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Autore: Padme Undomiel    23/04/2016    2 recensioni
[Ambientazione pre "Il conquistatore di Shamballa"]
Mustang, per lei, non riesce ad essere altro che Colonnello. Lo è sempre stato, in fondo. Colonnello, che per lei è sinonimo di sicurezza, autorità, perseveranza nel porsi degli obiettivi fermi, determinazione nell’affidarsi solo alle proprie risorse per andare a conquistarli, con la forza se necessario. Colonnello, che per lei vuol dire vincente, a qualsiasi costo, a qualsiasi prezzo – a discapito di qualsiasi vita.
E invece qualcosa ha fatto precipitare quel vincente nel baratro scuro e gelido di una sconfitta, e il solo pensiero riempie Winry di sconcerto. Cosa è successo? Non ha forse sconfitto quel malvagio homunculus? Non dovrebbe star facendo carriera nell’esercito? Lei non capisce nulla di politica e militari, ma c’è qualcosa di profondamente sbagliato in questa situazione. Che ne è stato di Mustang?
Il suo sguardo si posa sulla finestra di fronte alla quale si è fermata, sul riflesso che vi appare – i capelli disordinati, gli abiti sporchi di lubrificante per automail, le guance pallide, gli occhi smarriti, le labbra incurvate all’ingiù da chissà quanto tempo.
Che ne è stato di lei?
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Roy Mustang, Winry Rockbell
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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II - Keep Moving Vi ringrazio per i vostri feedback, siete molto carini. Spero di non deludervi andando avanti - e di sapere che ne pensate, perché no. Mi piace sempre dialogare su certe cose. :)













La decisione di Al di partire per Dublith non sorprende affatto Winry.
Ha avuto Al sotto agli occhi per settimane, ha percepito in modo quasi tangibile la sua impazienza e tensione, e la sua convinzione di star sprecando tempo utile quando invece avrebbe potuto impiegarlo per trovare un modo di riavere suo fratello. E poi lo conosce da una vita, lo sa benissimo quanto detesti l’inattività.
Era solo una questione di tempo prima che decidesse di riprendere gli studi, di andare con la maestra Izumi.
E’ a questo che pensa, quando è nella solitudine della sua camera, distesa supina sul letto e con un braccio abbandonato pigramente sulla fronte: alla sua reazione così razionale alla notizia.
Al le mancherà, naturalmente. Non si aspettava sarebbe stato facile lasciarlo andare, non dopo averlo avuto con sé per tanto tempo, sempre al suo fianco come se non fosse stato lontano per quattro lunghi anni, ma anche avendo quel groppo in gola non si sente disperata e abbandonata come pensava si sarebbe sentita.
Forse è perché, ad essere lasciata indietro, ci è ormai abituata.
Sua madre e suo padre sono stati i primi ad andarsene, un sorriso sicuro e un bacio su ogni guancia, e lei li ha aspettati, aspettati invano, ogni giorno sulla soglia di casa per almeno qualche minuto, finché non è stato un telegramma ad arrivare, invece, e lei ha smesso di aspettare sulla porta. Poi ci sono stati Ed e Al, lasciandosi alle spalle la puzza di una casa bruciata, e il mai espresso desiderio della loro amica di infanzia di fermarli, di abbracciarli forte, di non lasciarli mai andare. Anni e anni a trattenere quel desiderio chiuso a chiave nel suo cuore. Anni e anni a scrutare all’orizzonte aspettando di rivederli.
E infine, Al è tornato, ma Ed ha deciso di sparire nel nulla.
Si può dire, riflette tra sé Winry un po’ amaramente, che lei sia sempre stata brava ad aspettare. Ha avuto anni di esperienza in quel campo.
Solo che, dopo la scomparsa di Ed, non ce la fa più. E non c’è da stupirsene.
Ed, in fondo, è stata la persona che Winry ha aspettato più di tutte. Per poter amare, per poter sognare, per poter sorridere. Per poter vivere.
Winry aiuta Al a fare le valigie, nonostante Al sia più che in grado di farle da solo, solamente per il gusto di condividere ancora qualcosa con lui prima di vederlo sparire per chissà quanto altro tempo ancora. Resta ad ascoltarlo mentre, fiducioso, le racconta di come troverà Ed, di come lo riporterà a casa. Lo accompagna alla stazione, affidandolo alla signora Izumi e al signor Curtis, e gli tiene la mano sorridendo finché il treno non accelera troppo, portandosi via il suo sorriso, e la sua incrollabile determinazione e forza.
