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Autore: jo17    20/04/2016    1 recensioni
L’artista rimase turbata dalle sue parole, non era la prima volta che le sentiva, ma dette da lei, con quella naturalezza e sincerità assumevano tutt’altro valore rispetto a vederle scritte su una rivista da qualche critico che nemmeno conosceva. Si accorse che Ruth la stava osservando e cercò di celare quel piccolo disagio che sentì avvenire in lei.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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  • Quella donna credimi, è un’idiota!
Ruth faceva avanti e indietro davanti ad una Beth divertita seduta alla scrivania della curatrice. La sua amica lavorava nella stessa zona e spesso pranzavano insieme.
  • Ne incontrassi io di idiote sexy e che ci sanno fare a letto.
  • Oddio Beth! Riusciamo a restare concentrati su di me per una volta?
L’amica addentò la mela che aveva in mano e pronunciò un Ok divertito e biascicato.
  • Adesso secondo te come mi dovrei comportare? Al solo pensiero mi fa incazzare in un modo.
  • Io non ti capisco, mi sa che ha ragione lei, tu vuoi qualcosa di più.
  • Ma se nemmeno la conosco!
  • Oh, questa è bella, raccontalo a qualcuno che non si ricorda come arrossivi tutte le volte che l’incrociavamo al campus.
  • Ma non dire sciocchezze, sono passati più di dodici anni, era un’estranea all’ora figuriamoci adesso.
  • Sarà, comunque non è che ti sei lasciata convincere più di tanto, per carità non ti giudico, io avrei fatto lo stesso.
  • Ecco, adesso si che mi devo preoccupare, se sto avendo il tuo stesso comportamento.
  • Ciao belle signore, vi disturbo?
Entrò Harry con in mano un panino.
  • Vedo che nemmeno tu sei riuscito ad uscire di qui
  • No, avevo delle cose da finire senza avere il telefono che squilla di continuo, di che parlate?
Rispose Beth con un sorriso malizioso
  • Questioni morali.
  • Oh bene! Si parla di sesso!
Si lasciò cadere comodamente sul divano.
  • E ditemi, chi va a letto con chi?
Ruth reagì prontamente prima rivolgendosi all’amica e poi al suo socio
  • Tu non dire nemmeno una parola. E tu…
  • Credimi, non lo vuoi sapere
  • Beth dannazione!
  • Ma da quando abbiamo segreti con Harry?
Lo sguardo che gli lanciò Ruth fu abbastanza eloquente.
  • Ops….
Fu l’unica cosa che disse una volta aver capito.
  • Ok ragazze, se volete tenermi all’oscuro può essere solo per un motivo, dev’essere qualcosa che mi farebbe arrabbiare. Ruth cos’hai fatto?
  • Ma fai sul serio?
  • Dai Harry, non è niente di così preoccupante. Fino a quando Ruth non si ritroverà da sola nella stessa stanza con una certa persona  vedrai che andrà tutto bene.
Harry la guardò stringendo leggermente gli occhi, e poi si illuminò!
  • Sei di nuovo andata a letto con Victoria Reyes! Cavolo Ruth!
  • Oddio Harry, sta tranquillo, non ho infranto nessuna legge! E poi non preoccuparti non accadrà più, te lo posso assicurare!
  • Questo me lo hai già detto poco tempo fa eppure eccoci qua. Ma ti rendi conto di quello che rischiamo? Potrebbe recidere il contratto, vorrebbe indietro i soldi che ha già versato, farci causa,e soprattutto  perdiamo di credibilità se inizi ad andare a letto con i clienti!
Beth decise di intervenire vedendo la piega che stava prendendo la conversazione.
  • Potrebbe estinguersi la razza umana! Andiamo Harry, non pensi che stai un tantino esagerando? In fondo Ruth non ha costretto nessuno, non è stata nemmeno una sua iniziativa!
Ruth la guardò allibita.
  • Non so Beth, vuoi anche dirgli il dove e il quando?
  • Guarda che sono dalla tua parte! Ragazzi ne state facendo una questione di stato, tu per un motivo e tu per un altro!
In quel momento furono distratti da qualcuno che bussava alla porta aperta per attirare l’attenzione dei tre intenti in quell’accesa discussione. Si girarono tutti contemporaneamente verso la nuova arrivata e a Ruth gelò il sangue.
  • Lexie, come mai da queste parti?
Restava davanti alla porta aspettando che qualcuno la invitasse ad entrare, aveva stampata in viso la sua espressione fiera, resa quasi gelida dal colore azzurro ghiaccio dei suoi occhi, aveva la folta capigliatura nera che ricadeva morbida sulle spalle messa in risalto dalla camicia bianca che indossava su dei pantaloni in tessuto grigio, aveva la ventiquattrore ben salda in una mano e l’altra invece era appoggiata sulla maniglia della porta. Senza alcun dubbio era una donna affascinante e imponente dall’alto della sua statura di un metro e ottanta, l’insieme, il suo portamento e il suo aspetto fisico incutevano una certa soggezione e rispetto nelle aule di tribunale ogni volta che seguiva un caso. Ma aveva anche un lato estremamente sensibile che aveva mostrato solo a poche persone, una delle quali era proprio la sua ex compagna che se ne restava a guardarla con aria sorpresa.
Fu Harry a risponderle.
  • Perché l’ho chiamata io, è la nostra consulente legale o te ne sei dimenticata? E mai come adesso potrebbe illuminarmi sulle conseguenze di certe azioni.
  • Non pensarci nemmeno!
Fu solo un sussurro molto minaccioso che gli rivolse guardandolo dritto in faccia.
  • Non volevo disturbarvi, ma Harry dopo avrei un altro impegno, quindi.
Ignorò totalmente la presenza di Ruth, con grande sorpresa di quest’ultima, si era limitata a lanciarle uno sguardo indifferente e poi aveva riversato la sua attenzione sull’uomo.
In quel momento iniziò a squillare il numero diretto di Ruth al quale rispose.
  • Katrin…
Chiuse gli occhi e si tocco una tempia, sentiva arrivare un gran mal di testa.
 Beth avendo visto l’ora esclamò
  • Per essere una pausa pranzo è davvero affollata.
