Titolo: Innocence
(Avril Lavigne©)
Autrici: yami_x_dark
Parte: 4/4
Rating: nc17,
AU
Paring: J-squared ( Jensen Ross Ackles x Jared
Tristan Padalecki)
Disclaimers: i personaggi qui presentati sono
maggiorenni ed ogni riferimento a cose, persone o
fatti è puramente casuale.
INNOCENCE
Spesso mi ero ritrovato ad
udire discorsi ingannevoli sullo “passare del tempo”, sul “significato della
vita” e sull’ “ingiustizia della morte”.
E con altrettanta frequenza coglievo frasi
come:
“Vivere è soltanto una truffa, se poi si
perisce”.
Quelli erano i pochi concetti che riuscivo a
captare nei miei rari momenti di lucidità contemplativa:
sempre seduto presso quella finestra, sempre immobile, sempre perso a fissare
l’orizzonte più lontano in attesa di un qualcosa di cui nemmeno ero
consapevole.
Un orizzonte invisibile ad altri occhi, se
non ai miei.
E solo allora mi scoprii di pensare:
“Possederla,
cotal ventura ”…
(Jared Tristan Padalecki,
1825)
Capitolo quarto
Future
Ritornava allora
novembre, portando i primi, veri, acquazzoni autunnali; deciso a lasciarsi alle
spalle gli ultimi tanto sospirati caldi.
Nelle vie
intrinseche di Norimberga v’era sempre il solito via
vai di mercanti e fattorini, pronti al prossimo giorno di mercato che avrebbe
portato buoni frutti ai venditori, e meno soldi agli acquirenti che si
lasciavano abbindolare con troppa semplicità.
Un giorno come
tanti altri, a dirla breve, che nulla pareva avere di diverso da quelli
precedenti.
Il cielo era
limpido, chiazzato solamente da piccoli batuffoli bianchi che nulla sembravano
voler preavvisare.
Nonostante il sole
fosse alto da un pezzo, l’aria non s’era riscaldata
per nulla, ricordando a tutti il gelido velo notturno che la mezzanotte si
portava appresso.
(si noti, che
mentre la Darkina scriveva tutto ciò…la Yami faceva un incidente…ndYami)
Sotto quei raggi,
un giovane scese dal treno appena giunto in stazione, portando con sé due borse
evidentemente ricolme. Alzò il capo alle vie di Norimberga, cercando di
ricordare dove portasse ogni strada, ogni ponte, ogni vicolo buio.
Si diresse verso
una locanda, entrandovi con passo deciso, sedendo al banco.
Posò le borse ai
piedi dello sgabello, guardandosi intorno, ritrovando un lembo del suo passato.
E pensare che gli era parso così lontano, fino a pochi
giorni prima.
«
Desidera qualcosa, Mr.Barbetta? » chiese allora una voce a lui conosciuta alla
sua destra. Sorrise, voltandosi verso Jo con aria divertita: «
Oh, ciao, tavola. » ironizzò, tranquillo,
colpendola con l’indice sotto il naso.
«
Di sicuro sono
molto più ben messa di tante altre » disse lei sorridendo di sbieco, roteando
la penna fra le dita affusolate della sua mano destra « o, per meglio dire, di
quelle povere cagne che possono esserti arrivate a tiro…» il suo sorriso si
allargò.
«
Qual parlata scortese,
la tua. Devo forse avvisarti che finora ho vissuto in casa di una nobile
famiglia, la cui nobiltà traspariva da ogni petto a me vicino? » propose sardonico il biondo, tornando a guardarsi intorno.
« Nessuno ti ha obbligato a tornare in questa topaia » ribattè lei a tono,posando lo sguardo al blocchetto che
teneva in mano « desidera qualcosa, messere?» aggiunse allora, ironica,
tentando di imitare a malavoglia quei nobili aristocratici che tanto odiava.
«
Jo, fai cagare come
attrice. » rise Jensen, passandosi una mano ai capelli con aria plateale « Guarda che nessuno ti sposa se fai così…anzi…rischi di
ricevere proposte indecenti! » aggiunse, dandole una
pacca sul sedere.
«
Quello è l’intento
» rispose lei ammiccando « ma non entrerai mai nelle mie mutande! » ghignò
battendo appena la penna sul blocchetto,in attesa
delle ordinazioni « Bentornato, comunque…».
Lui la guardò
divertito, reclinando appena il capo: « Sì, sono bello
e sono tornato…e a me non piace il tuo buco nelle mutande…Ellen dov’è? » chiese falsamente innocente.
Jo si fece quasi subito seria guardando
altrove, tentando di far finta di nulla «…credo sia a pulire ancora
quella…casa…» disse sul vago, osservando un cliente entrare dalla porta del
locale con fare spavaldo. Sorrise divertita, cercando distrazioni.
Jensen si alzò immediatamente, prendendo
rapido le borse: « Allora io vado, ci si vede
ragazzina. » disse calmo, andando senza troppe
complicazioni fino alla porta.
« Non credo… sarai il benvenuto…» avvertì lei tornando al bancone
rapidamente « e comunque sono pochi anni più giovane di te. Non secoli.».
Lui fece spallucce ed
uscì, senza dare risposte. Si guardò attorno, attento ad
ogni particolare. Una volta certo di non essere seguito, si diresse tranquillo
verso la sua meta, cercando d’ignorare la stretta allo stomaco che voleva
bloccarlo ad ogni passo.
Davvero non l’avrebbe considerato il
benvenuto?
Sospirò, senza trovare risposta.
Non poteva negare che Jared avrebbe avuto
tutte le ragioni per rifiutarsi di vederlo.
Temeva che tutte le lettere da lui scritte non
gli fossero mai pervenute, il che era strano, ma forse non impossibile.
Si guardò attorno, finchè
non riconobbe l’edificio che stava cercando.
Sembrava vecchio.
Nei suoi ricordi non era così grigio.
Sospirò per l’ennesima volta, entrando nel
giardino. L’erba era cresciuta in modo disordinato, la polvere ricopriva le
statue in pietra, le rose s’arrampicavano l’una
sull’altra, come nel tentativo di sopravvivere. Andò a suonare al campanello,
evidentemente nervoso.
Sentì un passo disordinato, leggermente strascicato
dalla gamba destra, e il vociare basso di una voce femminile. Ellen, si disse all’istante.
