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Autore: arangirl    24/04/2016    2 recensioni
Clarke Griffin sta vivendo il giorno più bello della sua vita, il giorno in cui finalmente sposerà il suo migliore amico e fidanzato dai tempi del liceo, Finn. Clarke non ha mai avuto dubbi sul suo futuro, e sposare Finn, costruire una famiglia con lui, ha sempre fatto parte dei suoi piani. O almeno così credeva prima di incontrare per sbaglio, camminando verso l'altare, uno sguardo verde smeraldo destinato a cambiare la sua vita per sempre.
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Imagine Me and You AU
Genere: Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, FemSlash | Personaggi: Clarke Griffin, Finn Collins, Lexa, Raven Reyes
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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“Uccidi con lo sguardo, occhi iniettati di sangue. Lo farei io, ma tu sei più spaventosa.”

 
Clarke si fermò per un secondo, confusa dalle parole del marito, per poi ricordarsi dove si trovavano. L’asta. Giusto, doveva concentrarsi. “Non è vero” rispose guardandosi attorno, la mente che ricominciava a vagare senza riuscire a fermarla.
 

Il giorno prima era andata a correre nel parco prima di cena, cercando di distrarsi, ma nemmeno quello era riuscito a distogliere il suo pensiero dalla cena di venerdì. La sua mente era piena di dubbi.
 

Aveva fatto bene a invitare Lexa? Sarebbe stato strano averla a cena con loro? Ma soprattutto, perché l’aveva fatto? Certo, Lexa sembrava simpatica; molto più che simpatica, ma non si invitato a cena perfetti sconosciuti solo perché hanno fatto i fioristi al tuo matrimonio, o no?
 

Mentre la sua mente viaggiava veloce come un treno, sentiva che Finn accanto a lei continuava a parlare del divano che avrebbero dovuto comprare quel giorno. L’aveva fatto ancora, si era distratta di nuovo, e la cosa cominciava a darle sui nervi.
 

“Ho invitato una persona a cena.” Finn si fermò di colpo, guardandola con curiosità, e Clarke capì che avrebbe dovuto parlargliene subito. Chi meglio di lui poteva aiutarla a mettere ordine nei suoi pensieri?
 

“La fiorista, Lexa, Lexy, quello che è.” Clarke sapeva benissimo il suo nome, tanto da ripeterlo nella sua mente ancora e ancora mentre pensava a quanto dovesse esserle sembrata sciocca quel giorno nel suo negozio di fiori, mentre le chiedeva di andare a casa sua. Che fosse un diminutivo di Alexandria? O un nome fatto e finito, dal tono così incisivo come la personalità di chi lo possedeva?
 

“Bene, cucino io!” Finn sorrise, e a Clarke questo diede fastidio, senza sapere bene il perché. Come poteva essere così tranquillo al riguardo? Liquidare una cosa del genere come una questione di poca importanza? E soprattutto, perché lei se la stava prendendo tanto?
 

Scosse la testa, cercando di liberarsi da tutti quei pensieri mentre qualcuno nel sottofondo della sua mente annunciava che era giunto il momento del loro lotto, il divano che Finn tanto voleva. Lo sguardo del marito si fece più acceso mentre si avvicinavano all’oggetto, e Clarke, decisamente più interessata al soggetto cena che a quel divano che non le piaceva nemmeno tanto, tornò all’attacco.
 

“L’ho invitata perché… ti dico il mio piano.” Finn le lanciò un’occhiata distratta mentre teneva gli occhi fissi sul banditore “Volevo fare venire anche Bellamy.” Finn alzò lo sguardo sul pubblico intorno a loro “Ottima idea, davvero. Ma sarebbe meglio non farlo. Arriva tardi, la psicoanalizza per tutta la sera Non ancora” L’attenzione del marito ritornò all’asta, e Clarke si sentì leggermente offesa.
 

“Io invece li trovo perfetti. Tu non li trovi perfetti?” Era una bugia, Clarke riusciva a rendersene conto da sola. Voleva molto bene a Bellamy, ma in quanto a donne era un vero coglione, e Lexa non sembrava il tipo da una notte e via. Per un attimo Clarke si domandò che tipo sembrasse Lexa, con i suoi occhi dolci che aveva visto diventare di ghiaccio all’occorrenza, e le sue mani calde che sembravano fatte per essere strette, sia durante una passeggiata romantica sia nel mezzo di un’appassionata notte d’amore.
 