Ruth cercò di ignorare le persone nella stanza per dedicarsi alla persona all’altro capo del telefono.
  • Dimmi, cosa posso fare per te?
  • Volevo solo ringraziarti, non so come sei riuscita a convincerla ma direi che Victoria finalmente ha l’aria di voler partecipare attivamente a tutto questo.
Ruth  sentì un forte imbarazzo sopraggiungere, di sicuro non sapeva quello che era successo tra lei e l’artista,ma iniziava a capire in parte le motivazioni di Harry, per quanto le trovasse esagerate.
  • Ho solo fatto il mio lavoro, non hai nulla per cui ringraziarmi.
  • Comunque a parte questo, avrei stilato una lista di persone che vorrei ci fossero all’inaugurazione, mi piacerebbe discuterne con te.
  • Va bene, devo solo vedere quando potrei avere uno spazio libero.
  • Ecco a dire il vero, stavo pensando che magari potremmo discuterne a cena
Ci fu un lungo silenzio interrotto nuovamente da Katrin
  • Era da un po’ che volevo invitarti, mi piacerebbe conoscere meglio la persona che riesce a gestire quasi meglio di me Victoria. Ma non so, forse ti metto in difficoltà con la tua compagna?
  • La mia compagna?
Al suono di quella parola sia Ruth che Lexy si guardarono, la prima confusa, non riuscendo inizialmente a capire, la seconda sorpresa.
  • Se è così potrei anche giurare di non avere secondi fini.
Katrin aveva un tono di voce molto divertito.
  • Katrin, puoi aspettare un attimo in linea?
Rivolgendosi agli altri
  • Scusatemi ma devo ritornare a lavoro se poteste…..uscire.
Beth le fece un gesto per farle capire che l’avrebbe richiamata dopo e si diresse verso l’uscita, Harry la guardò in modo truce
  • Il discorso non è ancora chiuso!
E anche lui andò verso la porta dove ad attenderlo c’era ancora Lexy, quest’ultima si limitò a guardarla incrociando il suo sguardo, sentiva ancora ronzarle in testa la voce di Ruth che pronunciava  “la mia compagna”. Si, voleva ancora esserlo, avrebbe dato qualsiasi cosa. La guardò ancora  per un attimo e così anche lei lasciò l’ufficio insieme al suo amico.
Ruth riprese finalmente fiato.
  • Katrin, ascolta, magari sarebbe il caso che anch’io butti giù una lista di nomi, cosa che ancora non ho fatto, quindi mi serve del tempo.
  • Prenditi il tempo che ti serve, ma l’offerta di una cena insieme è sempre valida.
Ruth restava in silenzio.
  • Ruth, ti ho forse messa a disagio?
  • No.
  • Se così fosse non era mia intenzione, anche perché non credevo che a una come te bastasse così poco per sentirsi in imbarazzo.
Ruth avvertì un tono malizioso nella voce della sua interlocutrice.
  • Ti sbagli, cioè… mi trovi solo in un momento un po’…difficile.
  • Posso aiutarti in qualche modo?
Katrin stava flertando, ecco cos’era che la stava mettendo a disagio, non appena se ne rese conto ebbe un attimo di disorientamento ma riuscì a riprendere in mano velocemente la situazione.
  • Si, un modo ci sarebbe, fammi sapere quando Victoria è disponibile per mandarle il trasportatore a imballare i suoi dipinti, dopo risentiamoci per vederci allo stabile.
Fu molto decisa, quasi brusca. Per Katrin fu una doccia fredda, non avrebbe mai creduto di aver infastidito così tanto Ruth.
  • D’accordo, ti farò sapere.
Quando la telefonata terminò Katrin si ritrovò a fissare il telefono. Aveva sperato che Ruth accettasse il suo invito, le piaceva, come non poteva non piacerle, era bella e intelligente e cosa non da poco sapeva gestire la sua lunatica amica, dote forse più grande di quelle elencate. Non le sarebbe dispiaciuto conoscerla al di fuori del suo ambiente. Ma era rimasta quasi offesa dalla reazione esageratamente dura che aveva avuto.
Con questo  spirito, tra l’offeso e l’imbarazzato, in una bellissima mattina di luglio si ritrovò ad affrontare l’incontro nel luogo che avrebbe ospitato la mostra. Il caldo si faceva sentire e l’essersi resa conto di essere arrivata prima della sua amica non aiutò il suo umore a migliorare. Si decise ad entrare,  Ruth, non appena si rese conto della sua presenza la salutò con un largo sorriso, questo bastò a far evaporare tutto il suo rancore e disagio verso la curatrice, facendole dimenticare persino perché li avesse provati. Ruth aveva i capelli legati in una coda alta che lasciava scoperto il collo, indossava gli occhiali da vista dalla scura montatura e aveva in mano un blocco dove prendeva appunti, aveva un abbigliamento molto sportivo che consisteva in un paio di jeans e una maglietta bianca molto larga che le lasciava una spalla scoperta.
Katrin si domandava come facesse questa donna ad essere sempre così sexy, ed era abbastanza sicura che anche con un sacco addosso non avrebbe fatto alcuna differenza.
  • Victoria non è con te?
  • No, credevo fosse già arrivata.
  • Se per te non è un problema inizierei a illustrarti qualche idea che ho avuto.
  • Certo…
Ruth aveva iniziato a portarla in giro per la sala e a spiegarle come avrebbe voluto organizzare l’esposizione, aveva fatto dividere in tre gruppi i vari dipinti e aveva dato disposizione che avrebbe pensato lei a sistemarli e successivamente a contattare gli installatori. Le spiegò che quella mattina si sarebbero dedicate a spostare nelle varie posizioni i quadri in modo tale da vederli con gli effetti reali della luce e a scegliere le soluzioni migliori in base ai vari fattori espositivi.
Katrin restava ammirata ad osservare con quanta sicurezza  le spiegava tutto questo, e si rese conto che sarebbe restata ad ascoltarla per ore.
  • Allora, cosa ne pensi? 
Questa domanda la fece trasalire.
  • Che per me va bene, voglio dire, non ho molta esperienza, un tempo Vic si occupava di tutto questo da sola, io ero solo una visitatrice.
