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Autore: Kei_Saiyu    20/04/2016    2 recensioni
[Per la Easter challenge, prompt #3 immagini all'interno]Sam non lo sapeva, ma Dean aveva un segreto. Un segreto che svelava quanto quel fratello all’apparenza forte e coraggioso, fosse in realtà fin troppo fragile.
Aprendo l’album, Dean osservò le decine di foto che contornavano ogni pagina. Scatti che lui stesso aveva immortalato senza che Sam lo sapesse, o che Bobby gli aveva fatto di nascosto. In alcune entrambi si godevano una birra o ridevano di qualcosa, in altre Sam guardava un punto lontano pensieroso o rideva imbarazzato mentre una ragazza ci provava con lui. Voltando pagina Dean sorrise e ne carezzò una; mostrava un Sam bambino che protendendo le braccia e ridendo chiedeva al suo fratellone di essere preso in braccio.
Quanti anni erano passati da quando aveva visto quella serenità sui loro tratti? Eppure, se osservava più accuratamente, poteva già notare come i suoi di occhi iniziassero ad essere segnati dall’infanzia che gli era stata brutalmente distrutta.
«Stiamo ancora respirando.» Pensò «È questo che conta.»
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Dean Winchester, Sam Winchester
Note: Lime | Avvertimenti: Incest | Contesto: Contesto generale/vago
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Ancora auguri di buona pasqua! Spero che questo coniglietto pasquale ti abbia portato tante uova e, bhè, tanti Sam con carote giganti X°°°D.

E’ stato difficile scrivere questa storia, non avevo ispirazione per nulla, poi per fortuna è arrivata e spero di aver soddisfatto un minimo il tuo prompt e che non sia andata troppo ooc >-<.

Ancora auguri!

Tua,

Secret Bunny

 

Prompt #3:

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We are still breathing

 

«Sii forte e se non lo sei fingi di esserlo.

Sii tutto ciò che devi essere, anche se non lo sei.

Proteggi chi ami, anche a costo della tua vita.

E combatti. Contro tutto, contro tutti, contro te stesso.

Soprattutto contro te stesso.»

 

Girandosi appena nello squallido letto di un motel, Dean spiò da poco distante la figura ancora addormentata del fratello.

Era buio fuori e solo una piccola fessura tra le tende lasciava entrare la luce fittizia dei neon nella stanza, abbastanza da permettergli di vedere l’alzarsi e abbassarsi del petto di Sam.

«Stai ancora respirando.»

Si disse.

Lentamente Dean si mise a sedere, cercando di non smuovere troppo le molle di quel letto vecchio e cigolante. Non voleva svegliare Sam, voleva vederlo così ancora per un po’: tranquillo, con il volto rilassato e pacifico che da sveglio avrebbe perso, senza quelle piccole rughe attorno agli occhi e sulla fronte che iniziavano a segnarlo - dovute certamente alla loro vita caotica e allo scorrere del tempo che non sembrava essere generoso nei loro confronti.

E come poteva d’altronde? Sempre a cercare di salvare il mondo da una qualche minaccia, senza la possibilità di costruirsi una vera vita, con tanto di una donna al proprio fianco e magari un bambino a cui insegnare il baseball.

Dean rise amaramente di se stesso a quel pensiero. Il solo sognare una vita del genere era utopistico.

Insegnare il baseball? Lui, che fin dalla più tenera età aveva dovuto imparare che i mostri sotto al letto esistevano e invece di lanciare una palla, aveva dovuto imparare a sparare e a maneggiare qualsiasi tipo di arma.

E a lui andava bene così, ma non a Sam. Sam aveva provato ad avere quello che a lui era stato negato e com’era andata a finire?

Con un cadavere ed un Sam a pezzi e Dean che in piena notte si svegliava per verificare che il fratello stesse ancora respirando, che non avesse gli incubi dovuti alle troppe morti e ai troppi mostri affrontati e a quelli ancora da affrontare, che qualche essere non tentasse di infiltrarsi nella loro stanza per ucciderli… Quella era la loro normalità.

Facendo attenzione, Dean si alzò dal letto e a tentoni prese il suo borsone. Spostò con cautela i vari oggetti al suo interno e sollevò il doppiofondo, estraendo lentamente un album fotografico e una vecchia polaroid.

Sam non lo sapeva, ma Dean aveva un segreto. Un segreto che svelava quanto quel fratello all’apparenza forte e coraggioso, fosse in realtà fin troppo fragile.