Clarke bloccò il pensiero sul nascere, ma non riuscì a non provare un brivido al solo pensiero. Un brivido che si trasformò in una sensazione d’irritazione pura quando nella sua mente passò l’immagine di Lexa e Bellamy a letto insieme, ma riuscì a tenere chiuso in un angolo della sua mente anche questo pensiero.
 

Qualcosa nella sua mente le diceva che era una buona idea. Avrebbero potuto fare delle uscite a quattro, lei e Finn e Lexa e Bellamy, e lei e Lexa sarebbero diventate amiche. Era un piano geniale.
 

“Io penso siano perfetti insieme.” Ripeté di nuovo, più per se stessa che per Finn, che era troppo concentrato sul divano per prestarle attenzione. “Bè, lui dice che si erano trovati bene al matrimonio.” Finn seguì con lo sguardo la mano del banditore, diretta verso un altro possibile acquirente.
 

“Allora è perfetto!” Clarke sorrise, contenta di aver convinto Finn. Ma era come se non riuscisse a smettere di pensare a lei, di parlare di lei, anche in quel momento così assurdo. “E’ strano. Sono andata al suo negozio per ringraziarla dei fiori e…” Finn alzò o sguardo, mentre l’uomo davanti a loro avvicinava sempre più l’offerta alle duecento sterline che loro due avevano pattuito come limite massimo “Non ancora… “, Clarke dal canto suo non lo stava nemmeno ascoltando “Hai presente quando hai appena conosciuto qualcuno e senti che farete subito amicizia?”
 

“Centoottanta…”
 

“Pressappoco…” Finn si alzò leggermente dal divano, pronto a scattare.
 

“Chissà perché…” Clarke aveva lo sguardo perso, immersa nel ricordo dello sguardo che si erano lanciate mentre lei stava percorrendo la navata della chiesa. Era stato un attimo, eppure“… vite precedenti, fisionomia, ma per qualche ragione senti che ti scatta un click.”
 

Era difficile descriverlo, probabilmente perché persino per Clarke era una cosa nuova. Aveva stretto molte sincere amicizie nel corso degli anni, eppure nulla era mai accaduto così in fretta. A prima vista Raven le era sembrata una ragazza volgare con qualche rotella fuori posto, e Octavia una bambina viziata, e solo dopo averle conosciute meglio era riuscita a vedere quanto fossero in sintonia.
 

Con Finn non era stato diverso. C’era voluto molto tempo a Clarke, diffidente di natura, per lasciarsi andare completamente nel rapporto con il ragazzo, prima come amica e poi come qualcosa di più. Era stato lui a dichiararsi, e prima di quel momento Clarke non aveva mai pensato a lui in quei termini.
 

Ma quello che era successo con Lexa era completamente diverso. Era come se ogni fibra del suo corpo le stesse dicendo che sì, loro due era fatte per essere amiche. Clarke non credeva alla reincarnazione, non era mai stata una persona spirituale, eppure in quel momento non riusciva a dare altra spiegazione alle emozioni che aveva in testa e
 

“Amore, l’abbiamo perso.”
 

Per Clarke fu come svegliarsi da un sogno. Finn dovette vedere la sua espressione confusa “Il divano…”
 

“Cosa?” Aveva combinato un disastro. Si era distratta di nuovo pensando a Lexa e aveva lasciato in mano tutto a Finn, che era terribile in quelle cose. L’espressione contrariata del ragazzo la fece sentire in colpa come non le succedeva da tempo “E’ andato oltre il limite, non possiamo più permettercelo…”
 

“Quattrocento!” Clarke si alzò in piedi, gridando e mostrando il cartellino con il loro numero ben in evidenza. Tutti quanti intorno a loro si girarono a guardarli e Finn annuì al banditore, mentre Clarke gli sorrideva raggiante.
 

Avevano il divano, Lexa sarebbe venuta a cena da loro e tutto sarebbe andato per il meglio. Era tutto perfetto.
 
