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Autore: Selenion    23/04/2016    7 recensioni
Se pensi che l’avventura sia pericolosa, prova la routine.
E’ letale.
(Pablo Coelho)
Dal testo: "L’aveva desiderata tanto, quella vita. Aveva desiderato ogni singolo respiro e ogni singolo battito, ogni istante e ogni giorno che sarebbe trascorso. Aveva vissuto l’incertezza di non mangiare alla mezza e la probabilità di non vedere il sorgere della luna, lottato per un’illusione e pregato per l’abbraccio rassicurante della sua famiglia.
Aveva vinto ed era stato ricompensato con il mondo."
[Seconda classificata al contest "Di vite intrecciate e verità emblematiche" indetto da _Freya Crescent_ sul forum di EFP]
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: George Weasley, Ginny Weasley, Harry Potter | Coppie: Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Se pensi che l’avventura sia pericolosa, prova la routine.
E’ letale.
(Pablo Coelho)
 
 



 
Per inerzia


L’aveva desiderata tanto, quella vita. Aveva desiderato ogni singolo respiro e ogni singolo battito, ogni istante e ogni giorno che sarebbe trascorso. Aveva vissuto l’incertezza di non mangiare alla mezza e la probabilità di non vedere il sorgere della luna, lottato per un’illusione e pregato per l’abbraccio rassicurante della sua famiglia.
Aveva vinto ed era stato ricompensato con il mondo.
Era sopravvissuto alla disperata ricerca dei Frammenti, alla guerra e alla morte, che gli era scivolata accanto in più di un’occasione. Aveva ricevuto il suo premio: la certezza del domani.
E poi aveva continuato a lottare per rimediare agli orrori di un passato che difficilmente si cancella – come aveva pensato a lungo.  Eppure, ce l’aveva fatta: aveva costruito sulle macerie una vita nuova, le cui fondamenta erano talmente forti e salde che, ad un certo momento, le rovine sottostanti erano diventate quasi invisibili, perfettamente incastrate nel suolo di passato e presente.
Aveva conosciuto il successo, l’apprezzamento e la fama, l’amore vero e creato da sé un nuovo abbraccio, ancora più rassicurante e ancora più caldo di quello della sua famiglia d’origine.
Aveva visto Hermione piangere per il piccolo solitario che le aveva comperato, per poi camminare verso di lui in abito bianco. Aveva sentito sotto le mani la propria vita unita a quella di sua moglie, ne aveva stretto i frutti tra le braccia e aveva dedicato loro anni interi, con affetto e mille errori. Non se n’era accorto, ma anche lui era cresciuto e si era realizzato: aveva profuso impegno e passione per diventare chi avrebbe voluto essere da sempre, e infine c’era riuscito. Viveva ormai da anni immerso nel tepore della famiglia e della serenità, nell’allegria del bicchiere di whisky incendiario il venerdì sera con qualche amico e del pranzo con la famiglia la domenica mattina. Era stato accanto ai suoi fratelli quando avevano piantato le proprie pietre miliari e aveva gioito con Harry quando anche lui aveva trovato il suo posto nel mondo.
Per mesi aveva vissuto nella probabilità della morte e per anni nella paura della guerra.
Con l’alba della nuova era aveva trovato la certezza della serenità futura.
 
 
 
*
 
 
 
«Oggi devo trattenermi di più in ufficio, ho una riunione con quelli della divisione Spiriti».
Hermione cammina  avanti e indietro per la cucina, i capelli perfettamente ordinati in uno chignon stretto. Sembra terrorizzata.
«Qualcosa di grave?».
Ron sorride della sua ansia: sa che per la sera sarà a casa, soddisfatta del suo perfetto operato. Sua moglie è una delle persone più intelligenti dentro il Ministero e lui ne è consapevolmente orgoglioso.
«No, ma potrebbe diventarlo, come tutto ciò che riguarda la Legge, e io devo salvaguardare…».
«Sarai bravissima».
Hermione afferra la valigetta chiara, si avvicina a Ron e accenna un sorriso incerto.
«Non mi auguri buona fortuna?».
«Non ne hai bisogno».
Hermione si sporge e lo bacia sulle labbra, poi lui la guarda avvicinarsi al camino e prendere una manciata di Polvere Volante.
«Non arrivare in ritardo a lavoro anche oggi, Ron!».
 