Aprendo l’album, Dean osservò le decine di foto che contornavano ogni pagina. Scatti che lui stesso aveva immortalato senza che Sam lo sapesse, o che Bobby gli aveva fatto di nascosto. In alcune entrambi si godevano una birra o ridevano di qualcosa, in altre Sam guardava un punto lontano pensieroso o rideva imbarazzato mentre una ragazza ci provava con lui. Voltando pagina Dean sorrise e ne carezzò una; mostrava un Sam bambino che protendendo le braccia e ridendo chiedeva al suo fratellone di essere preso in braccio.

Quanti anni erano passati da quando aveva visto quella serenità sui loro tratti? Eppure, se osservava più accuratamente, poteva già notare come i suoi di occhi iniziassero ad essere segnati dall’infanzia che gli era stata brutalmente distrutta.

«Stiamo ancora respirando.» Pensò «È questo che conta.»

Continuò a voltare le pagine di quell’album di cui nessuno sapeva l’esistenza. Le foto non erano messe in ordine, mostravano stralci della loro vita così come capitava ed era giusto così, poiché la loro vita non era e non sarebbe mai stata ordinata.

Sentendo un rumore alle sue spalle si voltò per assicurarsi che Sam stesse ancora dormendo e notò con sollievo che il fratello aveva solamente cambiato posizione. Un altro rumore, come di un sussurro, lo incuriosì e allungando il collo verso l’altro letto nella stanza cercò di sbirciare cosa stesse succedendo.

In posizione quasi fetale, Sam sospirava e sembrava sussurrare qualcosa. Con la mano sinistra cercava qualcosa sul lato del letto che non occupava, ma non trovando nulla prese il cuscino con uno scatto nervoso e ci si accoccolò contro con un mezzo grugnito soddisfatto.

Dean lo guardò ancora e sogghignò. Sembrava un bambino gigante bisognoso di affetto. Se lo avesse immortalato in quell’imbarazzante momento, avrebbe potuto prenderlo in giro fino alla morte.

O almeno gli avrebbe detto questo in caso Sam si fosse svegliato per il rumore della macchina fotografica.

Con passo felpato Dean si avvicinò alla finestra e scostò maggiormente la tenda, rendendo al stanza più luminosa ma non abbastanza da infastidire il sonno dell’altro.

Voltandosi per guardare il risultato, per un secondo a Dean si mozzò il fiato. Sam a quanto pareva si era tolto tutti i vestiti e dormiva con solo i boxer addosso. Le decine di cicatrici che Dean sapeva essere un po’ ovunque su quel corpo scolpito, non sembravano esistere sotto la luce fioca dei neon e della luna. Il suo fratellino era perfetto.

Dean deglutì e per un secondo si voltò disgustavo dall’altra parte.

«Proteggi chi ami, anche a costo della tua vita. E combatti. Contro tutto, contro tutti, contro te stesso.

Soprattutto contro te stesso.»

Si ripetè mentalmente più volte, sottolineando quel “contro se stesso” con odio profondo.

Sam andava protetto, questo era lo scopo della sua esistenza e sempre più spesso aveva iniziato a chiedersi se lui non fosse una minaccia ben più grave di Leviatani e Lucifero messi assieme.

Non era la prima volta che si scopriva ad osservare il fratello con più malizia di quanto fosse moralmente corretto ed ogni volta dava la colpa alle troppe notti passate senza il calore di una donna o al fatto che tutti – ma proprio tutti eh, anche il ragazzino della reception – li scambiavano sempre per una coppia.

Dean prese un paio di respiri profondi e con la nuova calma ritrovata si voltò. Cercò di ricordarsi com’era quando tutti e due erano piccoli e si impresse nella mente che Sam era e sarebbe stato semplicemente suo fratello minore, che le foto scattate servivano a dimostrazione che erano ancora vivi e che un tempo erano esistiti due fratelli che avevano salvato – e quasi distrutto – il mondo più volte.

Servivano alla possibilità che un giorno Sam non sarebbe più stato al suo fianco, come già aveva sperimentato più volte, e allora voleva ricordarselo così: come tanti momenti immobili che lui era riuscito a rubare al tempo.

«Bugiardo.»

Si disse. Perché sapeva perfettamente che non avrebbe permesso a Sam di morire prima di lui, perché avrebbe preferito passare l’eternità all’Inferno piuttosto che vedere il suo peggiore incubo avverarsi. Senza Sam, lui sarebbe stato nulla. Senza Sam, nessuno avrebbe potuto raccogliere i pezzi della sua esistenza; nemmeno Lisa stavolta sarebbe riuscita a rimetterlo un minimo in sesto.

Sam era il collante che lo teneva assieme, colui che lo spingeva ad essere forte anche quando non lo era, che lo spronava a rialzarsi anche quando non credeva di riuscire più a farlo e fin troppe volte aveva pensato e creduto che sarebbe stato meglio per tutti se lui fosse morto una volta per tutte.

