Anime & Manga > Il grande sogno di Maya
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Autore: FiammaBlu    19/04/2016    6 recensioni
Maya ha vinto la sfida con Ayumi Himekawa, aggiudicandosi la Dea Scarlatta e i diritti dell'opera. Ma proprio come accade nel dramma originale, un fuoco arde sotto le ceneri...
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Masumi Hayami, Maya Kitajima
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Stage #3. Ritorno a casa



Maya era così presa ad autocommiserarsi da non rendersi conto neanche di dove fosse diretta. Solo quando sollevò la testa e la volse verso il finestrino del treno notò alcuni ambienti familiari. Appoggiò lentamente le mani al vetro mentre la consapevolezza si faceva strada dentro di lei. Si girò di scatto verso il signor Matsuda, il manager che le aveva affiancato Masumi Hayami, e lo scosse con forza. L’uomo, colto alla sprovvista, sussultò e chiuse il giornale con un movimento secco.

- Signor Matsuda! - esclamò Maya fremente - Siamo a Yokohama! - realizzò a parole ciò che i suoi pensieri gridavano da qualche secondo.

- Sì… - annuì il manager confuso - Minami-ku è uno dei distretti di Yokohama… - aggiunse meravigliandosi per quell’ovvietà. Il signor Hayami era stato chiaro sul modo in cui avrebbe dovuto comportarsi con quell’attrice. Quando il Presidente l’aveva chiamato nel suo ufficio, aveva temuto di aver commesso un errore, ma nel momento in cui gli aveva rivelato il suo nuovo incarico, era rimasto a bocca aperta. Scortare Maya Kitajima per un mese. Le sue abilità come manager sarebbero state necessarie solo nei momenti delle registrazioni o delle interviste, per il restante tempo avrebbe dovuto tenere d’occhio la Kitajima senza essere troppo invadente e assecondare le sue richieste.

La giovane spalancò gli occhi e si bloccò in ginocchio sul sedile mentre gli strattonava la manica della giacca.

- Yokohama… - sussurrò con lo sguardo assente.

Matsuda alzò un sopracciglio. La fama di Maya Kitajima la precedeva, ma da quella mattina aveva dovuto rivedere l’idea astratta che si era fatto di lei. Era un’attrice famosa e, dicevano, aveva accumulato una ricchezza che era stata esponenziale al suo talento, esploso con la rappresentazione della “Dea Scarlatta”. Aveva ovviamente visto lo spettacolo, era abituato a seguire gli attori, ma quella ragazza era diversa. Si era aspettato la solita attricetta viziata e presuntuosa grazie al successo raggiunto in breve tempo, invece si era rivelata umile e con un inspiegabile senso di inferiorità che lo aveva destabilizzato, dato che aveva un talento ormai noto a tutti. Aveva compreso che era genuina e trasparente proprio come appariva e gli erano bastati dieci minuti insieme sul treno per comprenderlo.

La osservò sedersi lentamente e tornare composta, lo sguardo sempre vacuo e fisso davanti a sé. Sembrava assorta in qualche riflessione legata al fatto che avrebbe trascorso del tempo a Yokohama. Sapeva che era il luogo in cui la signora Tsukikage l’aveva scovata quando aveva appena tredici anni, sette anni prima, ma non riusciva a comprendere cosa l’avesse così sconvolta.

Ripiegò il giornale che stava leggendo e la guardò di sottecchi: aprì la borsetta che aveva portato con sé, infilò una mano dentro e ne estrasse un’agendina colorata, di quelle che le ragazze amavano tanto. Represse un sorriso e tornò alla sua lettura. Avrebbe avuto tutto il tempo del mondo per conoscere meglio quell’attrice talentuosa e poi, magari, chissà, avrebbe potuto offrirsi come suo manager. Era sicuro che il signor Hayami si occupasse di lei, ma lui sicuramente aveva altro da fare che pensare a quella ragazza, solo l’ultima delle tante attrici assunte dalla Daito Art Production.

Maya aveva la testa piena di immagini e pensieri. Il suo cervello aveva fatto un collegamento immediato, ma si rifiutava di credere che il signor Hayami l’avesse congedata solo per farle trascorrere un periodo tranquillo. Lui non poteva sapere quanto si sentisse sotto pressione, non l’aveva detto a nessuno, neanche a Rei. Perché escogitare tutto questo? Non avrebbe semplicemente potuto dirmi che voleva darmi requie?

Con mano tremante prese il biglietto che giaceva fra le pagine della sua agenda. Gli occhi le si colmarono di lacrime e il suo cuore rispose con un battito frenetico a quell’emozione dilagante.

“La sua Dea Scarlatta è riuscita a farmi credere che possa esserci uno spirito che ci protegge. La sua recitazione è stata eccellente e non ha trascurato nessun aspetto di entrambi i personaggi da lei interpretati. Questo dimostra come ormai sia un’attrice completa, pronta per il mondo dello spettacolo. Queste rose sono state il mezzo per incoraggiarla all’inizio e il mio modo per ringraziarla di avermi trasportato nel suo mondo. Sono ansioso di vederla procedere nel suo viaggio, io la guarderò sempre brillare sul palcoscenico. Con profondo affetto, il suo ammiratore.”