 
«Dici che si nota tanto?».
«Tesoro, sei un fuscello, nessuno si accorgerà di nulla».
Hermione continua a rigirarsi davanti allo specchio, gli occhi puntati sul vestito leggero che disegna le sue forme alla perfezione.
«Ne sei certo?».
«Se anche fosse, cosa ci sarebbe di male?».
«Nulla, ma voglio che sia una sorpresa e che siamo noi a rivelarlo».
Ron la abbraccia da dietro, consapevole che l’ansietà di sua moglie non scemerà mai.
«Spero sia una bambina. E che sia uguale a te».
 
 
«Hai preso tutto?».
«Tutto, sì. Mi sistemi la cravatta?».
Hermione si alza sulle punte e stringe la stoffa, annodandola. Adora prendersi cura di lui in quel modo, senza magia.
«Sei assolutamente perfetto. Il nuovo negozio sarà un successo e tu un ottimo direttore».
Ron osserva i capelli rossi perfettamente pettinati e l’abito elegante allo specchio: sembra un pinguino con i merletti.
Spera solo di non deludere George e che i bambini non facciano i capricci durante la festa d’inaugurazione.
 
 
Harry ridacchia, gli zigomi già arrossati: non ha mai retto l’alcol e probabilmente non lo reggerà mai.
«E quindi dici che Rosie si è presa una cottarella per il piccolo Malfoy?».
Ron gli molla un colpo sul braccio, gettando un occhiata agli altri clienti del pub.
«Parla piano! Comunque, ho detto che potrebbe essergli diventata amica, forse».
«Quindi hai davvero paura che si sappia che tua figlia frequenta dei Purosangue!».
Harry continua a sghignazzare tra sé e Ron a guardarsi intorno, le orecchie arrossate non dall’alcol.
Nessuno però bada a loro: sono solo i soliti clienti del venerdì.
 
 
Hermione strilla, irrequieta, mentre taccuino e piuma completano autonomamente l’elenco delle “cose per Hogwarts”.
«Mamma, abbiamo tutto!».
Hermione lancia occhiate omicide a entrambi i figli.
«Vi dimenticate sempre qualcosa, invece! Ronald, almeno tu, datti una mossa!».
Alla fine tutto è pronto e i quattro Weasley si trovano sul vialetto di casa, in discreto ritardo.
Ron ha già messo in moto, quando…
«Mamma, ho dimenticato Storia di Hogwarts sul comodino!».
Hugo fugge fuori dall’auto ed Hermione lo rincorre, i suoi strepiti attraversano perfino le mura di casa.
Ron sbuffa, irritato: come se un libro fosse l’unica cosa importante al mondo.
Sempre la solita storia.
 
 
 
*
 
 
 
