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Autore: Iaiasdream    21/04/2016    0 recensioni
Seguito di: A QUEL PUNTO... MI SAREI FERMATO
Rea, ormai venticinquenne, dirige il liceo Dolce Amoris, conducendo una vita lontanissima dal suo passato, infatti ha qualcosa che gliel'ha letteralmente cambiata... ma... come si soleva immaginare, qualcuno risorgerà dagli abissi in un giorno molto importante... cosa succederà?
Genere: Erotico, Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Armin, Castiel, Dolcetta, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'A quel punto... mi sarei fermato '
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45° Capitolo: IO CREDO IN LUI
 




Tre uomini azionano il macchinario per far scendere la tomba nella profonda fossa scavata per accoglierla; figure nere cerchiano la semplice lapide di marmo, esibendosi in un lamentato e fastidioso piagnisteo.
Castiel, tiene gli occhi coperti da un paio di Ray Ban dalle lenti scure come la pece; sembra che stia fissando i movimenti degli uomini che silenziosamente si adoperano a finire il loro lavoro.
Ha serrato le sue labbra in una linea severa.
Con una mano regge quella di Erich che, al suo confronto, sembra straziato.
“Perché gli ha permesso di venire?” mi chiedo distogliendo lo sguardo da loro. “Ma soprattutto, perché sono venuta anch’io?”
Mi sono isolata da quel gruppetto di anime in pena, sono appoggiata al tronco di un cipresso e le fisso come un’accanita osservatrice.
Manca la madre di Castiel, e naturalmente, ne conosco il motivo; suo marito, invece, si trova accanto ai due figli e regge una donna bassa e magra, che si copre il volto con un candido fazzoletto per raccogliere le lacrime e zittire il suo pianto.
Dev’essere la madre di Ginevra, ma come può quel maledetto consolarla davanti a tutti? Cosa avrà fatto pensare ai presenti? Che la defunta sia stata una sua segretaria? Questa è una delle cose che non capirò mai dei ricchi spocchiosi.
Finalmente, dopo pochi minuti la cassa lucida scompare dalla vista dei presenti, e a coprire il tutto ci pensa una lastra massiccia di pietra.
Quando vedo le persone allontanarsi e liberare la visuale, la prima cosa di cui mi accorgo, è la grande fotografia di una Ginevra sorridente. Se non l’avessi mai conosciuta, avrei pensato che fosse stata una delle tante belle e buone ragazze che perdono ingiustamente la vita per colpa del destino, e invece… tutto il male che lei ha fatto agli altri, a me, gli si è ritorto contro.
Per colpa sua, Armin ha perso la vista, l’incendio ha rovinato i suoi occhi color del ghiaccio.
Anche se sono passati solo tre giorni, è come se fosse accaduto pochi istanti fa.
Quando il dottore venne ad avvisarci e parlò al passato, per un attimo, Castiel ed io, pensammo che fosse morto, ma l’uomo si corresse subito, dicendo che lo avevano trasportato con l’ambulanza in un ospedale più attrezzato del loro. La notizia buona fu che quelle bruciature sul viso, sarebbero scomparse, lasciando piccoli segni, ma i suoi occhi, non avrebbero più potuto vedere la luce del sole.
In quel momento volli solo strapparmi il cuore dal petto e gettarlo sul pavimento con tutta la forza che avevo in corpo.
Ora, Ginevra non esiste più, e nonostante mi sia sentita dire da tutti che la colpa è stata solo sua, non posso fare a meno di pensare che l’unica colpevole in questa dannatissima storia, sia io.
Vedendo qualcuno farsi avanti, ritorno alla realtà allontanandomi per non incrociare lo sguardo di nessuno, soprattutto quello del padre di Castiel.
Esco dal cimitero senza voltarmi indietro e raggiungo la mia auto. Esito per qualche istante, poi parto. La meta non è precisa, ma ho bisogno di sentire l’aria fresca penetrarmi le narici e riempirmi i polmoni fino a farli scoppiare, così decido di prendere la strada esterna al paesello e di raggiungere il lago che da anni è ormai diventato il punto di riferimento per sfogare il mio stato d’animo.
