Capitolo
IV
= caproni,
Incubi e cuori
infranti =
«…dopo avermi usata per fare quello che voleva si è allontanato da loro, e mi ha letteralmente scagliata nel bosco. Poi mi ha fatto cadere addosso il cristallo e se n’è andato, credo. O andata. Non so chi o cosa fosse perché, come vi dicevo, non l’ho visto».
Non era stato bello per Shu Yin
essere presa e utilizzata
come una marionetta assassina, e ancor meno raccontarlo a persone che
non
conosceva affatto o non avevano una grande opinione di lei, e che
dunque
probabilmente avrebbero avuto forti dubbi sul fatto che stesse dicendo
la
verità. L’unica cosa positiva era che, adesso che
era seduta e stava bevendo un
bicchiere di whisky, stava cominciando a riacquistare il contegno
perduto.
«e poi?» la
incalzò Nord «cosa è
successo?»
«poi è successo
che è tornata da me» disse seccamente Emily
Jane «ha farfugliato la stessa storiella, cui personalmente
non credo granché,
e infine mi ha trascinata qui. Ho avuto a stento il tempo di
rivestirmi».
“avreste dovuto venire qui
fin da subito” le fece notare
Sandy “ in questi giorni abbiamo temuto che aveste fatto una
brutta fine. Ero
preoccupato per te. Perché non vi siete fatte
vive?”
«perché non
ritenevo fosse il momento» ribatté la donna
«ed
evitate altre domande a riguardo, perché ora abbiamo altri
problemi causati
dalla serial killer in erba».
«Emily Jane, ti ripeto per
l’ennesima volta che non ho
ucciso Galaxia di mia volontà»
riaffermò Shu Yin «ma ormai non
m’interessa più
di tanto se tu non vuoi credermi.
Ti
sembrerà scortese quel che sto per dire, ma
l’opinione che hai su di me, su
chicchessia o su qualunque cosa, adesso non conta
più».
«perché, quando
mai la sua opinione ha contato qualcosa?»
sospirò Harlequin con un sorrisetto.
«Titus,
piantala!» lo rimproverò April.
«tu sei l’ultimo
che dovrebbe parlare, sei un povero
mentecatto che vive in una stupida nave volante!» disse Emily
Jane con fare
altezzoso.
«io un posto dove vivere ce
l’ho ancora, Emilia. Tu non hai
più neppure quello».
Fu solo grazie alla sua
agilità che Harlequin evitò di
prendere in pieno viso una saetta che, invece, andò a
colpire un tavolo ad una
certa distanza.
«l’unica cosa che
devi fare è chiudere quella maledetta
fogna che hai per bocca! Mi hai capita?!»
gridò la donna, infuriata.
«Emily Jane, evita di
danneggiare di nuovo il mio
locale!» inveì il Leprecauno «e tu fai
come ti dice
lei, Saturnali, perché non ha affatto torto! Dobbiamo
cercare di andare tutti
d’accordo, perché potremmo essere vicini a un
punto di svolta e/o a una
catastrofe».
«intanto possiamo stabilire
con certezza se Shu Yin ha detto
o meno la verità» disse Nightlight
«Aiko, cos’hai percepito a riguardo?»
Shu Yin si mise a osservare la
ragazza con le corna e le
orecchie da cervo, quella accanto al ragazzo con la pelle azzurrina che
aveva
appena parlato. A giudicare dalle parole che quest’ultimo le
aveva rivolto, uno
dei suoi poteri doveva essere percepire se si diceva la
verità o meno. Prese
mentalmente appunto: in quel caso l’avrebbe avvantaggiata, ma
in futuro forse
avrebbe dovuto stare attenta.
«è andata
proprio come ha detto» affermò Aiko.
«ah sì? Cosa ne
sai, sei una specie di macchina della verità
ambulante?» sbuffò Emily Jane, squadrando la
ragazza cervo da capo a piedi.
«sì,
semplificando molto potremmo dire così»
s’intromise
April «Emily Jane, per favore, cerca di calmarti un pochino.
Immagino che
questo non sia semplice, soprattutto se c’è gente
che parla a vanvera»
occhieggiò per un attimo il “fratello”
«ma prendersela col mondo intero non
serve affatto».
Inizialmente il tentativo di
rassicurazione di April non
fece altro che far innervosire Madre Natura ancor di più, ma
un ulteriore
sorso di liquore riuscì a farla ragionare almeno in parte:
aveva ragione,
prendersela con chicchessia non serviva proprio a niente, e se Shu Yin
aveva
detto la verità allora c’era veramente di che
preoccuparsi. Perché mai rapirla
e farle uccidere Galaxia? Cosa aveva cercato di
ottenere…beh, chicchessia,
agendo in quel modo? «se state ipotizzando che il colpevole
possa essere un
fantasma sbagliate, già ve lo dico. Possiedono le persone,
ma non le muovono
come marionette lasciandole coscienti».
«…e per i
fantasmi non è il giusto periodo
dell’anno!»
aggiunse la Befana -versione giovane e bella- procedendo verso il
gruppo a
grandi passi «ciao Emily Jane, ormai avevamo iniziato a
pensare che avessi
fatto una brutta fine, fortuna che invece…»
«non ho fatto una brutta
fine, ma se continui a blaterare
potresti farla tu» la avvertì la donna, con un
certo astio «non fare l’amicona
con me, non lo sei e non lo sei mai stata!»
«vedi Heike,
c’è persino gente più scortese di
te» commentò
la strega, rivolgendosi a Baba Yaga.
«è normale che
chiunque abbia la tentazione di mandarti al
diavolo, cara Bertha»
ribatté la
suddetta.
«mi chiamo Liesel!!!
Ficcatelo
in testa una buona volta!...ehm. Cos’è successo?
April, mi puoi aggiornare
rapidamente?...ecco, grazie. Beh, si direbbe che la pace sia finita, e
non solo
per l’aumento di persone che non sanno come rispondere a un
saluto in maniera
civile. Dubito che Calmoniglio prenderà bene la morte della
sua ex
fidanzata…era l’ex fidanzata, no?»
«sì»
confermò Nord.
«però non vedo
come questo potrebbe riguardare noi» disse
ingenuamente Dentolina «al massimo può credere che
sia stata lei ad
ucciderla» indicò Shu Yin con un
cenno del capo «il resto di noi non
c’entra».
«oh, quindi immagino che
dovremmo lavarcene le mani»
polemizzò Jack, avvicinandosi ai suoi colleghi
«difendiamo soltanto chi o
quello che ci fa comodo, dai! Tenere in vita l’Uomo Nero va
bene, proteggere
lei invece no!»
Se parlava così non era a
causa della presenza di Shu Yin:
sin da quando Galaxia gli aveva raccontato la storia della ribellione
sua e
degli altri, Jack aveva avuto di che pensare non solo sugli sbagli di
Manny, ma
anche sui criteri con cui i suoi colleghi sceglievano chi proteggere.
«non mettermi in bocca
parole che non ho detto, non era quel
che volevo proporre!» ribatté Dentolina, irritata
più di prima.
«Jack, ti ringrazio per il
sostegno, ma può darsi che non
sia una buona idea, lascia stare» disse Shu Yin.
«non è per te
che parlo così» chiarì il Guardiano
«quindi
non lascio stare affatto».