Sospirò sorridendo
  • Quindi mi fido della tua esperienza, totalmente.
  • Da quanto vi conoscete.
Rimase sorpresa della domanda
  • Da una vita intera.
  • Quindi nessuno la conosce meglio di te. 
Ruth fece una breve pausa incerta diede voce ai suoi dubbi.
  • Voglio essere sincera, il cambiamento avvenuto nelle sue opere sarà l’argomento principale di discussione. E so che per lei sarà difficile,  proprio per questo, non vorrei esporre i suoi vecchi lavori.
  • Non so, sono così..
  • Ottima idea.
Victoria aveva fatto finalmente il suo ingresso. Le due donne che non l’avevano sentita entrare si voltarono e rimasero a fissarla con aria sorpresa e Katrin con un velo di preoccupazione.
Indossava dei vestiti in forte contrasto con il caldo estivo che regnava fuori, aveva una giacca di felpa leggera e dei pantaloni scuri. Teneva le mani ben piantate nelle tasche e gli occhiali da sole, che non aveva tolto entrando, non impedivano di decifrarne l’espressione cupa che aveva.
Ruth non la vedeva dal loro ultimo incontro e tanto meno aveva cercato di risentirla, per la sua esperienza l’abbigliamento poco consono e il fare annoiato lo attribuiva alle classiche stranezze e bizzarrie che spesso avevano gli artisti.
Fu Katrin la prima a rivolgerle la parola
  • Vic, stai bene?
  • Si. Splendidamente.
Poi si rivolse a Ruth
  • Mi piace l’idea del fuori il vecchio.
  • Sappi che può essere un’arma a doppio taglio, qualcuno lo terremo.
  • Non m’importa. Allora, cosa siamo venute a fare?
Questo suo atteggiamento la infastidiva non poco, ma decise di ignorarlo e di concentrarsi esclusivamente sul lavoro che avevano da fare. Iniziò a spiegare anche a lei come avrebbe voluto organizzare la cosa, che  avrebbe dedicato la parte iniziale della sala alle opere più vecchie, quelle più significative e quindi ridotte decisamente di numero, per passare alle più recenti sino al raggiungimento della zona interna e centrale dove avrebbe messo il dipinto a cui teneva Victoria e che ancora nessuno aveva avuto modo di vedere.
L’artista non fece nessuna obiezione, la vide soltanto esitare quando le disse che sarebbe stato il caso di iniziare a togliere dagli involucri protettivi i dipinti e ad iniziare ad appoggiarli alle pareti dove si pensava volerli inserire e vedere il primo risultato. Ruth, vedendo che non si muoveva rafforzò la sua richiesta.
  • E sarebbe il caso di muoversi se non vogliamo passare tutto il giorno qui.
Victoria le fece un cenno di assenso e si diresse verso i primi box che contenevano i suoi quadri.
Ruth vide Katrin raggiungerla, ma non vi prestò molta attenzione e si dedicò agli altri imballi che regnavano praticamente ovunque. Notò diverse volte le due amiche parlare concitatamente, anche se era più che altro Katrin a parlare e Victoria a risponderle con monosillabi. Un’altra cosa che notò fu che la mora non aveva mai tolto la mano sinistra dalla tasca della giacca e che a volte una smorfia di dolore le attraversava il viso. Le sue impressioni furono confermate quando Victoria per liberarsi dalla presenza costante di Katrin le si avvicinò,  Ruth che in quel momento stava appoggiando una grande tela alla parete, le chiese di darle una mano a inclinarla e quando Victoria istintivamente cercò di afferrare con entrambe le mani il dipinto che stava pericolosamente scivolando,il dolore che l’artista stava provando fu evidente,  alcune gocce di sudore comparirono ad imperlarle la fronte.
  • Victoria tutto bene?
La donna le rispose con un tono leggermente in affanno.
  • Si… certo…
Mentre le diceva questo si voltò allontanandosi, la curatrice la vide scomparire dove sapeva trovarsi una piccola stanza adibita ad ufficio. Cercò con lo sguardo Katrin ma in quel momento non la vide, decise quindi di raggiungerla.
Aprendo la porta la trovò che cercava di togliersi la giacca ma con scarso successo,una smorfia di dolore era dipinta sul suo volto ma quando la vide entrare la fulminò con lo sguardo. Dopo un primo momento di disagio da entrambe le parti Ruth le si avvicinò.
  • Lascia che ti aiuti
  • Non ne ho bisogno
  • Non si direbbe, cosa ti è successo?
  • Niente, mi fa solo male la spalla, a volte mi capita..
Ruth, una volta tolta la giacca si ritrovò a guardarla, aveva una canotta grigia molto aderente che esaltava le sue curve e il suo bellissimo seno.
  • Così sei più intonata alla stagione.
Le sorrise, ma Victoria, per quanto la sua espressione fosse più rilassata non la ricambiò
  • Fammi vedere dove ti fa male.
  • Lascia stare, passerà.
Le tolse la giacca dalle mani e si diresse verso la porta, ma quando allungò il braccio verso la maniglia fu colta da un’altra fitta di dolore,  allora Ruth si rese conto che non si trattava solo della spalla.
  • Victoria..
Le poggiò entrambe le mani sulle spalle sentendola tremare.
  • Toglimi le mani di dosso…
Sentendo quelle parole pronunciate in un sibilo di rabbia la donna si allontanò.
 In quel momento furono raggiunte da Katrin che con tono curioso, dopo averle guardate entrambe chiese
  • Che combinate voi due?
Fu Ruth a risponderle mentre la superava per uscire.
  • Credo che alla tua amica serva un’aspirina, o qualcosa di decisamente più forte.
Quando le rivide apparire Ruth congedò le due donne dicendo che il grosso ormai era fatto. Cercò con lo sguardo Victoria, la vedeva restare lì a guardare in un punto indefinito persa in chissà quali pensieri. Odiava quel suo atteggiamento di superiorità e distacco e si sentiva ancora ferita per come le aveva parlato quando lei voleva solo esserle d’aiuto. Si mosse solo per dirigersi verso l’uscita, Katrin rimase un attimo incerta come se volesse dire qualcosa a Ruth, ma si mosse anche lei seguendo la sua amica
Ormai sola Ruth rimase ancora per un po’ a vagare per la sala in contemplazione di quei dipinti che, odiava ammetterlo, toccavano l’anima.