Jared non si sarebbe nemmeno fatto sentire.
Anzi…
Si voltò, guardando nuovamente la flora
attorno a lui.
Jared non avrebbe mai permesso uno scempio del
genere nel suo giardino.
«
Cazzo…»
La porta si aprì, facendolo sobbalzare.
«
Che belle parole…Jensen?» chiese un’Ellen chiaramente invecchiata,
mettendolo a fuoco con la vista come se non l’avesse mai visto prima.
Lui sorrise teso,
annuendo: « Posso entrare? » chiese esitante, cercando di guardare al di là della porta.
Lei rimase un attimo ferma, poi reclinò appena il capo: « Credi di poter entrare? »
La domanda lo colse in fallo, facendolo
sbilanciare su una gamba: « …Boh..?»
Ellen scosse il
capo, facendosi da parte: « Davanti
alla solita finestra…»
annunciò, dileguandosi in una delle stanze della casa.
Jensen esitò, bloccando con una mano la porta
che tentava di chiudersi.
Già…
Poteva entrare?
Rise sottovoce, teso, la spavalderia prima
dimostrata che andava a farsi friggere.
Entrò senza farsi
troppe domande, consapevole che, in caso contrario,
avrebbe subito la pressione dei sensi di colpa e sarebbe fuggito, tornando dove
non aveva niente.
Niente d’importante quantomeno.
Si chiuse la porta alle spalle, sentendola
cigolare in modo indecente. Guardò i cardini, chiedendosi se Jo avesse intuito
bene. Cioè…davvero Ellen teneva in ordine la casa?
Sbirciò fuori della
finestrella di fianco la porta, lasciandosi sfuggire una
risata ben poco convinta: « Sé,
va là…» commentò, diretto verso
il salotto.
Giunto alla porta di questo, esitò,
bloccandosi per l’ennesima volta.
Posò le borse a terra, rendendosi conto che
Ellen non gli aveva neanche dato il bentornato.
Si voltò a guardare
verso dov’era sparita, un indice davanti le labbra, i
lacrimoni da bamboccio che gli cadevano dagli occhi: « Quella vecchia bagascia…» piagnucolò.
“ Smettila e
affronta questa dannata porta.” S’impose, tornado
serio.
Quasi con timore, abbassò la maniglia,
spalancando la porta con un leggero spintone.
Non ebbe bisogno di cercarlo con lo sguardo.
I suoi sospetti erano più che fondati.
Lui stava ancora la.
Stessa posizione, stessa
espressione, stessi vestiti.
Oh beh, un po’ più sciupati in effetti.
“Smettila di cazzeggiare Jensen.” Disse la
voce nella sua testa.
La pelle era più scura, come abbronzata.
La luce del sole lo stava colpendo
direttamente in viso, ma lui non sembrava nemmeno rendersene conto. I suoi
occhi erano vacui. O meglio… come se fossero stati ricoperti da una patina
biancastra.
I capelli ricadevano malamente davanti al
viso. La lunghezza era sempre la stessa.
Sembrava morto.
Jensen si passò una mano ai capelli,
chinandosi appena a prendere una cosa dalla borsa di sinistra. Mise le mani in
tasca, camminando con calma verso il suo passato.
Quello non si mosse nemmeno.
Tristemente, il biondo gli si mise davanti, in
ginocchio, osservandolo con attenzione.
Era, nel complesso, proprio come lo ricordava.
«…ciao…» gli uscì dalla bocca, senza nemmeno
riflettere.
Jared non accennò nemmeno un movimento. Né del
capo, né degli arti, tanto meno delle labbra. Nemmeno un sussurro.
Immobile come una statua.
Una statua da stupro.
Jensen si lasciò scappare una risata idiota,
bloccandosi di botto rendendosene conto.
Corrucciò lo sguardo, distogliendolo per un
attimo da Jared.
Ma…stava bene?
“
Mi sa che l’aria è troppo viziata.
Sì,probabilmente è quello…” sollevò di nuovo lo
sguardo sul moro immobile davanti a lui “…Tuuu viziiiiii l’ariaaaaa….!” Pensò,
con l’intensità di chi tenta un contatto telepatico.
Lo stava facendo di nuovo.
Sbuffò, passandosi una mano ai capelli.
«
Sono pazzo…» si disse, alzandosi bene in ginocchio,
iniziando a studiare meglio il vampiro davanti a lui.
Corrucciò lo sguardo su quello assente di
Jared, andando a frugarsi nelle tasche.
Estrasse una
piccola ampolla, di quelle che si usano in laboratorio, e si avvicinò
leggermente, versando alcune gocce in quegli occhi: « Un po’ di estratto di rosa canina dovrebbe rimediare…» disse sospirando platealmente.
L’altro scattò in piedi,malfermo,ringhiandogli
qualcosa d’incomprensibile contro.
La voce bassa e roca, mentre si dirigeva come
poteva verso quello che, ricordava, doveva essere il bagno.
Aprì il rubinetto, sciacquando gli occhi
nervosamente.
L’equilibrio che minacciava di venir meno da
un momento all’altro.
«
Che credulone…» ridacchiò Jensen, posato tranquillamente
allo stipite della porta: « Me
lo ricordo che i vampiri non vanno d’accordo con quella pianta, sai?» accennò, guardandolo attentamente, molto
più rilassato di prima.
«
Vattene » disse l’altro allora, traballando
pericolosamente indietro di alcuni passi, reggendosi con una mano al muro di
quello che, una volta, era stato un bagno.
Alzò lo sguardo su Jensen, ancora vuoto, le zanne in bella vista.
«
Anch’io sono felice di
vederti. »
rispose il biondo, incrociando le braccia al petto, ritornando serio
all’istante.
« Parla per te » disse con voce spenta Jared, tornando con passo malfermo
verso quella che era stata la sua sedia per quattro lunghi anni.
Chissà perché poi stava sprecando tutto quel
fiato per…lui…dopo non aver aperto bocca per anni.
Il biondo lo seguì, senza fare commenti finché
non lo vide seduto.
Prese una sedia e gli si sedette davanti,
facendogli vedere la scritta sull’ampolla:
«
Collirio alla camomilla,
malfidente…» spiegò con un
mezzo sorriso, prendendo con due dita una goccia che gli percorreva la guancia.
