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Autore: Ilune Willowleaf    19/04/2016    2 recensioni
In una puntata della serie tv viene accennato il fatto che c'è stata una "dea Coccinella" nell'Antico Egitto.
E poi una fanart mi fa accendere la miccia.
Asenmut è il figlio di uno de generali del Faraone. Mefrure la sorella del Faraone e di sua moglie, e anche essa futura sposa regale. Legati ai loro doveri e ai loro destini, possono essere sé stessi solo quando i poteri divini fanno di loro la Dea Coccinella e il Figlio della Dea Bastet, il Gatto Nero, per proteggere la città e l'Egitto intero da un misterioso evocatore di demoni. Forse i sogni di una adolescente possono diventare realtà. Forse i sogni di un ragazzo investito del potere di Bastet possono avverarsi. Forse. Se l'Egitto non sprofonderà in un incubo senza fine.
Dedicata agli utenti della pagina FB Amour chassé-croisé che pubblicano sempre fanart che mi fan salire il fangirlismo =)
Genere: Avventura, Fluff, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sorpresa
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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capitolo 2 – bacio sulla guancia


A Mefrure non interessavano gran che le riunioni militari del suo divino fratello coi suoi generali.
 Ma un uccellino le aveva detto (leggasi Sepsuth, che se la intendeva con Nyunya, il figlio di uno dei generali) che Asenmut e gli altri figli dei tre generali partecipavano a tali riunioni, in ginocchio e in un angolo della sala, come uditori, come parte della loro preparazione a fedeli ufficiali dei divini regnanti d'Egitto.
Per cui, anche lei assisteva, graziosamente seduta su un seggio intarsiato, circondata da schiave che le facevano vento coi ventagli di struzzo. Accanto a lei, Sepsuth, su un basso sgabello parimenti intarsiato. Le due ragazze sussurravano a bassissima voce, oppure si perdevano in lunghi silenzi di contemplazione, ciascuna dell'oggetto del suo amore. Ma, mentre Sepsuth poteva gioire in cuor suo nella beata consapevolezza che, con un po' di abilità, poteva giungere a sposare l'amato, nel cuore di Mefrure la gioia di contemplare Asenmut si mescolava alla consapevolezza dell'abisso che li divideva.

Già essere in presenza del faraone metteva in soggezione Asenmut, che si ripeteva che doveva farci l'abitudine, dato il suo futuro ruolo. Ma la presenza della principessa, nell'angolo della sala, lo innervosiva.
Si sentiva gli occhi di lei addosso, come se stesse scrutando e giudicando tutto e tutti. Gli occhi truccati di nero della fancilla erano impassibili, mentre sedeva rigidamente sul trono. Talvolta si chinava a sussurrare qualcosa alla dama di compagnia, e allora un tenue sorriso compariva sulle labbra sottili.
Asenmut si sentiva a disagio con le donne: non le capiva. Tornò a tentare di concentrarsi su quanto stavano decidendo i generali e il Faraone. A sera, suo padre l'avrebbe sicuramente interrogato.


-Ho una notizia che non ti piacerà, temo. - esordì Sepsuth, assicurandosi che Mefrure fosse seduta -Nyunya mi ha detto che Asenmut gli ha detto che suo padre sta cercando di combinargli un matrimonio. - disse tutto d'un fiato.
Vide la sua amica impallidire, fino a diventare terrea.
-C-cosa?-
-E non è tutto: la vera tragedia è CHI sarebbe la prescelta: Tuat-e-nab, quella smorfiosa figlia del Visir. -
Il sangue tornò a fluire sulle gote di Mefrure, ma per la rabbia. -Q... quella maledetta smorfiosa! Quella arrogante serpe del deserto!-
-Già. -
-Quella vanesia che si fa arrivare le parrucche dal nord, e si illude pure che il biondo le doni! Oh, oh, oh!- iniziò a camminare su e giù per la stanza. La rabbia le montava. E sopratutto, le montava la rabbia perché sapeva che non poteva farci nulla: la sua rivale era figlia di uno degli uomini più importanti di corte, il più importante dopo suo fratello. Non poteva intromettersi, dato che non avrebbe dovuto avere nessun legame con Asenmut.