 
 
 

Lexa aprì la vecchia porta a fatica, cercando di non rovinare il mazzo di fiori che teneva in mano e allo stesso tempo di non ficcarsi nessun rametto nei capelli. Erano già abbastanza caotici di loro, con quei ricci selvaggi che andavano dove volevano, senza aggiungerci la flora selvatica di cui si occupava tutti i giorni a lavoro.
 

Era sempre stata una bambina solitaria, e spesso amava passare ore intere nel bosco vicino casa, immersa nel verde della natura e nel profumo dei fiori. Era stata la sua prima grande passione, e anche se avere un negozio di fiori non era stata la sua unica aspirazione nella vita, era quella che le era rimasta dentro più di tutte.
 

Entrò nel salotto sovrappensiero, come spesso le capitava di essere in quei giorni, e per poco non lasciò cadere il voluminoso mazzo di fiori che teneva in mano quando vide le due persone sedute sul divano. “Indra! Anya! Che spavento.”
 

“Come siamo suscettibili oggi…” Anya la salutò con una smorfia a cui Lexa non rispose, avvicinandosi a lasciare un leggero bacio sulla guancia dell’altra donna, che la guardava con un sorriso. “Ti ho portato alcuni Iris, so che ti piacciono.”
 

“Grazie Lexa. Mettili pure sul bancone della cucina e vieni a bere un tè qui con noi. Tua sorella come al solito si è autoinvitata senza portare niente.” Anya sorrise imitando il tono che Lexa aveva usato poco prima “Ti ho portato la mia simpatia, so che ti piace.”
 

Indra alzò gli occhi al cielo mentre guardava Lexa sedersi nella poltrona accanto a lei con un sospiro. La ragazza aspettò che le due ricominciassero la discussione che aveva interrotto, ma quando nessuna delle due sembrò voler dire nulla, prese una tazza di tè tra le mani e le guardò entrambe negli occhi.
 

“Allora di cosa si stava parlando questa volta? Del fatto che non ho amici? O che non ho una relazione da più di due anni? O avete trovato qualcos’altro che non va nella mia vita?”
 

“Lexa…” Indra allungò una mano per toccarle delicatamente il ginocchio “Lo sai che ci preoccupiamo perché ti vogliamo bene.” “E perché da quando non vai a letto con qualcuno sei diventata ancora più insopportabile di prima.”
 

Indra lanciò un’occhiata di fuoco all’altra ragazza “Anya, tu invece lo sei sempre indipendentemente dal numero di persone che ti porti a letto.” Lexa sorrise nel vedere Anya finalmente zitta.
 

“Lo sappiamo che per te non è stato facile dopo… bè, lo sai. E noi ti siamo sempre rimaste accanto. Ma non puoi rinchiuderti in te stessa così. Sei giovane, ci sono ancora tante cose che puoi fare e…”
 

Lexa smise di ascoltare la madre adottiva, sentendosi messa all’angolo come ogni volta che riportavano a galla quel discorso. Era vero, loro erano sempre rimaste al suo fianco nei suoi momenti peggiori, quando il dolore era così forte che Lexa non riusciva nemmeno ad alzarsi dal letto, schiacciata dal peso di una perdita che l’aveva lasciata sola e disperata.

 
Ma poi il tempo era passato, e quando Lexa aveva ripreso a comportarsi come una persona normale, quando aveva imparato a chiudere il suo dolore in un angolo della sua mente e a conviverci, si erano aspettate da lei quello che lei non poteva fare: andare avanti.

 
Dal giorno dell’incidente nulla nella sua vita aveva più avuto un senso. Per questo aveva lasciato lo studio legale in cui era riuscita a farsi strada con sudore e fatica, aprendo un minuscolo negozio di fiori in un angolo dimenticato di Londra.

 
Per questo aveva lasciato la sua vecchia casa, aveva rotto i contatti con tutti i suoi vecchi amici e aveva deciso che da sola stava meglio, senza nessuno che potesse farla sentire ancora così.