Strinse il biglietto al petto e lasciò che le lacrime scivolassero via silenziose. Le risultava impossibile riuscire a capire quell’uomo complesso e controverso. Anche in questa occasione, era sicura che avesse orchestrato ogni cosa per darle respiro, nonostante lei non avesse fatto niente per dimostrare la sua fragilità e stanchezza. Non le aveva più mandato rose da quell’ultimo mazzo, ma non aveva smesso di occuparsi di lei anche se lo faceva attraverso la Daito e la signorina Mizuki. In quei mesi di collaborazione lavorativa, non le aveva lesinato partacce e ammonimenti, fino ad arrivare alle minacce quando era stato necessario.

Maya non riusciva a gestire le sue emozioni, ogni volta che ce l’aveva di fronte reagiva in maniera scomposta e illogica. Quando aveva compreso di essersi innamorata di lui aveva anche capito, finalmente, che quel modo di rapportarsi era collegato ai suoi sentimenti. Non conosceva il motivo per cui l’aveva trattata male dopo la crociera né la sua assenza a Izu. Aveva creduto che quell’appuntamento sarebbe stato un modo per chiarire la situazione e quando il signor Hijiri glielo aveva riferito aveva stentato a crederci, eppure Masumi Hayami non si era presentato.

La delusione era stata talmente immensa da farle vincere la sfida con Ayumi. Aveva riversato nella sua Akoya tutta quella disperazione e l’interpretazione della Dea era stata così intensa da conquistare la signora Tsukikage. Era ben consapevole che il loro divario sociale, culturale ed economico era così vasto da risultare inconcepibile per qualsiasi giapponese, ma non riusciva in alcun modo a cancellare quei sentimenti. L’unico conforto che le rimaneva era il ricordo di quell’abbraccio sul ponte dell’Astoria che le aveva fatto credere di aver finalmente trovato la metà della sua anima.

Chinò il mento sul petto e pianse sommessamente con quel biglietto stretto sul cuore. Lo ripose dentro l’agenda e controllò con più lucidità gli appuntamenti segnati dalla signorina Mizuki. Un singhiozzo si mescolò ad una risatina quando si rese conto che in un mese avrebbe registrato quattro pubblicità e due interviste. Ero troppo delusa per Madama Butterfly, tanto da non rendermi conto di ciò che stava accadendo… l’ha fatto per me… di nuovo...

Chiuse la borsa e fissò fuori dal finestrino quei luoghi che le erano così familiari.

- Siamo quasi arrivati - la informò Matsuda.

Maya annuì meccanicamente, con in testa l’elenco dei luoghi che avrebbe rivisto.



I suoni della notte lo circondavano completamente. Aveva parcheggiato l’auto nell’ampio viale della villa, il motore e le luci spente. Udiva i picchiettii del metallo e delle plastiche che si raffreddavano nel corpo d’acciaio della macchina. Si accese una sigaretta e si appoggiò allo schienale. La sagoma della grande villa del nonno di Shiori, l’Imperatore Takamiya, si stagliava davanti a lui, segnata dalla luce della luna.

Dopo il matrimonio, le condizioni di lei erano rimaste precarie, non si era mai ripresa del tutto, così, di comune accordo con suo nonno, si era trasferito momentaneamente a vivere da loro. Lo spazio c’era e questo avrebbe permesso un’integrazione più rapida e un luogo comune e riservato dove apprendere il maggior numero di informazioni riguardo il gruppo Takatsu, di cui sarebbe diventato presto amministratore delegato.

Ciò aveva ridotto al minimo le sue ore libere, ma lo preferiva al dover trascorrere del tempo con Shiori. Non era fiero del suo comportamento, non stava agendo nel modo giusto e non serviva qualcuno che glielo facesse notare, ma preferiva controllarla di persona e da vicino che lasciarla libera di fare del male a Maya. E gliene avrebbe fatto. C’era andata vicinissima e non voleva ripetere l’esperienza. Aveva scoperto il legame con le rose scarlatte e da allora il suo obiettivo era stato Maya.

Sull’Astoria era accaduto qualcosa. Era certo di aver visto negli occhi di Maya una consapevolezza ignota, che l’aveva stupito. Aveva reagito al suo abbraccio, proprio come aveva fatto a Nara, con quel ruscello in mezzo, alla fine della rappresentazione della signora Tsukikage, ma non era certo del motivo che l’avesse spinta a farlo. I versi recitati della Dea su quel ponte indorato dall’alba erano diretti a lui, a Masumi Hayami, e le parole che gli aveva detto un istante dopo sembravano confermare quell’assurda e sconcertante verità: Maya amava lui.