Era in un vicolo cieco.
Afferrò un cuscino, scagliandolo a terra, e pestandolo sotto ai piedi, desiderando che fosse la faccia dell'odiata rivale.
-Che gli scorpioni del deserto le facciano il nido nella sua stupida parrucca bionda!- esclamò, veemente.
-Cosa piuttosto probabile, dato che la sua nuova acconciatura sembra un cespuglio essiccato. - aggiunse l'altra ragazza, doverosamente solidale con l'amica.
-Oh, sono così furente, che potrei scoppiare!- si voltò, di corsa -Vai a farmi preparare il carro da caccia. -
-Vuoi sfogarti infilzano anatre?- chiese stupita Sepsuth. Mefrure aveva il suo personale carro da caccia e i cavalli, ma non aveva mai cacciato, sebbene si esercitasse con entusiasmo su fasci di papiro e sacchi di paglia.
-No, ma voglio sfogarmi in qualche modo, o andrò a caccia di teste con parrucche bionde!-


L'ancella si prostrò ai piedi di Mefrure. Altre ragazze si affaccendavano attorno a lei per pettinarla e ornarla, dopo il bagno necessario a lavare via la polvere e il sudore del pomeriggio passato sul carro da caccia. Aveva chiaramente un messaggio da riferire, e Mefrure le fece un cenno di assenso con la mano.
-Divina Mefrure, la vostra divina sorella Nefertari richiede la Vostra persona in Sua presenza. -
Un impercettibile cenno col capo fece capire all'ancella che la Principessa aveva accolto il messaggio, quindi si alzò e, sempre china e camminando all'indietro, lasciò la stanza.
Dentro di sé, Mefrure sospirò: aveva sempre indossato la maschera della divinità in terra, come era suo dovere, fin dall'infanzia, ma le pesava ogni giorno di più. Gli unici momenti in cui poteva deporre parzialmente quella facciata erano con Sepsuth e, totalmente, quando era la Dea Coccinella.
Per un attimo, desiderò che la luna nuova giungesse in fretta: due volte per ogni arco lunare, poteva essere una persona totalmente diversa, e si sentiva assolutamente, completamente viva solo quando lanciava il disco scarlatto tra i tetti e gli alberi, e combatteva i demoni per proteggere i suoi sudditi.
Si trovò a desiderare la compagnia di Gatto Nero: l'affascinante compagno che gli dei le avevano posto accanto per quell'incarico era l'unica persona al mondo che la trattasse come una ragazza, e non come una dea incarnata.
Reprimendo i suoi pensieri, lo sguardo ceruleo fermo dietro il pesante trucco nero, si levò dallo sgabello su cui sedeva, congedando le truccatrici con un cenno, e lasciando le sue stanze, si diresse agli appartamenti della sorella.
Sepsuth la seguiva alla rispettosa distanza di due passi. La mora fanciulla sapeva che l'amica era angustiata, ma non poteva confortarla come di solito faceva, non in presenza delle ancelle e delle schiave.
Le stanze di Nefertari erano simili a quelle di Mefrure, ma persino più lussuose. Le leggere tende di lino svolazzavano nella dolce brezza del crepuscolo, e in una nicchia una musicista suonava dolcemente un'arpa.
Nefertari sedeva sotto il pergolato, e la luce delle lampade posate a terra e nelle nicchie creava ipnotici giochi di luce sulla sua pelle.
Mefrure pensò che lei era seconda a suo sorella in tutto: non solo per età, ma anche per bellezza e saggezza.