 
E non è che le fosse pesato più di tanto, o almeno non fino a quel momento. Non da quando aveva visto Clarke. Da tempo non le capitava di voler conoscere qualcuno come aveva desiderato farlo con lei, e la cosa la spaventava a morte. Eppure non era riuscita a dire  di no, non voleva farlo.
 

“Esco stasera.” Disse a un tratto, lasciando ammutolite sia la sorella sia la madre adottiva. Anya si sporse verso di lei con gli occhi sgranati “Hai un appuntamento?”
 

Indra le sorrise con tanta gioia che Lexa si sentì male; quanto aveva fatto preoccupare Indra con il suo atteggiamento? “Non è un vero e proprio appuntamento. Lei è sposata.” Le uscì prima di rendersi conto di quello che aveva detto; per poco Anya non versò il tè sul tavolino davanti a loro “Hai una tresca con una donna sposata?”
 

Lexa arrossì al solo pensiero “No, ci sarà anche il marito.” Indra la guardò incredula e Anya scoppiò a ridere “E’ una cosa a tre allora! Lexa non ti facevo così sfacciata.” A suo malgrado anche Lexa cominciò a ridere “Smettetela, è solo una cena.”
 

“Cena con spettacolo!” “Anya, se non la smetti…” “Smettetela tutte e due!” Indra alzò la voce e loro due, come facevano quando erano bambine, si zittirono immediatamente “Sono davvero contenta Lexa. Appuntamento o no, vogliamo solo che tu sia felice.”
 

Lexa ripensò per un attimo al volto di Clarke, al colore dei suoi occhi, e sorrise.
 
 
 
 

“Clarke… vogliamo andare a pranzo?” Raven sbatté sonoramente i due pennelli che teneva in mano come bacchette da batteria sul tavolo “Sto morendo… Ti stiamo aspettando da mezz’ora.”
 

Erano nello studio di Clarke, immerso nel caos e nel disordine esattamente come piaceva a lei, i colori e i pennelli sparsi ovunque nel piccolo spazio che si classificava tranquillamente tra i posti preferiti al mondo.
 

Nonostante le proteste della madre, quando Clarke era riuscita ad ottenere un posto come insegnante in una delle tante accademie d’arte della città si era sentita al settimo cielo. Era stato un onore per lei, ancora giovane e inesperta poter lavorare accanto a importanti esperti dell’ambiente, poter insegnare agli studenti, anche se si trattava ancora dei più giovani del corso base.
 

Il tempo che non spendeva a insegnare lo passava nel suo piccolo studio a comporre paesaggi, modificare spunti che aveva annotato nel suo taccuino, persone, oggetti o qualsiasi cosa attirasse la sua attenzione. Era il suo spazio personale, il suo piccolo rifugio.
 

“Terra chiama Clarke, terra chiama Clarke.” Clarke sobbalzò e per poco non rischiò di bucare la tela che aveva davanti quando Octavia le parlò “Raven ha ragione, la nostra pausa pranzo non dura per sempre.” “Ancora un secondo, voglio finire qui.” Clarke riprese il pennello saldamente tra le mani, tornando alla composizione della sua tela.
 

“Clarky, sono venti minuti che non aggiungi una singola punta di colore a quegli alberi. Non può essere così complicato. E’ solo verde.”
 

Clarke allora si girò a guardarla, leggermente risentita “Solo perché non si tratta d’ingegneria meccanica non vuol dire che non sia difficile Raven. Non è solo verde, deve essere il giusto verde. Più intenso, più scuro… ma allo stesso tempo dolce, deve essere qualcosa che ti fa venire voglia di immergerti in esso.”
 

Octavia inarcò leggermente il sopracciglio “Stiamo ancora parlando di un colore?” Raven la guardò con un sorriso complice “Secondo me Clarke sta pensando alle magie del sesso matrimoniale che non vuole svelarmi.”
 

Clarke arrossì leggermente, tornando a fissare la tela “Stronze. Cinque minuti e possiamo andare, devo solo pulire i pennelli.” La ragazza raccolse tutto con calma, sentendo però sempre dentro di lei quel leggero prurito tipico dell’insoddisfazione. Non aveva mai avuto grandi problemi nel trovare il colore adatto ai suoi paesaggi, eppure era da qualche giorno che non riusciva a fare pace con quel quadro; nessun verde sembrava andarle bene, nessun verde sembrava abbastanza, e la cosa la stava facendo diventare pazza.
 

