Se
guardando i suoi occhi avessi saputo leggervi dentro, vedere un barlume dei
suoi pensieri o perlomeno assaporare per un attimo qualche briciola dei suoi
segreti, dei suoi misteri, ora non dovrei scrivere, piangere, arrabbiarmi,
gioire, desiderare e ardere, odiare e sentire il vuoto.
Lui
è così strano, così diverso da tutte le miliardi di
persone che ho incontrato, conosciuto, perso…
Sorride
eppure i suoi occhi rimangono seri e chiusi da un muro impraticabile di
freddezza e solitudine; occhi che troppo spesso mi fanno sentire minuscola e
infantile. Mi guarda, mi parla dandomi l’illusione di essere parte di
quello che fa ma poi, come sempre, mi ricorda che lui ha solo la sua solitudine
ribadendo che è così che deve essere.
Ma
allora cosa vuole da me?
Perché
mi lascia intere notti a guardare il soffitto buio?
Cosa
mi hanno fatto i suoi occhi?
Ci
sono volte in cui mi fa arrabbiare, volte in cui si fa odiare, detestare, volte
in cui mi fa salire la tentazione di allungare una mano ad accarezzargli il
volto.
Lui
con me l’ha fatto…
Il
suo animo è così scostante,così mutevole che in certe
occasioni non riesco ad aprire bocca in sua presenza perché tutto
ciò che penso mi sembra troppo banale. Lui, scherza e sorride con tutti,
fa il gentile, risponde ad ogni domanda forse solo per cortesia che per
interesse verso l’argomento trattato e poi, mentre mi impegno a fare
quello per cui sono chiamata, alzo il mio sguardo e incontro il suo.
È
solo un secondo, ma sembra un’eternità, quanto basta per leggervi
una strana dolcezza che mi sfiora appena prima di tornare ad essere morta.
Mi
parla di cose appassionate, che lo fanno commuovere e che vorrebbe io facessi
per lui, poi cambia, immediatamente, senza lasciarmi il tempo di controbattere,
e si spinge in discorsi più voluttuosi che mi rapiscono nelle loro note
impudiche che debbono rimanere segrete.
Segrete,
perché nessuno deve sapere che mi parla in modo sensuale, perché
non fa parte del suo codice di comportamento.
Lui
me lo ha confidato…
Lui,
così distaccato da me quando c’è gente da farmi sentire
inutile e insignificante come polvere.
Lui
che si preoccupa per me quando è solo e la notte lo avvolge.
Lui,
che fa finta di niente e se ne va quando io arrivo per dirmi in una frase
silenziosa quanto poco è interessato a me.
Lui,
che mi chiede di andare a trovarlo durante il suo ufficio, magari prima che
inizi a lavorare così possiamo stare un po’ soli, a chiacchierare.
E poi, quando sto per andarmene lui si avvicina con un sorriso che non gli vedo
spesso, un sorriso che gli disegna appena le labbra. In quel momento non mi
parla, mi guarda solo negli occhi trafiggendomi con quel suo sguardo intenso e
inducendomi ad arrossire mentre vado alla ricerca di qualcosa di nuovo nelle
mie scarpe.
In
quel momento sento di voler scappare e di voler rimanere…
Affretto
le cose perché non riesco a sopportare quel silenzio, quel sorriso e
quell’ombra di tristezza che mi trapassano l’anima.
Lui
lo sa e allunga la mano per accarezzarmi il volto.
Ma
lo fa solo dopo essersi assicurato che nessuno lo veda compiere quel gesto,
perché lui non può farlo mentre ricopre il suo ruolo ufficiale.
Me
ne vado e so che non lo sentirò ne’ lo vedrò per un
po’…
A
volte passano giorni, mi dimentico o fingo di farlo pensando a quanto sciocca
sono a dare peso a certi gesti e certi sguardi.
E
guarisco, o per lo meno lo credo.
E
lui ricompare per dirmi quanto sarebbe appassionata la nostra storia.
Storia
che però sarebbe clandestina, perché nessuno deve sapere che il
pezzo grosso se la fa con una sua subordinata.