Sentì aprirsi nuovamente la porta e girandosi si trovò di nuovo davanti la rossa, un po’ in affanno e in imbarazzo.
  • Katrin, hai dimenticato qualcosa?
  • No. Cioè credo che…
Ruth sorrise non riuscendo a comprendere l’agitazione della donna.
  • Che succede?
  • Oddio, Vic mi ucciderà, ma c’è qualcosa che devi sapere, anche soltanto per, non so credo che ti aiuterà a gestire meglio la situazione.
La curatrice inclinò la testa
  • Così mi fai preoccupare, di cosa si tratta?
Katrin la guardò cercando il coraggio di decidersi a parlare. Ruth cercò di aiutarla.
  • Ti va se usciamo di qui? Andiamo al bar qui di fronte a prendere qualcosa da bere.
Mentre lo diceva le aveva messo una mano sulla spalla accompagnandola delicatamente verso l’uscita e la donna si fece condurre docilmente.
Una volta raggiunta la meta Ruth si incaricò di ordinare per entrambe qualcosa di fresco in attesa che Katrin si decidesse a parlare. Alla fine la rossa si decise a rompere il silenzio.
  • Perdonami,  ti devo sembrare veramente bizzarra ma non è facile per me.. tradire un’amica.
  • Tradire?
  • Si insomma, ti dirò qualcosa che dovrai tenere per te.
  • Ok, lo farò, te lo prometto.
  • Victoria, ha passato un periodo difficile. E’ stata poco bene, e a volte ha qualche ricaduta. Ne sei stata testimone poco fa.
  • Che cos’ha?
  • Perdonami, ma ti dirò soltanto quello che ritengo necessario a farti capire il suo comportamento, affinchè tu non decida di mandarci al diavolo.
Dicendo l’ultima frase sorrise. Poi continuò
  • Per me è importante che questa cosa riesca, per dimostrarle che può farcela, che il peggio è passato e .. non lo so, molto egoisticamente mi manca la mia amica, quella con cui sono cresciuta e voglio riaverla indietro.
  • O semplicemente le vuoi bene. Ok, non ho ben capito la gravità della cosa ma possiamo gestirla.
  • Victoria non dovrà mai sapere che te l’ho detto. E tu non la tratterai in modo differente. Ti chiedo solo di comprendere.
Ruth rimase in silenzio ad assimilare l’informazione appena ricevuta, avrebbe voluto farle molte domande, ad alcune delle quali poteva anche rispondere da sola, ma quella più importante, cioè quanto grave potesse essere rimaneva senza risposta. Aveva compreso in parte la tristezza e la durezza che sprigionavano i suoi nuovi dipinti e poteva giustificare il suo radicale cambiamento e visione delle sue opere.
  • Ok, non lo saprà. Anche perché mi hai detto veramente poco. Ma hai fatto bene, in effetti ha il potere di farmi perdere la calma.
Sorrise
  • Temo che quello dipenda semplicemente da lei e dalla sua testardaggine, è sempre stata così.
  • Da quanto vi conoscete? Questo puoi dirmelo?
Katrin colse il tono ironico dell’ultima domanda. Sorrise a sua volta.
  • Da una vita intera. Sua nonna faceva la governate in casa mia. Che clichè vero? Una famiglia ricca newyorkese con la domestica latina.
Fece una pausa, guardando in un punto fisso nel vuoto.
  • Praticamente mi ha cresciuta, insieme a sua nipote.
  • Sorelle.
La guardò sorpresa
  • Si, sorelle. I miei non sono mai stati molto contenti del nostro legame. Hanno sempre cercato di allontanarmi da loro. Ci sono riusciti solo per il periodo del college. Mi hanno spedito a Barkley. Ma io non vedevo l’ora di tornare a casa per passare del tempo con le uniche due persone che consideravo la mia famiglia. Non sai che delusione quando seppi che avevano mandato via abuela.
  • E Victoria?
  •  Lei ormai era al college, sua nonna la vedeva vicina alla sua realizzazione e vedeva la pienezza della sua vita di allora. E soddisfatta di questo decise di ritornare a casa sua, in in paesino del sud del Messico dalla sua famiglia, sapendo che la sua cara nipote era padrona di se stessa e del mondo che la circondava. Per me fu terribile ma Victoria mi fece capire che se lo meritava, dopo anni di sacrifici era giusto che lei fosse tornata a casa. Anche lei ne soffriva, era tutto il suo mondo, ma l’amava e sapeva che era la cosa giusta.
Ruth la ascoltava attenta e grata nel venire a conoscenza di alcuni aspetti della vita di Victoria. Ma ne voleva sapere di più.
  • I suoi genitori?
Katrin la guardò un po’ sorpresa, ma decise di risponderle.
  • Sua madre e morta quando era ancora piccola, e suo padre non lo ha mai conosciuto. Era molto bella sua madre. I racconti di Abuela sulla figlia erano storie fantastiche, di come era fiera e indipendente. Diceva che Vic crescendo andasse ad assomigliarle sempre più. E forse grazie a questi racconti non ha sentito molto la mancanza di una madre. La sua Abuela ci riempiva di amore e di serenità, inventava sempre mille giochi per noi. Mi manca molto. Sapeva sempre tirarci su di morale, aveva sempre la parola giusta per ogni situazione.
Sospirò chiudendo gli occhi e scuotendo la testa accennando ul leggero sorriso.
  • Dio, non so perché ti racconto queste cose.
Ruth si allungò per prenderle la mano
  • E’ molto bello sentirti parlare di queste cose, si avverte il tuo amore verso queste persone. E ti prometto che cercherò di non deluderti.
Il suo sguardo era sincero, come il suo sorriso e Katrin stringendole a sua volta la mano, decise di crederle.
 
******************
Quel giovedì mattina quando la sveglia iniziò a suonare Ruth, lo era  già da un po’. La ignorò continuando a restare sdraiata con la testa comodamente immersa sugli enormi cuscini del suo letto. Dalla posizione in cui si trovava riusciva a intravedere il cielo dalla finestra della sua camera. Quando finalmente quel suono insistente terminò fece un profondo sospiro.