Cercò di pensare ad altro, e mentre si asciugava le mani distrattamente guardò le amiche con un sorriso “Stasera avete voglia di venire a cena da noi? Ho invitato Lexa e Bellamy.” Octavia la fissò confusa per un secondo “Lexa? Chi è?”
 

“La ragazza che si è occupata dei fiori al mio matrimonio. Lei e Bellamy sembrano andare molto d’accordo.” “Be sappiamo che a Bellamy basta poco.” Octavia rise guardando Raven, che le lanciò un pennello in testa senza esitazione “Ehi! Queste cose costano.” Clarke lo raccolse da terra, rigirandoselo tra le mani “Non è quello, Lexa è davvero interessante. E’ molto carina, simpatica, con dei modi davvero gentili… Ed è molto intelligente, l’ho sentita parlare di fiori ed era come guardare un documentario.”
 

“Sembra che questa Lexa vada più d’accordo con te che con Bellamy.” Octavia rise “Mio fratello non è esattamente interessato all’intelligenza.” Nascondendosi dietro la mano, agitò il dito in direzione di Raven, e Clarke scoppiò a ridere.
 

“Ti ho visto Octavia Blake, non credere di ingannarmi. La prossima volta che la tua macchina ha problemi non venire da me strisciando.”
 

“Vedremo.” Clarke non si sentiva davvero a suo agio a parlare di quello che lei provava per Lexa. Che era solo puro amichevole interesse, nulla di più.  “Comunque, volete venire?”
 

Octavia strinse le labbra “Scusami Clarke, stasera ho un appuntamento con il ragazzo del matrimonio… te lo ricordi, Lincoln?” Clarke sorrise “Certo! Il collega di Finn. Mi ha detto che è davvero un bravo ragazzo, sono felice se le cose tra voi stanno funzionando. Potresti portare anche lui alla cena.”
 

“Non so se è ancora pronto a conoscere Bellamy. Sai quanto sa essere protettivo mio fratello.” Raven si avvicinò, aggiustandosi i capelli con aria distratta “Passo anch’io. Non ho per nulla voglia di sorbirmi Bellamy che corteggia una tipa per tutta la sera. Faremo un'altra volta!”
 

Clarke sorrise, cercando di ignorare la fitta che sentiva allo stomaco al pensiero di Bellamy che usava le sue alquanto discutibili tecniche di seduzione con Lexa.
 

Rinunciare a finire il dipinto le costò più di quanto non volesse dare a vedere, e per tutto il resto della giornata continuò a pensare a quel verde, a cercare di capire cosa
potesse mancare nella sua composizione.
 

Solo quella sera, trovandosi davanti agli occhi splendenti di Lexa riuscì a capirlo; non avrebbe mai potuto riprodurre qualcosa di così bello.
 
 
 
 

Lexa era nervosa. Anche più che nervosa. C’era qualcosa di sbagliato nell’essere così nervosa per una normale cena tra conoscenti, ne era sicura. Aveva speso più del tempo necessario per decidere cosa indossare, cambiandosi almeno cinque volte davanti ad una divertita Anya che non la smetteva di ridere.
 

Accettare questo invito era stato un errore, l’aveva capito dal primo momento. Eppure… Avrebbe davvero potuto dire di no a Clarke? Lexa temeva di conoscere questa risposta fin troppo bene.
 

Se la scelta dell’abito era stata difficile, ancora di più lo era stata quella dei fiori. Aveva scelto i gigli più belli, con sfumature rossastre che facevano risaltare il bianco perlaceo a centro come se si trattasse di una gemma preziosa. Aveva messo la massima cura nel organizzarli, nel tenerli insieme con un nastro che non fosse né troppo scialbo né troppo appariscente.
 

Aveva anche pensato di scrivere un biglietto, in verità ne aveva anche scarabocchiati un paio, ma poi aveva rinunciato, incapace di trovare qualcosa di adatto per una situazione del genere.
 