«e invece fai proprio
meglio a lasciar perdere, ragazzino,
perché non è il momento giusto per dire a tutti
le tue paturnie» disse
“gentilmente” Madre Natura «…e
comunque per tenere in vita l’Uomo Nero è un
po’tardi» borbottò quasi tra
sé e sé.
«purtroppo ti
sbagli» disse il Leprecauno col solito
“tatto”
«Pitch è in questa locanda, vivo e vegeto, e se la
passa abbastanza bene» ogni
tanto mandava su dei camerieri, per un motivo o per l’altro:
aveva detto ad
Hallows di non fare puttanate, e lei aveva risposto “occhei”, ma conoscendola era
meglio sincerarsi che rigasse dritto
sul serio. Non era stato felice di lasciare che Pitch stesse con lei
nella
suite, ma Eve si era offerta volontaria per ospitarlo, e nessun altro
aveva
dimostrato una gran voglia di farlo al posto suo.
«v-vivo?...»
Madre Natura sgranò gli occhi, attonita. Suo
padre non era morto, era vivo!
«perdonami la
maleducazione, ma sono molto più dispiaciuta
di non averti lasciata sola nel tuo regno distrutto a morire per mano
dei miei
simili!» ribatté la ragazza,
“leggermente” esasperata.
Emily Jane era già pronta
a risponderle a tono, ma sentì
qualcosa tirare l’orlo della sua lunga gonna.
«beee-eh».
Precisamente un grosso caprone di
montagna spuntato fuori da
chissà dove, che si stava divertendo a mangiucchiare la
stoffa.
Alcuni pensarono che la capra sarebbe
diventata carne
arrosto, ma Emily Jane si limitò a passarsi una mano sul
volto e sospirare
nervosamente. «ecco, mancava giusto lui»
borbottò.
Il Leprecauno
all’improvviso scavalcò il bancone con un
salto e, senza pensarci due volte, assestò
all’animale un colpo in testa col
bastone da passeggio. «Finnan
Goldhunter!!! Non ti fai sentire da due settimane, e ti metti
a fare il
cretino appena arrivi?!»
Sotto gli occhi increduli di Jack
Frost, che non lo
conosceva affatto, il caprone divenne un ragazzo dai capelli rossi, che
si
lamentava massaggiandosi la testa dolorante.
«ma una volta non si
salutava con un “ciao”,
papà?!» si
lagnò «salve a tutti».
«ciao, Finn» lo
salutò Nord per primo.
“no, aspetta: ha veramente
detto ‘papà’?!”
pensò il
Guardiano, stupito.
Non aveva idea che Diarmid avesse un
figlio, ma se anche
l’avesse saputo si sarebbe immaginato un altro folletto basso
e con le orecchie
a punta, non una specie di atleta dai grandi occhi verde oliva.
Notò che
nessuno dei suoi colleghi sembrava stupito -in quella stanza lo erano
soltanto
lui e Shu Yin, anche se lei non lo dimostrava- quindi dovevano esserne
a
conoscenza.
«lo so che mi sono fatto
sentire poco, papà, ma non è colpa
mia, ho avuto da fare diverse cose. Tra le altre, ho aiutato la zia
Tilde con
l’infestazione di gremlins, poi si è fatto sentire
lo zio Tremoty che ha
chiesto una mano in negozio…»
A sentire quel nome, ogni pelo che il
Leprecauno aveva sul
corpo scattò sull’attenti, perché considerava suo cugino
Rumpelstiltskin Goldhunter -detto
altresì
Tremotino- come la pecora nera
di tutto il clan, sempre pronto a truffare la gente. C’era
solo da sperare che
Finnan si fosse fatto pagare in oro, e non col solito ciarpame: non
voleva
trovarsi di nuovo ad avere a che
fare
con un paio di pantofole maledette che andavano in giro a mordere il
personale.
«spero che tu non sia tornato solo per portare altre grane.
Presentazione
rapida dei pochi che non conosci: Aiko, la figlia dello
Shishigami» lo indicò
col bastone da passeggio «Jack Frost, sai chi
è» disse poi «e Shu Yin…ecco,
e
ti pareva» borbottò.
Appena aveva posato gli occhi su Shu
Yin, Finnan le si era
avvicinato e l’aveva salutata con un baciamano assolutamente
impeccabile. Non
sorrise, ma la guardò dritto negli occhi con una certa
intensità. «sono molto
felice di conoscerti».
«altrettanto»
replicò gentilmente la ragazza.
Le orecchie di Aiko fremettero,
percependo forte e chiaro
che Shu Yin mentiva. Per qualche motivo, il figlio del Leprecauno
-Nightlight e
Manny gliene avevano accennato, in quei giorni- non le aveva fatto una
buona
impressione, ed era inquietante come desse facilmente a vedere tutto il
contrario.
«salve anche a voi
due» disse poi Finnan, rivolto a Jack e
Aiko «avrei voluto conoscervi di
persona
in un momento migliore, ma purtroppo dobbiamo accontentarci».
«quanto sai di tutta
faccenda?» gli chiese Nord.
«tutto. Ero da zio
Valentine fino a poco fa, e lui viene
aggiornato su tutto in tempo reale» disse, indicando alcuni
cherubini con un
cenno del capo «non siamo messi affatto bene, e infatti sono
tornato per
aiutare…ovviamente per quel che posso! Ah, lo zio vi manda a
dire che Atticus è
vivo e vegeto: avrebbe voluto dirvelo prima, ma sapete
com’è Cupido, è
sempre…ehm…molto impegnato»
disse,
poi guardò Shu Yin con un sorriso indecifrabile
«tenendo in considerazione
soltanto gli omicidi, la tua fedina penale è candida come un
giglio».
Shu Yin non rispose, ma quelle parole
non fecero che
aumentare la sua circospezione. Non le era piaciuto il modo in cui quel
perfetto sconosciuto l’aveva salutata -secondo lei
era solo una sceneggiata, fatta
milioni di volte a milioni di donne- e le aveva ricordato un
po’
l’atteggiamento di Atticus, nonché tutto
ciò che era correlato a lui. Nulla di
positivo, insomma, ma che il perfetto sconosciuto avesse dichiarato di
essere
felice di conoscerla pur sapendo benissimo tutto quel che aveva fatto
era
strano. Si sentiva sollevata solo perché non aveva
più Atticus sulla
coscienza, cosa che le aveva tolto un grosso peso: come detto
più volte, quella presa giorni prima non era stata affatto
una decisione facile.
«siamo sempre felici di
ricevere un aiuto in più» disse
Nightlight «per cui ti ringrazio anche a nome del mio
signore, che non se l’è
sentita di abbandonare l’infermeria».
«e
figurati!»
Madre Natura alzò gli occhi al soffitto «eppure
ormai dovrebbe essere più o
meno a posto a livello fisico, sbaglio?»
«è spossato e
psicologicamente molto provato, per cui se non
se la sente di fare qualcosa non la farà. Non
c’è molto di cui discutere, mia
signora» ribatté il guerriero.
«anche rispondere a una
semplice domanda è troppo, per il povero principe
Lunanoff» borbottò Jack.
«Jack, dai, non
ricominciare con questa cosa! Manny ti
risponderà a tempo debito, ora c’è
tanto altro di cui occuparci!» gli ricordò
Babbo Natale «Befana ha ragione, Calmoniglio non
prenderà bene morte
di Galaxia, e non vorrei che
nostri avversari pensano di sfruttare questa cosa in qualche
modo!»
«Galaxia è morta
mentre era a Burgess per rapire una bambina!»
ribatté Dentolina
«non può passare sopra anche a questo!»