No, quella mattina non aveva alcuna intenzione di andare in ufficio, aveva bisogno di un giorno totalmente per se, era ormai da tempo che non si fermava un attimo, strattonata da ogni parte dagli eventi della sua vita, Lexie  ,il  lavoro , Victoria. E proprio da quest’ultima aveva bisogno di riprendere un certo distacco. Doveva confessare a se stessa che si era lasciata coinvolgere da lei sin dal primo momento, persino quando ancora non sapeva chi fosse, aveva occupato una buona parte dei suoi pensieri. E quando alla fine l’aveva riconosciuta era rimasta spaventata dalla forte attrazione che sentiva per lei. Era sempre stato così, se tornava a guardare nel suo passato ricordava esattamente la prima volta che l’aveva incrociata, era stato come se quella giovane Vctoria entrando in quell’aula avesse esaurito tutto l’ossigeno e lei fosse rimasta in apnea e in contemplazione di quell’essere solare e perfetto. Solare, adesso di certo non era la parola che si sarebbe potuta associare a quella donna.
Si, doveva fermarsi un attimo. In fondo se lo meritava e per un giorno, la fuori, avrebbero vissuto bene anche senza di lei. 
Mandò un messaggio per avvertire Harry, poi si decise ad alzarsi dirigendosi in cucina e iniziò a prepararsi un caffè che poi bevve ammirando il paesaggio fuori dalla sua finestra che consisteva in uno scorcio del ponte di Brooklyn e dello skyline di Manhattan. Si soffermò a contemplare alcune imbarcazioni che percorrevano placide il corso dell’acqua. Alla fine decise di prepararsi ed uscire, così, senza una meta ben precisa, ma semplicemente girovagare per quella città, in quei quartieri dov’era cresciuta e che tanto amava.
Si diresse verso Williamsburg, ritrovandosi a girovagare per quelle strade ricche di personaggi curiosi e di negozietti interessanti, si perse tra gli scaffali di una piccola libreria, riscoprendo titoli di autori che le avevano toccato il cuore e che aveva relegato in un angolo dei suoi ricordi. E ascoltando l’eco del passato si ritrovò davanti alla drogheria appartenuta al padre e ormai gestita dal fratello. 
Sarebbe potuta  entrare, sapeva che avrebbe trovato il padre seduto sulla sua sedia di legno e paglia appoggiato al suo bastone, circondato dai vecchi amici di una vita che usavano ritrovarsi in quel luogo, ormai da anni, a commentare le notizie politiche e di come il mondo fosse ormai incomprensibile per loro. Rimase a guardare la facciata dell’edificio un po’ stinta e maltrattata dalle intemperie del tempo.
Avrebbe pagato qualsiasi cosa per vedere affacciarsi sua madre dalla finestra della loro casa al piano di sopra, l’unica che l’aveva compresa, l’unica che aveva accettato le sue scelte. Ma sapeva che non sarebbe mai successo. Lei non c’era più da tempo e ormai quella casa era abitata dalla famiglia del fratello che si prendeva cura del loro vecchio padre. Decise di andar via, non voleva perdersi in ricordi spiacevoli, fatti di litigi dove si erano dette e fatte cose troppo gravi per essere dimenticate.
Si girò per andare via ma sentì pronunciare il suo nome. Quando si voltò vide il fratello che usciva dal negozio con in mano uno scatolone. Rimase a guardarla sorpreso, entrambi lo erano, lui poggiò velocemente la scatola per terra e attraversò la strada raggiungendola in una breve corsa.
  • Ruth, sei proprio tu, non mi ero sbagliato.
Dicendolo le mise una mano sulla guancia, in una leggera carezza, aprendosi in un sorriso. Ruth fu sorpresa dal gesto e dalla calda accoglienza del fratello.
  • David…
L’uomo le somigliava molto, aveva la sua stessa fisicità molto magra e ossuta, cosa resa ancora più evidente dall’altezza, sovrastando decisamente la sorella, aveva una folta capigliatura poco disciplinata e uno sguardo gentile .
  • Santo cielo, era da un bel po’ che non avevo tue notizie. Ero preoccupato.
La donna gli rivolse uno sguardo perplesso
  • Sorellina, lo ero davvero. E’ tutto ok? Non mi sarei mai aspettato di vederti qui.
  • Si va tutto bene, mi trovavo solo a passare da queste parti.
  • Perché non entri.
  • Perché sai benissimo che non voglio.
  • Gli farebbe piacere.
  • Oh ti prego, non mentire, sappiamo entrambi che non è così.
  • Ruth, il tempo passa e le cose cambiano, ha avuto per giorni in mano la rivista dove c’era  l’articolo di quell’evento che hai organizzato. Non faceva altro che stare a guardare le tue foto.
  • Avrebbe benissimo potuto chiamare…e anche tu. O ti controlla ancora le chiamate?
Il tono che usò era volutamente pungente e ironico.
  • Ruth..
  • Si, certo, lo so che non puoi contraddire il vecchio, di almeno uno dei due dev’essere orgoglioso.
L’uomo abbassò la testa. La sorella gli mise le mani sulle braccia.
  • David
Il fratello tornò a guardarla. Lei gli sorrise.
  • Perdonami – si avvicinò per baciarlo sulla guancia – ti voglio bene. Ma è meglio che me ne vada.
L’uomo l’abbracciò e gli rispose con un flebile “anch’io ” e un “mi manchi”.
Lei gli sorrise staccandosi da lui e se ne andò da dov’era venuta.
Non era quella l’intenzione con cui aveva preso quella giornata di libertà, certamente non per perdersi in lontani ricordi fatti di vecchi rancori e ferite ancora aperte, come quella verso il fratello che non aveva avuto il coraggio di sostenerla nel momento in cui il padre scoprendo la sua omosessualità l’aveva esclusa dal suo cuore, ed era riuscito ad allontanarla dalla loro casa non appena le era venuta a mancare la protezione della madre. Ma nonostante tutto lo capiva, quell’uomo burbero sapeva far valere i suoi diritti di genitore, e poi il figlio, e un tempo anche lei, lo adoravano. Suo padre sapeva farsi amare dai suoi figli, ma anche odiare non appena si usciva fuori dalle sue regole e principi morali. Il suo silenzio, i suoi sguardi carichi di vergogna, le mezze parole e il mancato conforto quando ne avrebbe avuto più bisogno, lui aveva perso sua moglie, la compagna di una vita, ma lei aveva perso l’unica persona che amava e con lei tutto il suo mondo.
