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Autore: Iaiasdream    23/04/2016    2 recensioni
Seguito di: A QUEL PUNTO... MI SAREI FERMATO
Rea, ormai venticinquenne, dirige il liceo Dolce Amoris, conducendo una vita lontanissima dal suo passato, infatti ha qualcosa che gliel'ha letteralmente cambiata... ma... come si soleva immaginare, qualcuno risorgerà dagli abissi in un giorno molto importante... cosa succederà?
Genere: Erotico, Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Armin, Castiel, Dolcetta, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'A quel punto... mi sarei fermato '
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46° Capitolo: LA SCOMPARSA
 




<< Sei arrabbiata? >> chiede Castiel riportandomi alla realtà.
Lo guardo sbattendo velocemente le ciglia, << Perché dovrei esserlo? >> chiedo.
<< Beh, perché nonostante mi abbia detto di non presentarmi al funerale di Ginevra, ci sono andato >>
Accenno un sorriso malinconico << Ci sono venuta anch’io >> rispondo con voce amara.
<< E allora cos’hai? È per mio padre? >>
<< Sai, in un certo senso, anche lui è diventato l’ultimo dei miei pensieri. Mi hai detto che hai ascoltato tutta la discussione, e nonostante potesse sembrarti strano, non ho creduto a ciò che ha detto su di te. Solitamente a quest’ora staremo ancora litigando, è un passo avanti, non trovi? >>
<< Rea, cos’hai? >> insiste e questa volta con voce seria.
Abbasso lo sguardo, volgendo la testa verso il parabrezza, e inizio a pensare se quello che sto per dirgli sia la cosa giusta.
<< Io… per tutto quello che è successo ad Armin, mi sto chiedendo se noi due meritiamo di essere felici insieme. Quando pensavo non ci fosse più nessuno a intralciare la nostra storia, il destino ha messo ancora i suoi artigli. >>
<< Tu pensi che stiamo sbagliando? >> chiede interrompendomi. Lo guardo ancora una volta non riuscendo a proferir parola. << Pensi che per l’incidente ad Armin, dovremo rinunciare a ciò che abbiamo lottato fino ad ora?... rispondimi! >> esclama facendomi trasalire.
<< Non sto dicendo che è sbagliato… >> mi correggo intimidita dalla sua reazione << …sto solo pensando che, malgrado tutto ciò che mi ha fatto, gioire per il nostro lieto fine, non sia giusto nei suoi confronti. >>
<< Beh! >> esclama fermando definitivamente l’auto << Questo sarà lui stesso a dirlo! >> aggiunge indicando il palazzo ospedaliero con un cenno del capo.
L’alto portone dell’ospedale si staglia davanti a noi maestoso. Castiel mi tiene per mano, mentre non riesco a trattenere i tremiti che mi hanno assalito nel momento in cui abbiamo deciso di ritornare qui per far visita ad Armin.
Lo ammetto: ho una paura bestiale nel vedere la sua reazione. Durante il tragitto ho pensato e ripensato alla sua situazione. Armin è cieco e il solo immaginare i suoi occhi che cercano invano le figure davanti a sé senza riuscire a vederle, mi fa star male. Forse mi sto facendo dei problemi per niente, ma non riesco a pensare che se questa è la fine, devo accettarla così com’è. Infondo, Castiel ha ragione: abbiamo lottato molto in quest’ultimo periodo, soprattutto lui; si è messo contro il padre, cosa che non mi sarei mai aspettata da parte sua.
No. Non posso mandare tutto in fumo solo per le mie paranoie.
Accanto a me, Castiel, sembra essere l’unico tranquillo e, infatti, è lui il primo a entrare nell’edificio; mi ritrovo a seguirlo come un cucciolo indifeso, lasciando che si occupi di tutto. Si affaccia alla reception e chiede gentilmente all’infermiere, dove si trova la stanza del nostro amico, dopodiché si avvicina a me e m’invita a seguirlo.
Annuisco senza battere ciglio; prendiamo l’ascensore; quando usciamo, la prima cosa che notiamo in fondo al corridoio, è una sedia a rotelle ospitante una persona in contro luce, rivolta verso la vetrata.
<< Armin… >> sussurro bloccandomi. Castiel m’imita, poi armato di tutto il suo coraggio, s’incammina verso Occhi di ghiaccio.
Dal canto mio non riesco a muovermi, sembra che i miei piedi si siano conficcati nel pavimento come le possenti radici di un albero. Mi limito solo a guardare la scena con tutta l’ansia che ho nel corpo.
<< Armin. >> lo chiama il Rosso con voce tremante.
Vedo il moro trasalire, ma non si volta. << Castiel, sei tu? >> chiede allibito << Sei venuto a trovarmi? >>
<< Come stai? >>, la voce di Castiel sembra tremare.
