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Autore: DonnieTZ    23/04/2016    5 recensioni
[RaphaelxSimon - post 1x13]
Una minilong che vorrebbe riparare al finale di stagione e che spero possa piacere...
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Non significhi niente.
Raphael ricordava quelle parole. Le aveva dette e le aveva pensate, con l’estrema convinzione che un semplice mondano fosse poco più di una sacca di sangue.
Poi tutto era cambiato. Simon era diventato un vampiro, e Raphael aveva promesso di prendersene cura.
E, nel farlo, giorno dopo giorno, aveva finito per cadere nella trappola più antica del mondo. [...]Era bastato qualche piccolo gesto, uno sguardo di troppo, e Simon aveva iniziato a significare qualcosa.
Per poi significare tutto.
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Sognava e si tormentava.
Gli avrebbe detto di aver pensato a lui ogni istante, gli avrebbe chiesto scusa, e…
Sì, avrebbe ammesso perfino
quello.
La strana emozione che lo mangiava vivo quando era in sua presenza, come il vuoto quando si crede ci sia un altro gradino, come la vertigine durante la caduta, come la sensazione di schiantarsi al suolo nel dormiveglia.
Se lo sentiva dentro, nel sangue, nella carne, nell’anima.
Faceva male, ma lo faceva sentire stranamente vivo.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Raphael Santiago, Simon Lewis, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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4. Cosa oscuras
 
Te amo como se aman ciertas cosa oscuras,
secretamente,
entre la sombra y el alma.

 
La bara era troppo stretta, nonostante respirare non fosse essenziale per Simon. La fame una morsa che stringeva e bruciava all’altezza dello stomaco.
Sapeva che, prima o poi, qualcuno sarebbe arrivato a dargli un po’ di sangue - aveva visto le sacche pendere come flebo, lì nel seminterrato -, ma temeva di dover aspettare ancora molto. Sarebbe stato così per anni? Arrivare al limite, affamarsi fino a sentirsi morire, per poi essere nutrito e ricominciare tutto da capo? Non lo sapeva.
Eppure era quasi meglio quella sensazione – così fisica e materiale – rispetto al dolore che sentiva più in alto, fra le costole.
Raphael.
Era tutto ciò a cui pensava, tutto ciò che occupava la sua mente. Sentiva il suo profumo impresso nell’ossigeno raccolto nello spazio ristretto della bara, senza riuscire a spiegarselo. Tutto quello che sapeva, tutto ciò a cui si aggrappava, era il suo sguardo prima di rinchiuderlo. In quella freddezza, in quella risoluta compostezza, Simon aveva visto del genuino dispiacere. Un attimo, meno di un secondo, certo, ma doveva aggrapparsi alla speranza, doveva credere che avrebbe trovato il modo di liberarlo.
In quel momento ripensava a tutto quello che avrebbe voluto dirgli, a tutto quello che non era riuscito a confessare. Nella sua mente, quando la debolezza prendeva il sopravvento, poteva quasi far avverare tutti quei futuri possibili. Sognava e si tormentava. Gli avrebbe detto di aver pensato a lui ogni istante, gli avrebbe chiesto scusa, e…
Sì, avrebbe ammesso perfino quello.
La strana emozione che lo mangiava vivo quando era in sua presenza, come il vuoto quando si crede ci sia un altro gradino, come la vertigine durante la caduta, come la sensazione di schiantarsi al suolo nel dormiveglia. Se lo sentiva dentro, nel sangue, nella carne, nell’anima. Faceva male, ma lo faceva sentire stranamente vivo.
Ed erano cose stupide da pensare – da provare -, soprattutto rinchiuso in una bara. Erano materiale per le sue canzoni indie, non di certo per un discorso al capo clan dei vampiri di New York.
 