Le tornarono in mente gli anni fatti di stenti e di continua paura, il terrore di morire o di continuare a vivere.
Avvertendo il calore delle lacrime trattenne il respiro e si diresse in una zona dove sapeva esserci una mostra di artisti di strada. Si sarebbe nuovamente immersa in quel mondo che conosceva e che aveva costruito con tanta forza e determinazione e ricacciando il passato in quell’angolo buio del suo cuore. Prima di raggiungere la sua meta si fermò per un breve pranzo in un localino piccolo e accogliente, mentre consumava il suo pasto tirò fuori il libro che aveva acquistato solo qualche ora prima per immergersi nella lettura come unica compagna del suo pranzo.
Trascorse più di un’ora leggendo e sorseggiando una tazza di caffè quando si decise a raggiungere la sua meta. Non dovette fare molta strada, iniziò a vedere la lunga fila di dipinti e sculture poste lungo il marciapiede, adorava questo genere di iniziative, c’erano anche dei musicisti che improvvisavano dei brani jazz e soul, nel pomeriggio che si inoltrava in una fresca sera d’estate, il profumo dei fiori alle finestre della abitazioni, la gente allegra che la circondava, tutto questo contribuì a scacciare la tristezza che l’aveva invasa dopo l’incontro della mattina.
  • Sono appena le cinque e non sei ancora chiusa in ufficio? Eppure mi avevano detto che eri una stacanovista.
Ruth non ebbe bisogno di girarsi per capire a chi appartenesse quella voce.
Victoria.
Sembrava proprio che quel giorno fosse contrario ai suoi propositi. Si girò a guardare l’artista che la stava osservando con un mezzo sorriso stampato in faccia. Ruth la squadrò dalla testa ai piedi con aria infastidita.
  • Vedo che ti sei ripresa.
Ritornando a concentrarsi su quello che stava osservando un attimo prima. Sentì sfiorarsi un braccio e questo bastò per tornare a guardarla.
  • A proposito di questo, ti chiedo scusa, ero infastidita e di pessimo umore..e credo di essermela presa con te.
Ruth vide l’espressione gentile e serena che aveva Victoria, le venne in mente la ragazza che aveva conosciuto anni addietro e ne rimase sorpresa. Sentì una stretta al cuore, riconosceva quel sentimento e si domandava perché mai affiorava in quel momento. O forse perché per un attimo le era sembrato di riavere vent’anni e di essere consapevole di avere una cotta per quella ragazza di qualche anno più grande di lei. Ruth borbottò qualcosa che Victoria non comprese e vedendo il suo imbarazzo le fece sbocciare un bellissimo sorriso che incantò ancor di più la sua interlocutrice. Alla fine Ruth riuscì a schiarirsi la voce.
  • Dicevo che non ti devi scusare, sono io che me la sono presa per niente, tu in fondo non stavi bene e..
  • Facciamo che ci passiamo sopra?
Stavolta fu Ruth a sorridere
  • Si, per me va benissimo. – Poi inclinò la testa guardandola – Non ci conosciamo da molto ma siamo già passate sopra ad un sacco di cose…
  • Già, chissà dove andremo a finire.
Sorrisero entrambe.
  • E’ anche curioso il fatto di come continuiamo a incontraci così, casualmente. Posso farti compagnia o aspetti qualcuno?
Ruth rimase sorpresa dall’offerta, c’era qualcosa di diverso in lei.
  • No, nessuno.
Iniziarono a camminare insieme soffermandosi spesso a commentare quello che vedevano, Victoria trovava tutto molto interessante, anche se a volte erano vere e proprie croste realizzate da persone che non possedevano nessun talento o particolare visione di quello che credevano dovessero comunicare le proprie opere. Per Ruth invece non poteva essere solo espressività di un qualcosa, per lei a volte la tecnica rappresentava una certa importanza nel valutare dei dipinti.
  • Altrimenti saremmo tutti degli artisti
  • Ma lo siamo in fondo, artisti mancati. La tecnica, come la definisci tu, la puoi acquisire, puoi fare dei ritratti perfetti, riproduzioni esatte di ciò che rappresentano. Ma vedrai soltanto quello, non sentirai mai che cosa ha provato l’artista nel dipingerlo, le sue emozioni. Sarà soltanto bello, ma nient’altro.
Ruth rimaneva sorpresa e incantata ad osservarla mentre si accalorava a spiegarle il suo punto di vista sull’arte.
  • Beh, l’arte non è anche ricerca del bello? O per te è solo sensazione e sentimento. Che sia chiaro, anche per me è così, dev’essere espressività e deve suscitare in me qualcosa.
  • Anche il disgusto è un sentimento, guarda questo ad esempio.
E le indicò una piccola tela con delle macchie di colore buttate a casaccio senza grande cura.
  • Tu pensi che molto probabilmente il nostro amico qui abbia preso dei colori e li abbia buttati a caso sulla tela, ma se osservi bene, la scelta che ha fatto è stata accurata.
  • E tu lo vedi da?
  • Dal fatto che ha scelto solo colori freddi, la maggior parte primari e che proprio per questo dove si mischiano vengono fuori altre tinte di colore rendendo il tutto molto variegato.
  • Ciò non toglie che anche un bambino di 5 anni possa farlo.
  • Grazie!
Si voltarono a guardare il proprietario di quel piccolo dipinto che le osservava un po’ infastidito dall’uscita della curatrice.
  • Mi scusi non volevo…
  • Si la scusi, ce ne andiamo subito…
Victoria la trascinò via per un braccio ridendo.
  • Per essere una curatrice d’arte sembri avere una visione limitata.
  • Sei offensiva così, anche perché non è la realtà. Dico solo che c’è una bella differenza fra te e quel tizio, tutto qui.
  • Solo perché so tenere in mano un pennello meglio di lui?