-Vieni, sorella cara. Ho delle notizie molto importanti da riferirti, e spero che tu vorrai condividere con me la gioia che esse ti arrecheranno. -
Ubbidiente, Mefrure si sedette accanto alla sorella.
Erano figlie della stessa madre, che era stata sorella della madre Faraone, ed entrambe erano sorellastre del precedente Faraone. Quasi dieci anni la separavano da Nefertari, e oltre diciotto dal Faraone loro fratello.
-Abbiamo parlato, ieri, il divino Tutankamon e io. Ormai hai quasi sedici anni, e pensiamo sia tempo che anche tu ti unisca nel divino matrimonio. -
Il sorriso aleggiava sul volto di Nefertari. Lei era stata lieta di unirsi in matrimonio al fratellastro, era una cosa che aveva sempre saputo di dover fare, e lo amava profondamente. Aveva sempre creduto che anche la sorella minore amasse il divino sposo, quindi rimase interdetta nel vedere il volto della ragazza contorcersi nel disappunto.
-Cosa? ma... ma... è ancora presto! Pensavo che, ecco, sarebbe stato tra un anno, o anche due!-
-Mia amata sorella, hai quasi l'età che avevo io quando sono diventata Regina. - le mani di Nefertari presero quelle di Mefrure -Dimmi, perché vuoi attendere ancora? C'è qualcosa che ti turba?-
Mefrure distolse lo sguardo. Come poteva dire alla sorella che lei amava si Tutankamon, ma non come una donna amava il futuro sposo? Come poteva confessarle di essere innamorata di un comune ragazzo? Innamorata, e probabilmente non ricambiata, lo sapeva bene, di un ragazzo che aveva già un'altra promessa sposa, o una sfilza di candidate.
-Io... io... non me la sento, per ora. E' qualcosa di troppo grande per me. -
-Sorella cara. Noi siamo stirpe degli Dei Celesti, e questo ci conferisce un potere immenso, lo sai bene. Ma questo potere comporta anche dei doveri, e il nostro dovere principale è quello di mantenere intatta la linea di sangue, e lo spirito divino con essa. Mefrure, sono sposata con Tutankamon da dieci anni, e non riesco a portare avanti una gravidanza. Abbiamo bisogno di un bambino, o più di uno, del nostro sangue. Mefrure, se io non posso dare frutti alla nostra famiglia, dovrai essere tu a farlo. -
-Ma... ma...-
-E' il nostro dovere principale. E io mi aspetto che tu lo compia, così come tento io di compierlo ogni volta. -
Le lacrime salirono agli occhi della ragazza.
-Mi stai dicendo che i miei desideri non contano nulla? Che non ho scelta, come l'ultima delle schiave?-
Nefertari si rese conto di essere stata un po' troppo brutale.
-Noi non siamo libere nei nostri desideri e nei nostri sogni, sorella cara. Il peso della corona è anche questo. - allunmgò la mano per asciugare le lacrime dal volto della sorella, che però allontanò la testa.
-Non è giusto. Perché non posso avere anche io la mia felicità?-
-Non dire così. Sarai felice. Cosa può rendere più felice un mortale di obbedire al volere degli dei, ed essere fondamentale per mantenere l'equilibrio e l'ordine, così in terra come in cielo?-
Mefrure non trovò parole per rispondere.
-Dammi un altro po' di tempo. Per favore. Lasciatemi sognare ancora un po'...- disse, alzandosi, e facendo per allontanarsi.
In un attimo Nefertari le fu vicino.
-Sorella, dimmi: c'è forse qualcuno, che riempie il tuo cuore?-
Sotto lo sguardo della sorella maggiore, che era stata come una madre per lei, Mefrure non poté non annuire.
-Ed è solo quello, o anche le tue notti?-
-No! No, te lo giuro. Lui... neanche sa che mi piace. Probabilmente pensa che io a malapena lo guardi. So come mi devo comportare. -
Nefertari si rilassò impercettibilmente.