Successe in quelle ore tutte uguali, con Simon combattuto fra il dolore fisico e quello emotivo: il coperchio della bara si aprì.
Era convinto fosse il momento di bere un po’ di sangue. Si sentiva così debole, dopotutto, da riuscire appena a sollevare le braccia e tenere aperti gli occhi. Quello che accadde, invece, fu la risposta alle sue preghiere profane. Il volto di Raphael comparve controluce, tanto che Simon non poté leggerne l’espressione. C’era odore di sangue nell’aria, e i canini di Simon spuntarono ingombranti nella sua bocca.
“Restate indietro mentre si nutre.” sentì dire, prima di un delicato “Ecco, bevi.”
Raphael gli stava porgendo una sacca. Simon non se lo fece ripetere due volte e, trattenendo il polso dell’altro fra le dita, affondò i denti nella plastica per inghiottire ampie sorsate di liquido. Gli occhi scuri vagarono, incontrando quelli di Raphael.
Ora che lo sguardo di Simon si era abituato, poteva vederlo per bene, mentre la sensazione appagante del sangue che gli scendeva lungo la gola lo rimetteva in forza. Sembrava sollevato e preoccupato assieme, in uno strano miscuglio che gli corrucciava l’espressione. Era strano, bere così, dalla sua mano, come un bravo animale addomesticato, ma c’era qualcosa di più profondo, in quel gesto.
Raphael era tornato, lo stava nutrendo, lo stava salvando.
Non lo avrebbe rimesso nella bara, giusto?
Per un attimo la presa di Simon si rinsaldò sulla pelle di Raphael, mentre prosciugava la sacca e la paura di essere chiuso di nuovo dentro gli scorreva sottopelle. L’altro, però, gli afferrò le mani con le sue, lasciando cadere la plastica ormai vuota nella bara.
“Vieni.”
“Posso… posso uscire? Quanto tempo è passato? Sono stato qui per molto?”
Raphael alzò gli occhi al cielo in risposta.
“Se qualche giorno ti sembra molto, allora sì.” disse poi.
Simon, una volta in piedi, non riuscì a vedere nient’altro che Raphael. Aveva aspettato quell’istante così tanto, credendo che non sarebbe arrivato in tempi recenti, che ora gli sembrava quasi di essere in uno dei suoi sogni.
Per questo non pensò affatto. Per questo gli si lanciò contro.
Lo abbracciò, stringendolo a lungo, finché non gli parve quasi di dover respirare per lo sforzo. Raphael tenne le braccia lungo i fianchi, stranamente rigido, probabilmente sorpreso da quel gesto. Eppure Simon non si staccò, non si separò, non riuscì ad imporre al suo corpo neanche un passo indietro. Annegò nel profumo familiare, annegò nel freddo calore del corpo di Raphael, nella liscia sensazione del suo completo elegante. Poteva sentire la sua pelle contro la guancia.
Era così vicini, sarebbe bastato muoversi appena, voltare la testa, incontrare le sue labbra e…
“Non ringraziarmi. È merito suo.”
La voce di Raphael lo raggiunse in un sussurro stranamente rauco e Simon slegò improvvisamente i loro corpi.
Suo?
Qualcuno corse verso di lui per sottoporlo allo stesso trattamento che lui aveva appena riservato all’altro vampiro. Clary, ovviamente. Simon fece vagare lo sguardo oltre i capelli rossi, mentre rispondeva all’abbraccio, per notare Alec e Isabelle poco distanti.
“Ehi, come stai? Va meglio?” gli chiese Clary.
“Sì, io… credo di sì.”
Quando finalmente tornò padrone del suo corpo, l’imbarazzo lo infiammò. Aveva abbracciato Raphael e, da parte sua, era stato un abbraccio davvero poco innocente.
Dannazione, l’aveva quasi baciato.
Davanti a Clary, davanti ai Lightwood.
Si erano accorti dell’intimità che lui aveva sentito? O era stata tutta nella sua mente?
Gettò un’occhiata rapida a Raphael. Lo stava guardando con un’espressione interrogativa che se si sbrigò a far sparire.
“Il clan ha deciso che potrai uscire. Ovviamente ci sono delle condizioni.”
“Condizioni?” chiese Simon.
“Non potrai lasciare il Dumort e niente più visite degli shadowhunter.” spiegò Raphael, caustico.
“Non preoccuparti, troveremo il modo.” disse Clary, incoraggiante.
“No, non troverete il modo.” ribatté ancora Raphael “Non lo metterai di nuovo in pericolo.”
“Io? Sei tu quello che l’ha rinchiuso in una bara.”
“Non avrebbe dovuto disobbedire. Tu giochi con la sua vita, niña, ogni volta che hai bisogno di lui. Non le prendo solo io le decisioni, non dipende solo da me, e faresti bene a ricordartelo, la prossima volta.”
Tutti i presenti parvero pietrificati dal discorso sibilato da Raphael, che si limitò a tornare in sé, aggiustandosi i polsini della camicia con eccessiva concentrazione.
“Immagino sarebbe cambiato molto, fosse dipeso da te. Sembravi parecchio in vena di ucciderlo, l’ultima volta che ci siamo visti.” mormorò Clary, sarcastica.
Simon le strinse il braccio lievemente, come a dirle di smetterla.
Raphael alzò nuovamente lo sguardo, le iridi cupe di rabbia a stento trattenuta.
Tú no sabes nada.” si limitò a ringhiare fra i denti “Avete cinque minuti per salutare Simon, poi vi voglio fuori dall’hotel.”
 