  • Adesso non fare la modesta, non è soltanto quello e lo sai. I tuoi dipinti nel bene o nel male toccano nel profondo le persone che le osservano. Quindi no, non è perché tu sai dipingere e lui no.
L’artista rimase turbata dalle sue parole, non era la prima volta che le sentiva, ma dette da lei, con quella naturalezza e sincerità assumevano tutt’altro valore rispetto a vederle scritte su una rivista da qualche critico che nemmeno conosceva. Si accorse che Ruth la stava osservando e cercò di celare quel piccolo disagio che sentì avvenire in lei.
  • Si sta facendo tardi, ti va se prendiamo qualcosa di fresco da bere e andiamo al Bushwick inlet park?
Ruth rimase sorpresa dalla proposta, ma le piacque l’idea e si stava rendendo conto di come trovava piacevole la compagnia dell’artista. Era come vedere un aspetto di lei che le era del tutto sconosciuto o forse fin troppo familiare.
  • Per me va bene.
Si fermarono a prendere due bibite e andarono in direzione della loro meta, si sedettero direttamente sul prato osservando l’andirivieni delle persone, soprattutto turisti che andavano ad imbarcarsi per fare il giro turistico che partiva proprio da lì. La vicinanza con l’acqua rasserenava molto Ruth, l’odore dell’aria che andava raffreddandosi dopo la calura del giorno, avere accanto Victoria, tutto questo la rendeva quasi felice.
  • Se ne fossi capace, immortalerei questo momento nella speranza di riuscire a trasmettere sia la bellezza di quello che vedo che la serenità che sto provando.
  • Ma se non ricordo male, tu ne sei capace.
Ruth la guardò un po’ sorpresa.
  • No, ti sbagli. Prima, quando parlavi della tecnica fine a se stessa, parlavi di me. E forse è per il fatto che possedendo soltanto quella ne faccio un fattore primario nella scelta degli artisti che seguo. E sono consapevole che è un limite quando invece vorrei non averne…
  • Dipingi ancora?
  • No, non ne ho più il tempo e forse nemmeno la voglia.
  • Ma hai ancora qualcuno dei tuoi quadri?
  • Si, certo.
  • Voglio vederli.
La richiesta sconcertò Ruth, non si sarebbe mai sognata di far vedere qualcosa di suo, non dopo l’orgoglio ferito degli anni dell’università e tantomeno ad una persona di talento come Victoria.
  • Non mi sembra il caso.
  • Ti preoccupi che li possa trovare brutti? Insomma ho trovato bello persino il quadro di quel tizio, quanto vuoi che siano orrendi i tuoi dipinti?
Ruth si mise a ridere
  • Davvero confortante.
  • Ti devo pregare? Posso farlo se vuoi.
Il tono di voce che aveva usato Victoria le fece avvertire un brivido lungo la schiena.
  • E scommetto che saresti molto convincente.
Si guardarono negli occhi. Sapevano entrambe l’ una i pensieri dell’altra. Ruth spezzò quel contatto visivo e tornò a guardare altrove.
  • Ok, magari te li mostrerò.
Victoria si mise in piedi.
  • Allora?
  • Allora cosa?
  • Andiamo o no? Dove si trovano?
  • Ma non intendevo adesso!
L’artista le tese la mani per aiutarla ad alzarsi.
  • Si trovano a casa mia..ma davvero vuoi andare adesso?
  • Dai muoviti!
Continuarono a chiacchierare durante tutto il tragitto in metropolitana, ma arrivate alla meta l’umore di entrambe sembrava mutato. Ruth rimase ad osservare la donna quando entrarono nella hall di quel palazzo signorile in cui abitava, da fuori non si notava affatto come quel vecchio stabile al suo interno fosse stato trasformato in una residenza di lusso.
Victoria osservava l’ambiente lucidato quasi a specchio, salutò con un cenno della testa il portiere in livrea, e rimase in silenzio per tutto il tempo che servì all’ascensore per portarle al piano in cui viveva la curatrice. Continuò ad osservare l’ambiente in cui si era ritrovata una volta che Ruth l’aveva fatta entrare in casa. Quell’abitazione dai grandi spazi sapientemente organizzati per suddividere le varie zone, dal salotto con il grande divano bianco al centro, la libreria che copriva un’intera parete, alla cucina ultra moderna che si intravedeva sullo sfondo ma delimitata dai pilastri interni dell’edificio. Sulle pareti esterne c’erano ovunque grandi finestre che lasciavano libero lo sguardo sul panorama circostante. Il tutto risultava molto elegante ma allo stesso tempo era caldo ed accogliente. Si riusciva ad avvertire la presenza della persona che vi abitava e che era evidente aver scelto ogni singola cosa prensente in quell’appartamento.
Ruth avrebbe voluto sapere cosa pensasse in quel momento la sua compagna, se ne restava in silenzio da quando erano arrivate guardandosi intorno con aria impenetrabile. Sapeva che lei aveva uno stile di vita molto lontano dal suo, ma per la prima volta avvertì un leggero disagio. 
Victoria ruppe il silenzio solo quando prese in mano una cornice con dentro una foto che ritraeva una Ruth molto particolare. Ere un primo piano ma si intravedevano le spalle che facevano intuire come fosse seduta di fianco mentre il volto era rivolto verso l’obbiettivo, aveva i capelli raccolti disciplinatamente dietro, in una curva volta a delinearne il contorno del viso, aveva un copricapo che sembrava di sottili piume nere, il collo era coperto da un intricato intreccio di perle che lo coprivano per tutta la sua lunghezza, e sulle spalle poteva intravedersi un vestito di tessuto anch’esso nero. Gli occhi erano messi in risalto da un trucco molto scuro tendente al bronzo che risaltava il colore dei suoi occhi e anche il rossetto era della stessa tonalità.
Posò quella foto e prese quella accanto in bianco e nero, dove aveva un leggerissimo trucco ma votato sempre ad esaltare il contorno dei suoi occhi e i capelli sempre raccolti ma lasciati morbidi e un po’ disordinati,  era seduta sempre di profilo con le gambe rannicchiate al petto che nascondevano il seno nudo. Victoria rimase colpita dallo sguardo che aveva e da quell’espressione un po’ arrabbiata. Le labbra leggermente socchiuse non avevano un filo di trucco e forse erano ancora più sensuali.