Jared si limitò a ringhiare per l’ennesima
volta, senza mai posare lo sguardo sul biondo, timoroso della sua stessa
reazione. Il solo sentire tutto quel profumo attorno lo
stava inesorabilmente mandando via di testa…la fantasia che viaggiava frenetica
davanti a sé. Era dunque meglio evitare ulteriori
complicazioni.
O avrebbe realmente rischiato di ammazzarlo.
Jensen si guardò intorno,
passando in rassegna gli oggetti presenti nella stanza. Poi allungò una mano ai
capelli di Jared, tranquillo, togliendogli un po' di polvere di dosso:
« Dovresti cambiarti, sai...? » accennò,
reclinando il capo verso sinistra, per niente toccato dai ringhi che l'altro
gli rivolgeva.
«Affari miei quello che devo e non devo fare» ribatté gelido asciugandosi il volto con la
propria mano stornando poi lo sguardo alla finestra al suo fianco, in attesa
del tramonto.
“Che parlata.” si ritrovò quindi a pensare.
Il biondo sospirò, poi s'inginocchiò davanti a
lui, in silenzio, alzando leggermente lo sguardo su Jared: « Parla
ancora, angelo luminoso...» sussurrò in una leggera supplica.
Jared finì per fissarlo con un moto di rabbia
che cercava sempre e comunque di contenere. Gli occhi che tornavano man mano ad
assumere la loro tipica tonalità smeraldo, nonostante la furia che li
soverchiava.
Il ragazzo davanti a lui si strinse nelle
spalle, sfoggiando un sorriso disperato: « E' un male
voler sentire la tua voce, dopo tutto questo tempo..?» chiese flebile, chinando
il capo a terra.
«Si» rispose soltanto il moro, serrando la
mandibola.
Gli arti rigidi che stavano ad
indicare tutta l'inflessibilità che in quel momento lo caratterizzava più di
ogni altra cosa.
Era sempre stato così.
Testardo fino al midollo.
« Parla ancora...» lo pregò l'altro, sfregandosi le mani. Si sentiva felice e ferito al contempo. Chiuse gli occhi,
sospirando nel tornare a fissarlo: «...Ti prego...»
Jared serrò la mano destra in un pugno sopra
la sua gamba, gli occhi rivolti ora al soffitto, come se la
parole da lui pronunciate non lo toccassero minimamente. Si sentiva un estraneo
in quel frangente. Completamente tagliato fuori:
« Comincio ad essere stanco dei tuoi capricci... vai...vieni quando ti fa
più comodo... poi vai un'altra volta...ed infine torni...con la pretesa che
tutto sia uguale a prima» si passò una mano ai capelli con aria ora disperata
«comincio ad essere stanco...» ripeté. Rise disperatamente: «no…non comincio ad
esserlo…lo sono di già…» si corresse.
Il ragazzo davanti a lui sorrise, lasciandosi
sfuggire un colpo di tosse, la mano davanti alla
bocca. Alzò una mano ad accarezzargli il viso, calmo:
« Sono qui per restare, Jared. »
«A me non interessa per quale motivo tu sia
qui » disse mentre del sangue andava a solcargli il
viso «così come sei entrato da quella porta, puoi uscire» terminò sempre più
seccato, nonostante le lacrime che andavano a ricadere sui suoi pantaloni.
Jensen si fece silenzioso, sedendosi a terra
più comodamente, una mano ai capelli. Guardò il sole svanire all'orizzonte,
senza sapere bene che dire. Scosse il capo, un nodo alla gola: « Non voglio uscire.» disse amaro.
Jared rise, una risata che rischiava di
oltrepassare il confine dell'isteria: « Io, invece,
desidero che tu esca da casa mia. » terminò alzando
nuovamente gli occhi al soffitto, le braccia abbandonate ai fianchi, in una
posa afflitta.
Sentì le mani del biondo prendere le sue, un
leggero tremito che le percorreva: « Temevo fossi
morto, davvero...»
« Ci ho provato » rispose di rimando il vampiro, osservando gli ultimi
raggi di sole posarsi sulla sua mano abbronzata « ma il mio desiderio non è
stato esaudito » terminò amaramente, irrigidendosi al tocco del ragazzo davanti
a lui.
Jensen fece un sorrisetto, più disperato che
altro, il viso a pochi centimetri da lui « Non sai
quanto il tuo fallimento mi renda felice, Jared... ».
« Non hai idea di quanto faccia soffrire il sottoscritto, la tua
felicità » spiegò con una smorfia socchiudendo gli occhi, portandosi una mano
dietro al collo. I muscoli tesi.
Distrattamente, il biondo gli sfiorò le labbra
col pollice della mano destra, gli occhi fissi su quella bocca dal colorito
diafano. Inspirò a fondo, serio in volto: « Sono qui
per rimediare...» cercò di spiegare, tranquillo nel tono.
« Non devi rimediare a nulla » gli fece notare Jared scostando il viso di
lato, in modo tale che la mano del ragazzo cadesse a vuoto.
Socchiuse gli occhi, esausto.
Non aveva più tenuto alcuna parvenza di
discussione, e questa era la più lunga degli ultimi quattro anni. Ciò l'aveva
stancato.
Sentì le mani di lui
posarsi sulle sue guance, come se Jensen non l'avesse minimamente ascoltato.
Era una presa salda, quella del biondo. Non più una presa da ragazzo, ma da
uomo. Il tempo era passato anche per Jensen.
Poi sentì le labbra di lui
premere sulle proprie, senza nemmeno chiedere il permesso.
Jared ringhiò prendendolo per le spalle.
Una parte di sé desiderava allontanarlo a
tutti i costi. Ma un'altra, quella più insistente, quella
più perversa, quella più malata, quella che più lo faceva soffrire, intendeva
tenerlo tutto per sé e non lasciarlo più andare.
Voleva perdonarlo, lasciare che si
ricongiungesse a lui, che non se ne andasse mai più.
Quello che ne risultò
fu un ringhio basso, tremante, ma che non aveva più nulla di terrifico. Pura
espressione dei suoi sentimenti contrastanti.
Jensen non si fermò, insistendo con quel
bacio, gli occhi serrati per vietarsi di esitare, di fermarsi, di allontanarsi
da tutto quello che aveva desiderato per tutto quel tempo. Aveva ormai perso il
conto delle notti passate a ricordare quelle labbra, quel viso, quella pelle
gelida.