“se io fossi al posto suo,
e Sandelle fosse stata al posto
di Galaxia, mi dispiacerebbe sapere perché era andata
lì” si fece capire Sandy
“ma forse ci rifletterei solo dopo averla
vendicata”.
«per quanto ne sanno i
nostri avversari, Shu Yin potrebbe
essere sempre stata qui con noi» aggiunse Harlequin
«se aggiungiamo a questo i
corvi di Baba Yaga, potrebbero pensare che l’abbiamo mandata
lì di proposito
proprio a fare quel che ha fatto».
«sarebbe
assurdo!» esclamò Nightlight «se
avessimo mandato
lì qualcuno sarebbe stato per impedir loro di rapire la
bambina, non per
uccidere Galaxia e poi andare via!»
«hai ragione, ma vaglielo a
spiegare» commentò la Befana
«sentite, ma di questa cosa non dovremmo parlare anche
a…» diede una breve
occhiata a Madre Natura «insomma, ci siamo capiti?»
I Guardiani, Shu Yin, Aiko e
Nightlight notarono le
espressioni di alcuni degli altri spiriti diventare imbarazzate, come
nel caso
di Finnan, divertite come per Harlequin, o semplicemente cupe.
Lì c’era sotto
qualcosa che riguardava Emily Jane, senza dubbio, ma non avevano idea
di cosa
si trattasse.
«oh, basta!»
sbottò il Leprecauno «tanto prima o poi
verrebbe a saperlo, e quella disgraziata di Sam Hain non merita di
essere
protetta. È qui anche lei, Emily Jane, nella sua suite.
Insieme a tuo padre.
Ecco, l’ho detto».
«hai un tatto eccezionale,
papà, complimenti!» esclamò
Finnan, avvicinandosi a Madre Natura, che si
era alzata in volo a qualche centimetro da terra. «Emily,
capisco che sei
arrabbiata, hai dei validissimi motivi per
esserlo…»
Dentolina non capiva
perché, ma Emily Jane era qualcosa peggio che
“arrabbiata”, tanto che la temperatura
della stanza era crollata giù
a picco, una grossa lastra di ghiaccio aveva ricoperto il bancone e dei
piccoli
fiocchi di neve stavano cadendo addosso a tutti quanti. Era strana
anche
la
confidenza con cui Finnan le si rivolgeva, a dirla tutta, ma non era
meno bizzarro del fatto che lei conoscesse Diarmid, i Saturnali e tutta
la
compagnia.
«...ma in fin dei conti
ormai
sono passati quasi tre anni, e
abbiamo molte altre questioni in ballo» le ricordò
Finnan «quindi non sarebbe il caso di
metterci
una pietra sopra?»
«sono passati ventisette
mesi» ribatté Madre Natura, con voce glaciale
«e la pietra in questione finirà sopra
di lei. Togliti di torno».
Non disse un’altra parola,
ma raggiunse la scalinata che
conduceva al piano superiore e la imboccò, con
l’aria di chi era pronto a
commettere un omicidio particolarmente violento.
«io non capisco bene cosa
sta succedendo» ammise Nord,
allibito «qualcuno ci spiega? Cosa ha fatto Hallows a Madre
Natura?»
«è una lunga
storia» disse April «lascia perdere».
«ci mancava solo una Madre
Natura ancor più irritabile del
solito» sospirò Dentolina, mentre gli altri
spiriti iniziavano a parlare e
discutere tra loro. Guardò Jack, che sembrava avere voglia
di parlarle senza
riuscirci, e nonostante il nervosismo decise di fare metaforicamente un
passo
verso di lui. «mi vuoi dire qualcosa?»
«non so come dovrei
sentirmi pensando che Atticus sia vivo»
confessò il ragazzo, sorprendendola un po’
«ha fatto del male a entrambi,
probabilmente cinque giorni fa ci avrebbe uccisi tutti e lo detesto per
quel
che ci ha fatto, ma non mi piaceva pensare che Shu Yin
l’avesse ucciso».
«allora siamo in
due» ammise Dentolina «ma in fin dei conti
desiderare che fosse morto non sarebbe stato degno della carica che
ricopriamo:
siamo Guardiani, non possiamo permetterci certe cose, e poi non portano
a nulla
di buono. Io l’ho desiderato con Millaray, e la sola cosa che
ho ottenuto è
stata farmi svuotare addosso il caricatore di una pistola».
«ci sono diverse cose che
secondo me non vanno sul nostro ruolo e sul
modo in cui dovremmo agire o non agire, ma su questo concordo con
te» disse
Jack.
Finnan intanto si avvicinò
al bancone. «ehi, pa’!»
esclamò
rivolto al Leprecauno, mostrandogli un orologio da taschino
dall’aria antica
«lo zio Tremoty mi ha dato questo!»
Il folletto glielo strappò
letteralmente di mano. «allora
finirà dritto
nella caldaia, o in fondo
a qualche abisso. Immagino sia il tuo pagamento».
Quel ragazzo era un caso disperato.
Aveva sempre cercato di
inculcargli una sana passione per oro e lavoro, ma non ci era riuscito
molto
bene. Se gli si dava da fare qualcosa, lui lo faceva bene e senza
lamentarsi, ma niente di più: preferiva andare in giro a
collezionare oggetti
strani e donne, e non faticava a trovare né gli uni
né le altre. Per quanto
riguardava l’oro, a Finnan interessava solo spenderlo: non
gli mancava mai,
perché gli bastava chiederlo a “zio”
Valentine, il quale volendo era in grado
di far diventare d’oro massiccio qualunque cosa, o a
“zia” Sam, che se lo
procurava vattelapesca come.
«sì,
è proprio quello, ma non importa. Ebbene» si
avvicinò
nuovamente a Shu Yin «cosa ne dici? Questo è senza
dubbio un gruppo composto da
persone piene di attriti l’una con l’altra. I
Guardiani con te e tra di loro,
Pitch con tutti, Nightlight con zia Sam -o Eve, come si chiama ora-,
Emily un
po’con mezzo esercito, i Saturnali tra di loro, Befana e Baba
Yaga un po’lo
stesso…avrebbe fatto la gioia di qualche reality show,
immagino. Sai cos’è un
reality show?»
Nessuno degli attriti da lui citati
era sfuggito a Shu Yin,
che si era messa a studiare il gruppo appena si era calmata un
po’, ma era
curioso che Finnan fosse venuto a parlarne proprio con lei, e non era
sicura di
essere felice di quei tentativi di approccio. Peccato che fosse
costretta a
fare buon viso a cattivo gioco, perché lì dentro
non aveva molti amici.
Ovviamente non poteva più fingersi una povera idiota, ma
poteva tentare altre
strade. «sì, so
cos’è» entrambe le volte in cui era
stata a Santa Monica ne
aveva visti alcuni «può darsi che però
non sia una buona premessa per vincere,
o almeno restare vivi».
Finnan fece una breve e bassa risata.
«se mai andasse male
spero di capitare in una parte di Annwn che conosco. L’Annwn
è dove stanno i
morti, per intenderci» aggiunse a beneficio di Shu Yin
«zia Sam mi ci ha portato
diverse volte».
«sei stato nel mondo dei
morti? Com’è fatto?» Shu Yin doveva
ammettere a malincuore che era un’informazione interessante.
Considerando tutto
quel che era successo, era naturale che ogni tanto si chiedesse cosa ci
fosse
dopo la morte.