-Va bene. Se non saprà mai ciò che provi, se terrai sempre a mente quale è il tuo dovere, nei confronti dell'Egitto e della stirpe, allora parlerò con Tutankamon, e vedremo di aspettare ancora. -
Mefrure chinò il capo, sollevata.
-Grazie. Grazie, sorella. -
-Prega gli dei che l'ultimo frutto che il mio grembo custodisce riesca a maturare: se sarà forte e sano, potrei riuscire a convincere Tutankamon a prendere una moglie tra le figlie dei generali, per dare uno sposo o una sposa all'erede che ho generato. -
-Oh, Nefertari! Pregherò gli dei notte e giorno, se ciò potrà giovarti!-



-Plagg, sono nei guai. Sono nella cacca di coccodrillo fino al collo. - Ansemut chiuse la porta della sua stanza alle sue spalle, guardandosi disperato attorno. Trascinò la cassapanca davanti alla porta.
-Che ti succede?-
-Mio padre mi sta cercando moglie, e vuole appiopparmi la figlia prediletta del Visir. Di tutte le donne d'Egitto, proprio quella?!- esclamò disperato.
-Cos'ha che non va? Una ragazza vale l'altra, no? -
-Ma anche no! - il ragazzo si lasciò cadere sul letto -E poi, nel mio cuore c'è solo lei – il suo sguardo si fece sognante -la mia dea Coccinella...-
-Temete che compaiano demoni anche se stanotte c'è la luna a metà?- chiese Plagg, di colpo.
-No, perché?-
-Perché mi pare di vedere la tua amata Coccinella appollaiata sul tetto del grande tempio di Bastet. -
Ansemut si sprecipitò alla finestra. Se non era trasformato, la sua vista notturna non era di molto migliore di quella di tutti gli altri, ma gli parve di vedere una figuretta seduta sulla sommità del tempio.
-Oh-oh! Che abbia voglia di chiacchierare con me? - esclamò imbaldanzito -Plagg, trasformami!-
Dopo la tasformazione, scrutò di nuovo le tenebre, rischiarate dalla mezza luna, con la sua vista più acuta. Si, era proprio la Coccinella.
Si controllò rapidamente nel riflesso della lastra di metallo lucidato, prima di lanciarsi nella notte verso l'oggetto del suo amore.
-Notte incantevole. Speriamo non ci siano demoni a rovinarla!-
-Mmm...- muggnò Coccinella. Gatto Nero le si sedette accanto.
-Ehy, cosa c'è? Hai avuto delle soffiate? Indizi su chi possa essre lo stregone che evoca i demoni? Dai, magari riusciamo a beccarlo con le mani nel sacco, anzi, con un feticcio in mano!-
-No. -
-O magari avevi solo voglia di vedermi- sorrise Gatto Nero, mettendo in mostra la chiostra di candidi denti in un sorriso irresistibile.
Coccinella non poté fare a meno di sorridere, leggermente, a quel buonumore contagioso.
In effetti, aveva avuto voglia di vederlo. Di vedere qualcuno che la trattasse da amica, e non da dea.
-Avevo solo bisogno di... essere qui. -
-Qui dove?-
-Fuori da casa mia. Non dovrei invocare il Sacro Potere del Miracolo per svignarmela e venire qui a pensare ai fatti miei senza gente tra i piedi, ma l'ho fatto. -
-Oh, beh. Ti confesso che l'ho fatto anche io, qualche volta. -
-Sul serio, gattino? Tu che problemi hai?-
-Da dove comincio?- Gatto nero buttò la testa all'inditro, guardando il cielo e perdendosi nell'ammirare la Via Lattea -Un padre che ripone tutte le sue aspettative su di me, e solo su di me, e che mi spreme come un grappolo d'uva. Una vita tracciata in ogni sua tappa da quando sono stato svezzato... ah, già, e ora, anche una tizia che mi vogliono dare in sposa, che conosco a malapena, ma abbastanza per capire che è una piaga di prima categoria, che mi renderà la vita un inferno, se non riesco a schiodarmela. E tu, mia dea? Cosa offusca i tuoi begli occhi del colore del mare?-
Coccinella tacque per un attimo. Cosa dirgli? Quanto dirgli?