Se Dean non si fosse presentato davanti la porta di Sam tanti anni addietro, Sam a quest’ora sarebbe stato un giudice magari.

Se Dean non lo avesse coinvolto nella sua miserabile vita, Sam a quest’ora avrebbe potuto vivere una vita tranquilla e avere un paio di bambini in giro per casa.

Se Dean non si fosse messo a cercare una soluzione per chiudere le porte dell’Inferno, Sam non avrebbe dovuto soffrire tanto.

Se Dean non avesse fatto il bambino capriccioso e non avesse portato via Sam dalla sua semplice vita, Dean probabilmente sarebbe morto di cirrosi epatica.

Troppi Se. E Dean, per quanto cercasse di farsi venire i sensi di colpa, nel suo profondo sapeva di essere un bastardo egoista. Aveva voluto Sam, aveva voluto riaverlo al suo fianco, essere quella famiglia unita che sempre si era immaginato – talvolta in maniera un “pochino” fuori dalla morale –, e c’era riuscito.

Prendendo un respiro profondo, Dean cercò l’angolo migliore per immortalare il fratello in un altro dei suoi scatti, poi aspettò che qualche macchina passò, sperando che il rumore della vita esterna si confondesse con quello della polaroid.

Click.

«Umh…»

Dean si rilassò quando in risposa allo scatto Sam semplicemente grugnì qualcosa e si mise più comodo. Con cautela ripose tutto nel borsone, lasciando da parte quella foto un po’ scura. Se la rigirò un paio di volte tra le dita indeciso se inserirla nell’album o meno, poi la mise nella tasca della camicia che aveva sulla sedia.

«...Dee…»

Il sussurro lo fece irrigidire immediatamente. Sam era sveglio? Aveva visto tutto? Aveva notato come per troppo a lungo lo aveva fissato?

Cercando di rilassarsi si girò con in volto il suo miglior sogghigno sarcastico, pronto a raccontare la balla che in precedenza aveva pensato, ma quando guardò il fratello, lo vide ancora addormentato, ma con un’espressione crucciata in volto.

Senza pensarci due volte gli si avvicinò e pensando che Sam stesse avendo un incubo, si mise a sedere all’angolo del letto del fratello e gli carezzò i capelli.

«Sono qui Sammy.»

Gli sussurrò, cercando di tranquillizzare quel bambinone troppo cresciuto, ma Sam continuava a invocare il suo nome e si agitava. Dean si avvicinò un poco, non smettendo comunque di accarezzare il fratello, finchè d’improvviso un braccio forte lo strinse all’altezza del petto e senza sapere bene come, Dean si ritrovò disteso sul letto con Sam allegramente accoccolato contro di lui che con un verso soddisfatto parve rilassarsi istantaneamente.

«Deficiente.»

Bisbigliò Dean tra lo stupito e l’imbarazzato, chiedendosi mentalmente come diavolo avrebbe fatto a districarsi senza svegliare l’altro.

Tentò di muoversi poco alla volta, ma ad ogni suo irrigidirsi dei muscoli, il braccio attorno al suo corpo si stringeva un po’ di più, fino a che oltre al braccio non si trovò anche una gamba – dannatamente lunga, gli suggerì il cervello – a cingerlo. La testa di Sam riposava tranquilla sulla sua spalla, la bocca socchiusa lasciava andare leggeri sbuffi d’aria in perfetta direzione del suo orecchio e Dean voleva strangolare se stesso per la splendida idea di avvicinarsi a quella specie di koala sotto forma di fratello.

Dopo altri dieci minuti di “lotta” finiti inevitabilmente con vari arti di Sam (e un qualcosa che non voleva catalogare come umanamente possibile) che lo ancoravano perfettamente a lui, Dean si arrese e con uno sbuffo cercò di mettersi almeno più comodo, certo che non avrebbe potuto chiedere occhio. Non con una di quelle dannatissime e lunghissime gambe che, guarda caso, era appoggiata con nonchalance su di una parte del suo corpo decisamente troppo sveglio.

Contro ogni sua previsione, il lento respiro di Sam e la perfetta cadenza dell’alzarsi e abbassarsi del suo petto, lo cullarono in un sonno profondo.

«Stai ancora respirando.»

Fu l’ultimo pensiero coerente prima di crollare in un mondo fatto di sogni in cui la morte non era protagonista, ma bensì un Sam sensuale che in completa nudità, seduto su di un letto immacolato, si faceva ritrarre di spalle mentre fissava un punto lontano e si stiracchiava con noncuranza.