«dipende in quale parte
vai».
Shu Yin attese un’ulteriore
delucidazione, ma non arrivò.
«non c’è altro che potresti
dirmi?» gli chiese.
«sì, certo che
c’è» annuì il ragazzo.
Ancora una volta però non
aggiunse altro. Shu Yin dubitava
che si trattasse di timidezza o simili, e iniziò a pensare
che fosse
semplicemente un modo per indurla a parlargli; in virtù di
“buon viso a cattivo
gioco”, decise di fingere di esserci cascata. «e tu
potresti parlarmene, per
favore?»
Finnan divenne pensieroso.
«Annwn è un non-luogo con un
non-tempo» disse qualche istante dopo
«ciò però non significa che non
c’è
nulla, anzi, è il
contrario…c’è proprio di
tutto!»
«tutti i luoghi e tutte le
epoche possibili? Non riesco a
immaginare una cosa del genere» ammise la ragazza
«né a capire come possa
funzionare».
«l’Annwn
è come zia Sam, non è fatto per essere capito. A
proposito, è meglio che vada a verificare che Emily Jane non
abbia ucciso lei
e/o l’Uomo Nero. Ne dubito, ma sai
com’è…»
Non concluse la frase, ma fece mezzo
giro su se stesso e si
trasformò in una piccola rondine, che imboccò
velocemente la scalinata presa da
Madre Natura. Aveva troncato il discorso proprio quando si era fatto
interessante! Che fosse anch’essa una strategia?...
«diabhal,
non so
se essere o meno felice del ritorno di quel benedetto
ragazzo» sospirò il
Leprecauno «non solo per i rischi che correremo, ma
perché serve che le nife
siano pronte a combattere, e guardale un po’…sono
lì a sospirare dietro una rondine».
Shu Yin osservò le
suddette ninfe, e non poté che dargli
ragione. «può darsi che Finnan non fatichi a
piacere alle ragazze».
«anche senza
“può darsi”»
ribatté Diarmid «ascoltami, ci
terrei a dirti un paio di cose. Hai fatto la cosa giusta a cercare di
eliminare
un pericolo pubblico come Black, e credo di parlare a nome di molti dei
presenti. Tatticamente parlando è stato giusto anche colpire
Atticus, secondo
la mia modesta opinione».
«non sono un serial killer
in erba. Non lo sono, anche se
forse pensate il contrario».
«lo pensano meno persone di
quanto tu creda» la contraddisse
«non devi più avere a che fare soltanto con Uomo
Nero e Guardiani. Qui non
devono essere per forza tutti tuoi nemici, a meno che sia tu a indurli ad esserlo».
Della serie “più
chiaro di così si muore”, e Shu Yin doveva
ammettere che non se l’aspettava. Ora tutto stava a vedere se
quanto c’era di
vero in quelle frasi. «anche i miei simili mi avevano offerto
un posto tra
loro, ma-»
«io non ti offro proprio
niente, ragazza! Se desideri un
“posto” dovrai guadagnartelo. Mi hanno
detto che sei abbastanza sveglia, quindi sai che a questo mondo nulla
è gratis,
tantomeno la fiducia. Ho solo detto che non partiamo prevenuti. Ci
siamo
intesi?»
Non “intendere”
era impossibile. «perfettamente, Goldhunter xiansheng».
«per l’amor di
Dio, dammi del “tu” e non farla tanto
lunga!»
«ehi Shu!»
s’intromise Harlequin «vuoi vedere una foto
dell’animale più raro della galassia? Il Pitchione
Infamis! No, è che la qui presente Liesel aveva
trasformato “per errore”
-così asserisce!- l’Uomo
Patetico in un piccione con la testa da Pitch, ovviamente proporzionata
al
corpo» disse tutto d’un fiato
«…se te lo stai chiedendo, sì,
è il mio “ciao”».
«è
un saluto
piuttosto interessante» osservò la ragazza.
«e
così sei
la nuova amica adorata di Emilia, eh?» Saturnali
ridacchiò «non farci caso,
detesta tutti da sempre. Spero solo che non carbonizzi Hallows
più del dovuto!»
“auguro
a quest’uomo di vivere in
eterno, fin quando diventerà l’ombra di se stesso
e anche oltre”.
Sentì quel
sussurro antico, riaprì di botto gli occhi e
indietreggiò di
fronte alla sagoma filiforme di una donna dai capelli scuri e gli occhi
blu,
che lo guardava con aria impassibile.
“pensavi davvero
di cavartela con così poco? Povero stupido. Non hai ancora
finito di pagare”.
Pitch la conosceva. Era Spear, la
sorella di sua moglie, un fantasma di un’era
conclusa ormai da millecinquecento anni. “vai via, dannata
strega! Mi hai
sempre detestato, ma ora tu sei carne morta da un pezzo, mentre io sono
ancora
vivo!” ringhiò , protendendo un braccio
-ora
grigio chiaro- in avanti per
colpirla. Non accadde nulla. Non aveva più
l’oscurità, giusto: era riuscito a
perdere anche quella.
“hai rovinato la
vita della mamma, e anche la mia!”
Si voltò
rapidamente a destra, e vide una Emily Jane bambina che lo
guardava con lo stesso disprezzo della sua versione adulta. Fu una
visione
sconvolgente, tanto che le si avvicinò tremando leggermente.
“non dire così,
non è stata colpa mia, io non avrei mai voluto-”
“seguro…non
è mai colpa tua…vero?!”
anche Millaray, quella di
quattro secoli prima, si fece avanti, tumefatta e vacillante
“guarda lo que mi hai
fatto! Yo mi fidavo di te, y tu mi hai distrutta Pitch! DISTRUTTA!!!”
“no…”
Black chiuse di nuovo gli occhi e indietreggiò ancora,
tappandosi
anche le orecchie con le mani: non voleva vedere più nulla,
non voleva sentire
più nulla. “no, basta,
andate via!
Lasciatemi in pace!!!”
Sbatté contro
qualcosa, il che lo portò a voltarsi e riaprire le palpebre.
Erano Pooka, anzi, cadaveri
di Pooka che si ostinavano a stare in piedi e
muoversi verso di lui, perdendo brandelli di carne in necrosi o interi
arti.
Quelli che ancora avevano gli occhi lo guardavano con odio, o
piangevano
esternando il loro profondissimo dolore.
“tu ci hai
uccisi…ci hai uccisi tutti…”
“cosa ti avevamo
fatto?”
“perché?
Che colpa avevamo noi?”
“statemi
lontani, conigli troppo
cresciuti!” urlò l’Uomo Nero.
I Pooka scomparvero, ma il
sollievo non durò. Al loro posto comparvero dei
bambini, tanti, tanti bambini. Un
esercito infinito di creature esili con grandi occhi spiritati, tutte
piangenti
o arrabbiate.
“tu eri tra le
persone che avrebbero dovuto proteggerci, perché ci hai
fatto del male?”
“perché?”
“perché?...”
“perché?...”
Ad ogni ripetizione
quell’esercito di bambini si deformava, la pelle e i
muscoli liquefatti scivolavano via dai loro piccoli corpi, lasciando
solo ossa
nerastre che si contrassero e si dissolsero fino a diventare delle
piccole
ombre con dita lunghe e affilate: Fearlings veri e propri.
“vi ha fatto del
male perché lui sa fare solo questo. Ti ho creduto un
supereroe per anni!” fu nuovamente Emily Jane a farsi avanti,
stavolta adulta
“dov’eri mentre casa nostra veniva attaccata?!