Una volta a terra, Shiori aveva completamente cambiato le carte in tavola. Se lui avesse proseguito sulla strada che voleva intraprendere, Maya avrebbe subito le conseguenza maggiori e il sentimento che sembravano ricambiare a vicenda non sarebbe bastato da solo a salvarla, anzi, sarebbe stato la sua rovina, come attrice e come donna.

Spinto dalle suppliche dell’Imperatore Takamiya, aveva acconsentito a sposare sua nipote, nonostante non fosse nel pieno delle sue facoltà mentali, piegata da una follia spaventosa. La paura che aveva provato all’idea che potesse davvero far del male a Maya lo aveva convinto che tenersi Shiori accanto era il modo migliore per proteggerla. Scacciare Maya dicendole che quella sera sull’Astoria era stato solo un passatempo, lo aveva sconfortato più di qualsiasi azione negativa avesse mai fatto nei suoi confronti.

Ridacchiò e spense la sigaretta, slacciandosi la cravatta. Era molto tardi, ma non aveva alcuna voglia di rientrare. Era davvero inquietante rendersi conto di come tutto ciò che avesse fatto per proteggerla risultasse, agli occhi di lei, come qualcosa di avverso e a volte lo era stato realmente. Le parole di Rei Aoki lo avevano costretto a riflettere e a notare alcuni aspetti che non aveva visto, accecato dalla propria volontà di non guardarla e di trattarla come tutte le altre attrici in modo che Shiori non sospettasse niente. A Yokohama avrebbe ritrovato il contatto con la sua personalità, con sua madre, con i luoghi che conosceva.

Ogni giorno si domandava se le cose sarebbero andate diversamente se quel giorno si fosse presentato a Izu come le aveva promesso. Shiori aveva intuito che c’era qualcosa che non andava e l’aveva bloccato per tempo. Gli era risultato impossibile avvisare Hijiri e quando gli aveva riportato l’espressione di Maya si era maledetto per giorni. Nel biglietto che aveva accompagnato all’ultimo mazzo di rose firmandosi ancora “il suo ammiratore”, aveva deciso di non inserire alcun riferimento a Izu, con la volontà di riuscire a chiarire in seguito di persona. Voleva ardentemente rivedere quello sguardo sincero che aveva intravisto sull’Astoria, voleva abbracciarla nuovamente e scusarsi per il suo comportamento, dirle che l’aveva fatto solo per lei.

Ma c’era stata la “Dea Scarlatta”. Maya aveva interpretato Akoya con un’intensità tale da rapirlo completamente dal quel mondo e trasportarlo nel suo. Non l’aveva mai sentita così vicina come in quelle due ore di rappresentazione dello spettacolo dimostrativo. Maya, Akoya e la Dea, si erano fuse in un nuovo, spettacolare personaggio, che sacrificava la sua vita per la salvezza degli uomini e del suo amore. Aveva colpito tutti, per prima la signora Tsukikage che l’aveva meritatamente scelta come sua erede. Il sentimento che sul palco aveva coinvolto lei e Sakurakoji nei panni di Isshin gli aveva dimostrato quanto impressionante fosse la capacità di Maya di entrare nel personaggio o di far entrare il personaggio dentro di lei. Non era sicuro di quale fosse il procedimento che adottava, ma il risultato era fuori dal comune.

Due giorni dopo, come voluto dal nonno di Shiori, si era sposato e, trascinato dai nuovi eventi, non aveva avuto modo di incontrarla. Hijiri aveva tentato più volte di convincerlo, ma alcune velate minacce di Shiori gli avevano fatto rimandare ogni cosa, finché era giunta una lettera da parte di un avvocato. Aveva dovuto rileggerla due volte per comprendere appieno ciò che c’era scritto: Maya Kitajima era disposta ad accettare un contratto di esclusiva con la Daito Art Production.

Era rimasto talmente interdetto da fissare il foglio per svariati minuti. Non riusciva a comprendere cosa fosse accaduto e quando lei si era presentata all’incontro per la firma, si era rivelata fredda e distaccata, parte della Maya che conosceva era completamente sparita. Quando aveva insistito per inserire la clausola vessatoria e Maya aveva accettato, aveva temuto che quel comportamento remissivo nascondesse una trappola, ma non si era rivelato niente di tutto ciò. Ha accettato ogni condizione che ho aggiunto…

Maya aveva lavorato alacremente ed insieme a Kuronuma e Sakurakoji avevano dato vita al nuovo allestimento che aveva fruttato miliardi di yen. Questo però non aveva cambiato il loro rapporto, anzi, lo aveva inasprito. Sembrava quasi che un dolore lacerante filtrasse da lei e passasse ad Akoya, rendendola più viva e vera. Non era più riuscito a parlarle, c’erano sempre persone intorno o giornalisti e perfino il tempo che le dedicava all’interno del suo ufficio non superava mai la soglia di sospetto. Shiori aveva pagato il suo medico per confermare una malattia che non c’era e avrebbe potuto fare la stessa cosa con altri.