Quello stesso Sam poi si voltava con un sorriso imbarazzato in volto e lo fissava con un leggero moto di rimprovero, quasi che tutta quella scena in cui metteva in mostra i dorsali scolpiti non fosse stata creata appositamente affinchè Dean la ritraesse, ma quel Dean sapeva qual era la verità e con sicurezza si avvicinò a Sam e lo spinse delicatamente per una spalla, accompagnandolo nel movimento e facendolo sdraiare tra le lenzuola candide.

Dean soppesò per un attimo la nuova posizione: sensuale, provocatoria e forse un tantino volgare con Sam totalmente nudo sotto di lui e allora Dean afferrò il lenzuolo e lo spostò fino a coprire l’inguine del fratello e parte di una gamba, lasciando che l’effetto vedo-non-vedo rendesse l’immagine più erotica.

Non che Sam avesse bisogno di essere più erotico – Dio no! –, ma quel volto paonazzo dall’imbarazzo ed il sorrisino grato lo rendevano un maledetto tentatore.

Così puro e così sporco assieme… Resistere alla tentazione sarebbe stato da masochisti, no?

Dean scattò una foto in fretta e furia prima di buttare la macchinetta da qualche parte e tuffarsi su quelle labbra che chiedevano di essere baciate fino ad essere consumate. Il mugugno sorpreso di Sam venne soppresso dalla bocca avida di Dean, che senza pensarci due volte ingoiò qualunque protesta cercasse di uscire dal fratello.

Un «Pervertito!» riuscì comunque a sfuggirgli, ma chi era Dean per non consentire al proprio fratellino di dire la pura e semplice verità?

Con foga le sue mani toccarono quel corpo muscoloso che conosceva a memoria, partendo dalle braccia fino a finire tra le gambe tornite, dove adorava passare le dita in quell’unico punto all’attaccatura dell’inguine che era, stranamente, solo ricoperto da una morbida peluria infantile. Altri mugugni cercarono di sfuggire al controllo che la sua bocca stava impartendo a Sam, mugugni che somigliavano tanto al suo nome pronunciato con una certa impazienza e una velata nota di panico.

Fu proprio quella nota particolare che lo fece calmare abbastanza da prestare più attenzione a quella voce, la stessa che pareva appartenere al Sam sotto di lui e che però non stava emettendo alcun suono se non qualche ansimo.

«DEAN!»

Ancora quella nota, divenuta quasi isterica, lo stava facendo impazzire. Sam se ne stava tutto tranquillo – per quanto uno possa essere “tranquillo” dopo un assalto in piena regola – sotto di lui, col volto arrossato e gli occhi lucidi, le gambe aperte per lasciare spazio al fratello e il corpo già sudato e pronto per il primo round.

Eppure, se guardava bene, quel Sam aveva qualcosa di diverso, di più… femminile e troppo, veramente troppo, arrendevole.

«PORCA PUTTANA DEAN, SVEGLIATI! DEVO ANDARE AL BAGNO!»

Aprendo gli occhi si ritrovò a guardare quelli di un Sam piuttosto intimorito e arrabbiato – e con le gote arrossate, proprio come quell’altro Sam –, come tanto, tanto arrabbiato.

«Ah.»

Fu l’unica cosa che riuscì a dire Dean vedendo come la parte inferiore del suo corpo, decisamente dura in parti che non avrebbero dovuto esserlo, era situato tra le gambe di Sam ed era premuto esattamente lì.

Dean sgranò gli occhi nel rendersi conto della situazione, ma ancora di più quando percepì qualcos’altro di anomalo… Uno spintone lo rovesciò dall’altro lato del letto e, tanto perché la sfiga non viene mai sola, riuscì a farlo rotolare abbastanza da farlo cadere di schiena sul pavimento freddo e sporco del motel.

«DEFICIENTE! MI HAI PRESO PER UNA DONNA?!»

Sentì Sam urlargli contro mentre correva paonazzo in bagno e lui, steso ancora a terra, non potè fare a meno di ribattere a bassa voce: «No. Ti ho preso per il mio Sammy.» e mentre si rialzava, non potè fare a meno di sorridere a se stesso.

Sam non lo aveva scacciato perché lo stava “assalendo” durante il sonno, ricordava bene che avesse detto qualcosa sul dover andare in bagno, ed aveva notato anche un’altra cosa, un qualcosa che aveva sentito distintamente premere contro la sua erezione…

Forse non era l’unico ad essere malato. Forse anche Sam provava quello che provava lui, o forse si stava solo facendo condizionare, ma in quella mattina dal pessimo – o splendido – risveglio, una cosa era più importante di tutte le altre.

«Stiamo ancora respiriamo. Anche oggi lui è vivo e al mio fianco.»

 

 

   
 
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