Dov’eri mentre mamma moriva, dove?!
Tu dovevi proteggerci!!!”
“mi
hanno ingannato!” gridò,
mentre la sua pelle tornava ad essere di nuovo rosa, e lui ad essere
l’uomo di
un tempo. “mi hanno fatto allontanare apposta, è
stato proprio per proteggervi
che sono andato lì, era tutto un complotto!”
“…e
dopo mi hai abbandonata!”
“io
pensavo che fossi morta!!!”
urlò lui.
“io gli avevo
detto più volte che sarebbe stato la rovina tua e di tua
madre, ma non mi ha voluta ascoltare. Vieni con me, Emily
Jane” la invitò
Spear, tendendole una mano “andiamocene via
insieme, dimenticati di lui”.
“forse hai
ragione, zia, devo venire con te e lasciarlo perdere”
concordò
Emily Jane, allungando una mano in direzione di Spear «non ha
mai fatto niente
di buono per me, non comincerà ora”.
“non
farlo! Emily Jane, sei
tutto quel che mi è rimasto, non lasciarmi anche tu. Io sono
ancora qui!” corse
verso di lei, si inginocchiò e prese le mani della figlia
tra le sue “sono
ancora qui, mi vedi?!”
“lasciami!
Hai cercato di
sostituirmi, mi hai attaccata, mi hai preso i poteri…a me!” esclamò lei,
liberando le mani dalla sua presa “io
sono tua figlia, e mi hai fatto
questo!”
“non sono stato io
a farlo, è stato…n-no!...”
ammutolì, notando che le proprie mani erano tornate ad
essere nuovamente di
quel colore grigio insano.
“siempre
a negare, mi
raccomando. Capisci porque non ho
voluto più saperne di te y porque voglio
farti fuori?” tornò a
farsi sentire Millaray…anzi, Cecilia Del Sol: non era
più malridotta, ma sana e
forte come l’aveva vista l’ultima volta.
“Millaray, io ti
amavo davvero, non avrei mai voluto che finisse
così!”
esclamò Pitch, senza rialzarsi da terra.
“era un amore
imposto, y malato como
da millecinquecento años
lo sei tu. Capisci porque ho
sposato un altro uomo?”
Si sentirono dei passi in
lontananza, scanditi dal clangore metallico che
avrebbe potuto fare qualcuno con indosso un’armatura.
“è
senza dubbio peggiorato, ma credimi, non aveva grandi attrattive
neppure prima. Senza offesa, Kozmotis. Koz.
Pitchiner. Lord Pitch. Aiutami: come ti chiami ora?”
Sentendo quella voce, Pitch
cercò di rialzarsi più rapidamente possibile,
e ringhiò esattamente come una belva feroce
all’indirizzo della nuova arrivata.
“se non altro mi sono tolto la soddisfazione di uccidere la
tua schifosa
famiglia e tutti quelli che vi hanno dato una mano a
rovinarmi!”
Alta almeno un metro e
novanta, lunghi capelli nero/blu raccolti in una
coda e vestita con l’armatura da Alto Generale delle
Galassie: anche
l’arciduchessa Nahema Aldebaran era proprio come
l’aveva vista l’ultima volta.
“ti avremmo
lasciato tutti in pace, se invece del generale avessi scelto
di fare il cameriere”.
“vai
al diavolo!!! Hai distrutto
la mia vita e quella di un’infinità di persone
soltanto perché volevi il regno!
Tu e i tuoi alleati eravate la vergogna della Golden Age, mi hai
sentito?!”
“non ho ucciso io
tutte quelle persone, Pitch, sei stato tu ”
replicò Nahema, con
grande
calma “e quanto al resto…‘La Golden Age,
dove ogni sogno diventava possibile e
le nobili famiglie delle Costellazioni erano tutte buone e
carine’! È così che
siamo passati alla storia”.
“una
storia incompleta!” urlò
lui.
Nahema sorrise.
“forse. Ma lo sai soltanto tu”.
Pitch le si
avventò contro gridando di rabbia, ma Nahema scomparve.
“tanto sei morta da un pezzo,
bastarda!”
“come me, del
resto”.
All’inizio Pitch
si irrigidì, sgranando gli occhi. Naturalmente aveva
riconosciuto la voce di sua moglie, e avrebbe tanto voluto voltarsi, ma
non ne fu in
grado:
iniziare a piangere fu tutto ciò che riuscì a
fare.
“Kozmotis, non mi
guardi? Capisco che adesso c’è un’altra
al posto mio, ma
non mi concedi nemmeno questo?”
“non
c’è un’altra, Aleha”
mormorò lui “sei l’unica e lo sarai
sempre,
anche dopo tutti questi secoli”.
“hai detto di
amare la donna che prima era qui”.
“non quanto
te” affermò Pitch, dopo un breve momento di
silenzio “mai
quanto te”.
“allora
perché non ti volti e mi abbracci?”
Non resistette oltre: voleva
rivederla, voleva perdersi di nuovo in quei
bellissimi occhi blu e stringerla tra le braccia, quindi le
obbedì .
Nell’istante in
cui lo fece, una lama dura e fredda si conficcò dritta nel
suo ventre.
“non crederai
davvero che qualcuno possa volerti bene così come sei, Black
xiansheng”.
Era Shu Yin che lo aveva
infilzato con una lunga lancia, ma Aleha era
vicina a lei, e non stava facendo proprio nulla per fermarla.
“uccidilo, Shu
Yin. È il minimo, dopo quel che ha fatto!”
esclamò Aleha,
iniziando a decomporsi rapidamente. I suoi lunghi capelli neri e ramati
caddero
a terra ciocca dopo ciocca, e la sua mandibola si staccò per
metà,
ballonzolando in maniera oscena ogni volta che veniva mossa.
“n-no…no!
Aleha, fermala, ti prego!”
“ammazzalo!
AMMAZZALO!!!”
«Pitch!»
«no…»
«dàichealachd,
svegliati!»
«NO!!!...»
Aprì gli occhi di colpo, e
per un attimo non riuscì a capire
dove si trovava, ancora troppo confuso e spaventato
dall’incubo appena avuto.
Solo in seguito, mentre inalava
disperatamente aria con
respiri corti e affannosi, si rese conto che non era più in
quel posto buio e
pieno di demoni, sua moglie e Shu Yin non c’erano, e
tantomeno aveva una lancia
conficcata nel ventre. Era nella suite di Eve Hallows, precisamente in
una
delle vasche idromassaggio, e stava guardando le repliche di
“Dallas” in tv.
Doveva essersi addormentato, e poi…
«non pensavo che
l’Uomo Nero potesse avere incubi».
Se Hallows era preoccupata per lui,
lo stava nascondendo
molto bene. Sembrava soltanto incuriosita, ma neppure troppo.
«n-non era un incubo. Non
era niente» dichiarò Pitch,
stringendo i pugni nel tentativo di nascondere il tremore
«sto bene».
Eve non replicò, ma prese
una bottiglia di whisky lì vicina
e versò un po’di liquore in un bicchiere, che gli
porse senza tante cerimonie.
«occhei, però
bevi. Vibri peggio del
giochetto che ho nel cassetto del comodino».
L’Uomo Nero le diede
un’occhiataccia ed esitò un po’, ma poi
afferrò il bicchiere e bevve il contenuto tutto
d’un fiato, ripromettendosi di
non addormentarsi fino a quando non avesse recuperato i propri poteri.