Sollevò lo sguardo e lo puntò sul piano superiore della villa. Shiori si era dimostrata collaborativa e apparentemente soddisfatta del matrimonio. Aveva ottenuto ciò che voleva e in parte la colpa di tutto il rancore che provava verso Maya era sua: se non l’avesse ingannata all’inizio, lei forse non si sarebbe innamorata di lui e il loro fidanzamento non ci sarebbe stato.

Uscì dall’auto, sistemò il cappotto ed entrò in casa, appoggiando le chiavi nello svuota tasche all’ingresso. Si tolse il soprabito e le scarpe e s’inoltrò nel corridoio semi buio. Era troppo tardi perché potesse esserci qualcuno in giro, perfino i domestici si erano abituati ai suoi orari assurdi. Nonostante ciò, ebbe un tuffo al cuore quando vide una figura spettrale in fondo al corridoio. Avanzava verso di lui, la vestaglia bianca ondeggiava piano e i lunghi capelli neri si fondevano con le tenebre circostanti.

Il suo cuore si placò proprio appena lei lo raggiunse.

- Masumi - lo salutò chinando la testa.

- Shiori, è tardi, perché sei ancora alzata? - le chiese rassegnato. Non era la prima volta che la trovava ad attenderlo e non riusciva in alcun modo a convincerla di restarsene a letto.

- Entri in casa come un ladro - replicò lei abbracciandolo e appoggiando la testa sul suo petto.

- Non volevo svegliarvi - si scusò prendendole delicatamente i gomiti e allontanandola.

Shiori sollevò lo sguardo cercando di incrociare i suoi occhi, ma c’era troppa poca luce per scrutarli come avrebbe voluto.

- D’accordo - acconsentì con un sorriso - Vieni a letto? - lo invitò prendendolo per mano.

- Sì - annuì lui - Ti raggiungo, voglio farmi una doccia - aggiunse grato all’oscurità di celare le sue espressioni che non era sicuro di camuffare abbastanza bene. I primi tempi subito dopo il matrimonio, Shiori era ancora troppo instabile perché potesse vivere pienamente la sua vita matrimoniale, ma anche quello scoglio che aveva rimandato il più possibile, alla fine era stato superato.

Shiori rimase immobile qualche attimo, poi gli lasciò la mano e ripercorse il corridoio in silenzio. Masumi espirò e raggiunse il bagno, chiudendosi dentro. Si appoggiò alla porta e chiuse gli occhi accendendo la luce. Rispettava quel contratto matrimoniale come tutti gli altri. Non avrebbe fatto niente per trovarsi dalla parte del torto. Non voleva che lei o suo nonno potessero in qualche modo far valere le proprie ragioni mettendo a repentaglio la Daito Art e tutto il lavoro di una vita. Questo però non significava che non gli pesasse.

Si trattenne molto più del dovuto, forse proprio per evitare i suoi doveri, perché altro non erano, e quando raggiunse la loro camera matrimoniale, Shiori era visibile sotto le coperte. Sembrava addormentata e gli uscì spontaneo un sospiro di sollievo appena accennato. Raggiunse il lato destro del letto, scostò il piumone ed entrò sotto le coperte. La sensazione di morbidezza lo avvolse subito. Avvertiva la testa pesante e chiuse immediatamente gli occhi rilassandosi. Incrociò le mani dietro la testa, sollevando un po’ il cuscino.

Stava per cedere al sonno ristoratore quando sentì la mano delicata di Shiori posarsi sul suo petto. Un istante dopo, lei si era rannicchiata al suo fianco, la testa nell’incavo della spalla, il corpo longilineo e flessuoso aderente al suo. Abbassò il braccio e lo posò sulla spalla di lei, girata da un lato.

- Hai dovuto lavorare molto? - gli chiese con un sussurro dolce.

- Sì - rispose lui accomodandosi meglio. Il suo calore si diffondeva attraverso la vestaglia da notte e il suo pigiama. La sentiva arrendevole e assonnata, il corpo abbandonato contro di lui. Qualsiasi cosa succeda o io dica, lei si appoggia a me…

- Buonanotte, Masumi - sussurrò dopo qualche istante di silenzio.

- Buonanotte, Shiori - ripeté lui, chiudendo gli occhi.



L’albergo era di alto livello, ma Maya ci fece appena caso, tanto era elettrizzata. Il signor Matsuda aveva la camera accanto alla sua e si premurò che fosse allineata per l’intervista della mattina seguente. Lei aveva annuito vigorosamente e gli aveva chiesto di poter uscire.

L’uomo l’aveva fissata a lungo, chiedendosi a cosa fosse dovuto quel cambio repentino di umore rispetto alle lacrime che aveva visto in treno ma, trattandosi di Maya Kitajima, preferì soprassedere e seguire gli ordini del suo Presidente. Aveva preso il cappotto e l’aveva seguita. In quel momento la stava osservando: era immobile, davanti ad un ristorante cinese. Teneva le mani conserte in grembo e non si muoveva da oltre cinque minuti. Le persone le sfilavano accanto, senza degnarla di uno sguardo.

