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Autore: DonnieTZ    20/04/2016    2 recensioni
[RaphaelxSimon - post 1x13]
Una minilong che vorrebbe riparare al finale di stagione e che spero possa piacere...
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Non significhi niente.
Raphael ricordava quelle parole. Le aveva dette e le aveva pensate, con l’estrema convinzione che un semplice mondano fosse poco più di una sacca di sangue.
Poi tutto era cambiato. Simon era diventato un vampiro, e Raphael aveva promesso di prendersene cura.
E, nel farlo, giorno dopo giorno, aveva finito per cadere nella trappola più antica del mondo. [...]Era bastato qualche piccolo gesto, uno sguardo di troppo, e Simon aveva iniziato a significare qualcosa.
Per poi significare tutto.
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Sognava e si tormentava.
Gli avrebbe detto di aver pensato a lui ogni istante, gli avrebbe chiesto scusa, e…
Sì, avrebbe ammesso perfino
quello.
La strana emozione che lo mangiava vivo quando era in sua presenza, come il vuoto quando si crede ci sia un altro gradino, come la vertigine durante la caduta, come la sensazione di schiantarsi al suolo nel dormiveglia.
Se lo sentiva dentro, nel sangue, nella carne, nell’anima.
Faceva male, ma lo faceva sentire stranamente vivo.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Raphael Santiago, Simon Lewis, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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3. Hambre
 
Anhelo su boca, su voz, su pelo.
Silencioso y muerto de hambre, rondo a travs de las calles.
El pan no me alimenta, amanecer me interrumpe,
yo busca todo el dia para la medida lquida de sus pasos.
 
Tengo hambre de su risa lisa,
sus manos el color de una cosecha salvaje,
hambre para las piedras plidas de sus uas,
yo deseo comer su piel como una almendra entera.
 
Deseo comer el rayo de sol que seala por medio de luces en su cuerpo encantador,
la nariz soberana de su cara arrogante,
yo deseo comer la cortina efmera de sus latigazos,
 
y establezco el paso alrededor de hambriento, oliendo el crepsculo,
caza para usted, para su corazn caliente,
como un puma en los barrens de Quitratue.
 
 
 
Le ore che erano seguite alla sua richiesta ufficiale avevano rappresentato, per Raphael, il punto più basso della sua esistenza.
Non aveva nessuna intenzione di uscire dalla sua stanza o di occuparsi degli affari del clan, aggrappandosi alla scusa che fosse giorno. Sapeva bene che, se mai gli shadowhunter fossero riusciti a trascinare Simon al Dumort, sarebbe stato di notte. Le ore che lo separavano da quel momento, però, voleva passarle annegando nella solitudine. Se respirare gli fosse stato essenziale, si sarebbe sentito soffocare, mentre il pomeriggio scivolava verso la sera.
Aveva fatto una scelta ponderata a lungo, ma il senso di colpa era una sensazione fisica all’altezza della gola che non voleva lasciarlo in pace. Da una parte voleva essere sicuro che Simon stesse bene, dall’altra – trascinandolo lì – sapeva perfettamente di dover prendere una decisione sul suo futuro.
Con la rabbia ormai scemata e quello strano senso di impotenza, Raphael realizzò di non poterlo uccidere, di non averne la forza, di non averne l'anima. Era però dolorosamente consapevole di dover accontentare il clan.
Doveva punire Simon, in qualche modo.
Stupidamente, quando ormai l’orologio segnò un’ora accettabile, si infilò uno dei suoi vestiti migliori, studiando con attenzione la sua immagine nello specchio. Che senso aveva cercare di apparire al meglio? Non ne era certo. Dios, non era più certo di nulla. Voleva solo vedere Simon, dargli dell’idiota per averlo messo in quella posizione e dimenticare tutto. Voleva accusarlo di averlo reso un debole, di aver offuscato la sua ragione, di avergli quasi fatto credere che amare gli fosse possibile.
Raphael si scrutò nello specchio, lo sguardo duro di rimprovero.
Non doveva permettere all’ultimo pensiero di prendere spazio e consistenza. Non poteva permettersi di ripetere una vecchia, antica storia.
I ricordi della sua vita – quella vera, fatta del battito del cuore e del respiro nei polmoni – lo assalirono. Ricordò un tempo antico, in cui aveva amato e aveva pagato quell'amore a prezzo altissimo.
Si era promesso di non cadere più nello stesso errore ed era stato davvero facile.
Prima di Simon.
Scosse la testa, la mascella serrata, come a nascondere fra i denti tutte quelle incontrollabili e fastidiose emozioni.
 
