove porta?”.
Lucifero
si
rialzò, a fatica. Nonostante le proteste di Mihael,
allungò una mano verso
quello sguardo. Sophia, vedendo da lontano quanto stava accadendo,
corse e
raggiunse i due. Riconobbe l’occhio del padre e si
spaventò, stringendo
istintivamente il braccio all’angelo guerriero. Questi a sua
volta afferrò il
braccio del fratello maggiore, invitandolo a fermarsi. Ma Lucifero era
curioso,
come sempre, e non resistette. Allungò ancora la mano e
sfiorò quell’iride. Si
spostò e, non appena fu sopra la pupilla, percepì
il vuoto sotto la mano e si
sbilanciò. Cadde e trascinò con sé
Mihael e Sophia. L’occhio sbatté ed i tre
svanirono.
“Dove
siamo?” si chiese Keros, fluttuando e tenendo Eleonore per
mano.
Con
le ali
richiuse e celate, del tutto inutili, seguì ancora la piuma
rossa e finalmente
lo vide: Arles! Incatenato e legato, il Dio aveva la bocca serrata in
una morsa
fatta di fili rossi.
“Ary!”
gridò Eleonore, con un sorriso.
“Aspetta!”
la fermò il mezzosangue “Qualcosa non
va..”.
Altri
nastri e catene erano apparsi in quel luogo buio e la piuma rossa si
era
arrestata, immobile a mezz’aria. Molte altre creature
comparvero, ed i due
videro che non vi era un solo Arles.
“È
una
trappola” commentò Eleonore, allarmata.
Catene
e
nastri rossi già li avvolgevano, tenendoli stretti.
Gridarono e si agitarono,
senza riuscire a spezzarli.
“Ary!”
gridò lei, prima che anche la bocca le venisse chiusa da
quei nastri scarlatti.
Pronti
al prossimo capitolo iper trip assurdo?