-Io... io non so chi tu sia, quando togli la maschera. Quindi non so che responsabilità tu abbia. Io ne ho... di grandi. Grandissime, anche quando non distruggo i demoni. La mia famiglia si aspetta molto da me. Dovrò sposare una persona a cui voglio bene, ma non quel tipo di bene. E mi piace un'altra persona, che però non credo neanche che sappia che lo guardo. Mi sento carica di catene come una schiava, e non posso decidere nulla. - sospirò, toccandosi la maschera metallica scarlatta che aderiva al suo viso -Quando indosso questa maschera, sono davvero me stessa. Quando la depongo, chi sono? Forse sarebbe stato meglio se non avessi ricevuto anche questo potere, anche questa resposanbilità. una volta assaggiata la libertà, è difficile tornare nella gabbia. -
La mano di Gatto Nero strinse quella di Coccinella, che non si ritrasse. -Hai ragione. Queste maschere sono i nostri veri volti. Non ti piacerebbe... portarle per sempre?-
-Che intendi dire?-
-Non tornare mai più ad essere ciò che siamo quando il sacro potere ci lascia. Restare per sempre la Dea Coccinella e il Sacro Gatto Nero. Solo tu e io. -
Coccinella sorrise. -Sei un caro amico, Gatto. Lo vorrei davvero, ma io non posso. Ma grazie per avermelo chiesto. -
-Se... se ti mostrassi cosa c'è sotto questa maschera, tu faresti lo stesso?-
-Rivelarti la mia identità? Non so se sarebbe una buona idea. -
-Perché no? Magari ci conosciamo. -
Coccinella scosse la testa -Ne dubito. Non conosco molte persone, e sono parecchio sicura che tu non sia uno di loro. -
-Beh, magari si. O magari possiamo continuare a vederci anche di giorno. Se non hai molti amici, uno in più non ti farà male, no? -
Coccinella scosse il capo -La vedo dura. - appoggiò la testa contro la spalla di Gatto Nero -Ma ti ringrazio per la tua amicizia. Per me è davvero importante, sai. -
Gatto Nero quasi non riusciva a respirare per la gioia che quel semplice contatto gli dava. Lei lo aveva appena definito "un amico", cosa che notoriamente seppellisce sotto una piramide di cocci spirituali ogni innamorato, ma quel gesto, e le altre sue parole, gli avevano dato un po' di speranza.
Le luci della città si spegnevano una a una, finché solo le lampade votive nei templi rimasero accese a spandere la loro dorata luce attraverso le finestre.
-Ehy, Coccinella. Sai cosa c'è?-
-Cosa?-
-Ripensavo a quello che avevi detto qualche notte fa. Riguardo al fatto che a mandare i demone potrebbe essere uno stregone. -
-Si?-
-Ecco... tu sai usare il pendolo?- Gatto Nero si riferiva alla magia usata da alcuni sacerdoti, che chiamavano gli spiriti minori, li legavano ad amuleti a forma di goccia o di anello, e li usavano su tavolette con incisi segni mistici, per effettuare divinazioni.
-Si. Non benissimo, ma si. -
I Faraoni e le figlie dei Faraoni erano capi civili, ma anche massimi sacerdoti del numeroso pantheon egizio. Come futura regina consorte, Mefrure aveva imparato le divinazioni classiche, compresa quella col pendolo.