Da quando era successo quel disastro
al Polo Nord, gli erano
tornati in mente dettagli della sua vita precedente che non aveva
ricordato
fino a quel momento. Erano seicentosettantanove anni precisi che
ricordava
circa il novanta per cento della sua vita come Kozmotis Pitchiner, ma
in quei
cinque giorni era passato almeno al novantotto per cento, e
probabilmente le
cose erano destinate a progredire ancora.
Purtroppo.
«cosa c’era nel
tuo non-incubo?» gli chiese Eve, seduta sul
bordo della vasca.
«persone vive. Persone
morte. Nulla che ti riguardi,
comunque» borbottò.
«puoi stare tranquillo sul
fatto che i vivi difficilmente
verranno a romperti le scatole qui, e i morti men che meno. In questo
periodo
dell’anno stanno tutti dove devono stare, te
l’assicuro».
Già, chi poteva saperlo
meglio di lei?
Non conoscendola affatto, Pitch aveva
creduto che quello
spirito di Halloween lavorasse soltanto la notte del trentuno ottobre,
e che il
suo compito consistesse nel portare ai bambini delle zucche intagliate
e dolci
che, per la “gioia” di Dentolina, facessero cariare
loro i denti: amenità,
sciocchezzuole di nessunissima importanza, insomma. Invece no. Doveva
ammettere
che rispedire nel Mondo degli Spiriti -Annwn, lo chiamava Eve- fantasmi
che a
volte tentavano di prendere possesso dei più potenti uomini
al mondo, di solito
solo per scatenare guerre apocalittiche con stragi e disastri
altrettanto
pesanti, era tutt’altra cosa; inoltre, farlo da soli e muniti
soltanto di una
claymore -l’unica cosa che funzionasse sugli ectoplasmi- non
facilitava il
compito. Erano missioni che iniziavano il trentuno ottobre e potevano
durare
pochi giorni, se andava bene, o fin oltre metà novembre se
gli evasi erano
particolarmente “abili e bastardi” -parole sue.
«sembravano tutti molto
reali, alcuni più di altri. Sei
sicura al cento per cento di non essertene lasciata sfuggire
qualcuno?»
«certo, Pitchione, so fare
il mio lavoro».
«quante volte devo dirti di
non chiamarmi così?! Giuro che
se tirerai fuori nuovamente quel soprannome ti annegherò in
questa stessa
vasca, e bada che non sto scherzando!»
«al momento la vedo
difficile, sei troppo spompato. Ti servirebbe
un’iniezione di paura, magari non la
tua…»
«non sono spaventato,
mettitelo bene in testa!» sbottò
Pitch.
«fai bene a non esserlo,
finché sei qui sei al sicuro».
Sì, nessuno era venuto a
seccarlo da quando era lì, e Eve se
n’era stata molto per i fatti propri, tanto che a volte era
stato lui a
cercarla per un po’di compagnia, ma insieme a lei
l’Uomo Nero non si sentiva
poi così tanto “al sicuro”. Non si era
mai mostrata guardinga nei suoi
confronti ma, allo stesso tempo, sembrava protetta emotivamente e
psicologicamente da un muro invalicabile. Avevano chiacchierato, a
volte anche
a lungo, ed era stato edotto approfonditamente sull’argomento
“tutto ciò che
riguarda Nightlight prima, durante e dopo il sesso” -cosa di
cui avrebbe fatto
volentieri a meno!- oltre ad aver saputo qualcosa del lavoro che Eve
faceva, ma
niente di più.
Hallows sembrava non tenere a nulla,
non aver paura di
nulla, e neppure desiderare alcunché: non riusciva a vedere
debolezze in lei,
se non sul piano puramente fisico, e non era l’ideale per
qualcuno che aveva
imparato a lavorare molto di strategie e giochetti mentali.
La domanda da un milione di dollari
però era un’altra:
perché lo stava aiutando -a modo suo- e lo voleva vivo?
Ovviamente era meglio
così, ma detestava quell’incertezza, e ancor di
più che ogni suo tentativo
d’indagare fosse caduto miseramente nel vuoto,
perché Eve non diceva niente che
non volesse dire.
«tu dici che sono al
sicuro, ma io mi domando quanto
durerà».
«pensi che io abbia un
secondo fine?»
«certo che sì,
nessuno sano di mente aiuterebbe un “nemico
pubblico” se non volesse ottenere qualcosa di
preciso!» ribatté l’Uomo Nero
«se
no guardami in faccia e dimmi che sbaglio a pensare che ci sia sotto
qualcosa!»
Si guardarono in silenzio per quasi
un minuto, ma Pitch ebbe
l’impressione di essere il solo dei due a sentirsi agitato.
«non hai tutti i torti, in
effetti qualcosa sotto c’è»
ammise infine Eve.
«ossia?! Parla!»
le intimò l’uomo, proteso verso di lei.
«c’è
il pavimento, il piano terra dove c’è
l’ingresso, le
sale dove si gioca d’azzardo, la sala cinema, i piani con le
camere da letto…»
«mi
prendi per scemo o
cosa?!» sbraitò Pitch, quando lei
scoppiò a ridere «la mia era una domanda
seria! Insisti nel fare la gnorri, ma quelle risposte mi spettano di
diritto»
affermò «fino a cinque giorni fa non ci
conoscevamo, non abbiamo alcun
legame se non l’esserci incontrati in questa locanda
quattrocento anni fa
mentre io ero ubriaco fradicio! Perché ti sei infilata in
questa guerra, e
perché stai aiutando proprio me? Cosa cerchi di
ottenere?!»
Eve inclinò leggermente la
testa, facendo scorrere lo
sguardo dal suo volto al petto nudo, e ancora più
giù.
«Diarmid mi ha detto di
“non fare puttanate”» disse a un
certo punto «come tentare di portarti a letto, per capirci.
Ma perché non
dovrei farlo?»
Pitch le diede un’occhiata
scettica. «potrei quasi sentirmi
lusingato, se non sapessi per certo che mi stai prendendo in giro, e
fai meglio
a smetterla, perché non sono affatto
dell’umore» la avvisò Pitch.
Eve non aveva sbagliato
all’inizio, quando aveva detto “non
pensavo che l’Uomo Nero potesse avere incubi”. Nei
momenti di grande stanchezza
-o in certi casi semplicemente per scandire le sue giornate- capitava
che
dormisse, ma si trattava di un sonno senza sogni o incubi di sorta:
solo nera
tranquillità. In millecinquecento anni non aveva mai
sognato, e non era mai
riuscito a ricordare sua moglie Aleha in ogni dettaglio. Ora invece non
solo la
ricordava alla perfezione, ma l’eco delle parole che le aveva
rivolto durante
l’incubo continuava a perseguitarlo, “non quanto
te, mai quanto te”…
Amava una donna che era morta da
tempo immemorabile, e
un’altra che lo odiava al punto da volerlo uccidere. Fantastico.
«so di non essere il tipo
di donna cui sei abituato, ma ci
potremmo divertire. L’astinenza prolungata fa miracoli,
dicono, e mi sa che tu
da diversi secoli non-»
«cosa
ne sai della mia
vita privata?! E comunque si parlava
d’altro!»
«una motivazione veritiera
te l’ho data, se poi non mi credi
sono fatti tuoi. Sono stata a letto con gente molto più
strana di te» fece
spallucce «in certi casi non sapevo neppure dove mettere le
mani».