Fu il rumore ad avvertirlo che fosse il momento di andare. Il clan, per i corridoio del Dumort, parlava e urlava e fischiava. Raphael poteva quasi sentire l’eccitazione della caccia saturare l’aria. Così si decise ad aprire la porta e fare la sua comparsa in un completo grigio, con i capelli perfettamente al loro posto e la migliore espressione che fosse in grado di fingere: un sorriso sarcastico.
“Calma, ragazzi, calma” disse, risoluto, avvicinandosi al gruppo di vampiri.
Fra loro, impaurito e strattonato, stava Simon. Aveva i canini fuori – più una difesa istintiva che una vera e propria minaccia – e lo sguardo supplicante.
Qualcosa, dentro Raphael, in punti che non credeva più di avere, andò in frantumi.
Simon, lì, vivo. Stropicciato e terrorizzato, ma vivo. Davanti a lui, dopo giorni passati a pensare ai suoi occhi, al suo viso, ai suoi stupidi capelli.
Dios, avrebbe solo voluto…
“Aspettiamo che faccia giorno e bruciamolo!” sbraitò qualcuno.
“Rinchiudiamolo in una bara!” qualcun altro.
“Dissanguiamolo!” altri ancora.
Stan se ne stava in disparte, serio, con qualche altro vampiro che non sembrava farsi coinvolgere dalla questione.
“Ehi, ehi, io credo… sì, insomma… dovremmo stare tutti calmi, no?” tentò di dire Simon.
Qualcuno gli tappò la bocca e lui parve afflosciarsi per l’impossibilità di cavarsi da quella situazione con le sue scuse balbettate.
“Non prenderò questa decisione solo per la vostra sete di violenza. Dev’essere una scelta unanime. Dev’essere una scelta corretta. Stan?” domandò Raphael, slegando il suo sguardo da quello implorante di Simon, per voltarsi verso il gruppetto composto di vampiri.
“Il clan diventa sempre più piccolo con il passare degli anni. Abbiamo perso molti membri validi. Direi che qualche decennio in una bara non potrà fargli troppo male, ma non finirà per danneggiare il clan. Imparerà il suo posto.”
Qualcuno annuì, qualcuno si mostrò decisamente insoddisfatto. Raphael attese. Gli pareva quasi di poter sentire il cuore spingere contro le costole. La sua mente, dietro la sua maschera impassibile, lavorava incessantemente: chiudere Simon in una bara alla stregua di Camille significava guadagnarsi il suo odio, senza ombra di dubbio, ma era l’unica scelta che lo avrebbe risparmiato dalla morte. Una tortura, una lenta agonia, ma ne sarebbe uscito vivo. E Raphael era abituato a farsi odiare, ci era già passato, poteva tollerarlo com’era accaduto in passato. Avrebbe sofferto, certo, ma la sua sofferenza non contava nulla, non in quel momento, non davanti al destino di Simon.
Quando si rese conto dei suoi pensieri, spostò nuovamente lo sguardo sull’oggetto del dibattito.
Bastò che i loro occhi si incontrassero – oscurità nell’oscurità -, perché tutto sembrasse semplicemente troppo
Raphael si chiese quanto sarebbe stato folle uccidere tutti, nessuno escluso, e scappare con Simon. Portarlo in salvo, al sicuro, proteggendolo da tutto e da tutti. La sua mascella si serrò nuovamente, la rabbia per quel pensiero – irrazionale e scorretto – lo infiammò.
“Quanti a favore?” chiese, duro.
Simon si agitò, continuando a pregarlo con gli occhi, un tremore nervoso delle palpebre e l’aria decisamente più nervosa del solito.
Stan annuì, seguito da qualche altro vampiro, poi sempre di più, finché tutti concordarono. Raphael afferrò Simon per un braccio e lo trascinò con sé, cavandolo fuori da quella calca compatta di vampiri. Non appena questi fu libero di parlare, però, iniziò a riversare su Raphael il fiume in piena della sua paura.
“Raphael, io… non volevo davvero. Sì, certo, la questione ci si è ritorta contro, possiamo dire, sì, ma… insomma, si trattava di salvare il mondo da Valentine. Ora abbiamo qualche possibilità di vincere, con Jocelyn dalla nostra. Davvero, non c’è nessuno al mondo che possa farci vincere più di lei e io… Raphael, avanti, cerchiamo di ragionare…”
Raphael continuava a stringere il suo braccio – la sensazione della sua pelle fredda e liscia fra le dita – e a trascinarlo verso lo scantinato. Nel frattempo tentava di non ascoltarlo, di non far penetrare nella mente le sue scuse, di non soffermarsi sulle parole che ribadivano il suo tradimento. Simon parlava e parlava, e nel farlo, scavava ferite profonde dentro Raphael.
I vampiri assetati di vendetta non l’avevano seguito, ma Stan e i pochi del suo gruppo sì. Davanti alla porta dorata, però, fu proprio Stan a fermare tutti. Raphael immaginò volesse essere certo che sarebbe andato fino in fondo – che cosa ridicola, certo che l’avrebbe fatto -, ma volesse anche lasciargli la possibilità di…
Di cosa?
Un addio? Un perdono? Un saluto prima della condanna?
Raphael non lo sapeva con certezza, eppure spalancò la porta e si chiuse nello scantinato con Simon, lasciando finalmente la presa.
Simon si era zittito e lo osservava, passandosi una mano nel punto in cui Raphael l’aveva stretto.
“Ci hai traditi per niente. Valentine si è preso quello che voleva e siamo tutti in pericolo. In più Camille è libera e ho saputo di non poter usare la tua morte contro di lei, con il clave, perchè hai avuto la brillante idea di liberarla da qualsiasi colpa. Come ti è venuto in mente di firmare? Cos'hai nella testa? Ah, sì, Clarissa, quasi dimenticavo.” aveva iniziato a parlare con tono piatto e incolore, per poi scaldarsi sempre di più, fino a sibilare fuori quelle parole sarcastiche.
“Sì, beh… stavo cercando di salvare il mondo. Prima che tu minacciassi di uccidermi, s'intende.”
“Mi sembra tu sia ancora vivo.”
“Non grazie a te, direi proprio, mister uccideteli.” lo provocò Simon, aggirandosi per la stanza come un uccellino in gabbia.
“Sei appena stato risparmiato. Un po’ di gratitudine non guasterebbe.” rispose Raphael, serio, aprendo una bara.
Era la sua, quella che non usava mai, quella che gli ricordava cosa significasse essere morto, sentirsi in trappola. Eppure, se Simon doveva pagare, meglio che lo facesse lì.
“Risparmiato? Stai per… stai per… ci dev’essere un modo! Non puoi farmi questo… fare, volevo dire, non puoi fare questo.”
Raphael lo fissò a lungo, la mano ancora poggiata sul coperchio della bara, lo sguardo gelido che non tradiva il tormento di quella conversazione.
“Cosa vuoi che faccia, Simon?”
Quando parlò, lo fece con il tono esausto di chi non ha una via d’uscita.
“Dimmi cosa faresti se fossi in me.” incalzò.
“Io… io… non rinchiuderei chi… io non farei una cosa del genere alla persona che… insomma…”
Raphael ascoltò i suoi balbettii, ma distolse lo sguardo da quello spettacolo triste. Non poteva guardare, non ce la faceva. I suoi occhi caddero sulla porta, sullo sguardo di Stan che appariva dall’apertura a forma di croce.
Non aveva scelta.
Si avvicinò a Simon velocemente, in una scia rapida, per afferrarlo con forza. L’altro si agitò fra le sue mani, probabilmente sconvolto da quell’azione improvvisa, consapevole che fosse arrivato davvero il momento, che non ci fosse via d’uscita. Erano vicini, Raphael poteva sentire l'odore di Simon salirgli nelle narici con forza e invadergli la mente. Poteva sentire la sua agitazione vibrare nell'aria, il suo corpo ribellarsi alla sua salda presa, la sua speranza infrangersi come vetro sottile.
Lo sollevò e lo spinse a forza nella bara, nonostante le proteste, nonostante le unghie di Simon a scavargli la pelle, nonostante facesse un male profondo all’anima.
Lo tenne giù – il viso una maschera di risolutezza mentre lo faceva – finché non fu in grado di abbassare il coperchio sempre di più, sempre di più.
“Ti prego, Raph…”
L’ultima preghiera di Simon: il suo nome.
 