Gli
rispondo ciò che penso a riguardo
sperando in una sua frase, in un suo consiglio perché gli faccio
sapere che le cose fatte di nascosto non mi piacciono, ma lui scompare
lasciandomi di nuovo sola alimentata dai dubbi e incapace di sbrogliare la
matassa di misteri che lo avvolgono. Ci sono volte in cui cerco di scoprire
qualcosa sul suo conto ma lui non me ne vuole parlare, gli chiedo la data di
nascita e lui risponde che preferirebbe non esistesse.
Poi,
diventa freddo e distaccato, non mi parla se non per ordinare o per darmi
mansioni anche quando so che siamo soli.
E
allora io me ne vado offesa, risentita cercando di fargli intuire tutto il mio
disprezzo e tutta la mia più grande tristezza che però non riesce
a scalfirlo.
Poi,
dopo giorni di silenzio, eccolo di nuovo.
Impudente,
insolente, indecoroso mi viene ad invitare a stare con lui sola
nell’immenso palazzo.
Questa
volta faccio la cattiva, non gli do retta, cerco la via di fuga per
allontanarmi da lui e non dover soffrire ancora immaginandolo mio.
Lui
comprende, forse, e cambia…
Diventa
triste e mi parla della sua solitudine, della sua voglia di fare impegnandosi, delle
accuse che riceve dai suoi collaboratori.
Cosa
vuoi da me?
Perché
cambi così?
Mi
chiedo se è davvero interessato o se mi sta solamente prendendo in giro,
ma se osassi chiederglielo so che non mi risponderebbe. Lascerebbe che la
domanda cadesse nel suo personale burrone senza fondo e non cercherebbe
più di recuperarla.
Mi
chiama a lavorare con lui perché sembra io possa servirgli a qualcosa,
mi fa sentire importante per un istante. E io timidamente accetto le sue idee perché
in fondo mi basta vedere che dimostra fiducia riguardo il mio operato.
Poi,
ancora una volta, fra tanti collaboratori mi tratta indifferentemente quasi
deridendo delle mansioni che ricopro.
Piango
dentro di me, mi arrabbio e inizio ad odiarlo detestando di aver acconsentito
la missione che mi ha dato. Sembra che lui capisca quello che penso solo
guardandomi un istante nei miei occhi scuri ma non fa nulla per consolare il
mio spirito trafitto e inferiore.
Eppure,
ancora una volta, dopo che la missione è stata portata a termine, lui, solo
nell’intimo della notte, mi sorride e si congratula del mio operato.
Ma
cosa vuoi da me?
Perché
sei così scostante?!
Mi
sento impazzire…
Ha
ragazze meravigliose al suo fianco, le vedo e mi sento tanto inferiore, tanto
triste e tanto sciocca a pensare davvero che lui abbia nei miei confronti una
sorta di affetto. Eppure, quando per buona educazione vado a dargli il
resoconto dell’ultima missione porgendogli il mio rispettoso saluto,
davanti a quelle ragazze fissa i
suoi occhi polverosi nei miei e mi sorride senza mai abbandonare quel contatto
e quel silenzio facendo, così, sparire tutto il resto.
In
quegli istanti sembra non gli interessi fare trapelare qualcosa che per me
rimane ancora incomprensibile.
Ho
dovuto raccogliere matasse e matasse di coraggio per affrontarlo un giorno e
chiedergli perché. Chiedergli se le cose che mi dice quando è
solo le pensa davvero. Chiedergli se mi prende in giro.
E lui,
beffardo, mi ha risposto che non mi serve a nulla saperlo.
Come
puoi saperlo?
Avrei
così tanto bisogno di risposte, ma lui non fa che tenersi tutti i suoi
segreti, anche quelli che mi riguardano.
Quanti
lati oscuri che non vuole aprire a me.
Ora
scrivo i miei pensieri su questa carta e poi la perderò pregando il sole,
la luna, la pioggia che lui la trovi decidendo finalmente di darmi un po’
di luce.
Io
intanto aspetterò
Perché
solo questo posso fare.