<< Ho chiesto all’infermiera di mettermi vicino la finestra… ma penso proprio che mi abbia preso in giro. >> ribatte Armin voltandosi verso di lui ma puntando gli occhi nel vuoto.
Riesco a vederli, e l’unica cosa che riesce a consolarmi, è che non hanno perso il loro meraviglioso colore. Solo il suo affascinante viso è bendato per le ustioni.
Scoppia a ridere ed esclama una battuta schernendosi da solo.
Castiel rimane in silenzio.
<< Ah, ho un cattivo senso dell’umorismo, non trovi?... perché non parli? Di’ qualcosa, Castiel. Le voci delle persone sono le uniche a farmi capire che non sto dormendo… >>
Quella frase infilza il mio cuore come un coltello ben arrotato, così mi avvicino senza, però, dire nulla. Quando sono anch’io di fronte ad Armin, mi accorgo che quest’ultimo sta girando la testa e vaga con gli occhi in cerca di qualcosa.
<< N-non sei da solo, vero? >> chiede a Castiel balbettando.
<< No. >> risponde il Rosso con un sussurro.
<< Rea! >> esclama Armin, spalancando le palpebre dalle iridi spente.
<< S-sono qui, Armin >> piango passandomi una mano sugli occhi.
<< Ho sentito il tuo profumo, è inconfondibile. >> detto questo, si alza, chiede a Castiel di accompagnarlo nella sua camera e si siede su un’altra sedia. << Castiel, potrei chiederti un favore? >>
<< Sì. >>
<< Lasciami solo con Rea. >>
Castiel mi guarda, poi senza aggiungere altro, esce chiudendo la porta.
Rimaniamo soli, ma non riesco a parlare. Ho tante cose da dirgli e non so come esprimermi.
<< Perché sei venuta? >> chiede dopo qualche istante di silenzio.
<< I-io volevo… >> cerco di rispondere ma le parole mi muoiono in bocca.
<< Non volevo che mi vedessi in questo stato… Rea? >>
<< Dimmi Armin. >>
<< Pensi che abbia pagato abbastanza il mio peccato? >> domanda sorridendo.
<< Non parlare così, ti prego! >> esclamo singhiozzando.
<< Io penso che sia stato il minimo… >>
<< Oh, Armin! >> scoppio in lacrime, m’inginocchio verso di lui e poggio la testa sulle sue gambe << Mi dispiace… mi dispiace! È solo colpa mia. >>
<< No, non dirlo Rea. >> sussurra sollevandomi il capo << Sono io ad aver sbagliato dall’inizio… avrei dovuto lasciarti andare, ma non ne ho avuto né il coraggio, né tantomeno la forza… sai perché non ti ho mai voluto sposare? Perché sapevo che da un giorno all’altro Castiel avrebbe fatto ritorno… ma io ho voluto provare… >> sussurra poi, tastandomi il viso con le sue dita affusolate. Lo guardo negli occhi, quegli specchi sono puntati su di me, anche se inanimi, lui me li rivolge come ha sempre fatto.
<< Sai Rea? Io ti vedo, riesco a vederti… i tuoi occhi castani… >> dice toccandomi tutto ciò che sta elencando << …il tuo nasino impertinente, i tuoi capelli lunghi e lisci e… e le tue labbra… tu sei l’unica che riesco a vedere. Sei come la luce che illumina il buio. Quando mi sono risvegliato e ho aperto gli occhi, nonostante il dottore mi abbia detto che, puntate su di me, c’erano cinque lampade, questo buio che vedo solo io, mi ha fatto ridere… sto pagando per averti fatto soffrire. Non posso più vederti, ma riesco a immaginarti nella mia mente. >>
Lo abbraccio, non riuscendo più a sopportare quelle parole.
<< Rea… >> riprende senza ricambiare il mio gesto. << devi dire tutto a Etienne… lui non mi vede più come suo padre, da… da quando vi ho lasciati e non l’ho più cercato. È giusto che sappia la verità. È giusto che tu e Castiel siate felici. Tu non devi preoccuparti per me, sono sempre riuscito a cavarmela. Le persone che vi hanno diviso non ci sono più, ed io, non voglio sentirmi dire che appartengo a una di queste; so che non potrei mai averti comunque, quindi, rinuncio… sii felice con Castiel. >>
<< Armin… io non posso lasciarti con questo rimorso… >>
<< Ti prego, nessun rimorso. Tu non hai colpa di niente. Io non ti ho amato abbastanza. Quando mia madre ti ha trattato male, io non ho battuto ciglio per difenderti, sapevo quello che aveva in mente quando ti ha umiliato davanti tutta la scuola ed io, io ho taciuto; mi sono lasciato trasportare dalle sue malignità; se non l’avessi fatto, tutto questo non sarebbe successo.