Il velo increspato s’incupisce sotto il cielo grigio di questo giorno angosciante; l’aria sembra essere pesante e il vento non vuole essere da meno.
Sospiro chiudendo gli occhi. Afflitta e sconsolata m’incammino un’altra volta verso l’auto. Voglio dimenticare, ma come posso riuscire a farlo? In questi casi, com’è solita dire Kim, è meglio lasciare il passato alle spalle, guardare al presente e aspettare il futuro.
Quanto invidio quella ragazza. La sua testardaggine, il suo menefreghismo, ma soprattutto la sua forza di affrontare le cose. Chissà cosa farebbe lei al posto mio?
E con quel nuovo pensiero nella mente, decido di incontrarla e farmi consolare.
A un tratto, però, sento dentro il mio cuore, un senso di fastidio. So che la sua porta è sempre aperta per me, ma non voglio approfittarmi e scaricare la mia tensione su di lei. La verità è che ho paura che si stanchi; così mi ritrovo a frenare di botto e cambiare direzione. Non mi reco più a casa sua, ritorno nella villa che Castiel mi ha donato.
Nonostante tutto quello che è successo qui dentro, sento che questo posto è la zona migliore per rifugiarsi, ed è proprio questo a renderlo strano.
L’interno è buio, non c’è nessuno. L’abbiamo lasciato proprio com’era tre giorni fa, dopo l’incendio a casa mia.
A proposito, non ho ancora avvisato zia Michelle dell’accaduto, ma non mi sento di fare quest’altro passo. Sono convinta che si precipiterebbe subito qui, senza pensare a nessuno. Non voglio dare preoccupazioni anche a lei.
Mogia, mi reco in bagno: ho bisogno di farmi una doccia. Sembra proprio che l’aria del cimitero, si sia spalmata sulla mia pelle, come un viscido unguento.
L’acqua bollente che scorre sulla mia pelle tenta in tutti i modi di aiutarmi, ma sento che sta lottando inutilmente contro quest’assurda tensione. Esco sbuffando e mi avvolgo nel candido accappatoio. Mi fisso per qualche istante allo specchio e la prima cosa che noto, sono le occhiaie.
“Dio Santo!” mi ritrovo a pensare. Sembra proprio che abbia perso innumerevoli notti.
Passo le mani sulle guance tirando la pelle all’indietro per stenderla, poi distolgo la visuale dopo aver sentito un rumore provenire al piano di sotto: dev’essere ritornato Castiel. Senza perdere altro tempo, mi reco nella nostra camera per vestirmi. Kim mi ha comprato qualcosa dal negozio di Leigh, dato che sono rimasta senza neanche una maglietta.
Faccio in fretta.
Con Castiel avevamo deciso di recarci in ospedale per far visita ad Armin. Dopo l’incidente, non ci è stato permesso di vederlo e sinceramente fremo d’ansia per l’attesa. Anche se so che non può più vedermi, può ascoltare la mia voce ed io voglio chiedergli scusa, voglio che sappia che per lui ci sarò sempre. Oramai è plausibile che abbia sotterrato completamente il passato, nonché ciò che mi ha fatto. Ci siamo feriti a vicenda e l’unica cosa che desidero è mettere la parola fine a questa storia per ricominciare daccapo.
Infilate le ballerine, esco dalla camera e mi precipito verso le scale chiamando a gran voce Castiel. Da lui non ricevo alcuna risposta, ma i rumori riecheggiano comunque. Così, quando arrivo al piano di sotto, la figura che si presenta davanti ai miei occhi, mi lascia scombussolata e infastidita.
Non è Castiel, è suo padre.
Quest’ultimo mi guarda con occhi torvi, le sue labbra che poche ore fa erano piegate all’ingiù con un’espressione rattristata e sconvolta, adesso sono serrate in una linea dura e strafottente.
Dalla mia bocca non esce alcun suono, finanche il respiro si è bloccato.
<< Allora, Ginevra non aveva mentito! >> sogghigna calmo, senza scomporsi. << Adesso la mia proprietà è nelle tue mani! >> aggiunge indicando con un gesto del braccio l’intero ambiente.