Il tepore dell’estate sta dissolvendosi nei venti del nord che, con i loro sbuffi gelidi, spalancano le porte all’autunno. In giardino, il prato sfoggia già un tappeto di foglie variopinte, molte delle quali si sollevano e volteggiano in aria.
Ron le osserva attraverso la finestra, seduto al tavolo della cucina. Stringe tra le mani il tè bollente, in attesa che si raffreddi. La Gazzetta del Profeta ancora aperta davanti.
«Oggi dovrei essere a casa per le cinque, fai comunque tu la spesa, per sicurezza. La lista è sul camino».
Hermione è entrata nella stanza di gran lena, la veste da strega perfettamente stirata e i capelli ordinati in uno chignon alto.
Ron evoca la lista e aggrotta le sopraciglia quando la legge.
«Come mai tutto questo zucchero? Non ci preoccupiamo più delle carie?».
Hermione sbuffa, il naso infilato tra due fasce di pergamene fitte d’inchiostro.
«Domenica dobbiamo andare a cena da Harry e Ginny e non abbiamo tempo per preparare qualcosa di più complesso di un dolce. È il loro anniversario». Poi alza lo sguardo e scuote il capo. «Te ne sei dimenticato, vero?».
«Certo che no», risponde in fretta Ron. Se n’è dimenticato e Hermione lo sa perfettamente: Ron si dimentica sempre di queste cose.
«Non bevi il tè?».
«No, devo andare velocemente in ufficio: riunione con i pezzi grossi degli Auror. Dato che ci sono potrei chiedere a Harry cosa prepareranno domenica…».
Ora è Ron a scuotere il capo: Hermione ha il costante bisogno di avere tutto sotto controllo, ogni cosa deve essere perfettamente organizzata e in equilibrio con il contesto. Si aspetta che perfino i colori del dolce saranno abbinati alle portate principali.
Hermione lancia uno sguardo all’orologio da polso e afferra la vecchia – e perfettamente curata – valigetta chiara, le pergamene già ordinatamente riposte all’interno.
«Devo andare, o rischio di incontrare la calca nell’Atrium».
Questo non accadrà perché Hermione è non solo puntuale, ma paurosamente in anticipo, come ogni mattina.
Si avvicina a Ron e gli lascia un bacio leggero sulle labbra, come fa da talmente tanti anni che Ron non ha idea di quando quel tenero rito sia cominciato. Forse il giorno stesso che sono andati a vivere insieme, o magari quando lei è stata trasferita all’Ufficio dell’Applicazione della Legge? Non lo sa e, a dire il vero, non se l’è nemmeno mai chiesto prima. È solo un rito che si ripete da sempre, senza variare mai, ed è diventato una parte fondamentale e inutile della giornata: lui fa colazione, lei si prepara e non mangia mai con lui, gli sfiora appena le labbra con le sue e gli raccomanda di non arrivare tardi a lavoro, lui risponde augurandole una buona giornata.
«Non fare tardi a lavoro come tuo solito, hai capito?».
Ron sorride – come fa tutte le mattine – perché lui, a lavoro, arriva sempre in orario, ma lei continua a raccomandarsi. Questo suo modo di fare, i primi tempi, l’aveva quasi sicuramente irritato: Hermione aveva la straordinaria capacità di intenerirlo e farlo innervosire al medesimo tempo. Ma ormai, dopo anni, nemmeno se ne ricorda.
«Buona giornata, tesoro. A stasera».
Sono già diversi minuti che Hermione è sparita in una uno sbuffo di polvere volante e Ron sorseggia ancora il suo tè. Continua a osservare le foglie che volteggiano in giardino, le sopraciglia aggrottate. Non si era reso che l’autunno fosse giunto così in anticipo, quest’anno. Ma è così difficile tener conto del tempo che passa, specie quando Rose e Hugo tornano a Hogwarts. Il giovedì è uguale al lunedì e non è possibile distinguere Ottobre da Aprile. Le stagioni mutano e gli anni passano, ma è tanto tempo che non vi bada più. In fondo quei piccoli cambiamenti non interferiscono sulla sua vita: caldo o freddo, sole o pioggia, lui è dotato di un tetto saldo e di impermeabili niente male.
L’unico luogo in cui lo scorrere del tempo è impossibile da ignorare sono i suoi figli.
Ron ha terminato di bere il tè e ora si chiede da quanto tempo i venti del nord abbiano ricominciato a soffiare per creare un tappeto così fitto nel suo giardino.
Poco male – si dice, con una punta d’irrazionale fastidio – metterà un maglione sulla camicia che indossa. Tanto Hermione tiene sempre tutto a portata di mano, per essere pronti a ogni evenienza.
 