Si voltò verso di lui e rimase sconcertato dal suo sorriso. È raggiante…

- Grazie, signor Matsuda, per la sua pazienza! - gli disse facendo un profondo inchino - Ora possiamo andare - e si incamminò nella stessa direzione da cui erano venuti.

Trascorsero il resto del pomeriggio a pianificare l’intervista alla radio locale del giorno seguente, cenarono insieme e si separarono per la notte. Chiunque l’avesse conosciuta in quel frangente non l’avrebbe riconosciuta come la Dea Scarlatta. Sembrava timida, fragile, bisognosa di attenzioni, ma sul palco diventava tutt’altra persona. Matsuda chiuse la porta della sua stanza dopo essersi assicurato che lei avesse fatto altrettanto.

Maya si abbandonò con la schiena alla porta. Chiuse gli occhi e rievocò i ricordi della sera sulla nave di ormai più di un anno prima. Erano i soli che custodisse gelosamente, gli unici che avevano un senso per lei. Quell’abbraccio sul ponte dell’Astoria aveva drasticamente cambiato la sua vita. Per due giorni. Poi era caduta nella disperazione più nera quando le aveva sputato addosso quelle parole ostili e fredde. Eppure era sicura di ciò che aveva sentito in quell’abbraccio! Era certa dei suoi occhi, della sua voce, di ciò che le aveva detto! L’amava! Il signor Hayami, il suo ammiratore, era innamorato di lei!

Chiaramente aveva riflettuto sul perché di quel cambio di rotta, ma allora come mai non si era presentato a Izu? Perché le aveva mandato quell’ultimo mazzo di rose? Perché si era sposato?

Portò le mani al volto e pianse sommessamente.



La prima settimana passò senza alcun intoppo. Realizzarono l’intervista alla radio, che provocò un ingorgo nella strada per la quantità di gente che si presentò per avere un autografo, e il primo servizio fotografico per una pubblicità. Matsuda si era trovato sostanzialmente a fare il turista. Quella ragazza silenziosa e riservata lo aveva trascinato nei luoghi più impensati di Yokohama, dal suo vecchio appartamento, ad una pasticceria, ad un vecchio teatro, un cinema. Ma c’era un luogo che amava più di tutti gli altri: era un piccolo parco vicino a dove aveva vissuto con Rei Aoki. Aveva trascorso due interi pomeriggi seduta su un’altalena, mentre lui si godeva il sole che faceva capolino dalle nubi oscure di novembre.

Gli era sembrata malinconica, ma in realtà cambiava espressione così rapidamente da renderla una persona completamente indecifrabile. Il parco era frequentato da molte madri che portavano i figli a giocare ai giochi e la giovane attrice li aveva osservati con uno strano bagliore negli occhi finché due giorni prima, inaspettatamente, lui aveva alzato lo sguardo dal giornale che stava leggendo e l’aveva vista impegnata in un racconto pieno di gesti davanti ad un gruppetto di bimbi affascinati. Dopo qualche minuto era stato costretto ad abbandonare la sua lettura per ascoltare quella favola così magistralmente narrata usando la pantomima.

Anche in quel momento, Maya Kitajima stava intrattenendo un gruppo numeroso di bambini. Era domenica, il sole splendeva e, nonostante l’aria fredda che spirava dal mare, molte mamme avevano portato i loro figli al parco giochi. Con il solo ausilio della voce e del corpo di lei, l’amore di Vega e Altair prese vita davanti a lui.

Maya non riusciva a credere di poter nuovamente raccontare storie. Il primo giorno erano stati tre bambini, quello successivo sette, quello seguente ancora, più di dieci. Quel pomeriggio erano lì ad attenderla e l’avevano circondata ridendo e chiedendole un racconto. Aveva sentito il cuore scoppiare di gioia e si era prodigata subito per soddisfare le loro richieste. L’emozione che provava era indescrivibile. Si sentiva libera dalle costrizioni del copione, senza qualcuno che le dicesse come muoversi, che tono usare, come impersonare il suo personaggio. Di volta in volta il ruolo entrava e usciva da lei, prima Altair, poi Vega, poteva essere la Via Lattea, un’altra stella, quella Deneb che le aveva indicato una volta il signor Hayami a Nara guardando il cielo estivo pieno di stelle. Quel ricordo accentuò la sua narrazione, lasciò che i suoi sentimenti trovassero libero sfogo nel racconto, nessuno poteva sapere, nessuno poteva immaginare cosa celasse realmente il suo cuore. I bimbi davanti a lei stavano tutti con il naso all’insù, le boccucce semi aperte per la meraviglia.

- È bravissima… - sussurrò Matsuda fissandola con occhi spalancati.

- È un genio - ribadì una voce accanto a lui. Il manager si girò di scatto e si alzò in piedi trattenendo il fiato.

- Signor Hayami! - lo salutò con un profondo inchino cercando di nascondere il giornale che teneva stretto in mano.