Gli accarezzò il volto, silenzioso, poi una
mano passò alla nuca, imperterrita.
«... Basta...per favore...»
disse allora Jared, completamente abbattuto, mentre l'ira nei suoi occhi andava
a trasformarsi in mera desolazione. Lo guardò in volto, cercando di mettere fine
a quella lenta tortura per poi passarsi una mano ai capelli
castano chiaro.
Jensen si allontanò appena, contrariato,
posando le mani alle ginocchia del vampiro, senza nemmeno rispondere. Storse il
naso, borbottando qualcosa d'incomprensibile nell'umettarsi le labbra.
Jared respirò a fondo, posando una mano a
quella di lui:
« tutto questo è solo un martirio... per me...» cercò di spiegare, con
voce ricolma di sofferenza, gli occhi che tornarono a vagare alla finestra al
suo fianco. Fuori il sole che lasciava spazio alla luna.
« Io ho passato quattro anni sotto tortura.» ribatté l'altro, stringendo
convulsamente quella mano, lo sguardo fisso al pavimento, cercando di non cedere alle lacrime. Lo avevano minacciato
fin da quand'era entrato in casa. L'avevano accompagnato ogni mattina, al suo
risveglio, quand'aveva trovato solo estranei attorno a sè.
Né Zanzi, né Ellen, né tanto meno Jared.
Il biondo lasciò cadere la testa alle
ginocchia del vampiro, sbuffando tra le lacrime. Avevano vinto di nuovo loro.
Rise amaro, serrando ancor più la presa sulla mano di Jared.
Il moro, accarezzò
debolmente la mano di lui con il pollice, lo sguardo ora al capo del biondo,
vago ed incerto.
Non parlò, come in attesa che proseguisse.
La sua tacita richiesta venne
accolta, e Jensen si ritrovò a dire ad alta voce i suoi pensieri, senza nemmeno
filtrarli per renderli meno infantili:
« Io ti ho sempre scritto, praticamente ogni giorno. Sono sempre stato in
attesa del postino, nella speranza di ricevere una tua risposta. Anche banale, chissenefrega. Un sì, un no. Avrebbe significato che c'eri,
che mi pensavi, che non mi avevi dimenticato! Per
quattro anni ti ho supplicato di venirmi a prendere, di portarmi a casa...e ora cosa me ne faccio io di una vita senza di te? Non
puoi dirmi che soffri a vedermi! Non è vero!».
Jared si lasciò andare all'ennesima risata
mesta, gli occhi posati al arteria pulsante del collo
di lui, incapace di mettere insieme delle parole a senso compiuto:
« ...no...questa...fame...» la mano ai capelli
ricadde al capo di lui, ringhiando ancora, basso e desolato.
Jensen alzò il capo su di lui, senza dire
nulla. Gli occhi non esprimevano chiaramente i suoi pensieri, troppo
concentrati a controllare se le parole sconnesse del vampiro fossero reali o
meno. Corrucciò la fronte, per niente soddisfatto di ciò che vide. Alzò una
mano a sfiorare quel viso distorto dal bisogno, sorridendo mestamente: « Ti amo, qualsiasi cosa succeda. Qualsiasi cosa tu faccia o
voglia fare. » spiegò, senza
dire nulla più.
Jared chinò leggermente il capo, tentando di
togliere l'attenzione da tutto ciò che, sapeva, in quel momento lo stava
facendo ribollire.
Solo il bisogno della carne.
Bisogno fisico.
E questo lo disturbava alquanto.
« Sei troppo smielato per i miei gusti » ribatté improvvisamente,
cercando distrazione, dichiarando il falso.
« Se hai fame, ci sono qui io...Non dev'essere
il massimo starsene seduto per anni senza neanche bere un sorsetto. » commentò l'altro, ridendo appena nel ritrarre la mano.
Il moro rise nuovamente all'udire
quell'epiteto, irrigidendo appena le spalle, tentando in ogni modo di darsi del
contegno.
Si passò una mano ai capelli, quasi a rallentatore,
la lingua che andava ad accarezzarsi le labbra, affamata.
Non rispose a quell'offerta, conscio
dell'incapacità di rifiuto che gli era propria,
spostando lo sguardo sul biondo davanti a lui. Contraddittorio.
Jensen sollevò gl'indici
di entrambe le mani, come per proporre due alternative, come difatti intendeva
fare:
« O ciucci dal mio splendido collo, o ti porto in camera e ti faccio
patire le pene dell'inferno pur di convincerti a farlo... - abbassò le mani –
Ma c'è sempre la terza opzione...».
Jared rise quasi isterico:
« che consiste nell'ammazzarmi seduta stante. » concluse, sicuro di sé
dopo anni di dubbi ed incertezze travagliati in
quell'angolo buio della propria casa.
« Che consiste nell'andarmene e tornare da dove sono venuto,
come volevi fino a pochi minuti fa. » chiarì invece il
biondo, a discapito di ogni supposizione di Jared.
« benissimo, allora è deciso » terminò osservando la propria mano
tremare. Sorrise divertito nel notarlo, senza proferir nulla.
Jensen si alzò in piedi, silenzioso,
porgendogli una mano, senza dire altro. Non un movimento
ulteriore, non un singolo accenno.
Il moro fissò quella mano iniziando a
calcolare mentalmente tutte le opzioni e le varie
possibilità a cui avrebbe portato la sua decisione.
Serrò la mascella, tentando veramente di
essere il più oggettivo possibile.
Ma non gli riuscì.
E rise di questa sua debolezza mentre la
propria mano andava a stringere quella del biondo.
Un sospiro e la mano libera di Jensen andò al collo, massaggiandoselo appena. L'altra, pur
reticente, iniziò a ritrarsi dalla stretta del vampiro.
«...quindi...addio...?»
chiese, senza riuscire a trovare l'aria necessaria a respirare.
« Voglio morire...» rispose con voce assente il vampiro, passando a
fissarlo negli occhi « ma non di questa morte...» disse vago abbandonando le braccia lungo ai
fianchi, senza più energie, senza più reagire.