Quando sono entrato in casa e ho visto tutte quelle fiamme, dopo un po’, mi ero accorto che Kim e il bambino non c’erano, la via era libera, sarei potuto ritornare fuori, ma non l’ho fatto. Per un istante ho pensato che se fossi rimasto dentro lasciandomi morire, avrei scontato il male che ti feci quella sera; ma adesso so che solo vivendo in questa maniera e lasciandoti andare, potrei sentirmi in pace con me stesso. Non piangere più, Rea. Non farlo per me. >>
<< Perché deve finire in questo modo? >> singhiozzo lasciandolo.
<< Per favore… >> mormora ignorando la mia frase. << Prima che tu te ne vada, voglio sentire solo una cosa… >>
<< D-dimmi… >>
<< Se Castiel non ci fosse stato, e se tutto questo non fosse accaduto, tu, mi avresti amato? >>
Trasalisco nel sentire quelle parole, poi mi alzo, mi avvicino alla porta, mi volto verso di lui e sorridendo, annuisco per poi sussurrare << Saresti stato l’unico e il solo… ciao, Armin. >>
Prima di uscire dalla sua stanza, lo guardo in viso, da quegli specchi d’acqua ormai vuoti, cadono piccole lacrime che gli rigano il volto, mentre più giù, le labbra, si sono allungate in uno di quei suoi sorrisi che fanno comprendere il suo stato d’animo: è felice. Nonostante tutto ciò che ha passato, è felice.
Adesso non riesco a capire chi fra i due sia stato da sempre il più spregevole. Lui mi ha lasciato andare senza farmi avere alcun rimorso, ma non posso comportarmi da persona sollevata e contenta, io ne soffro.
Castiel è davanti a me e mi guarda.
<< Come sta? >> chiede.
<< Mi ha dato la risposta >> mormoro stringendo i denti. Senza aggiungere altro, il Rosso si allontana entrando nella camera di Armin, così rimango sola. Inizio a camminare avanti e indietro fino a ritrovarmi nella sala d’attesa. Non c’è nessuno. Mi siedo nervosamente iniziando a massaggiarmi le mani.
Dopo qualche istante squilla il telefono; rispondo velocemente.
<< Ciao Rea. Sono Nathaniel… >>
<< Nath >> esclamo sospirando di sollievo. Non so perché ma da quando è successo tutto questo trambusto, ogni volta che mi squilla il cellulare, mi sento preda dell’ansia. << Cosa c’è? >>
<< Rea, scusami, so che non è il momento opportuno, ma vorrei avvisarti di una cosa… >>
Nel frattempo che Nathaniel ha formulato questa frase, nella stanza sono entrate due signore alle prese con le loro chiacchiere, così stringendomi nelle spalle, come a voler nascondere ciò che sto facendo, sono uscita fuori, incitando il delegato a continuare.
<< Ecco, vedi… tre giorni fa, le classi sono partite per quella famosa gita… doveva andarci anche Melody, ricordi? >>
<< S-sì >> rispondo non riuscendo a capire cosa voglia dirmi.
<< Poche ore fa, mi ha chiamato sua madre, chiedendomi se avessi notizie di sua figlia. >>
Silenzio.
<< Rea, Melody è scomparsa… >>
<< Cosa?! >> esclamo allibita << Ma cosa vai dicendo?! E’ in gita… >>
<< No, Rea… ho chiamato il professor Faraize e mi ha detto che il giorno della partenza, Melody non si presentò. >>
Rimango perplessa, scrollo le spalle come se avessi retto per troppe ore un peso da dieci chili. Mi passo una mano fra le labbra e sospiro guardandomi in torno smarrita.
<< Rea, ci sei? >> chiede il delegato con voce roca.
<< Sì, sì. Ci sono >> rispondo accennando qualche colpo di tosse << è che non riesco a comprendere… >>
<< Sua madre insiste nel dire che Melody uscì dalla casa tre giorni fa e d’allora non ha più dato sue notizie. >>
<< Tu a cosa pensi, Nathaniel? >> chiedo non riuscendo a formulare altre domande per continuare quest’assurdità.
<< Rea, non vorrei essere paranoico, ma la prima cosa cui ho pensato dopo aver sentito sua madre, è che… forse Melody, per tutto ciò ch’è successo: per la foto, la preside e per l’averti tradito, si sia sentita in colpa e abbia fatto qualche sciocchezza… >>
<< Andiamo, Nathaniel, non dire stronzate! >> lo interrompo innervosita, senza rendermi conto di aver alzato un po’ troppo la voce.
<< Mi dispiace, Rea… >> mormora con voce greve.