A quella discussione ne era seguita una decisamente più privata, fra Clary e Simon. Lui aveva tentato di rassicurarla sulla propria incolumità un’infinità di volte, promettendole chiamate e sessioni estenuanti su skype a qualsiasi costo. Alla fine, l’unica cosa che gli restò da fare per non spazientire Stan - che vegliava su di loro con occhio attento - fu confessare la sua convinzione più profonda.
“Raphael non mi farebbe del male. Forse non è il più umano dei vampiri, ma mi ha tirato fuori da questa situazione al meglio delle sue capacità. Non sono poi così importante da sacrificare un intero clan per me.” ammise, lievemente abbattuto.
“Certo che lo sei.” mormorò Clary, abbracciandolo velocemente per l’ultima volta.
Quando gli shadowhunter furono messi alla porta, Simon venne scortato da Stan fino alla sua stanza.
“Non ha fatto altro.” gli disse, prima che Simon si chiudesse dentro.
“Come?”
“Non ha fatto altro che starsene nel suo ufficio a cercare un modo per farti uscire senza che tu corressi rischi.”
Prima che Simon potesse rispondergli, però, Stan si era già avviato lungo il corridoio.
 
Simon trascorse il resto della giornata a rimpinzarsi di sangue – e dire che all’inizio tutta quella questione del nutrirsi non gli era piaciuta per niente – e a dormire nel suo letto comodo e spazioso, svegliandosi nel cuore della notte. Certo, il pensiero di Raphael non smise un attimo di reclamare la sua attenzione, spingendo contro il cranio come un persistente mal di testa. Per questo decise per una maratona di film al solo scopo di distrarsi. Non funzionò, ovviamente, e si decise ad agire concretamente quando ormai il sole stava per sorgere nuovamente.
In fondo poteva trovare il coraggio per fronteggiare Raphael. Se era riuscito ad accettare di sentire quello che sentiva, nonostante non avesse mai pensato ad un uomo in quei termini – aveva solo diciotto anni e, diamine, gli era sempre e solo piaciuta Clary, fino a quel momento -, poteva davvero trovare le forze per andare da lui.
Arrivò davanti alla sua porta, dove trascorse lunghissimi minuti a fissare il legno, tentando di non svenire per l’ansia. Alla fine fu la porta stessa a spalancarsi.
“Sensi da vampiro, recuerdas? Hai intenzione di passare tutto il giorno davanti alla mia stanza?”
“Io… no, certo che no. Volevo ringraziarti, ecco.”
Raphael, a quelle parole, si limitò a farsi da parte per farlo entrare e chiuderli dentro.
Portava una semplice maglietta che gli cadeva alla perfezione e dei jeans scuri. Simon quasi bevve la sua immagine, prima di accorgersi di essere scrutato con un sopracciglio alzato.
“Sì, ecco, solo ringraziarti.”
“Non ho fatto niente che meriti un ringraziamento.”
“So che… che hai cercato un modo per tirarmi fuori. Per farmi essere al sicuro.”
“Stan, ese idiota.” mormorò Raphael fra sé.
Simon si accorse di aver messo Stan in difficoltà, ma quello che voleva davvero dire finì per incastrarsi in gola.