 
George è nel suo ufficio, oltre la porta dietro il bancone, chino su una pergamena e su ampolle colme di diverse pozioni. Prende appunti minuziosamente e osserva il comportamento della prima: una sostanza violacea che trilla e scoppietta. A Ron ricorda i popcorn stregati che sua madre faceva quando erano bambini.
George alza lo sguardo e nota Ron sulla porta.
«Ehilà, fratellino. Che fai lì impalato?».
Nonostante Ron diriga per conto del fratello il punto vendita dei Tiri Vispi a Hogsmeade, in settimana resta per lo più a Diagon Alley con lui.
«Cerco di capire cosa tu stia progettando a quest’ora del mattino. Dobbiamo aprire tra dieci minuti e le Merendine Marinare sono ancora chiuse negli scatoloni in mezzo alla stanza, mentre le Bacchette Trabocchetto Per Adulti sono ancora nella Sezione Poppanti Amanti degli Scherzi».
Ron continua a lanciare occhiate incuriosite alle ampolle sul tavolino – la terza, color corallo, gorgoglia ora una canzoncina – non realmente interessato alle sue stesse parole.
George si apre in un ghigno e copre le ampolle con un telo.
«Questo, fratellino, sarà il prodotto di punta del prossimo San Valentino».
George torna nel locale principale del negozio e Ron lo segue.
«Non è un po’ presto per pensare già a San Valentino?» chiede, mentre sistema le Merendine Marinare sugli appositi scaffali con veloci colpi di bacchetta.
«No, Ronnie, il tempo è galeoni. E poi la linea che sto ideando dovrà essere doppia: ce ne serve una più “soft” per i minorenni e quella vera per tutti gli altri. Ora che ci penso, devo ridare un’occhiata alla Costituzione per…».
«Stai creando qualcosa di illegale?».
George sbuffa, facendo levitare pigramente alcuni prodotti da uno scaffale all’altro.
«È proprio perché non voglio creare niente d’illegale che mi serve capire qual è il limite cui ci si può spingere per costringere qualcuno a… Cioè, per essere sicuro di non avere problemi. E di non crearne agli altri» s’affretta ad aggiungere. «Potresti portarmi uno dei libri di Hermione, no? Uno di quelli in cui sono riassunti tutti i fondamenti sulla Civile Convivenza tra Maghi, Streghe e altre Creature Magiche».
«Oppure potresti dirmi cosa stai combinando e poi potrei aiutarti e chiedere direttamente a Hermione».
George rotea gli occhi al cielo.
«No. Perché? Primo: il perbenismo di tua moglie ti ha contagiato e non ho voglia di sentire le tue lamentele. Secondo: non andrai a dire a tua moglie cosa voglio fare, altrimenti mi dovrò sorbire il suo perbenismo e le sue lamentele. Terzo, ma non meno importante, ci sono cose, Ronnie caro, che non si posso condividere con chiunque».
È sempre la solita solfa: Ron aiuta George nei suoi progetti, gestisce il secondo punto vendita dei Tiri Vispi a Hogsmeade, è addirittura comproprietario dell’azienda e si occupa dei sondaggi tra i giovani, ma non può partecipare alla fase creativa dei lavori. Lui, come gli ricorda costantemente suo fratello, non è un Ideatore di Scherzi e quindi non può essere informato delle idee, né può contribuirvi finché non salta fuori il prototipo. Prototipo che poi lui deve testare. Ma questo, a detta di George, non è rilevante.
Quando qualche cliente inizia a riempire il negozio di scherzi, Ron ha dimenticato le ampolle sospette di George. Osserva suo fratello muoversi tra gli scaffali e chiacchierare con gli acquirenti, ridendo e incoraggiando gentilmente a provare questo e quel prodotto: ha sempre avuto un certo talento per il commercio.
Ron si chiede quando suo fratello sia invecchiato così tanto.
I capelli rossi sono sempre più radi e iniziano ad imbiancare, sottolineando l’assenza dell’orecchio sinistro e gli occhi e la bocca sono segnati da piccole rughette.
Improvvisamente perfino il suo passo gli appare vecchio. Da quanto ha preso a camminare, invece che correre, per andare nel retrobottega a rimproverare il loro pigro dipendente Bradley, che si è probabilmente rimesso a giocherellare uno dei prodotti che dovrebbe vendere?
Da quando i bambini altrui, che scorrazzano qui e lì per seminar scompiglio, non sono più irritanti lattanti, ma bambini vivaci? Quanto tempo è passato dall’ultima volta che ha complottato con qualcuno per fuggire alle regole come i due apprendisti del Serraglio Stregato, che vede oltre le vetrate del locale?
Ron si domanda come abbia potuto non rendersi conto del trascorrere del tempo attorno a sé. Un impellente bisogno di vedere il proprio riflesso allo specchio gli rivolta le viscere e gli scuote le gambe.
 