E ne ha la conferma, quando non le resta altro che il calore quasi scomparso della manina di Al nella sua, e due scie di lacrime senza rumore che le rigano le guance.
Questa volta non resterà ad aspettare. Perché non è più brava come un tempo, ad aspettare.
Il mondo corre, non fa che correre e accelerare, pensa Winry facendo le proprie valigie con movimenti rabbiosi e solenni. Il mondo corre e non si ferma mai, non si guarda indietro per vedere chi è affaticato e non sa tenere il passo, non si cura di quanto può essere tremendo essere intrappolati in quel vorticare confuso senza riuscire ad avanzare nemmeno un po’.
L’unico modo di vincere non è forse correre più forte del mondo stesso?
E’ quello che spiega alla nonna, sulla soglia della porta di casa con un biglietto per Rush Valley nelle mani. Glielo spiega e spera che le rughe di preoccupazione sul suo viso anziano si distenderanno in un sorriso sereno, quando la vedrà tornare vincitrice a casa. Anche se lei ancora non sa cosa voglia dire vincere, in quel gioco.
Sa solo che chi si ferma ha perso in partenza.
La nonna le stringe le mani, la guarda con affetto, la lascia andare.
“Queste vecchie giunture non correranno con te. Ti aspetteranno qui”, le dice. “Ma non esiste solo correre e star fermi, Winry. C’è qualcos’altro nel mezzo.”
Winry non capisce, ma il treno parte e lei non può perderlo.
Un bacio sulla guancia e corre via, cercando di stare al passo con un mondo che è già miglia più avanti.

***

Rush Valley è frenetica, e ogni volta che inspira il suo odore si sente riempita dalla sua energia senza fine.
In ogni dove ci sono officine, su ogni corpo c’è una protesi meccanica, finemente lavorata in un modo che lei al momento non può che ammirare da lontano. Negli occhi di ogni cittadino c’è il lampo della vita, l’intraprendenza dell’orgoglio, e talento, a dismisura.
Winry desidera farne parte, con tutte le sue forze.
Dominic è un uomo burbero, non abituato ad interagire con le persone, schivo come un orso nella sua tana confortevole e tanto differente dalle altre. La vede arrivare, una valigia tra le mani e un sorriso pieno di voglia di fare sulle labbra, e le risponde seccamente di non aver bisogno di apprendisti, che deve andare altrove se è alla ricerca disperata di un fabbricante di automail competente. Rush Valley ne è piena, non te ne sei accorta?
Winry in risposta gli propone di parlare al telefono con sua nonna, e di spiegarle esattamente il motivo per cui sua nipote non può essere presa come apprendista da lui.
Basta la menzione della Pantera di Resembool a garantirle un posto letto e la promessa di un apprendistato, e questo fa ridere Paninya per diverse settimane, sbalordita nel vedere il suo patrigno così saldo e duro tremare come una foglia al pensiero di un’anziana signora che non vede da anni.
In Paninya Winry trova un’alleata e un’amica insospettabile, e quella scoperta è un balsamo per il suo animo ferito. E’ lei a mostrarle i fornitori migliori per automail, lei a smascherare i truffatori, lei a portarla in giro per i vicoli segreti di Rush Valley alla ricerca del cuore pulsante e nascosto della città. Ha uno spirito pratico e una voglia di vivere che Winry ammira, e che ora come ora sente di voler condividere con tutta se stessa.
Così si fa trascinare e sperimenta la gioia di trascinare lei, di tanto in tanto.
Qualche volta Paninya le stringe le mani nelle sue, sorridendole grata.
“E’ così bello che tu abbia scelto Dominic come tuo mentore. Così dimostrerai alla gente là fuori quanto siano meravigliosi i suoi automail!” Le dice con entusiasmo.
Quelle volte il contrasto tra le dita di carne e quelle di acciaio le stringe il cuore in una morsa di nostalgia. E’ solo un momento di apnea, una secchiata di acqua gelida, e in quel momento le sembra di stringere le dita di acciaio di Ed.
Ma poi Winry ricaccia indietro quel momento come si inghiottisce la saliva quando si ha la gola quasi completamente riarsa, con un colpo secco e un po’ doloroso. Scuote la testa e sorride a Paninya, e le annuncia che prima o poi smetterà di ringraziarla, perché diventerà persino più brava di Dominic, e allora sarà una rivale negli affari.