Jensen non capì, rimanendo confuso a
guardarlo, le mani che si aprivano e si chiudevano come alla ricerca di
certezza. Ma non aveva nulla a cui aggrapparsi, nulla
a cui pensare, e la cosa lo metteva a disagio più di quanto avesse mai creduto:
« ...Jared, io ti amo, ma guarda che non riesco a seguirti al momento. - prese
fiato, senza saper che dire, anche se la sua stessa voce si faceva sempre più
sicura e alta – E rischio di andare nel panico se non ti sbrighi a parlare e a
dirmi quello che veramente ti passa per la testa!».
« Non puoi lasciarmi solo di nuovo!» esclamò allora il moro, la voce
strozzata dal panico e dalla fame che non demordeva, indebolendolo più del
necessario.
Il ragazzo davanti a lui s'irrigidì,
inizialmente senza parole, incapace di mettere in piedi una frase che tale si
potesse definire.
Guardò il salotto, poi la porta, infine la
finestra.
Non trovò uscita da quelle parole.
Cadde in ginocchio, le mani sul viso, per
coprire la sua debolezza:
« Non ti ho mai lasciato solo...» cercò di spiegare, ma il peso dei suoi
torti era via via sempre più evidente al suo cuore,
oppresso fin dal primo momento in cui Jared gli aveva rivolto la parola.
« Menti. » rispose secco il vampiro, avvolto dal profumo pressante del
biondo « e questo lo sai bene » gli fece notare con
voce nuovamente smorta, incapace d’essere altro.
Gli occhi ora stavano fissi alle mura dietro
al ragazzo, le mani ancora abbandonate ai corrispettivi fianchi.
Apparentemente una creatura senza vita, così
come doveva essere, dimostrando, in quel modo, l'enorme cambiamento subito. Era
stato ucciso.
Ucciso dentro.
Non gli riusciva più di reagire, se non con la
violenza e la diffidenza…
« Lo so. » due monosillabi che interruppero il
flusso dei suoi pensieri.
« Dunque cerca di porre rimedio a questo tuo difetto. »
« Fossi l'unico ad aver cotal difetto.»
« Sei l'unico. »
« Prima dicevi di volermi fuori dai piedi, o meglio, dai tuoi “illustri calzari”.»
« Rinnovo l'invito. » terminò allora il moro mettendosi in piedi,
tentando di evitare un eventuale caduta dovuta alla
mancanza di “materia prima” all'interno del suo corpo.
Jensen lo prese cautamente sotto i gomiti,
avvicinandosi per sorreggerlo « Come posso andarmene,
e allo stesso tempo non lasciarti più solo...?» domandò, usando un tono di voce
molto più attento e gentile.
Il moro scosse lentamente il capo, posando i
suoi occhi spenti al pavimento: « Mi accorgo di star
dicendo un sacco di cavolate...» spiegò chinando il capo, con fare più esausto
di prima.
« Mi piace questa tua mera stupidità, mi tranquillizza in un qualche
modo...»
« Non è stupidità...» spiegò Jared a quel punto « è “via con la testa”».
Ed a quelle ultime parole, posò il capo al petto del biondo non volendo
parlar oltre.
Jensen rimase interdetto a quelle parole e,
allo stesso tempo, si sentì leggermente imbarazzato, felice ed emozionato.
Si morse il labbro inferiore, vergognandosi di
quella sua stessa reazione, tanto palese nel dimostrare i suoi sentimenti da
sembrare quasi falsa.
« Tu hai bisogno di mangiare...» borbottò, rosso in volto come un
bambinetto qualsiasi.
« Non credo sia peccato essere felici... ogni tanto...» ribatté Jared cambiando discorso all'istante, gli occhi ancora
chiusi ed il capo ancora posato al petto di lui. Rimase ad ascoltare ogni suo
respiro ed ogni minimo accenno di sussulto
percettibile dal suo cuore.
Fu a quel punto che si ritrovò a sorridere di
nuovo.
A quel gesto, sentì il cuore di Jensen mancare
un battito, la presa sulle sue braccia che divenne un abbraccio privo di
esitazioni.
« Jared, io voglio che noi torniamo ad essere felici... Devi aiutarmi! »
lo sentì singhiozzare, come avrebbe fatto da bambino, come avrebbe fatto anni
prima, quando non c'era ancora nulla di travolgente tra loro «
Io...io non voglio vederti triste mai più...mai più...». La presa
divenne quasi una morsa, la testa di Jensen che cercava invano di nascondersi
tra i capelli di Jared.
Quell'altro rise appena, a stento, riaprendo gli
occhi sul petto di lui:
« Non sono un fazzoletto...» gli fece notare, la voce ora roca, in
continuo mutamento, a seconda delle sue sensazioni.
La fame che stava prendendo il sopravvento
ormai da un pò.
« Stà zitto! » protestò Jensen
nel pianto, sprofondò il viso nell'incavo del collo del vampiro, senza nemmeno
curarsi del fatto che i capelli di lui erano polverosi
e sporchi, che la maglia era lacera, che la pelle era sfibrata e secca. Non
vedeva niente. Non sentiva niente. O meglio, non voleva. Gli bastava solo
sentire che lui si lasciava abbracciare, quasi nell'illusione di ritornare nel
passato, un passato dove solo Jared esisteva nel suo
mondo. Solo Jared, senza l'intervento di nessun altro.
« Faccio solo notare...» rispose il vampiro accarezzandogli i capelli con
un breve tocco di dita, gli occhi che tornavano a chiudersi per la fatica di
compiere anche solo quel semplice gesto.
Sospirò provando ad allontanarlo.
Al contrario delle sue aspettative,
l'istante dopo si trovò in braccio a Jensen, che, nascondendo la propria
difficoltà nel sorreggerlo, andò rapido verso la camera che da sempre era stata
di Jared, facendo il più velocemente possibile. Lo mise, o meglio, quasi lo
gettò nel letto in preda a un improvviso fiatone: « Stai
qui e rilassati! E mangia! » ordinò, stridulo, prendendo
un coltello e tagliandosi il polso, agitandoglielo davanti rapidamente: «
Bevi!».
Jared fissò il polso muoversi rapido davanti
al suo viso, un brivido di freddo che gli percorreva la schiena al solo
osservarlo.
Gli bloccò il braccio, con la forza che gli
rimaneva, le labbra socchiuse, già pronte a cogliere tutto il sangue di cui
necessitava.