 
«Perché non incasiniamo un po’ le cose?».
Sono ormai a pochi passi dalla porta ed Hermione gli lancia uno sguardo a metà tra l’orripilato e lo scioccato.
«Incasinare le cose?».
E, a giudicare dal suo tono, crede che sia pure ammattito di colpo.
«Sì, fare qualcosa di un po’… stravagante, per una volta. Ad esempio, potremmo evitare di avere anche un piano alternativo per il dolce. Qualcosa di audace, un pochino».
«Trovi audace l’idea di rovinare la cena?».
Sul vialetto di casa Potter, a nemmeno venti metri di distanza dal loro stesso giardino, Hermione porta sulle mani un involto di carta verde pastello. La domenica è giunta, puntuale come ogni settimana, e loro, altrettanto puntuali, hanno indossato abiti informali ma perfettamente stirati, ordinari nella loro impeccabilità domenicale.
«No! E il punto è questo, Hermione: non trovi che la nostra vita sia diventata per niente audace, o avventurosa o entusiasmante?».
Ron ha buttato fuori le parole velocemente, senza nemmeno rendersene conto, e ora si chiede se non abbia esagerato. Forse Hermione si è offesa.
Non fa in tempo a dire più nulla, perché la porta si apre d’improvviso.
«Che ci fate fermi lì? E perché non avete suonato il campanello?».
Sorridendo, Ginny si fa da parte per lasciarli entrare. Quando Ron guarda Hermione, lei ha già indossato una maschera di cordiale vivacità.
Ron vorrebbe poter parlare con Hermione dei pensieri che lo attanagliano, spiegarle il perché di quelle parole, ma l’idea di piantare in asso Harry e Ginny – e di scompigliare la tradizione della domenica, la perfetta calma delle loro solite vite – è assolutamente inaccettabile.
Tolte le giacche, inizia il rito dei convenevoli e delle chiacchiere inutili. Ron non si è mai accorto di provare una tale insofferenza nei confronti di quelle serate che, in realtà, sono uguali a se stesse da anni. Per quanto si sforzi non ricorda quando sia iniziata e, inspiegabilmente, ciò gli provoca il voltastomaco. Perché non ci ha mai pensato prima?
D’un tratto tutto lo disgusta, ogni cosa gli appare scialba e forzata: le risate di Ginny, gli occhiali perennemente storti sul naso di Harry, la condiscendenza di Hermione verso quella farsa. Sente il petto oppresso in una morsa ed è certo che il suo stomaco si rivolterà e risputerà fuori l’intero pasto.
I suoni rimbombano tra le tempie, resta in silenzio, consapevole come non mai del rumore assordante di ciò che lo circonda. Forse all’esterno può risultare scortese, magari gli altri commensali si chiederanno che diavolo gli prenda, o magari saranno troppo impegnati a replicare l’ennesima, sterile serata. Si domanda se Hermione si renda conto dello stato in cui è ridotto – in cui tutti loro sono inconsapevolmente ridotti – ma quando la guarda, lei è impegnata ad annuire alla volta di Ginny, apparentemente concorde su un argomento che Ron non ha ascoltato. Ron sa che Hermione  si è sempre resa conto del suo sguardo su di lei, come sa di non aver bisogno di troppe parole perché lei capisca quando qualcosa non va. È per questo che Ron è certo che, nella fissità dello sguardo di sua moglie su sua sorella, ci sia la deliberata scelta di ignorarlo.
La voce di Harry richiama la sua attenzione e lo forza a guardarlo – per quanto tempo ha fissato Hermione?
«Quindi la terrai ancora tu, Hermione? La prospettiva di lasciarla nelle mani di quel cretino di Robards mi fa ancora drizzare i capelli in testa, meno male che venerdì ti sei offerta in tempo».
Ron guarda Harry, senza aver capito una parola di ciò che ha detto. Ginny, davanti a lui, ha l’aria di essere nella stessa situazione di Ron. Hermione si muove irrequieta sulla sedia, continuando a tenere lo sguardo ostinatamente lontano da Ron.
«Sì» borbotta. «Io… penso di essere la persona più adatta a questo compito, ecco».
Harry annuisce energicamente – ha tutta l’aria di non voler avere a che fare con il compito in questione – mentre Ginny si spazientisce.
«Si può sapere di che state parlando?».
Harry, ridicolmente divertito dall’impazienza di sua moglie, le da un buffetto sulla mano.
«Una Giratempo, Gin. È stata ritrovata a casa del vecchio Olivander e, ora che è morto, poiché è un oggetto che in teoria dovrebbe essere sotto il controllo del Ministero, abbiamo l’incarico di studiarlo, classificarlo e metterlo al sicuro». Harry guarda alternativamente Ron e Ginny. «Ricordate che dopo la Battaglia al Ministero si credeva che fossero andate tutte distrutte? A quanto pare non è così e questo ci fa pensare che ce ne possano essere anche altre, ben nascoste».
Tutto ciò a cui Ron riesce a pensare è quanto gli sembri lontano il quinto anno e si domanda se non sia stata davvero la guerra di un altro in una vita che lui non ha mai vissuto.
«Hermione dice che probabilmente è molto più potente di quella che usava lei al terzo anno. Potrebbe addirittura portare indietro di anni!» conclude Harry.
Hermione, per la prima volta durante la cena, guarda Ron. È un’occhiata veloce, che lui intercetta appena, ma fa in tempo a scorgervi un sentimento strano: timore.
«Potrebbe, credo» sillaba, incerta.
Ron è sicuro che sia Harry sia Ginny si stiano domandando dove sia finita la maschera di vivace cordialità che Hermione è solita indossare, del tutto simile alle loro. In un nuovo, glorioso istante, Ron è certo di avvertire tutta la robustezza del filo che lo unisce da sempre a sua moglie.
 