Il mercato di automail è cambiato, e se ne accorge mentre aiuta Dominic con le commissioni. Gli automail con cannoni incorporati sono sempre più radi, ci sono spesso ispezioni da parte dei militari e ingiunzioni, a favore di protesi meno belliche e più funzionali. Suppone che faccia parte della nuova politica dell’esercito, successiva alla scomparsa di King Bradley: c’è un tentativo massiccio di promuovere la pace, di rimediare alla diffidenza quasi palpabile che i cittadini provano ogni volta che vedono una divisa azzurra nei paraggi, di allearsi col popolo, proprio loro, che per tanto tempo sono stati chiamati sprezzantemente Cani dell’esercito, quasi fosse un attributo perfettamente consequenziale all’arruolamento. Winry non sa cosa pensare di questa politica, ma dentro di sé prega incessantemente che serva almeno un po’ a preservare altri bambini dal ritrovarsi orfani per colpa di una stupida guerra. E se il prezzo da pagare è combattere un inevitabile mercato nero di automail non a norma, bene, non è un gran sacrificio. Si spera, comunque, che i militari siano preparati a quest’eventualità.
Lei non si avvicina loro abbastanza per scoprire se le cose stanno davvero così.
Quelle divise azzurre le ricordano Mustang, e questo è il pensiero che Winry cerca di evitare più di tutti. E’ strano, ma dal giorno di quella incomprensibile telefonata le sue emozioni nei confronti di quell’uomo si sono di nuovo, dolorosamente, rimescolate. Prova disagio – e perché dovrebbe provarne lei? Lui non ne ha provato, dopotutto, quando ha sollevato la cornetta per comporre il suo numero, per parlare con la figlia dei dottori che gli era stato ordinato di eliminare durante lo sterminio di Ishbar. Eppure lei si sente colta da una sorta di malessere senza voce, un imbarazzo insopportabile, un senso di vergogna, ogni volta che la sua mente sfiora anche solo per un attimo quel ricordo.
Non riesce a smettere di pensare di avergli dato l’impressione di essere una ragazza debole, una piagnucolona. Non può sopportare di avergli donato un assaggio della sua fragilità, e lo sa che non è per via di quella rabbia devastante che l’aveva quasi portata a odiare il signor Hughes tempo fa, disposto a morire pur di aiutare l’assassino dei suoi genitori ad arrivare in alto: ha cercato quell’odio cieco dentro di sé, e non ne ha più trovato traccia. Dev’essere sparito da un pezzo.
E’ solo che i confini sono di nuovo crollati: arrivare ad accettare le colpe di Roy Mustang è totalmente differente dal farsi consolare da lui. Dopotutto, cosa può essere l’assassino dei suoi genitori per lei?
Potrà mai essere qualcosa per lei?
Te l’ho detto che pensare a Mustang fa solo venire il mal di stomaco. La voce di Ed, qualche volta, è così chiara nelle sue orecchie che lei può quasi giurare di non starla solo immaginando. Quello lì è psicopatico, e si diverte a farti aggrovigliare il cervello solo perché sa come si fa e vuole dimostrartelo a tutti i costi. Secondo te perché quando posso lo evito?
E se fosse lì andrebbe avanti all’infinito, incrociando le braccia e corrugando la fronte, lagnandosi e lagnandosi, con l’insistenza tipica di chi non sa sciogliere un enigma e darebbe chissà cosa per farlo. Se fosse lì non ci sarebbe modo di fermare quel teatrino, se non lanciandogli contro una chiave inglese.
Ma Ed non è lì, e nessuna chiave inglese può raggiungerlo ora.
Non ne serve una, in ogni caso: la sua voce tace troppo presto, e nel silenzio che le fischia nelle orecchie Winry si accorge di essersi di nuovo fermata, che il mondo la sta di nuovo lasciando indietro. Così mette un freno ai pensieri e in moto le mani, e quando la sua mente si allinea con il suo lavoro artigianale riesce quasi a sentirsi soddisfatta, a sentirsi libera.

Un giorno come un altro, però, il telefono squilla una seconda volta.


***

“E’ una sorpresa risentirla, signor Mustang. Come sapeva dove rintracciarmi?”
La voce di Mustang è annegata in una sorta di crepitio da trasmissione disturbata, come se il segnale fosse precario quanto la giovialità artificiosa di Winry, eppure questa volta non è affatto difficile percepire dell’esitazione nel suo tono. “Tua nonna, al telefono, è stata così gentile da informarmi che avrei potuto trovarti a questo recapito.”