- Buongiorno, Matsuda - ricambiò Masumi tenendo lo sguardo fisso su Maya - Vedo che qui va tutto bene - aggiunse spostando gli occhi per un attimo su di lui. Non l’aveva mai vista recitare in quel modo. Era spontanea, la pantomima sembrava nascere dai suoi arti o dalle espressioni del suo volto che cambiavano con una rapidità sconcertante senza perdere la loro identità.

- Sì… Sì, certo, signor Hayami - si affrettò a confermare l’imbarazzato manager - La prima intervista e il primo servizio fotografico sono stati fatti - riportò, immaginando che volesse conoscere i progressi.

- Sì… - mormorò Masumi senza troppo interesse - Perché siete qui? - gli chiese stringendosi il cappotto addosso. Il vento che spirava dal mare attraverso il porto di Yokohama era freddo e pungente.

Il manager si guardò intorno spaesato, pensando al peggio. Forse aveva preso troppo alla lettera ciò che lui gli aveva detto quando gli aveva affidato quell’incarico?

- Non ci siamo mai sottratti agli impegni - spiegò subito - Ma la signorina Kitajima ha voluto visitare alcuni posti e sembra particolarmente affezionata a questo - concluse sperando di non beccarsi un aspro rimprovero.

Masumi rimase in silenzio, lo sguardo fisso sulla giovane donna che mimava la storia dell’amore eterno di Altair e Vega. Fece qualche passo avanti e si appoggiò ad uno dei tubolari che formavano un intricato gioco per arrampicarsi. Incrociò le braccia al petto e continuò a guardare la rappresentazione. Chissà cosa ne penserebbe il consiglio di amministrazione della Daito se la loro attrice più pagata venisse fotografata a raccontare favole ai ragazzini in un parco…

Maya era presa lei stessa dal racconto. La storia delle due stelle era sempre stata una delle sue preferite e avere la possibilità di farla conoscere ad altri bambini la riempiva di emozione. Aveva dimenticato quanto fosse appagante recitare per il puro gusto di farlo, ma quell’incanto finì quando, sollevando lo sguardo, incrociò gli occhi azzurri di Masumi Hayami. Che ci fa qui?

Si bloccò e i bambini, spaesati, si voltarono seguendo il suo sguardo.

- Vorrei sentire la fine della storia - le disse con un sorriso curioso. Maya arrossì, si rassettò il maglione che indossava sui jeans, annuì e tornò al racconto, fra le grida felici dei bambini.

Maya… non avrei mai dovuto venire qui… questo mio gesto egoistico potrebbe metterti in grave pericolo, ma l’abitudine ad averti nei miei teatri o alla Daito mi ha fatto sentire immensamente la tua mancanza…

Lei cercò di riprendere la storia, facendosi passare l’imbarazzo. Coraggio, Maya! Hai recitato davanti a lui moltissime volte! Una in più non farà differenza… Cancellò la sua presenza dallo spazio intorno a loro e si concentrò sui due protagonisti. La storia arrivò alla sua naturale conclusione, i bambini applaudirono entusiasti e Maya s’inchinò accogliendoli poi intorno a sé, festosi e urlanti.

- Grazie! Adesso devo andare… - si scusò, sollevando per un attimo lo sguardo verso di lui e trovando i suoi occhi attenti che la fissavano. I bimbi iniziarono a lamentarsi, alcuni si girarono verso Masumi Hayami e con la spontaneità innata lo supplicarono di lasciarla restare ancora, intuendo che l’ostacolo da superare fosse proprio quell’uomo col cappotto nero che era apparso all’improvviso.

- Noooo! Signore, la prego, un’altra favola, per favore! - pregò un bambino seguito in coro da altri.

- Per favore, signore! La lasci qui con noi! - insisté un altro.

Maya era circondata dai piccoli corpi che premevano contro di lei in modo affettuoso. L’espressione del signor Hayami era indecifrabile come al solito, teneva le braccia incrociate al petto e li guardava pensieroso. Qualcuno le tirò il maglione e quando Maya abbassò lo sguardo si accorse che era una bambina dalle manine grassottelle.

- È il tuo fidanzato? - le chiese senza alcuna malizia. Quella domanda generò un silenzio agghiacciante e tutti gli occhi si puntarono su di lei. Maya avvampò, ma rimase immobile, la testa chinata verso la bambina sperando di celare il suo imbarazzo.

- Lui è il mio capo - le rispose strizzandole un occhio e mettendole una mano sui capelli morbidi.

Masumi osservò la scena frenando i battiti del suo cuore. A quella domanda, lei aveva risposto con una frase semplice, senza alcun coinvolgimento. I bimbi invece, chiarito quel punto, tornarono all’attacco.

- Signor Capo, per favore, un altro racconto! - le lamentele si moltiplicarono finché un impercettibile cambiamento nell’espressione di quel volto severo fece esplodere i bimbi di gioia. Probabilmente erano così abituati a cercare le piccole modifiche nei volti dei genitori da accorgersi immediatamente che anche lui aveva capitolato.