Pitch la guardò con
entrambe le sopracciglia invisibili
sollevate e una smorfia un po’attonita sul volto spigoloso.
«vuoi che ti faccia
i complimenti per questo? Che ti applauda?»
«con questi begli occhioni
cangianti puoi dirmi e farmi
tutto quello che vuoi!» esclamò lei.
«ah, ma
piantala!…aspetta, cosa stai facendo?!»
esclamò,
quando la vide slacciarsi la salopette.
«ti faccio compagnia.
Qualcosa in contrario?...nah, non
rispondere, tanto non mi interessa».
L’Uomo Nero aprì
la bocca per protestare ma, quando la
salopette scivolò via dal corpo di Eve, la sua attenzione
venne deviata su altro per forza
di cose. Era un
po’troppo magra per i suoi gusti -e quando sorrideva a volte
era quasi
inquietante- ma non c’era da stupirsi se come spogliarellista
aveva avuto
abbastanza successo.
Si costrinse a smettere di fissarla,
e puntò gli occhi sulla
tv. La sentì entrare in acqua ma, contrariamente alle sue
previsioni, nei
cinque minuti successivi rimase tranquilla e ferma all’angolo
vicino al suo.
Erano quattro secoli che una donna nuda non gli stava tanto
vicina ma,
anche se guardando sott’acqua avrebbe potuto sembrare il
contrario, non aveva
intenzione di approfittarne. Anzi, a dirla tutta quella faccenda lo
stava
facendo innervosire: era palese che l’avesse fatto solo e
soltanto per
divertirsi a metterlo a disagio. «se cerchi un minimo di
fiducia da parte del
sottoscritto, sappi che non è così che la
guadagnerai» dichiarò Pitch,
decidendosi a guardarla di nuovo «e tantomeno mi indurrai a
darti corda».
«occhei»
ribatté
lei come se nulla fosse, guardando la tv.
«che…come
sarebbe a dire “ok”? Ti ho appena detto che i tuoi
tentativi di attaccare bottone col sottoscritto non funzionano, e tu
rispondi
soltanto “ok”’? Si
può sapere cosa vuoi?!»
«stare a mollo nella mia
vasca a guardare la tv» replicò
Eve, sempre con la massima indifferenza «non mi sento ferita
nell’orgoglio per
il tuo temporaneo rifiuto, se io volessi divertirmi con qualcuno non
faticherei
a trovare chi mi “dia corda”».
«”temporaneo”!...davvero
sei così convinta che io finirò per
darti retta? Dici di non avercela con me eccetera, ma
l’ultima persona che mi
ha detto una cosa del genere mi ha avvelenato e mandato a morire,
quindi perché
dovrei crederti?»
«perché in tutta
la mia vita non ho mai detto una bugia che
fosse una, neppure piccola» disse Eve «e
perché se avessi voluto farti fuori, dàichealachd,
tu saresti morto già da
qualche secolo» aggiunse «…Buio».
«ah, davvero?»
disse Pitch, guardandola con aria di
sufficienza «allora com’è che non ti
ricordo tra coloro che a quei tempi hanno
tentato di combattermi e sono stati schiacciati come i piccoli vermi
striscianti che erano?»
«perché non mi
importava che dallo spazio fosse giunta una
rana aliena col suo plotone per spiarci, invaderci e far
sì che
la galassia Gama ci conquistasse…no, aspetta, quello era Keroro. Vabbè, il concetto
è lo stesso!» si stiracchiò «arriva/ Pitchoro/ un Pitchione con il cuore
d’oro! Raccoglie/ bri-cio-le/ dii-i pane per
terraaa-a!…» stonò
brutalmente.
Era troppo: Hallows stava recuperando
in pochi minuti le
mancate prese in giro di cinque giorni interi, ed era più di
quanto l’Uomo Nero
intendesse sopportare. Non disse nulla, ma fece un rapido scatto e
l’attaccò,
con tutto l’intento di annegarla in quella vasca esattamente
in precedenza come
aveva minacciato di fare; peccato che Eve gli bloccò le mani
prima che lui
riuscisse ad afferrarla, e il tentato omicidio si trasformò
in una
semplice prova di forza
, in cui lui cercava di spingerla sott’acqua e lei cercava di
impedirglielo, il
tutto a stretto contatto.
«di’ un
po’, tu sei proprio sicuro di volermi solo
annegare?»
gli chiese Eve, meno di un minuto dopo «perché qui
sotto c’è qualcosa che
suggerisce altro».
Troppo
stretto.
In quella situazione c’era
molta meno stoffa di quanto
avrebbe dovuto -solo il suo costume- meno autocontrollo di quanto
sarebbe stato
conveniente, un’astinenza davvero troppo lunga e un incubo da
cacciare via
dalla mente con qualcosa che fosse piacevole e svuotasse la
testa…o così stava
iniziando a pensare.
Pitch aveva capito che lei
l’aveva fatto apposta, si era
comportata in quel modo esattamente per portarlo a quel punto -forse
per il
solo gusto di farlo, o forse era un modo alternativo di non rispondere alle sue domande- e lui
c’era cascato come un pollo, ma
nulla gli vietava di tornare a farle domande in seguito, giusto?
Inoltre c’era
la possibilità che, una volta entrato in intimità
con lei, potesse scoprire più
facilmente le sue debolezze e forse arrivare a manipolarla come gli
aggradava.
«ne sono sicurissimo, e lo
farò. Dopo».
Tuttavia, proprio quando
l’Uomo Nero iniziò ad agire
di conseguenza, un boato fragoroso
spezzò l’incantesimo.
«lurida
e infame
creatura immonda!!!»
Oooh, no…di tutte le
persone che potevano arrivare, doveva
essere proprio Emily Jane, della quale aveva riconosciuto la voce?
Doveva
arrivare
proprio dopo quell’incubo, proprio
in
quel momento, e ovviamente sempre pronta a vomitare insulti
nei suoi confronti?!
«perché adesso?!...»
sbottò Pitch.
«mi sa che fai meglio a
uscire dalla vasca» osservò Eve
«questa scena potrebbe non piacerle
granché».
«dannazione,
sarò pure libero di!...»
Pitch s’interruppe quando
Emily Jane li raggiunse, e poté
vedere la sua espressione da “sarò la sola a
uscire viva da questa stanza”. L’unica
cosa incerta era se lo avrebbe bruciato, fritto con una saetta,
congelato,
annegato o fatto strangolare da qualche pianta.
Hallows lo fece voltare nuovamente
verso di lei, e Pitch
notò che aveva di nuovo quel sorriso inquietante. «dàichealachd» scosse
leggermente la testa «non ce l’ha con
te».
Dopo aver detto ciò, in
qualche modo lo gettò letteralmente
fuori dalla vasca e si trasformò in una civetta, volando via
appena prima che
il fulmine scagliato da Madre Natura raggiungesse l’acqua;
l’idromassaggio
ormai era andato, ma loro due se non altro erano ancora vivi.
Per ora.
«OTTO
ANNI!!!»
gridò Emily Jane, cercando di colpire Eve-civetta con ogni
mezzo a sua
disposizione «mi hai presa in giro
per
otto anni!!!»
«mo
banrìgh. Da quanto
tempo».
«non chiamarmi in quel
modo» disse duramente l’interpellata,
riuscendo a far sbattere violentemente la civetta contro una parete
grazie a
una potente raffica di vento gelido «mai
più!»