“Ha parlato con la nonna?” Winry non può fare a meno di sentirsi un po’ tradita da lei. Non avrebbe fatto bene a consultarla, prima di riferire all’ex Colonnello dove poterla contattare?
Poi la sua mente registra che Mustang, per poter avere avuto il suo recapito e parlato con la nonna, deve averla chiamata a casa a Resembool almeno un’altra volta, e lo stomaco le si serra di colpo.
“Certamente non deve averle fatto piacere parlare con un militare, ma visto che ha voluto in ogni caso indirizzarmi a Rush Valley, posso supporre che non … sappia?”
Il non detto sembra colpirla come uno schiaffo, e Winry sbatte le palpebre di istinto.
Non toccano più l’argomento dei suoi genitori da quel lontano giorno in riva al fiume, quando Mustang aveva inseguito Ed e Al fino a Resembool per arrestare la loro fuga, pretendere fiducia da loro e svelarsi loro completamente, forse per la prima volta. Ma quando quel giorno Mustang aveva nominato i Rockbell, pur sapendo che Winry era in ascolto, pur desiderando, forse, che lei potesse comprendere le sue motivazioni, era Ed che guardava. Non lei.
Ed ora non c’è.
Deglutisce a fatica. “Non lo sa. Non … non credo voglia saperlo”, rivela onestamente. “Non farebbe differenza, le basta sapere che sono stati i militari ad ordinare la loro esecuzione. Chi abbia premuto il grilletto è … una questione irrilevante.”
Mustang resta in silenzio, e Winry si morde il labbro inferiore. Nessuno dei due crede che lo sia, irrilevante.
“Ti sto disturbando”, dice l’uomo, insolitamente dolce. “Non avrei dovuto chiamare.”
Se solo potesse risponderle in modo indelicato, si trova a pensare Winry. Se solo potesse comportarsi da assassino, da uomo crudele, nei suoi confronti, le cose sarebbero tanto più semplici.
Sospira.
“Si figuri. Non sta disturbando”, gli risponde, e a sorpresa si rende conto che, malgrado tutto, lei non sta mentendo. Vorrebbe tanto sapere che pensare delle sue reazioni emotive, davvero. “Guarda caso mi ha sorpreso proprio mentre prendevo una pausa e lasciavo riposare un po’ i muscoli delle braccia! Qui c’è sempre tanto da lavorare, sa.”
Ha bisogno di mostrarsi allegra, le dà coraggio. Le fa sentire che i ruoli sono invertiti ora: lei quella sicura di sé, lui quello a disagio.
Ma forse Mustang sa reagire meglio di lei, al disagio –se è poi capace di provarne per davvero.
“Ho saputo che hai iniziato un apprendistato”, commenta, e con sua somma sorpresa –sicuramente si sta sbagliando-, si direbbe che lui sia davvero interessato a una cosa simile.
“Oh – sì, beh, era tanto tempo che desideravo farlo. Non è che la nonna non mi abbia insegnato nulla, anzi, l’officina Rockbell non ha niente da invidiare a nessuno! E’ solo che a Resembool la materia prima non è così tanto raffinata, e persino il lavoro è molto più diradato: non c’è tanta domanda di protesi meccaniche in campagna. E siccome voglio diventare una professionista, non c’è altra scelta se non rimboccarsi le maniche!” Ride, un po’ forzatamente.
“Ho avuto modo di vederli, i tuoi automail”, continua Mustang gentilmente. “Sembravano già l’opera di un professionista.”
Un altro non detto, e non fa meno male dell’altro.
Certo che ha visto i suoi automail. Su Ed. Ancora non lo nomina.
“Avrebbe davvero dovuto spiegarlo a Ed”, replica, volutamente calcando il tono su quel nome. Vuole costringerlo a pronunciarlo, per sapere se si sta sbagliando, se si è trattato solo di un caso per tutto il tempo. Vuole costringerlo a farlo, e non sa nemmeno perché sia così importante per lei.“Continuava a romperli e tornare da me con un sorriso di scusa. Eh, Winry, che posso dirti? E’ andata così. Quanto credi ci metterai ad aggiustarli? Eddai, non fare quella faccia, non è stata colpa mia! Non era mai colpa sua, naturalmente, fatto sta che tornava sempre mezzo rotto. Come se fosse una cosa di poco conto, distruggere automail realizzati con tanta cura! Come se non si fosse trattato di autentici capolavori di tecnica! Come se …”
Si interrompe di colpo, prima ancora che la sua mente realizzi perché.