 
Sono a casa da diverso tempo – il pendolo ha battuto il dodicesimo rintocco notturno da un po’ – ma nessuno dei due ha osato fiatare. Ron sa che Hermione vuole parlare: rassetta la cucina e il salotto – già in ordine prima della cena – invece che andare a infilarsi nel pigiama. Soprattutto, è quasi certo che sappia cosa gli sta girando per la testa, quell’idea assurda che ha preso forma a casa di sua sorella e che è lentamente cresciuta nell’ultima ora.
Attende senza fretta, seduto al suo solito posto attorno al tavolo della cucina, certo che sarà lei a iniziare il discorso quando avrà ordinato le idee e creato un monologo perfetto. Ron è pervaso da un caleidoscopio di emozioni che è certo di non provare più da anni. Agitazione, esaltazione, ansietà e nervosismo si intrecciano nel suo petto ma, seppur differenti dall’apatia che è convinto abbia imputridito la sua vita, non è certo siano positive.
Hermione si volta di scatto verso Ron, lo guarda e poi prende posto davanti a lui.
«So cosa intendevi oggi, davanti a casa di Ginny e Harry. Lo so, lo provo anch’io».
Ed è come se tutta la convinzione di Hermione evaporasse nel sospiro che accompagna le ultime parole. Incassa la testa nelle spalle, ma non allontana lo sguardo da quello di Ron. «Mi sento anch’io così. Insoddisfatta, annoiata, schiacciata dalla nostra stessa vita».
«Non me l’hai mai detto» mormora Ron.
Hermione tira le labbra in un sorriso mesto.
«Come avrei potuto? Non avevo il diritto di sconvolgere anche la tua serenità per quelli che forse, alla fine, sono solo capricci».
«Non sono solo capricci!» inveisce lui.
«Mi sento un’ingrata, Ron».
Ron nota che le mani di Hermione hanno preso a tremare, così allunga le sue sul tavolo e le stringe.
«Noi abbiamo avuto una vita, la possibilità che a tanti è stata negata. Abbiamo una famiglia, figli meravigliosi, carriere ben avviate, amici e il mondo intero a disposizione. Come possiamo odiare la serenità per cui noi stessi abbiamo combattuto e molti sono morti?».
Hermione ha la capacità di sorprenderlo – come aveva potuto dimenticarsene in tutti quegli anni? – con la profondità del suo animo. Lui non aveva pensato a niente di tutto ciò e, a dire il vero, non è che si sentisse poi così colpevole ad avere certe idee.
«Non devi sentirti così, tesoro. Non abbiamo alcuna colpa».
Hermione lo scruta con l’aria di una che sta per confessare un crimine orribile.
«A volte mi manca» bisbiglia, quasi atona. «La nostra vecchia vita, l’avventura e… il rischio. Non dovrei, come posso sentire la mancanza della guerra?!, ma qualche volta mi pare di sopravvivere per inerzia».
«Come se avessimo vissuto di più quando eravamo a un passo dalla morte» completa per lei.
Hermione annuisce lentamente.
«Cosa possiamo fare, Ron? Se stiamo entrambi così non è giusto ignorare i nostri sentimenti. Cerchiamo di rimediare agli errori che, evidentemente, abbiamo commesso in passato».
Ron stringe con più forza le mani di Hermione, senza mai distogliere lo sguardo dal suo.
«Io non credo che potremmo rimediare, ora» sillaba cautamente. «Non con metodi normali, almeno».
Non si stupisce quando Hermione comprende immediatamente il senso delle sue parole, né lei mostra alcuna sorpresa per quella conclusione. Ron sa che l’idea era già nata dentro di lei, l’aveva letto nell’unico, fugace sguardo che gli aveva rivolto e, in un certo senso, era stata lei stessa a ispirargliela.
Tuttavia, le mani di Hermione si stringono a pugno nelle sue e lui sa che si è conficcata le unghie nei palmi.
«Non possiamo fare niente del genere Ron! Potremmo… rischiamo di distruggere il mondo intero! Se interveniamo troppo radicalmente nel continuum spazio temporale, noi…».
«Calma, tesoro. Non ho intenzione di riportare la guerra o cose così. Ma potremmo fare in modo che la nostra vita sia più… consona alle nostrenclinazioni, ecco. Correggeremo solo qualche errore che abbiamo commesso qui e lì, niente di più».
Hermione si guarda attorno, impegnata a lacerarsi le labbra con i denti.
«E se dovessimo cambiare troppo? Gli interventi temporali hanno conseguenze imprevedibili… E se dovessimo causare problemi o perdere qualcosa? Se non ci fossero Rose e Hugo, in un’altra vita?».
E se non ci fosse niente di tutto ciò che conosce? La sola ipotesi di non avere più i suoi figli lacera Ron nel profondo ma, sorprendentemente, si ritrova a temere anche la fine delle certezze. Abbracciare l’ignoto è complesso e per farlo bisogna mantenere un certo allenamento.
Improvvisamente si rende conto che Hermione, nonostante la sofferenza che prova, non ne ha mai parlato prima. Si è arresa alla loro vita, nonostante avesse compreso di non stare più vivendo realmente.
Ron capisce che deve essere lui, per una volta, quello a dare l’input iniziale. Hermione ha bisogno di essere sostenuta e guidata, perciò decide che sì, sarà lui a farlo. Riuscirà a migliorare tutto, senza dover perdere niente.
Hermione tentenna e, di nuovo, Ron sa che lei ha quasi la facoltà di leggergli il pensiero.
«Sono molto stanca, vado a letto».
Libera gentilmente le mani dalla presa di Ron, poi s’attarda accanto al tavolo, incerta.
«Vai, ti raggiungo tra un attimo» le sorride.
Hermione annuisce, lanciando un’occhiata rapida al divanetto del salotto.
«Va bene. Lascio la valigetta di lavoro in sala, così è già pronta per domani mattina: devo arrivare presto in ufficio. Buonanotte».
Ron sa cosa realmente intende Hermione: la valigetta che uso al Ministero, quella in cui ripongo tutto ciò che riguarda il Ministero, è lì, in salotto. E resterà lì, alla mercé di chiunque, per tutta la notte.
 