- Maya! Maya! Un’altra storia! - gridò vittorioso il bambino che aveva iniziato tutto. Lei passò lo sguardo dal gruppetto indiavolato al suo ammiratore. Cosa ci avessero visto i bambini in quella faccia rigida era un vero mistero, però sembrava effettivamente concorde.

- Quella del samurai! - urlò un ragazzino.

- No! No! Quella della sirena e del principe! - si intromise la bambina che aveva fatto la domanda spintonando l’altro.

- La balena! La balena! - gridò un terzo. Maya passò lo sguardo felice su tutti, indecisa su cosa raccontare.

Masumi lasciò vagare lo sguardo sulla giovane donna che popolava i suoi sogni. Era rilassata, sulle guance c’era un rossore diffuso che accentuava la sua spontaneità e il sorriso che addolciva la sua espressione avrebbe potuto incantarlo per sempre. Sembra tornata a prima della Dea Scarlatta… era davvero sotto pressione… ero così impegnato a non guardarla da non rendermi conto di ciò che le stesse accadendo…

- Ho trovato! - esclamò Maya picchiando un pugno sul palmo aperto della mano e facendo sussultare tutti i bambini - Vi racconterò quella del bruco e della tartaruga! - un grido di esultanza spontanea la rincuorò. Sollevò timidamente lo sguardo verso di lui, ma lo trovò nella stessa esatta posizione. Avrebbe potuto farlo lui l’albero di susino…

Come sempre le accadeva quando interpretava una parte, non aveva valore quanto fosse importante quel ruolo, abbandonò se stessa e si dedicò ai due animaletti e alla loro storia di amicizia e coraggio.

Masumi ebbe modo di osservarla nella mezz’ora seguente senza temere che lei si accorgesse del suo sguardo prolungato né che qualche giornalista li fotografasse. Ora che era lì, non sapeva neppure lui cosa fare. Negli ultimi mesi l’aveva sempre avuta vicina: in teatro, alle prove, alla Daito, e non era stato necessario trovare una scusa per incontrarla come aveva fatto in passato. Quella settimana di distanza aveva riacceso la sua apprensione, nonostante i messaggi rincuoranti del manager Matsuda. Cosa si era aspettato? Che l’accogliesse a braccia aperte dopo che le aveva tolto Madama Butterfly? Maya non era una che dimenticava facilmente. Represse un sorriso e si lasciò avvolgere dalla fiaba che non conosceva.

Quando la fine della storia venne narrata, Maya ricevette uno scroscio di applausi, in cui erano compresi anche quelli di Matsuda che, ancora seduto sul muretto, non aveva osato raggiungere il Presidente poco più avanti. Quando gli era sbucato accanto, per poco non gli era venuto un infarto. Il primo quesito che gli era saltato in mente riguardava come avesse fatto a trovarli e il secondo perché fosse lì. Tutta l’azienda conosceva ormai la storia della “Dea Scarlatta” e del contratto che legava Maya Kitajima alla Daito Art Production. Non era la prima volta che quell’attrice veniva assunta, ma uno degli addetti stampa gli aveva riferito che anni prima era stato il signor Hayami in persona a stracciare il contratto, lasciandola andare per quella strada che l’avrebbe portata al successo nazionale e di nuovo sotto il suo controllo. Ciò di cui nessuno era a conoscenza era la verità nascosta dietro la finzione drammatica.

Non pensava che il suo Presidente fosse un bugiardo, ma era consapevole che gli affari celavano sempre il risvolto della medaglia, come le quinte dietro il palcoscenico, ed era indubbio che lui tenesse particolarmente a quella giovane attrice. Le segretarie in ufficio lo ritenevano all’unanimità un uomo affascinante, ma misogino, disinteressato alle donne e concentrato sul lavoro. Il matrimonio, imposto dal padre per fondere due società, aveva solo rafforzato quella visione di lui che i dipendenti avevano. Un conto era tutelare un investimento, un altro raggiungerli in quel posto lontano da tutto.

Le grida divertite dei bambini lo riscossero facendolo sorridere alla scena che gli si presentò davanti.

Maya stava cercando di non soccombere al loro entusiasmo, ma piano piano la ressa si diradò, le madri vennero a riprendere i figli fra pianti isterici e lamenti, e in breve lei si trovò libera da quel piacevole impedimento. Ora arriva la parte peggiore… Sospirò Maya e si preparò ad affrontarlo. Salutò l’ultimo bambino e s’incamminò verso di lui.

- Buonasera, signor Hayami - lo salutò per prima con un inchino - Grazie per avermi fatto terminare con loro -

- Buonasera, Maya - rispose lui scostandosi dal palo di ferro - I tuoi spettatori ti reclamavano - le confidò con un lieve sorriso che lei non riuscì a interpretare.

È ironico? Mi prende in giro?

- È accaduto qualcosa? Devo tornare a Tokyo? - gli chiese immediatamente dopo, sopendo la rabbia che era esplosa improvvisa.

Masumi rimase colpito dall’espressione contrita che cambiò il volto di lei. Sembrava aver dimenticato del tutto la perdita per “Madama Butterfly” ed essersi completamente ambientata nuovamente nel suo vecchio mondo.