“Come se quelli non fossero il suo braccio e la sua gamba.” Conclude.
Ripensa a Paninya, all’orgoglio con il quale lei sfoggia le sue protesi. All’affetto con il quale osserva il braccio e le gambe che il suo patrigno ha voluto regalarle come segno d’amore. Si sente invasa da un profondo senso di sconfitta.
“Non si sarebbe mai accontentato. Non avrebbe mai potuto sentire i miei automail come parte di sé.” Sussurra. Non glielo sta chiedendo, non davvero.
“No”, risponde Mustang, e il cuore di Winry sprofonda nel ricevere la conferma che si aspettava. “Ma noi cani dell’esercito tendiamo ad avere spesso molto più di quel che ci meritiamo.”
“Ti capisco, ma … noi rivogliamo i nostri corpi veri. E’ questo che desideriamo prima di tutto.” (*)
“Quegli automail gli hanno salvato la pelle in diverse occasioni, sai.”
Winry sussulta. “Lo pensa davvero?”
“Sono stati la sua arma e il suo scudo. Non saranno stati usati in modo ortodosso, ma di certo sono serviti al loro scopo. E comunque”, soggiunge, “è automail che riaggiustavi, non arti umani.”
Ha una voce curiosa, Mustang. Non dice mai nulla di superfluo, anzi, qualche volta è fin troppo essenziale, perfino succinto nelle risposte. Eppure indovina sempre il tempismo, calibra sempre le parole, modula sempre il tono. Ogni volta che parla lascia il segno.
E stavolta il segno consiste nelle lacrime che si formano tra le palpebre della ragazza, e senza un rumore rotolano veloci lungo le sue guance.
Winry si chiede come sia riuscito a consolarla, pur non dicendole nulla che lei in realtà non potesse dedurre anche da sola. Forse perché ne aveva il deliberato intento?
Chissà perché voleva consolarla, perché lui. Ma non ha il tempo di domandarglielo: perfino la conversazione corre più veloce di lei.
Così ride, e si asciuga le lacrime, tirando su col naso. “Mi creda. Qualche volta ci è mancato tanto così perché gli distruggessi gli arti umani. Lo sa quanto può essere impossibile, no?”
“Oh, lo so. E’ il motivo per cui ero sempre sommerso da scartoffie.”
“Non ho difficoltà a crederlo.”
Cala il silenzio, ed è un silenzio bizzarro. C’è solo il crepitio della linea disturbata a tener loro compagnia.
Poi parlano nello stesso momento.
“Mi chiedevo se-”
“Lei come -”
Tacciono di colpo, e Winry arrossisce, in imbarazzo.
“Prima le signore”, offre Mustang.
“No”, risponde Winry, e pensa che sia giusto ripagare la gentilezza di Mustang mostrandosi gentile anche lei. Scambio Equivalente, afferma sicuro l’Ed che sente ancora nelle orecchie, e lei scuote la testa e lo zittisce bruscamente. “No, tanto non era importante. Continui pure.”
“Mi chiedevo se Alphonse ti avesse seguito a Rush Valley”, dice allora lui. “Tua nonna mi ha solo detto che non era a Resembool.”
Di nuovo Al. Winry sente le viscere contrarsi nell’inquietudine. Non fa che chiederle di Al. Eppure glielo aveva detto la scorsa volta, che non aveva particolari problemi, a parte l’età improvvisamente più giovane e la memoria che non tornava. Perché gli importa così tanto?
Si impone di calmarsi, un po’ sorpresa lei stessa della sua reazione diffidente. E’ una domanda innocente, no? Perché non rispondergli?
“No, Al non è con me. Sinceramente penso sarebbe un disastro con gli automail.” Dice, e sente di nuovo nella sua voce la giovialità artificiosa che non vuol saperne di lasciarla andare, oggi. “E’ andato a Dublith.”
“Dublith?”
“Con la maestra Izumi.”
Una pausa. “A studiare alchimia.” Deduce lui naturalmente.
“Esatto.” Uno sbuffo. “Tanto per cambiare.”
Mustang emette un suono meditabondo, e non aggiunge altro. Winry sente l’inquietudine crescere.
“E’ importante che abbia fatto questa scelta?” Gli chiede, e il suo tono tradisce il suo essere sulla difensiva.