Quando le posò alla ferita sul polso che lo
stesso Jensen si era procurato, senza la minima esitazione, chiuse gli occhi,
senza preoccuparsi di risultare famelico o, peggio
ancora, un cannibale senza pietà. Si staccò più volte, e più volte si leccò labbra e mani come solo un animale avrebbe potuto
fare.
L'altro non muoveva un muscolo, lasciandosi
avvolgere dal leggero senso di stordimento nel quale Jared lo condusse. Chiuse
gli occhi, senza frenarsi dal canticchiare distrattamente. Fissando il vuoto.
Il moro si mordicchiò un labbro, fissandolo
con fare distratto, incapace di spiegarsi come Jensen osasse canticchiare in un
momento delicato come quello. Digrignò i denti.
« Rischio di fare atti più stupidi se non canto...» spiegò nervosamente,
cercando di non lasciar trasparire nulla. Dentro di sé, ben poca chiarezza
permaneva, costringendolo a non ricordare eventi passati...Eventi
passati ben precisi, ben nitidi, ben in grado di farlo andare definitivamente altrove
con la testa.
«Un esempio...?»
chiese un Jared falsamente rilassato, leccandosi le labbra sporche di sangue.
« Fare azioni impudiche. » troncò Jensen con un
chiaro rossore sul viso, protestando contro il suo stesso corpo, meno
controllato di certo della sua mente.
«Oh... ma non aspetto altro» sussurrò il
vampiro subdolamente stupito, in prossimità dell'orecchio di
lui.
Jensen arricciò le labbra, la mandibola
serrata: « Non so se è il caso...» sibilò a denti
stretti. La mano destra cadde distrattamente al fianco del moro corrispondente,
stringendo in modo compulsivo.
« Perché no? » domandò ancora in un sussurro
l'altro, posando la sua attenzione sul movimento delle proprie labbra in corrispondenza
del lobo dell'orecchio di Jensen.
« Perchè non so se sei d'accordo?
» rise nervoso il biondo, piegandosi inesorabilmente
verso le attenzioni del vampiro.
Quest'ultimo prese a ridere sommessamente,
iniziando a mordicchiare, sempre attento a contenere i propri istinti di
cacciatore.
Jensen si bloccò,
stringendo la presa posta al fianco gelido del moro. Le
ciglia arcuate in tacito segno di appagamento, distese le gambe per sfogare ivi
la sua frustrazione. « Sei...d'accordo...»
«...Forse...»
disse il moro quasi divertito, passandogli una mano dietro al collo per
attirarlo a sè, silenziosamente come sempre. Quella
la sua risposta.
Jensen piegò il
capo verso le labbra del compagno, soffermandosi a pochi centimetri: « Bene... »
«...si...»
disse in risposta Jared avvicinando a sua volta le labbra verso quelle del
biondo.
Quand'esse
s'incontrarono, Jensen si lasciò sfuggire un gemito
ben chiaro, spingendosi più in là. La mano libera si ancorò alla spalla del
moro, stringendola come unico punto di sfogo.
Jared
gli accarezzò teso il braccio che si sosteneva alla sua spalla, socchiudendo
gli occhi nel ricambiare quel bacio che tanto a lungo aveva atteso. Quasi con
sofferenza lancinante.
« Ti amo...» bisbigliò il biondo, reclinando il capo nel ritornare a baciarlo
intensamente, la mano al fianco che si spostava su, verso la schiena, rapito.
Jared
si trattenne dal ridere, probabilmente imbarazzato, prendendo ad imitare ogni gesto del suo compagno, fissandolo con
crescente intensità.
Con
una nota di disappunto, Jensen lo spinse a distendersi completamente sul letto:
« Ti amo e ti voglio... » sussurrò al suo orecchio,
restituendo il favore di prima.
Il
moro lo fissò senza tentare di trattenere un sorrisetto malizioso:
« purtroppo...non sono propriamente... in forze...» spiegò evasivo,
massaggiandogli un braccio.
In risposta Jensen sbuffò, brontolando parole in inglese nel dar voce
alla sua crescente frustrazione. Affondò la testa al lenzuolo, sopra alla
spalla di Jared, chiaramente
contrariato.
Il
vampiro assottigliò gli occhi, senza aprir bocca, prima di spostare lo sguardo
altrove, di nuovo lontano con i suoi pensieri.
Jensen contemplò Jared con attenzione,
distratto.
Si voltò verso la finestra, l’unica della
camera, e sorrise stentoreo: « Sono stanco dei preliminari,
Jared…Non so te ma sono impaziente…»
« E perché non me lo dici guardandomi negli
occhi, mr impazienza…?» chiese il vampiro chinando
appena il capo verso il cuscino, una mano dietro alla testa. Del tutto
tranquillo.
« Rischio di aggredirti sessualmente…» spiegò
piccato il biondo, storcendo il naso all’imbarazzo che cercava di celare.
«Non credo saresti in grado… data la tua
incapacità di guardarmi in faccia» fece notare Jared ancora una volta, lo
sguardo fisso all’espressione imbarazzata del compagno « o
forse sbaglio? ».
A quella provocazione il giovane si voltò a
guardarlo senza la minima esitazione, pur mantenendo quel rossore sulle sue
guance: « Credo proprio di sì, mr
provocazione…» sussurrò, accarezzandogli le labbra con la punta delle dita.
Jared le arricciò appena, ricambiando quello
sguardo.
Nei suoi occhi si accese una strana
scintilla carica di perversione:
« Allora, non aspetto altro…» concluse il
moro, incrociando entrambe le mani dietro la propria testa, fingendo di aver un
paio di manette ai polsi. Sorrise malevolo.
Jensen si chinò su di lui, bloccando con una
mano sola quelle del vampiro, consapevole che non sarebbe comunque stato
necessario…o sufficiente? Tralasciò quel suo ultimo pensiero, diretto alle
labbra di Jared. Le stuzzicò con la lingua, con i denti, e l’istante dopo lo
baciò con tutto il desiderio che aveva in corpo, gli occhi serrati.
Jared si ritrovò a ridacchiare appena prima
di ricambiare con calma fasulla quel bacio che non suggeriva nulla di casto.
Chiuse gli occhi evitandosi, in quel modo,
di osservare l’espressione di Jensen.
Poteva mantenere il controllo di sé.
Poteva.