Ma che razza di parole sta usando? Se non fosse che per quest’individuo provo già disprezzo, di sicuro avrei potuto odiarlo solo per ciò che ha detto.
<< Alla fine, hai vinto tu >> sibila con voce stranamente soffocata.
<< Che cosa vuole? >> chiedo nervosa.
<< Sai, mia cara Rea? Da quando ti ho visto al fianco di mio figlio, quel giorno che vi presentaste a casa mia, ho subito provato disprezzo per te… >>
<< Oh, il fatto è reciproco! >> lo interrompo meravigliandomi di me stessa. Solitamente una frecciatina del genere l’avrei espressa solo nella mia mente.
L’uomo rimane con le labbra dischiuse, poi sbuffa un sorriso e spostandosi, ricomincia il suo monologo offensivo. << Forse so perché mio figlio non ha mai rinunciato a te; è per questo che quella sciocca puttana ha fatto quella fine. Dovrei reputarmi un uomo fortunato, pensa se avessi voluto farti io una cosa del genere? A quest’ora mi sarei ritrovato al posto di Ginevra… >> s’interrompe fissandomi con sfida, forse aspettandosi una mia qualunque reazione.
So di sentirmi allibita per le parole che ha appena detto, ma non posso e non voglio farglielo capire.
<< Lei è un uomo spregevole! >> esclamo con voce stridula.
<< Mia cara… >> ride sguaiatamente << … non sono stato di certo io a dividere un marito dalla propria moglie per avere tutto questo bendidio… >>
<< No, ma ha fatto di peggio! >> lo interrompo ancora una volta << Ha rinnegato suo figlio per non perdere soldi e potere, rovinando la vita a Castiel! >>
<< E tu? >> chiede scuro in volto. Perlomeno, sono convinta di averlo offeso. << Tu non hai ingannato mio figlio? >> continua, accettando il gioco a carte scoperte.
<< Che sta dicendo? Io non ho ingannato nessuno! >>
<< Ah, no? Cosa mi dici di Etienne? Quel bambino ha gli stessi occhi del padre: mio figlio… >>
Sento un dolore in petto e il mio risvegliato avatar mentale che urla a squarciagola: “Lo sa!”.
<< C-come..? >> balbetto sentendomi la trachea pulsare violentemente quasi a volermi soffocare.
<< Oh, sciocca ragazzina! Non pensare che, adesso che non ho più potere come in passato, ciò che accade intorno a Castiel, mi sfugga come il vento. >> s’interrompe rimanendo a fissarmi intensamente, come se mi stesse leggendo all’interno degli occhi. Mi sento come se volesse succhiarmi l’anima, e questo pensiero mi dà i brividi, manco fossi alla presenza del demonio in persona.
<< Sembri ingenua, mia cara, ma non lo sei; ed io sono l’unico ad averlo capito. >> riprende avvicinandosi come un serpente con la sua preda. << hai voluto tenere nascosta la verità a Castiel fino a quando non fossi stata sicura che avresti potuto accalappiarti tutto, poi, nel momento in cui hai capito che mio figlio voleva lasciarti, hai tirato fuori la tua carta più importante… sei una calcolatrice nata, ed è per questo che sto cambiando opinione su di te! >>
Mentre lui continua ad avvicinarsi, io mi allontano e con le mani dietro la mia schiena vado tentoni cercando di trovare qualcosa su cui appoggiarmi o più appropriatamente, dividermi da questo maledetto.
<< Io non sono così! Giacché sa tante cose, dovrebbe sapere anche il perché ho tenuto nascosta la vera identità di Etienne! >> esclamo gettando all’aria quelle parole come se fossero veleno.
<< Oh, lo so, lo so… l’hai fatto perché avevi paura che Castiel, o casomai io, avessi voluto decidere di portartelo via… >>
<< L’avreste fatto di sicuro! >>
<< E adesso, chi ti ha fatto cambiare idea? >> rivela sicuro di sé.
Mi blocco, irrigidita come una statua di marmo. << Cosa sta cercando d’insinuare? >> chiedo nel panico più totale.