“E chi lo sa”, risponde Mustang enigmatico. “Di fatto, Alphonse è l’unico che possa sapere cosa sia successo nelle profondità di Central City quella notte. Forse ha ricordato qualcosa … o sta percorrendo una strada ben precisa. Ti ha detto qualcosa prima di partire?”
“No, io …” Winry riconosce un tono spiccio di comando nella voce di Mustang, e la gola le si serra. “Non ha detto niente di preciso. Ha solo detto che vuole trovare Ed. Ha detto che lo troverà ad ogni costo.”
“Quindi vuole studiare l’alchimia per conoscere il modo di trovarlo. Come pensavo, lui è la persona più indicata per-”
“La smetta.”
Mustang si zittisce come se quello di Winry fosse stato un urlo invece che un sussurro. Dal canto suo Winry, il cuore che le batte all’impazzata e le dita serrate attorno alla cornetta, trema.
“Per quale motivo mi chiama, signor Mustang?” Scatta, la rabbia che le monta dentro come un’onda. “Vuole avere informazioni su Al per poterlo manovrare, per potersi servire di lui per ritrovare Ed, e riportarlo tra i militari? Lui non ci tornerà mai, per la cronaca.”
Non le importa più che lui abbia cercato di essere gentile con lei, non le importano più le buone maniere, non le importa nemmeno che Dominic sia nella stanza accanto. Qualcosa è scattato in lei, qualcosa che la sta facendo agire come una mamma che protegge i suoi cuccioli appena nati. Ed è forse la consapevolezza che anche Mustang sta correndo loro dietro, e che lei non ha forza nelle gambe sufficiente per raggiungerlo e impedirglielo.“E questa storia non la riguarda. La smetta di ficcarci il naso e si dia pace. E’ una faccenda tra Ed e Al! Li lasci stare, loro … Al sa cose che nessuno, nessuno potrebbe mai …!”
La voce le trema, e Winry sente freddo. Si stringe nelle braccia, e pensa che darebbe chissà cosa per sentire la voce di Ed, ora, o per vedere il sorriso di Al.
“Lui ci crede davvero, che riuscirà a riportare Ed a casa.” Riprende. “Non capisce perché io possa anche solo dubitarne. Non ha la minima idea di come trovare la strada che lo porterà a lui, ma si è messo in viaggio … forse non ha mai smesso di viaggiare. Non è assurdo che, qualsiasi cosa uno faccia, non riuscirà mai a stare al suo passo? Io …”
Oh, come ha potuto non capire per tutto quel tempo? E’ così chiaro ora. Che sciocca.
“Io vorrei essere come lui. Correre come lui, e non fermarmi mai, non vacillare mai. E invece non posso che restare indietro, sempre. Non riesco mai a raggiungerli, nemmeno ad avvicinarmi a loro. Così … visto che non posso seguire Al, penso che sia il caso di lasciare fare a lui, no? Io so che Ed è vivo, so che dovrei sperare che un giorno Al lo riporterà qui, ma non ci riesco. Non come dovrei. L’unica cosa che posso fare è … sperare in Al, sperare che, un giorno, la sua perseveranza riuscirà a farmi cambiare idea. In qualche maniera, è Al la mia speranza, capisce? Per cui lo lasci stare. Glielo chiedo per favore.”
E mentre ammette la sua sconfitta, e si sente stanca, così stanca dopo tanto correre inutile, capisce che forse non può farci nulla, forse il suo destino è avere sempre davanti agli occhi schiene che si allontanano da lei. Ma se non può seguirli, almeno impedirà a chiunque di tagliar loro la strada. Proteggerà quelle schiene voltate con le unghie e con i denti, se necessario. Persino dai militari – soprattutto dai militari.
“Devi aver frainteso le mie intenzioni. Permettimi di spiegarti.”
La voce di Mustang è pacata, e, a dispetto di tutto, lui non sembra minimamente offeso dalle sue parole impudenti. Winry non aveva pensato a nulla durante il suo scoppio di rabbia, ma non sentirsi rimproverata, o accusata, la sorprende.
“Hai la mia parola”, riprende l’uomo, con una nota definitiva nel tono di voce, “che non cercherò mai, mai, di riportare i fratelli Elric sotto il controllo dell’esercito.”
Vorrebbe credergli, con tutta se stessa. E sembra sincero … Ma come può lei saperlo per certo? Come può non sentire Roy Mustang come un nemico?