Seguirono giorni che furono una lenta agonia. A Raphael parve quasi di aver rinchiuso la sua anima nella stessa bara in cui il corpo di Simon si contorceva dalla fame. Si trascinava per il Dumort, compiendo i suoi doveri da capo clan con aria assente, un continuo dolore all’altezza del petto.
Sapeva di dover aspettare anni per rivedere Simon. Non era certo di quanti, ma un decennio sarebbe dovuto passare, era una consuetudine radicata per un’azione tanto grave. Cosa sarebbe accaduto, dopo? Quanto odio gli avrebbe riservato, Simon, prima di poterlo perdonare?
Prima di poterlo amare?
Raphael continuava ad avere quello stupido pensiero, ancora e ancora, nonostante si ostinasse a contrastarlo con tutte le sue forze, nonostante tentasse di allontanarlo. Se era stata una speranza sciocca prima, in quel momento era davvero follia.
Spesso, come quella notte, si limitava a sedere dietro la sua enorme scrivania, a fissare il vuoto e pregare.
Padre nuestro que estás en el cielo, santificado sea Tu nombre...
Improvvisamente il caos rupe la sua quiete malinconica.
“Raphael Santiago!”
“Ho cercato di fermarla, ma…”
Davanti a lui, in tutta la sua furia, se ne stava Clary Fairchild, accompagnata da Isabelle e Alec Lightwood. Stan, dietro di loro, tentava di spiegare qualcosa di evidente: fermare tre shadowhunter sarebbe stato avventato, se non impossibile.
Raphael si limitò ad un gesto della mano, come se non fosse un problema, costruendosi addosso un’espressione annoiata.
“A cosa devo il piacere?” domandò, alzandosi e facendo il giro della scrivania.
“Dov’è Simon?” chiese Clary, in tono deciso.
“Simon sta scontando la sua pena, com’è giusto che sia.”
“Beh, la sua pena finisce ora. Voglio vederlo.”
“Non credo sia possibile.” rispose Raphael, sorridendo sarcastico.
Dios, Fairchild, non sai quanto vorrei fosse possibile.
“Forse devo ricordarti che siamo shadowhunter.”
“Forse dovresti ricordare a te stessa che il clave ha consegnato Simon al mio clan.” disse Raphael, alzando un sopracciglio con aria eloquente.
“Forse dovresti ricordarti che siete vampiri e che al clave non importerà poi troppo se nessuno esce vivo da qui.”
Stan sibilò, mostrando i denti. Isabelle posò una mano sul braccio di Clary, perché quella minaccia era pesante perfino per loro.
“Verreste puniti.” constatò Raphael.
“Non è un problema. Per Simon sarei pronta a tutto.”
Raphael spostò lo sguardo su Stan, che si ricompose dopo il suo scatto minaccioso, prima di annuire come se l’ordine silenzioso fosse stato recepito forte e chiaro. Mentre lui lasciava l’ufficio, Raphael si rivolse agli shadowhunter.
“Non lo libererò se il clan non sarà d’accordo. Se questo vuol dire arrivare allo scontro, non mi lasciate scelta. E odio non avere scelta.” si sistemò la giacca sulle braccia, prima di allacciare un bottone “Ma credo che il clan sarà ragionevole. Simon sta diventando una vera scocciatura per tutti.”
Clary serrò la mascella, ma Raphael la ignorò, in attesa del ritorno di Stan con il responso degli esponenti del clan.
Era quasi mattino, poteva dirlo con certezza nonostante non ci fossero finestre in quella stanza, e qualcosa stava sorgendo anche dentro di lui.
Speranza?