<< Vuoi proprio scoprire tutte le carte? Ok, voglio svelarti un segreto… sai per quale motivo Ginevra ha tentato di uccidere te e tuo figlio? >>
Deglutisco a fatica, perché nella mia gola si stanno formando delle spine tali da lacerarmi le pareti che la rivestono. È come se quella rivelazione altro non fosse che una bomba a orologeria.
<< Perché io, ho convinto mio figlio a riconoscere quel bastardello, e a lei –pace all’anima sua- non è andato a genio! >>
“Ha chiamato mio figlio bastardello?
Scuoto la testa, abbassandola, e respirando profondamente, aspetto che decida di finire ciò che ha da dire.
<< Hai fatto i conti senza l’oste, Rea. Ti ostini a volere mio figlio, e adesso ho capito perché. Hai avuto ciò che volevi. La mia casa, ma ricorda che lui non ti sposerà mai! Farò di tutto purché questo accada. Se mio figlio riconosce quel bastardo, le azioni che quella maledetta mi ha fatto perdere, per non aver dato eredi, ritorneranno nelle mie mani. Diremo che Etienne è figlio di Castiel e di Ginevra, e tu rimarrai chiusa nel tuo castello a ricoprire il ruolo di quella che sei: una sgualdrinella mantenuta! >>
Eccola la goccia che fa traboccare il vaso. Non voglio sentire altro, e presa da uno scatto istintivo d’ira, gli tiro uno schiaffo di traverso, riuscendo a fargli piegare la testa a un lato.
<< Esci da qui, fottuto bastardo! >> e subito le parole educate, lasciano il posto al loro contrario. << Ho accettato fin troppo le tue offese. Stetti zitta una volta, ma adesso non ti permetto di nominare mio figlio con quel vezzeggiativo! Riconoscerlo è stata la volontà unica e sola di Castiel. Io credo in lui, e non mi farò trasportare mai più dalle vostre insinuazioni! Se rivuoi la tua eredità, maledetto… >> digrigno avvicinandomi minacciosamente << …fatti pestare come un verme da quelli come te, ma mio figlio non si tocca! >>. Quanto vorrei che in questo momento ci fosse Kim a guardarmi, sarebbe di sicuro fiera di me.
<< Tu… >> cerca di ribattere, fulminandomi con gli occhi. “Dio, è nero di rabbia!”
<< Non hai sentito cosa ha detto mia moglie? >> interviene una voce dietro di noi. Ci giriamo contemporaneamente, ritrovandoci di fronte Castiel, che se ne sta appoggiato alla porta con le braccia conserte.
<< Vattene via! >> si rivolge a suo padre con aria pacata ma minacciosa, << e non farti più vedere >>
<< Non puoi cacciarmi… >> sghignazza l’uomo << … sono tuo padre! >> esclama poi irritato.
Castiel si allontana dalla sua postazione, si avvicina a me, e mi cinge i fianchi con un braccio. << Farò finta di non aver sentito tutto ciò che hai detto, quindi, cosa preferisci: essere denunciato per tentato rapimento, o essere cacciato? >>
<< I-io non ho rapito nessuno! >> si difende indietreggiando.
<< Questo lo sai solo tu! >> esclama convinto suo figlio << A chi crederanno: a un uomo rispettabile quale sono io, o a un pezzente come te? >>
Il padre ingoia malamente la sconfitta, senza dire una parola, volge uno sguardo rammaricato verso di me, poi gira i tacchi ed esce dalla villa. Il rumore, che provoca la serratura, rimbomba nel mio cuore facendomi capire che è finalmente tutto finito.
Di scatto mi giro verso Castiel e lo abbraccio stringendolo forte. Voglio piangere ma non ci riesco e non potete immaginare quanto questo mi sia di sollievo.
Il mio ritrovato amore, mi accarezza i capelli e mi bacia il capo.
<< E’ finito tutto, vero? >> chiedo sollevando il viso per guardarlo negli occhi. Lui non risponde, annuisce solamente per poi baciarmi.
Il bacio è casto e di poca durata.
<< Rea, l’unica cosa che adesso dobbiamo fare… >>
<< Lo so. >> lo interrompo mollando la presa sui suoi fianchi. << Armin ed Etienne >> mormoro sospirando afflitta.
 
   
 
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