 
 
*
 
 
 
Si rigira l’oggettino tra le mani, lo studia e ne soppesa il potere. Ne ha già visti in precedenza, ma è la prima volta che ne può toccare uno, stringerlo tra le dita. Il metallo, un tempo freddo, poi diventato prima tiepido, ora è caldo, leggermente umido, per via del contatto con la sua pelle. I granelli di sabbia restano immobili nella minuscola clessidra, mentre sfiora l’anello d’oro, finemente decorato con simboli runici.
Ripensa agli anni passati senza che se ne sia reso conto. Estate, autunno, inverno, primavera, e poi di nuovo estate, autunno, inverno e primavera. Estate, autunno, inverno, primavera ed estate, autunno, inverno, primavera. Ripensa alle consuetudini di tutti i giorni, al tè della mattina e al venerdì con gli amici, alla domenica con Harry e Ginny e alle feste alla Tana con tutta la famiglia. Ai giorni sempre uguali al negozio e alla vita di tutti i giorni che non cambia mai. Alla sicurezza delle azioni ripetute e delle certezze, ai bambini che studiano e diventano grandi, ai vestiti caldi d’inverno e a quelli leggeri d’estate. Alla certezza del pranzo alla mezza e del riposo la notte, alla assoluta probabilità del domani. Alla prevedibilità, alla vita che non è più vissuta, ma che si porta avanti comunque, perché si lavora, si parla con gli amici, ci si riunisce nell’abbraccio soffocante e tiepido della famiglia.
Ripensa a Hermione e alla flebile scintilla nei suoi occhi, così simile a quella che aveva visto in se stesso quando, rientrato da lavoro, era rimasto per ore a guardarsi riflesso nello specchio. Ripensa alla fiamma che i suoi occhi avevano da ragazza, quando tanto lottava per il mondo e cercava di strappare delle briciole anche per loro. Quella luce non esiste più, sostituita da piatta quiete. Eppure, è certo di averne visto il fantasma. E se anche Hermione ha bisogno di ciò di cui ha bisogno lui, allora è giusto agire.
Ora deve solo ritrovare il coraggio che ha seppellito decenni addietro, sotto cumuli di polvere e quotidianità. Deve solo riportare in vita l’audacia, per abbandonare la sicurezza dell’ordine e affrontare l’ignoto, ancora una volta.
 