“Non hai torto quando mi accusi di voler studiare i movimenti di Alphonse: non lo nego. Ma non ho alcuna intenzione di sfruttarlo, o manipolarlo in alcun modo. Voglio solo sapere se la possibilità di ritrovare suo fratello possa essere concreta, tutto qui. Nessuno, a parte lui, può farlo, su questo non credo ci siano dubbi.”
Winry sente all’improvviso un tuffo al cuore che lascia una sensazione sgradevole addosso.
Per un attimo le è parso che Mustang condividesse con lei il desiderio di sperare, l’amarezza di non poter fare, la mancanza di qualcosa che non si riesce a trovare.
Ma non ha senso. Sono così diversi, lui e lei. E Mustang non è impotente …
“Inoltre, non avrei alcun potere di manovrarlo, ora come ora. A stento riesco a uscire di casa quando la neve blocca la porta.” Lui sembra leggerle nella mente, perché le risponde confermandole quello che lei aveva appena classificato come impossibile, con nient’altro se non una nota di amara ironia. “Come puoi capire sono del tutto innocuo.”
“Ma …” Balbetta Winry, senza sapere cosa dire. I crepitii nella cornetta assumono improvvisamente un senso. “Ma il trasferimento al Nord …”
“Ah. Il trasferimento al Nord.” Mustang fa uno sbuffo, come se ne fosse divertito – non è un attore così bravo. “Tutto quello che c’è da fare qui è inviare rapporti in cui comunico che non succede niente di niente, e cercare di non morire assiderato. Gran modo di essere utile al mio popolo.”
La ragazza non dice nulla. Non può. E’ annichilita.
“Forse non ci resta che fare da spettatori per un po’, dopotutto.”
“Lei si è arreso.” Commenta Winry con gli occhi spalancati.
Mustang si zittisce.
“Diceva che sarebbe arrivato in alto, che non avrebbe obbedito più a nessun ordine irragionevole. Accidenti, ha sconfitto King Bradley, e …” Si passa una mano tra i capelli, come colta da vertigine. Il mondo dev’essersi capovolto, e rimescolato, mentre lei non guardava. “E ora si è arreso. Si è completamente fermato.”
Si sente sconcertata, si sente … tradita. Si è fatta consolare da lui, settimane fa, è stato lui che le ha ricordato che doveva andare avanti. E ora scopre che ha spronato lei senza prima spronare se stesso. Quanto incoerente può essere una cosa del genere?
Mustang non sta affatto correndo. Mustang è fermo.
Qualcuno ha forse buttato della neve sulle sue fiamme? E’ stato lui stesso a farlo?
Quel pensiero le fa orrore, le fa male. E all’improvviso comprende.
Quella figura immobile potrei essere io.
“Lo sa? Io penso proprio che lei me lo debba. Ha promesso che sarebbe arrivato in alto, che si sarebbe riscattato. E invece le sta bene così? Non riesco a crederci.” Dice con forza. “Io non farò da spettatrice, perché Ed, Al e i miei cari non hanno affatto bisogno di spettatori. E lei? Cosa sta facendo? Cosa ha intenzione di fare?”
Lui non le risponde, e il silenzio che cala è pesante.
“Ti auguro una buona serata, Winry.” Le dice infine Mustang, e prima che lei possa rispondergli il segnale viene interrotto.
E Winry è di nuovo sola.
Posa di nuovo la cornetta, e la sua mano ha finalmente smesso di tremare.
Sai, Ed, pensa distrattamente, fugge come te quando non sa come rispondere. Eppure è grande e grosso. Non certo piccolo come qualcuno di mia conoscenza.
Tende le orecchie, cerca un suono, uno qualsiasi, ma Ed tace. Forse è fuggito anche lui, ferito da quella sofferenza impotente nella quale i suoi cari si crogiolano.
Che sia correndo in modo scriteriato o immobilizzandosi.

***

E’ curioso che tu mi chieda di lui, visto che persino a Central City non si sa che pensare. E dire che è successo tutto qui.
Il Colonnello Gener Caporale Mustang è stato ritenuto l’unico responsabile dell’attacco nella residenza del Comandante Supremo, e anche se il suo corpo non è mai stato rinvenuto, sul Caporale pende anche l’accusa della morte di King Bradley. Con lo smantellamento del vecchio ordine militare molti scandali sono venute a galla … ma un omicidio del genere è stato considerato fin troppo premeditato per passare inosservato, brutale se si considera anche la morte del piccolo Selim. Per farla breve, Mustang non aveva nessun motivo per introdursi in casa del Comandante Supremo e assassinarlo, se non ambizione, o vendetta personale. Così è stato degradato, gli è stato tolto il titolo di Alchimista di Stato, e hanno preferito spedirlo al Nord – una punizione provvisoria, in mancanza di una ricostruzione dettagliata degli eventi di quella sera. Se avessero trovato evidenze sufficienti per incriminarlo della morte di King Bradley, non credo sarebbe ancora libero … o nel corpo militare. Non voglio dire vivo perché francamente è un pensiero spaventoso!