-Potresti usare il tuo disco sacro come un pendolo. Chiedigli di indicarci il luogo dove si trova chi evoca quei demoni. -
-Accidenti! Bella idea!-
-Puoi farlo qui? Cioè, non che io non trovi piacevole stare anche tutta la notte seduto su un tetto accanto a te, però se riuscissimo a prevenire gli attacchi e ad acciuffare il nostro cattivone...-
-Ho bisogno però di alcune cose. Qualcosa per raffigurare la città. Tipo una tavoletta cerata su cui disegnare ua mappa. -
-So dove prenderne una. Aspettami qui. - garantì Gatto Nero, prima di sparire, ombra nelle ombre, fiondandosi in camera sua a prendere la tavoletta che usava per gli appunti.

Gatto Nero aveva tracciato una mappa della città, raffigurando piuttosto accuratamente il grande complesso di templi e palazzi che costituiva la sacra cittadella, e Coccinella faceva lentamente passare lo yo-yo metallico sui tre pezzi di legno cerato aperti dinnanzi a lei.
Non era mai riuscita a combinare un bel nulla con i pendoli normali, ma confidava nel sacro potere che pervadeva il suo strumento.
-Che strano, dà reazione solo nella zona della Cittadella Sacra. Che il nostro stregone si stia nascondendo tra i sacerdoti?- mormorò.
-Beh, avrebbe senso. Pensi che un mago tanto potente da evocare quei demoni se ne starebbe a vendere erbe e pozioni contro il malocchio nei vicoli accanto al porto?-
-Questo significa che il nostro nemico potrebbe essere qualcuno di importante, anche sul piano sociale. Dovremo fare molta attenzione. Se ci inimichiamo i sacerdoti, è finita. Già non sono molto contenti di avere due emissari divini in giro che non vanno a fare le belle statuine alle cerimonie... -
-Sembri conoscere molto bene tutto quello che c'è dietro ai templi – notò Gatto Nero, con una punta di soddisfazione. Desiderava ardentemente sapere chi si nascondesse dietro quella maschera scarlatta, e raccoglieva ogni indizio come un assetato nel deserto raccoglie gocce d'acqua.
-Si, abbastanza. Senti, Gatto, la notte è agli sgoccioli; non so quanto sonno in più potrò strappare, se fingo di stare poco bene, ma qualcosa mi dice che tu, invece, dovrai levarti all'alba fingendoti fresco e riposato. -
-Ci hai preso in pieno. - sorrise smagliante Gatto Nero.
-Proseguiamo domani?-
-Volentieri!- il ragazzo raccolse la tavoletta cerata.
Prima che Gatto Nero potesse saltare via, Coccinella lo prese per un braccio, attirandolo a sé e baciandolo sulla guancia.
-Grazie. -
Per un attimo, Gatto Nero fu senza parole, col cuore che gli scoppiava per la sorpresa e l'emozione.
-P-per cosa?-
-Per avermi fatto dimenticare per qualche ora le mie catene d'oro. -
Seppure a fatica, si riprese. -Sarò qui per te, ogni volta che vorrai scordarti il resto del mondo, mia dea. - si inchinò, come davanti a un altare, ma con un sorriso malizioso e dolce allo stesso tempo, e un'occhiata carica di un sentimento che Coccinella finse di ignorare.




Note dell'autrice: ho corretto gli errori di battitura del capitolo 1. Vi beccate il capitolo 2 semigrezzo, cioè senza il controllo finale-finale (ho riletto 2 volte ma qualche errore potrebbe essere rimasto): il definitovo lo farò domani. Capitemi, sono le 2 di notte e ho meno di 6 ore di sonno davanti a me.
Grazie per le recensioni! Ho già pressappoco tutta la storia in testa, dovete ringraziare le mie lunghe, noiose sessioni di cucito se progredisco in fretta (non c'è molto a cui pensare mentre rifili alla macchina taglia-e-cuci una moltitudine di pezzi!), ma continuate a incrociare le dita che l'ispirazione non mi abbandoni!

 
  
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