Jensen strinse la presa ai suoi polsi, quasi
nel tentativo di bloccargli la circolazione. “ Che idiota, ce
l’avesse.” Rammentò il biondo, insistendo con le sue labbra mentre
scendeva al collo del moro, la mano libera al fianco corrispondente dell’altro.
Jared si mordicchiò leggermente un labbro
cercando di essere il più disinvolto possibile; la voce che suonò terribilmente
bassa e sensuale:
«…sbaglio…o avevamo deciso di terminare con i
preliminari…signor “sbranatore sessuale”? » chiese
riaprendo sofficemente gli occhi.
«Sei tu che ti trattieni come un verginello, Jared. » criticò Jensen, sollevando di ben poco
la lingua dal punto in cui stava giocherellando: « …scelta
tua…problema tuo…» alluse, umettando quel lembo di pelle ad ogni accenno.
«…ah…va bene…» rispose solamente chiudendo
gli occhi per l’ennesima volta, i sensi ora alleggeriti dalla distrazione che
stava portando in lui quella sottospecie di conversazione.
Ciò gli diede la possibilità di fermarsi a
riflettere su ciò che si stava consumando in quelle quattro mura che lo
attorniavano.
Tornò a volgere il capo verso il muro alla
sua destra fingendo che nulla, in quel frangente, lo riguardasse. Lui aveva
iniziato tutto, e a lui toccava terminare.
Jensen lo ignorò, nascondendo con una certa
difficoltà il nervosismo che andava aumentando dentro di lui. Possibile che
Jared non lo volesse? Possibile che si stesse trattenendo per qualche stramba
etica che mai prima aveva contemplato?
« Insomma, non sarai diventato impotente
spero! » si lasciò scappare il biondo, più in un
sussurro che in un’effettiva esclamazione.
Il moro riaprì gli occhi ricoperti
nuovamente da quella patina grigia che pareva essere scomparsa solamente pochi
minuti prima:
«…problema tuo…» concluse
con tono quasi acido il vampiro, tentando di mettere fine a quello scempio.
L’altro si sollevò a sedere, lasciando le
mani del moro, un’espressione più che astiosa sul volto. Reclinò il capo, come
per guardarlo meglio, stampandosi bene in mente quella situazione:
« Dovrò ricorrere di nuovo a quello. »
Un’affermazione più che convinta, la sua.
Jared si massaggiò appena i polsi dove
stavano apparendo, fin troppo velocemente, dei lividi viola
chiaramente dovuti alla presa di Jensen.
Stava pagando le conseguenze di anni e anni senza nutrimento.
Respirò a fondo tentando di mettersi seduto
a sua volta.
Jensen lo fermò, una mano aperta sul suo
petto per bloccarlo dall’avanzare.
« Stai lì. » intimò,
frugandosi nelle tasche alla ricerca di una cosa. Una volta trovata, lasciò
andare il vampiro, aprendo con uno scatto il coltello a serramanico che aveva
con sé: « Così impari…» .
Tagliò il polso per tutta la sua larghezza,
rapido, senza mostrare il benché minimo dolore nel farlo.
Automaticamente lo sguardo di Jared caddè su quella ferita appena inferta.
Rimase immobile per un brevissimo istante,
prima che gli occhi riprendessero colore ed i
lineamenti del suo viso s’indurissero dalla rabbia, dal dolore.
«
E' sleale...» gli riuscì
di dire, prendendo fra le proprie labbra il sangue scaturito da quel rapido
taglio. Gli occhi ora lucidi.
« E' l'unico sistema, con te...» osservò
Jensen nell'accarezzargli il viso, una smorfia di dolore sul volto. Dolore che
nulla aveva a che fare con quella ferita da poco.
Chiuse gli occhi, posando la fronte ai
capelli del vampiro, frustrato.
Jared sentì nuovamente le proprie membra
intorpidirsi, così come la propria ragion d'essere. Capì soltanto che doveva
smetterla di bere.
Per certo sapeva solo questo.
Allontanò a grande fatica le labbra dalla ferita di lui, ritrovandosi a tergiversare nello stesso
identico stato di poco prima.
Sembrava un dejà vù:
respiro accelerato, ansia crescente, bisogno
ossessivo d'impossessarsi di Jensen all'istante.
Ma era tutta questione di minuti.
Non appena la mente avrebbe avuto nuovamente
il controllo del corpo, le fila di quel gioco pericoloso si sarebbero spezzate
lì, all'istante.
Ma non in quel momento.
Jensen si scostò come implicitamente
richiesto, nascondendo la ferita con l'altra mano. Fissava il moro in silenzio,
cercando di comprendere cosa fosse giusto fare da quel momento in poi.
L'avrebbe nuovamente rifiutato?
Le labbra si piegarono in una smorfia
rassegnata e il biondo distolse lo sguardo nel vedere Jared pulirsi le labbra
con nonchalance. Chiuse gli occhi, sdegnato persino da sè stesso.
Il vampiro tornò a fissare il ragazzo che
gli stava davanti, strattonandolo per un braccio.
La coscienza gli ordinava di fermarsi.
Il suo corpo abbisognava di tutt'altro.
Sentì uno strano dolore contrarsi allo
stomaco mentre s'avventava sulle labbra di Jensen per
quella che, giurò a sè stesso, sarebbe stata l'ultima
volta.
Lo shock che andò a dipingersi sul giovane
viso dell'altro rimase presente solo per un istante. L'attimo dopo le mani di
Jensen affondarono le loro dita ai capelli del moro,
baciandolo con la medesima energia dell'altro. Cercando di rimuovere quel
dubbio, quell'ostinato vacillare del suo cuore che temeva solo e sempre il
peggio.
Jared non lasciò tempo ad altro.
Fu più rapido di quanto pensasse.
Gli levò di dosso ciò che rimaneva del
completo, prima di farlo sdraiare sotto di lui.
Non gli riuscì di
fare altro.
Sfogò tutto il bisogno che aveva di lui,
emarginando il pensiero costante del"sbagliato", rinunciando così
alla sua etica di sempre.
Pochi attimi, interminabili per entrambi.
Poi un dolore lancinante colpì Jensen e
tutto tornò al proprio posto.
Tra sospiri e gemiti di piacere.
Forse erano passati pochi minuti, o poche
ore.
Questo Jared non lo sapeva.