- No - rispose seccamente - Ho visitato un vecchio teatro a Fujisawa - mentì cercando di giustificarsi. S’incamminò verso la balaustra che proteggeva dal mare e si appoggiò fissando l’orizzonte.

Maya corrugò la fronte, lanciò un’occhiata al manager Matsuda ancora seduto sul muretto e lo seguì. Aveva la sgradevole sensazione che Masumi Hayami la stesse controllando.

- L’intervista si è svolta senza intoppi? - le chiese, tanto per fare conversazione e smettere di pensare così intensamente al suo sorriso.

Maya sollevò lo sguardo verso il suo profilo. Era sicura che gliel’avesse chiesto perché ogni volta accadeva sempre qualcosa.

- Sì, è andato tutto bene - rispose piccata - E anche il servizio fotografico per la pubblicità - aggiunse ignorando il suo sguardo distaccato.

- Davvero? - chiese Masumi prima di riflettere alzando un sopracciglio e l’espressione di lei per poco lo fece scoppiare a ridere. Ogni volta che la coinvolgeva in qualcosa che non fosse uno spettacolo, la sua sbadataggine rischiava di mandare tutto in fumo.

- Sì, davvero, signor Hayami! - ribatté stringendo i pugni lungo i fianchi. Era incredibile come quei duplici sentimenti albergassero in lei: si irritava appena apriva bocca e allo stesso tempo si sarebbe perduta in quelle profondità azzurre che celavano un’inconfessata malinconia che aveva visto a tratti nel suo sguardo. Signor Hayami, è venuto a controllare la sua gallina dalle uovo d’oro? Oppure voleva vedere se il suo oscuro piano per allontanarmi dalle tensioni dei miei obblighi sta funzionando?

- Acquisterà quel teatro? - gli chiese sperando che non se ne andasse. Iniziava a farsi tardi e sarebbe sicuramente dovuto tornare a Tokyo da sua… Deglutì e spostò lo sguardo sul ferro rotondo della balaustra. Come sono meschina… non riesco neppure a pensarlo… eppure ora sono sposati…

- Eh? - si riscosse lui preso alla sprovvista - Sì, il teatro. Non lo so, devo valutare l’investimento - mentì di nuovo. Non c’era nessun teatro a Fujisawa, a sud di Yokohama, era andato lì solo per lei, sfidando i sospetti di Shiori e preparando già le rispose alle domande che lei gli avrebbe fatto.

- Pensa sempre così tanto? - gli chiese tornando a guardarlo. Doveva essere molto difficile ricoprire il suo ruolo e non immaginava neppure le abilità e lo sforzo necessari.

Masumi si girò verso di lei interdetto. I suoi occhi erano sinceri e non c’era alcuna malizia nella sua domanda. Come sempre è genuina...

- Sì - le rispose pacatamente - Negli affari serve cautela - mormorò, incantato da quello sguardo cristallino. Ormai la conosceva, ma nonostante tutto quella sua spontaneità lo catturava ancora. Avrebbe dovuto dirle tutta la verità quando si erano trovati sull’Astoria. In parte era riuscito a confessarle i suoi sentimenti, ma le cose erano precipitate improvvisamente quando erano scesi e aveva dovuto prendere una decisione.

Maya avvertì la tensione, i suoi occhi azzurri come il cielo avevano un’ombra malinconica e quell’insistenza nel guardarla la fece arrossire. Distolse lo sguardo e incrociò le mani dietro la schiena. Non m’importa del matrimonio! Non m’importa che sia il Presidente! Ora lui è qui e ci sono anche io...

- Le va di fare due passi? - domandò Maya, scacciando quell’insicurezza che le faceva tremare le gambe. Vide la sua espressione distendersi e stupirsi, poi un lieve cenno del capo la fece inspiegabilmente arrossire di nuovo. Quel profilo attraente cambiava di punto in bianco, era impossibile sapere cosa gli passasse per la testa.

- Sì - acconsentì Masumi senza riuscire ad aggiungere una parola in più. Era la prima volta che lei gli suggeriva di stare insieme, da quando l’aveva conosciuta era sempre stato lui a cercare la sua compagnia, che lei non gradiva affatto. Quell’abbraccio e quelle parole che avevano condiviso sul ponte della nave tormentavano ancora i suoi sogni e i suoi ricordi. Si era domandato a lungo come avesse potuto innamorarsi di lui, proprio lei che diceva di odiarlo, ma dopo ciò che le aveva detto il giorno seguente, lei era irrimediabilmente cambiata. Aveva tentato di cambiare le cose invitandola a Izu, ma Shiori gli aveva impedito di andarci. Avrà pensato che la sua prima impressione era stata quella giusta… che io non sono altro che un affarista senza scrupoli…

Maya gli dette le spalle e iniziò a camminare lentamente. Masumi si voltò verso il manager Matsuda. Non ebbe necessità di dire alcunché, l’uomo fece un lieve inchino e se ne andò.

   
 
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