 
 
*
 
 
 
Ron siede al tavolo della cucina, la Gazzetta del Profeta stretta in mano, una tazza di tè bollente proprio davanti a lui.
Hermione cammina da una parte all’altra della stanza, la veste da strega perfettamente stirata e i capelli ordinati in uno chignon alto.
«Bisogna risistemare le stanze dei bambini per quando saranno tornati da Hogwarts, ricordati di ricontrollare se abbiamo tutto ciò che ci serve». Parla senza guardarlo, intenta a controllare che la sua valigetta chiara sia in ordine. «Probabilmente rientro tardi stasera, abbiamo da discutere una questione sui Giganti Irlandesi per-».
«Va bene, va bene, Hermione» la interrompe, prima che inizia a farneticare del suo lavoro. Hermione è talmente puntigliosa da aver bisogno di mettere al corrente del suo lavoro anche gli altri.
«Non bevi il tè?».
«No, devo andare velocemente in ufficio». Hermione lancia uno sguardo all’orologio da polso e afferra la vecchia – e perfettamente curata – valigetta chiara, le pergamene già ordinatamente riposte all’interno.
«Devo davvero andare, o rischio di incontrare la calca nell’Atrium».
Questo non accadrà perché Hermione è non solo puntuale, ma paurosamente in anticipo, come ogni mattina.
Si avvicina a Ron e gli lascia un bacio leggero sulle labbra, come fa da talmente tanti anni che Ron non ha idea di quando quel rito sia cominciato.
«Non fare tardi a lavoro come tuo solito, hai capito?».
Ron sorride – come fa tutte le mattine – perché arriva sempre in orario a lavoro, ma lei sembra scordarsene continuamente.
«Buona giornata, tesoro. A stasera».
Lui fa colazione, lei si prepara e non mangia mai con lui, gli sfiora appena le labbra con le sue e gli raccomanda di non arrivare tardi a lavoro, lui risponde augurandole una buona giornata.
 
 
 

 
 
Nessuno osa dire addio alle proprie abitudini.
Più di un suicida s’è fermato sulle soglie della morte pensando al caffè dove andava a giocare tutte le sere la sua partita a domino.
(Honoré de Balzac)





 
 




NdA: la storia, come riportato nel bando, partecipa al contest "Di vite intrecciate e verità emblematiche" di _Freya Crescent_, sul forum di Efp. Il pacchetto che ho scelto, "Vuoto", prevedeva l'utilizzo della citazione di Coelho, il prompt "Giratempo" e la coppia Ron/Hermione. Essendo io una fan sfegatata dei Romione e poiché adoro distruggere i miei personaggi preferiti, non ho potuto fare a meno di partecipare. Spero di essere riuscita nell'intento, anche se tempo di aver lasciato un po' di errori qui e lì.
Ho mandato la storia dicendo alla GiudiciA di non avere alcuna nota da allegare, ma era molto tardi e stavo dormendo in piedi, ho ovviamente qualcosa da dire. Il pacchetto prevedeva la descrizione di una vita monotona, ben diversa da quella che i Ron ed Hermione hanno vissuto per anni, e io ho accuratamente evitato di inserire le parole "routine"e "abitudine" (che figurano solo nelle citazioni, esterne alla narrazione vera e propria). Ho tentato di descrivere lo stato di apatica letargia in cui ho immaginato siano caduti i personaggi con il passare degli anni, senza esplicitarlo con le parole.
Inoltre, il titolo riprende il principio fisico secondo cui "un corpo persevera nel proprio stato di quiete o di moto rettilineo uniforme, finché una forza non agisce su di esso".
Beh, ho terminato - sto diventando brava ad accorciare le note, da.
Spero che la storia sia di vostro gradimento!
Sel

 
   
 
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