Si ritrovò a guardare il ragazzo
raggomitolato al suo fianco, fissando i segni bluastri che gli aveva lasciato sul collo; il materasso squarciato da segni
netti e decisi; la testata del letto spezzata in due.
Sospirò pesantemente passandosi una mano al
viso.
«…ho perso tutto il mio controllo…» disse
quasi divertito da sé stesso.
Jensen rise di cuore, soffocandosi
automaticamente dopo qualche secondo per non irritare l’altro:
« Alla fine miravo a questo…»
« L’avevo facilmente intuito, Jensen » disse
sottolineando con una sorta d’ironia il nome del compagno, lo sguardo ora
posato alla porta della camera da letto.
Seguendo il suo sguardo, il biondo rimase in
silenzio, contemplando l’espressione che l’altro aveva sul viso. Si chiese se
già la solita sete di autopunizione albergava nel vampiro, ma non ne fece
parola con lui. Si limitò ad accarezzargli un braccio, vago nel gesto.
« Sarà meglio che vada a “leccarmi le ferite”
» disse ambiguo guardandosi gli avambracci nel mettersi seduto su quell’enorme
letto a due piazze « lasciami il tempo di lavarmi… e torno da te ». Lo disse con aria stanca e persa, senza
nemmeno rendersene conto.
Jensen annuì, chinandosi verso di lui
nell’annusare l’acre odore che permeava quella pelle gelida:«
Decisamente, puzzi.» lo canzonò, ironico « Io sarò qui in attesa, come
credo sia nel tuo desiderio. O magari no. – ridacchiò- Sta di fatto che da qui
non mi muovo.»
In risposta Jared fece un breve movimento
delle spalle, sparendo dietro la porta che conduceva al corridoio, nel quale si
trovava il bagno. Si rinchiuse dentro a chiave senza
più fiatare, desideroso soltanto di una doccia.
L’attesa, per Jensen, era stata sempre il
suo punto debole. Quand’era ora di mangiare, quand’era ora di combattere…Sempre,
non c’era mai stato verso dal tenerlo fermo se voleva qualcosa.
Guardò il soffitto polveroso della casa,
denotando che almeno lì Ellen non sembrava aver pulito. Chiusi gli occhi,
ripensò a quella cosa che aveva nelle
tasche dei pantaloni. Parlarne a Jared sarebbe stato un rischio, ma lo stesso
oggetto era un rischio.
Si mise a sedere, indossando velocemente i
pantaloni.
Prese tra le mani l’ampolla e se la rigirò
tra le dita.
« O così o per sempre…» canticchiò, vago.
« Così cosa? » chiese
una voce da dietro la porta, facendo risuonare tutto il suo eco lungo il
corridoio appena percorso.
Jensen fermò quel suo tic nervoso, prendendo la boccettina
con tutta la mano: « Invece di fare il curioso dietro una porta, entra e te lo
spiego. » disse con una sorta si serietà recondita,
nonostante il suo carattere.
« Mi accusi di averti spiato da dietro una
porta quando, invece, dietro a codesta porta ci sono appena arrivato? » domandò indulgente, aprendo quella stessa con uno scatto
secco della mano. Un espressione accigliata in volto.
« Non è quello, forse sono semplicemente
impaziente di farti partecipe del mio crudele piano per ridurti a un ammasso di
love-love power…! » trotterellò fino a lui, un sorriso falso sul volto « Voglio che tu mi priva di tutto il sangue che ho nel
corpo!»
Jared si portò l’indice alla tempia destra
fissandolo sempre più accigliato, nonostante il suo sorrisetto lasciasse
intendere solamente il suo divertimento a quella scena che gli si parava
davanti: « dimentichi forse qual è la mia capacità
recondita? » arricciò le labbra.
« Quale, quella che ti porta a sentirti in
colpa ventiquattr’ore al giorno, per caso? » propose il biondo, prendendo tra
l’indice e il pollice la soluzione liquida in suo
possesso.
Il moro scosse il capo: « quello
è un dato di fatto » serrò la mascella « posso anticipare i tuoi pensieri,
bambinetto. E in questo momento… non mi trovo propriamente d’accordo » sorrise raggiante.
Jensen gli rivolse un sorriso ancor più
solare, gareggiando in “luminosità” contro il vampiro: « Ma
dai…che vampiro cattivo…mi toccherà soffrire inutilmente allora.» Stappò la
bottiglia, facendo spallucce « Al massimo morirò,
niente di grave, no? » sghignazzò, guardandolo con
chiaro accenno di sfida.
Jared gli sventolò malamente una mano davanti
al naso: « chiederò ad Ellen di prepararti un buon
funerale » rispose pacato, nascondendo il manto di serietà dei suoi occhi
dietro ad un sorriso glaciale.
Gli diede di spalle, incamminandosi verso
l’unica finestra della stanza.
« Voglio delle gerbere come fiori. » sentenziò, andando a bere dall’ampolla con un solo sorso,
molto velocemente.
Jared aprì lentamente la finestra saltandovi
sopra con una strana agilità ritrovata: « come
desidera…principino… » disse quasi
sottovoce, abbassando lo sguardo al giardino dove atterrò con un balzo.
Jensen per poco non urlò, andando alla
finestra per vedere dove diavolo era finito il vampiro. Si era appena messo in
forze che già andava a fare le sue scenate?!
Emise un gemito, forzandosi a guardare di
sotto. La fantasia che volava nelle probabilità più nere.
Lo vide inginocchiato davanti a quella
sottospecie di tomba che loro stessi avevano creato per Zanzi.
L’espressione era nuovamente vacua, persa a fissare qualcosa d’indecifrabile
davanti a sé.
Non l’aveva mai visto ridotto così:
passare da uno stato d’indifferenza, ad uno di
dolore, ad un altro di annullamento totale del suo essere. Era pressoché
irriconoscibile.
L’osservò dondolare appena, come incapace di
alzarsi.
Poi si accasciò a terra.
Inerme.
End.
Dark:
Ok,
vi chiederete che razza di finale sia.
Ebbene…
un emerito finale del… XD
Ovviamente
lavoreremo presto ad un seguito.
Non
disperate XD
“E
con questa frase finale spera di risollevare leggermente il morale dei lettori
che le tirano dietro pomodori e carciofi”
Ci
vediamo soon!