  • Sono delle foto molto inconsuete.
  • Si sono di qualche anno fa. Forse un secolo..per un po’ per mantenermi all’università ho fatto la modella
Victoria posando la foto usò un tono sarcastico
  • Ma di che mi stupisco.
La padrona di casa ignorò il suo commento ma si mise subito sulla difensiva.
  • Allora, che ne dici di farmi vedere quello per cui siamo venute?
Ruth sparì nel suo studio ritornando subito dopo con in mano due tele. Nello stato d’animo in cui si ritrovava in quel momento pensò che qualunque cosa avesse detto la pittrice lei non avrebbe reagito. Si sentiva esposta al suo giudizio dal momento esatto in cui era entrata e non riusciva a capire perché le desse tanto fastidio.
Victoria si perse nella contemplazione di quei due dipinti che raffiguravano uno un paesaggio urbano e l’altro era il suo opposto, incentrato su un grande lago con montagne e alberi, insomma molto bucolico.
  • Sono ben eseguiti, che sei padrona del mezzo non vi è alcun dubbio, com’ è innegabile il fatto che siano belli. Ma sono belli come lo può essere una cartolina.
Ruth scosse la testa ridendo andando ad appoggiarsi al bracciolo del divano e restando a guardare le spalle dell’amica intenta ad osservare ancora il paesaggio montano.
  • Te l’ avevo detto, non c’era bisogno di venire fin qui.
Victoria ignorò l’autrice di quello che stava osservando
  • Vedi questi alberi? Avranno avuto qualche ramo secco no? Ma tu li hai accuratamente eliminati. O in questo prato ci sarà stata una zolla di terra fuori posto!
Si girò a guardarla.
  • Fai nei tuoi dipinti quello che fai a te stessa.
Ruth aggrottò la fronte e incrociò le braccia vedendo Victoria avvicinarsi.
  • Ad esempio, tu credi che la tua bellezza dipenda dal fatto che ti impegni tanto a nascondere i tuoi difetti.
  • Non è presuntuoso da parte tua dirmi una cosa del genere, chi ti dice che io lo faccia?
  • Me lo dice il tuo viso, è un’ovale perfetto, a volte guardandoti mi ricordi quei ritratti cinquecenteschi  di dame ed ermellini. Ma non è quello che lo rende gradevole alla vista, è l’ imperfezione dalla piccola gobbetta che hai sul naso, o quel neo, non quello sullo zigomo destro, ma quello sul sinistro,  quello che ti impegni tanto a nascondere perché scommetto che pensi che ti renda strana la simmetria di questa cosa.
Le si avvicinò e con il pollice le toccò l’oggetto della discussione.
  • Invece ti rende ancora più interessante. O le tue labbra stupende che lasciano spazio ad un sorriso un po’ irregolare ma che lo rende reale e sincero.
Parlando aveva ridotto considerevolmente lo spazio fra loro due, adesso teneva entrambe le mani sul suo viso.
  • Mi hai osservata veramente con attenzione.
Victoria la ignorò continuando a dare voce al suo pensiero
  • La bellezza delle cose sta nelle imperfezioni che le rendono uniche. Puoi impegnarti a nasconderle quanto vuoi ma resteranno comunque lì, perché senza sono solo delle riproduzioni artificiali.
Ruth non aveva mosso un muscolo prestando attenzione a ciò che le diceva e sentendo il battito del suo cuore accelerare sentendo le mani di Victoria sul suo viso.
Rimasero in silenzio per un periodo che ad entrambe apparve eterno.
  • Credo che sia il caso che tu te ne vada.
Victoria si allontanò di qualche passo da lei rimanendo a soppesare le sue. Così Ruth rafforzò la sua richiesta
  • Sono stata bene con te oggi, veramente. Ma sappiamo entrambe che se non vogliamo rovinare la giornata è meglio se vai via.
L’artista sorrise.
  • Si hai ragione. Spero di non averla già rovinata con quello che ho detto.
  • No, non lo hai fatto. Ma non giudicarmi solo per quello che vedi o che pensi di aver visto. Perché davvero, tu non mi conosci. Sono consapevole delle imperfezioni della vita. E delle mie ne vado fiera, ho lottato per esse e no, non le nascondo.
  • Non ti stavo giudicando.
  • Eppure sembrava di si, nel profondo so che hai un’idea di me, ho solo paura che sia sbagliata.
Victoria le sorrise nuovamente.
  • Non dovresti dare molta importanza a quello che penso.
  • Già, ma non so perché, non riesco a non farlo.
 Victoria esitò ancora un attimo ma poi si decise a muoversi verso l’uscita. Prima di sparire dietro la porta le disse un’ultima cosa, con l’espressione serena che Ruth aveva conosciuto quel giorno
  • Comunque, oggi sono stata bene anch’io.
 
Quando rientrò a casa Victoria si sentiva stranamente bene, era da anni ormai che non provava quel genere di sensazione. Non voleva soffermarsi sul fatto che fosse grazie al pomeriggio trascorso con  Ruth, voleva soltanto godersi la leggerezza di quel momento. Si diresse verso l’enorme tela che voleva fosse il centro della sua esposizione e quando prese il pennello in mano improvvisamente gli cadde a causa del forte dolore che le aveva afferrato la mano.
  • Dannazione!
Iniziò a squillare il telefono ma rimase in attesa che quel dolore intenso sparisse prima di rispondere.
  • Vic, ma dov’eri?
  • Che vuoi Kat?
  • Sempre gentile! E poi da quando devo avere una motivazione per chiamarti.
  • Katrin..
  • Volevo sapere come stavi, è un reato?
Victoria sospirò.
  • Scusa, non volevo, mi hai preso in un cattivo momento.
  • Va così male?
Victoria sapeva che se le avesse detto la verità l’amica si sarebbe precipitata da lei.
  • No,cioè lo sai, la mia è solo paura.
  • Lo sai che non puoi vivere così, vedrai, l’altro giorno è stato un episodio occasionale. Sta tranquilla.
  • Già…starò tranquilla.
  
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