Gli parve una missione suicida. E poi cos’avrebbe potuto dire? Mi piaci? Aveva finito le elementari da un pezzo! Voglio stare con te? Ridicolo, davvero ridicolo. Non riesco a pensare ad altro? Non riesco ad immaginare la mia esistenza senza il tuo sarcasmo e i tuoi occhi e le tue mani? Non erano mica in uno stupidissimo film!
“Allora?”
A quella domanda, Simon capì che avrebbe dovuto agire.
Subito, in quel momento, prima che l’ultimo brandello di coraggio si volatilizzasse.
Così si avvicinò e baciò Raphael.
Non un piccolo bacio, no.
Uno di quei baci che nascondono una supplica, uno di quei baci disperati che hanno l’estrema urgenza dell’ultimo e la scoperta del primo.
Entrarono in collisione, labbra contro labbra.
E, per un istante, Simon si sorprese per la risposta di Raphael. Si stupì nel sentirlo contro di sé, ad accoglierlo come se non avesse aspettato altro. Si perse nel suo sapore – speziato come un Bloody Mary – e nel inaspettato calore della sua lingua contro la propria. Raphael gli morse il labbro, piano, prima di tornare a baciarlo. Simon avvertì la sua mano scorrergli sulla nuca, fra i corti capelli, quasi volesse avvicinarsi ancora di più, diventare una cosa sola. Così si aggrappò alla sua maglietta, colto da una vertigine del tutto nuova, che gli si annidò nel basso ventre.
L’aveva voluto così tanto e ora non era certo di potersi fermare.
Scemando in piccoli contatti di labbra, il bacio finì. Restarono ad un centimetro uno dall’altro, immobili. Simon tenne gli occhi chiusi ancora per qualche istante, come per aggrapparsi a quanto successo, come per non lasciarlo scivolare via.
Quando sollevò le palpebre, quando incontrò lo sguardo di Raphael – così serio, con le sopracciglia lievemente aggrottate e i canini sporgenti – si rese conto di quello che aveva appena fatto. Di tutti i significati che quel gesto così evidente portava con sé. Una confessione più pesante delle parole, che lo faceva sentire esposto e fragile, pronto ad essere ferito.
E, prima di dire qualcosa di infinitamente stupido, si ritrovò a scappare verso la porta.
Cos’aveva appena combinato?

 
I love you as certain dark things are to be loved,
in secret,
between the shadow and the soul.




 
Ok. Ci saranno errori (più del solito, intendo), perché è tardi e volevo pubblicare. Domani rileggerò, promesso. 
Detto questo...
Ciao! Come state?
Che ne pensate del capitolo?
Ecco, il prossimo è arancione (dopo un veloce consulto con Redbird XD). Però avrei una domanda, piccina picciò. Ho in mente, dopo la scena del prossimo capitolo, un piccolo prolungamento. Non è fondamentale, ma è un'idea che potrebbe occupare uno o due capitoletti in più... che ne pensate? Credete sia meglio concludere con il prossimo capitolo o un assaggio in più non è da buttare via? 
Non so, ci penserò, ci penserò. 
Nel frattempo spero che questo vi sia piaciuto. 
Come sempre, ogni riscontro è il benvenuto!!
Alla prossima!!
DonnieTZ





 
   
 
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