Sospiro, cercando di calmarmi << è inutile chiederti se hai provato a chiamarla… >>
<< Non risponde. >>
<< Giusto. >>
<< L’ho anche cercata… >>
<< Inutilmente. >>
<< Cosa facciamo, Rea? Sono tre giorni. Di sicuro la madre, sporgerà denuncia. >>
<< Lo stai dicendo come se nascondessimo qualcosa >> rivelo con un accenno d’ironia. So che non è il momento di scherzare, soprattutto dopo aver sentito quest’altra notizia, ma non posso neanche negare che di Melody me ne frega poco quanto niente.
<< Rea… >>
<< Nathaniel, ascoltami… io non so cosa fare in questo momento. Anzi, penso proprio che cercherò le dimissioni, con questo non voglio scaricare tutto su di te; con me c’è Castiel, ne parlerò con lui e ti faremo sapere, nel frattempo tu cerca di tranquillizzare la madre di Melody. >>
<< Va bene, Rea >> risponde sospirando sconsolato.
La nostra conversazione finisce così, non ci salutiamo e chiudiamo contemporaneamente la chiamata. Dopo qualche istante, vedo Castiel uscire dalla stanza di Armin e avvicinarsi a me.
<< Va tutto bene? >> chiedo, accorgendomi che ha uno sguardo cupo in volto. Non mi risponde. << Castiel, dovrei parlarti. Mi ha chiamato Nathaniel e… >>
<< Anch’io dovrei parlarti. Andiamocene da qui. >> m’interrompe afferrandomi per il braccio e trascinandomi verso l’uscita. Sento la sua presa stringermi l’arto, e fa male. Ma cos’ha? Mi chiedo fissandolo allibita.
Quando entriamo nella macchina, provo a chiedergli che cosa vuole dirmi. Dal canto suo, poggia le mani sul volante avvolgendolo con le dita; sospira, chiude gli occhi, poi si volta verso di me e sorridendo dice: << Prima tu. Cosa dovevi dirmi? >>
<< Mi… ha chiamato Nathaniel e… >> ripeto incerta << ha detto che Melody è scomparsa >>
Castiel corruga la fronte e mi fissa smarrito. << In che senso? >>
Gli racconto tutto il discorso che ho avuto con il delegato, alla fine, senza scomporsi sbuffa scocciato e impreca qualcosa a voce bassa.
<< Quando avrà fine questa storia? >> chiede dopo qualche secondo di silenzio. Lo guardo sospettosa.
<< Che c’è? >> ribatto con voce flebile. Lui non mi risponde, solo dopo qualche istante di esitazione, lo vedo trasalire, dopodiché accende l’auto e s’immette nel traffico senza dare alcuna spiegazione.
Cerco di chiedergli che cosa gli sia preso, ma non parla ed è inutile dire che questo suo comportamento mi sta dando sui nervi.
Dopo un breve tragitto, mi accorgo che siamo giunti a casa di Nathaniel.
Ad aprirci, con mia grande sorpresa, è Kim, che nonostante il suo colore di pelle scuro, riflette sul volto delle chiazze purpuree.
Sollevo un sopracciglio guardandola dubbiosa, mentre castiel dopo aver salutato, entra, chiedendo del delegato.
<< Sono qui! >> esclama quest’ultimo uscendo da una stanza, mentre si aggiusta la cravatta.
<< Cos’è successo a Melody? >> chiede il Rosso senza far caso a quel sospettoso atteggiamento.
Nathaniel mi guarda smarrito, ed io faccio altrettanto, poi guarda l’amico e passandosi una mano fra i capelli mormora << Non pensavo fosse tanto importante… non so cosa le sia successo, so solo che non dà sue notizie da tre giorni. >>
<< Sicuramente si sarà sentita male per via di ciò che ha combinato a Rea! >> interviene Kim con un leggero affanno nella voce.
<< Io invece ho qualche dubbio >> rivela castiel andandosi a sedere sul divano.
<< Cosa vuoi dire? >> chiedo tanto incuriosita quanto spazientita.
<< Armin… mi ha detto che in casa di Rea, il giorno dell’incendio, prima che lui potesse perdere i sensi e prima ancora che la trave del soffitto l’avesse colpito in pieno volto, ha sentito le voci di due persone che litigavano. >> s’interrompe.
Mi avvicino a lui assottigliando gli occhi e incrociando le braccia al petto. << Cosa stai dicendo? >> chiedo sbalordita.
<< Ragazzi, Ginevra, era con qualcun altro! >>
<< Ma… >>
<< Tu pensi che sia Melody? >> chiede Nathaniel fissando attentamente il Rosso negli occhi.
Quest’ultimo senza scomporre la sua espressione, annuisce nervosamente.  
 
 
 
   
 
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