Il punto è che i suoi uomini –e anche io lo penso- sono convinti che avrebbe potuto usare questa mancanza di evidenze a suo favore. Lottare per restare, insomma, e farsi valere nel processo. Ti stupirebbe sapere quante persone lo appoggiano, e lo avrebbero appoggiato in questa strada. Ma lui ha accettato la decisione, ha fatto i bagagli e se n’è andato. Dal suo atteggiamento sembra quasi che abbia appoggiato il Parlamento, nel farsi esiliare così lontano dalla capitale.
Che tipo strano, eh? Non si capisce mai cosa pensi. Il signor Hughes era totalmente diverso da lui.
Certo, io al suo posto avrei preferito mesi e mesi di tribunale con i miei uomini e il mio obiettivo, invece di una specie di ammasso di ghiaccio desolato in mezzo al nulla. Ma cosa vuoi che ne sappia io? Sono solo un topo di biblioteca finito chissà come a fare lavori d’ufficio nell’esercito …

La lettera che ha ricevuto da Sheska è rimasta aperta sul tavolo da lavoro, appena vicino alla lampada accesa, e Winry le dà l’ennesimo sguardo di sfuggita mentre traffica con cacciavite, bulloni e chiavi inglesi, l’espressione concentrata e le sopracciglia aggrottate.
E’ tutto il giorno che lavora a quell’automail, durante ogni pausa che le commissioni le hanno concesso, mentre Dominic, con un sospiro burbero, distoglieva volutamente lo sguardo e fingeva di non essersene accorto. E’ tutto il giorno che ripercorre con la memoria le misure che ha preso tante volte, che ormai riesce ad evocare con una facilità impressionante, e cerca di riadattarle tenendo a mente la possibilità di doverle aumentare un po’.
Nessun cliente dell’officina le ha commissionato quel braccio, nessuno le commissionerà la gamba che farà una volta finitolo. Nessuno verrà a reclamarli, nessuno spenderà soldi per averli.
Quando quel testone di Ed si deciderà a ricomparire -e dovrà farlo, perché lei si sta impegnando tanto a concretizzare quella speranza tramite quelle protesi-, sarà lei a portarglieli, magari rimproverandolo per lo stato dei suoi, magari prendendolo in giro sulle dimensioni degli automail, che starebbero bene a un bambino piccolo piccolo che non beve il latte e non cresce. Ma glieli porterà, e sorriderà mentre glieli consegnerà, e quegli automail saranno il suo modo per dirgli Bentornato.
E se lui dovesse metterci troppo a tornare, Winry li rifarà, e proverà a ripensare alle misure, riadattandole. E ancora, e ancora, e ancora, fino a rivedere quegli occhi dorati e troppo sinceri che sono entrati nei suoi ricordi fin da prima di iniziare a parlare.
Perché hanno commesso un grave errore, lei e Mustang, e non hanno capito.
Scoprire che una battaglia è persa non significa affannarsi per negare l’evidenza e disperatamente tentare di vincerla. Ma non significa nemmeno fermarsi. Sono entrambi, in fondo, due modi per arrendersi.
Winry guarda, piuttosto, le sue gambe affaticate dalla corsa, e nello scoprirle troppo gracili, decide che non le serve velocità, ma resistenza. Sente le sue guance accaldate, e desidera sentirle calde per la soddisfazione di se stessa e del suo personale modo di lottare, non per l’adrenalina. Osserva la strada che le resta da fare per ritrovare la sua famiglia, e non calcola la distanza, ma cerca delle scorciatoie che le permetteranno di aspettare i suoi cari dalla postazione migliore.
Da quella postazione, pensa sorridendo tra sé, scorgerà Ed e Al arrivare, e le loro schiene saranno finalmente lontane dal suo sguardo. Quello che vedrà sarà invece il loro viso, pieno di stupore, di gioia, di orgoglio e di affetto.
Pieno di casa.







(*) La citazione è tratta dall’episodio 26.
   
 
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