Incassato il colpo e tornata
nuovamente umana -nonché
vestita- Hallows sfruttò la claymore per parare il colpo di
energia elementale
che seguì. «allora ti chiamerò col tuo
nome,
che problema c’è?»
«“che
problema c’è”?!»
Madre Natura fece una risatina sarcastica «forse il fatto che
tu sia scomparsa
dalla mia vita all’improvviso, e ora io ti ritrovi qui,
intenta a scoparti
mio padre?!»
«veramente non avevamo
ancora cominciato, ma in effetti sì,
sarebbe stato meglio se fossi arrivata una mezz’oretta
più tardi» commentò Eve.
Pitch, che per fortuna aveva ancora
il costume addosso,
iniziò a rialzarsi lentamente. C’erano diverse
cose per cui essere attonito, e
non sapeva quale fosse la più assurda. Che Hallows avesse
avuto una relazione con
Emily Jane? Che a quest’ultima piacessero le donne? Che
avesse iniziato a fare
sconcezze nella vasca insieme all’ex ragazza di sua figlia?
Già, ecco chi era
l’ex fiamma di cui Eve aveva parlato cinque giorni prima: i
tempi coincidevano.
Era preda di una sadica voglia di
riderci sopra e, al
contempo, una parte piuttosto recondita di lui aveva voglia di prendere
Eve a
sberle, come minimo. Non aveva le idee molto chiare, doveva
riconoscerlo: era
come se due parti dentro di lui fossero entrate in conflitto.
«tu
mi disgusti!»
sibilò Emily Jane.
«sì,
è comprensibile» ammise Hallows, per poi guardare
Pitch
«fa bene ad avercela con me, sono stata veramente
pessima».
«azzarda un qualsiasi
commento del tipo “oddio ma ti
piacciono le donne” o simili, e ti uccido con le mie
mani» lo avvertì Emily
Jane «hai perso da un pezzo ogni diritto di metterci bocca.
Anzi, non l’hai mai
avuto».
«non osare prendertela con
me solo perché sei
arrabbiata con lei!» ribatté Black «se
ti ha
lasciata c’è solamente da capirla, sfido chiunque
a restare vicino a qualcuno
come te!»
Quello dell’Uomo Nero era
stato senza dubbio colpo basso,
sebbene non avesse idea di quanto, nei secoli, le perdite e gli
abbandoni
subìti avessero fatto male a Emily Jane…
«almeno chi sta vicino a me
non rischia di finire ammazzato!»
sbottò quest’ultima, infuriata «tu non
puoi dire lo stesso: la strega spagnola
è quasi morta, e ricordi che fine ha fatto mamma, giusto? Vorrei che fossi morto TU al suo posto!»
La quale, in ogni caso,
assestò al padre un colpo basso che
il recente incubo rese ancor più pesante di quanto sarebbe
stato di suo.
Calò un silenzio tomable, perché dopo essersi
resa
conto della gravità di ciò che aveva detto Madre
Natura si zittì, ma era
troppo tardi.
«facciamo
così» disse Pitch dopo un po', serissimo
«da oggi in
poi tu fingerai
che io sia morto come desideri, e smetterai di vomitarmi addosso tutto
il tuo
stupido e insignificante odio, smetterai di accusarmi di averti
abbandonata,
sostituita e quant’altro. Io fingerò lo
stesso…del resto, da dopo che casa
nostra è stata distrutta, per dodici anni ho creduto che tu
fossi morta davvero.
Ti va bene, Emily Jane?»
«c-cosa vuol dire che per
dodici anni hai-»
«ti
va bene sì o no?»
Presi com’erano dalla
discussione, nessuno dei due si era
accorto che Hallows, dopo aver fatto cenno a una rondine di uscire
dalla suite,
si era bellamente tolta di torno assieme ad essa. Assistere
alle discussioni in generale non la divertiva, neppure se era lei a
causarle o coinvolta, per cui era logico che se ne fosse andata appena
aveva potuto.
«zia, cos’hai
combinato adesso?» sospirò Finnan,
riacquistando la sua forma umana.
Eve gli carezzò una
guancia, e baciò l’altra in modo assolutamente
casto. «non ho dato retta a tuo padre e ho fatto
deliberatamente una puttanata delle
mie, coinvolgendo due persone che hanno un rapporto molto difficile.
Però non
mi aspettavo che Emily Jane potesse venire da me, non si sapeva neppure
se fosse
viva, e soprattutto non mi aspettavo che potesse farlo proprio
ora».
«io ho appena prima di
venire qui cercato di chiamarti per
dirtelo, ma il tuo cellulare antidiluviano» un Nokia 3310,
nientemeno «è sempre spento».
Eve fece
spallucce, e s’incamminò
verso l’ascensore assieme al ragazzo.
«evvabbè. Tanto
prima o poi avrei dovuto
rivederla, e loro due avrebbero dovuto parlare»
minimizzò «di’, al piano di
sotto si è mosso qualcosa?»
Finnan annuì.
«sai chi è Shu Yin?»
«uh-uh».
«qualcuno, o qualcosa,
l’ha costretta a uccidere l’ex di
Calmoniglio».
«ah
sì?»
«già».
Per un po’ nessuno dei due
disse niente, ma durò poco.
«it’s
the final countdown!…»
iniziò a canticchiare Hallows.
Non c’era nulla di
più appropriato.
Buonasera!
Ebbene sì, dopo oltre un
mese da gran disgraziata quale
sono, altro che Hallows mi sono ripresentata con questo.
Non è stato un capitolo scritto e riscritto diecimila volte
come il precedente, ma vi assicuro che ho riflettuto moltissimo su cosa
scrivere e come scriverlo. Inizialmente era mia intenzione mostrare sia
la
gente nella locanda, sia gli Insorti e il resto della compagnia, ma
come avete
visto succede “roba” da entrambe le parti, e
proprio l’introduzione di un nuovo
personaggio mi ha fatta decidere di dedicare questo capitolo solo ai
“Locandisti”
-passatemi il termine, dai :’D- e il prossimo agli Insorti e il
povero
Calmoniglio.
Cos’altro
c’è da dire? Ah, sì:
- certi personaggi che compaiono
nell’incubo di Pitch
risulteranno familiari almeno ad alcuni di voi, ma gli altri non hanno
niente
da temere, perché quel che avete visto scritto lì
basta e avanza (ho ricamato
brutalmente sopra ciò che so della Golden Age, lo avevo
già detto nelle NdA. di
un capitolo della prima parte di questa storia, ma non
è importante).
- il nome e quel poco che ho detto
sull’aspetto della defunta
moglie di Pitch sono frutto della mia immaginazione, dato che
canonicamente non
si conosce né l’uno né
l’altro. Spear e Nahema sono parte del
“ricamo” di cui
ho parlato sopra.
- chi si chiedeva il nome della ex fiamma di Eve è stato accontentato. Sorpresa!...no, non è vero, alcuni ci erano arrivati.
- Hallows ha canticchiato dapprima un
riadattamento della sigla italiana di "Keroro" -l'anime con le rane
aliene, avete presente?- poi il ritornello di "The final countodown",
degli Europe. Credits sistemati :D
Se avete domande, teorie, rimostranze
o complimenti (?)
telefonate al numero verde per l’Assistenza ai
Pitchion…seh, vabbè, non dovrei
scrivere le NdA quasi alle due di notte :’D
Alla prossima,