 
I crave your mouth, your voice, your hair. 
Silent, starving I prowl through the streets. 
Bread does not nourish me, dawn disquiets me, 
I search the liquid sound of your steps all day.  

I hunger for your sleek laugh, 

For your hands the color of the wild grain, 
I hunger for the pale stones of your fingernails, 
I want to eat your skin like a whole almond. 

I want to eat the sunbeam flaring in your loveliness, 
The nose, sovereign of your arrogant face, 
I want to eat the fleeting shade of your lashes, 

And I walk hungry, smelling the twilight 
Looking for you, for your hot heart, 
Like a puma in the barren wilderness.







 
Eccomi!!!
Come state? 
Questa volta la poesia, sempre di Neruda, è Anhelo su boca, su voz, su pelo, 
mentre il titolo del capitolo significa "fame" (come la punizione di Simon e il fulcro della poesia stessa). L'ho messa tutta perché... boh, mi è sembrata perfetta e non ho avuto la forza di amputarla in nessuna sua parte.
Ok, questo incontro ha dato giusto un assagio, perché c'è ancora rancore da parte di Raphael, negazione dei suoi sentimenti, senso di dovere verso il clan... anche se non può impedire a quello che prova di venire a galla. O, almeno, spero che si capisca che questo è l'intento con cui ho pensato il capitolo. Credo ce ne saranno altri due, più "succulenti", ma spero comunque che questo vi sia piaciuto. Ovviamente il prossimo sarà dal POV di Simon. 
Come sempre, ogni riscontro è più che gradito. ^__^
Alla prossima!
DonnieTZ


 
   
 
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