Quindi ora era lì, davanti alla porta di casa di due perfetti sconosciuti, con un mazzo di gigli forse troppo grande e i nervi a fior di pelle. Con riluttanza suonò alla porta, pensando che ormai era troppo tardi per tirarsi indietro.
 

Fu Finn ad aprirle, con un sorriso raggiante che riuscì persino a metterla a suo agio “Hey, entra pure. Sei splendida!” Lexa gli sorrise e si fece strada nel corridoio d’ingresso, cercando di non guardarsi intorno troppo sfacciatamente alla ricerca di Clarke.
 

Finn le guardò i fiori che teneva in mano, come se stesse cercando di capire che cosa farne, e la stretta di Lexa su di essi aumentò leggermente. Non aveva speso tutto quel tempo per darli a lui. Ma si diede della sciocca immediatamente; anche Clarke li avrebbe visti, prima o poi.
 

“Guarda cosa ho portato” disse porgendogli i fiori, che Finn prese tra le mani immediatamente, come se non stesse aspettando altro “Sono magnifici, Clarke ne andrà matta.” Ma Lexa questo già lo sapeva.
 

“Tesoro…” Finn si girò verso il salotto, e sorrise quando vide Clarke avvicinarsi a loro, i capelli ancora leggermente bagnati dalla doccia e un sorriso leggero in viso. Per un momento, Lexa pensò che il cuore le si fosse fermato in petto. Com’era possibile essere così belle?
 

Clarke si avvicinò a lei e Lexa per un attimo ebbe paura che la volesse salutare con un abbraccio; non era certa di riuscire a sopravvivere a una cosa del genere, non in quel momento. Invece Clarke si fermò accanto a suo marito, abbracciandolo distrattamente mentre si voltava per guardarla finalmente negli occhi.
 

Forse fu solo un’impressione, ma a Lexa sembrò per un attimo che anche Clarke si fosse bloccata, guardandola negli occhi per più di quanto sarebbe raccomandabile fare con una persona che conosci appena.
 

“Ciao.”
 

 Lexa si chiese se esistesse al mondo qualcosa di più dolce del sorriso di Clarke.
 

“Ciao.”
 

Per un attimo, ci furono solo loro due nella stanza, gli sguardi incatenati l’uno all’altro da una forza che Lexa non riusciva a comprendere. Ma fu solo un attimo, poi Clarke si girò verso il salotto e le fece un cenno con la mano.
 

“Devi assolutamente provare il nuovo divano!” Finn sbuffò leggermente a quelle parole “Sapessi quando c’è costato.”  Lexa sorrise “Le comodità non hanno prezzo.”
 

Clarke la ringraziò con un sorriso “Vedi? Finalmente qualcuno che la pensa come me.” Questo sembrò ricordare qualcosa a Finn, perché si girò verso di lei “Lexa, tu credi nella reincarnazione? Perché Clarke pensa che voi due vi siate già conosciute.”
 

Lexa alzò lo sguardo su Clarke, allibita per un attimo che anche lei potesse aver provato quello che si sentiva dentro da giorni. La ragazza arrossì e strinse le labbra in una smorfia che a Lexa parve imbarazzata e infastidita allo stesso tempo, ma che trovò comunque adorabile.
 

“Non ho detto esattamente…”
 

“Bè, me lo ricorderei, credo.”
 

Lexa pronunciò le parole senza pensarci troppo, gli occhi ancora persi nel viso di Clarke. Si sentiva come euforica, ubriaca, anche se ancora non aveva toccato vino. Clarke le sorrise imbarazzata, e Finn si schiarì la gola, cercando di portare l’argomento altrove.
 

“Bene appendiamo questi fiori e mettiamo la tua giacca dentro un vaso.” Il ragazzo sorrise e Lexa pensò vagamente che Indra e Anya l’avrebbero adorato. Clarke si fece avanti, prendendo i fiori in mano con delicatezza “A questi ci penso io. Sono splendidi Lexa, grazie.” Lei scrollò le spalle, come a minimizzare il tutto, ma dentro di sé non riuscì a non provare un moto di orgoglio.
 

 
Si trovò presto immersa in un’accesa conversazione con Finn sul suo sogno di scrivere un libro di viaggi, o qualcosa del genere. Ma Lexa ascoltava solo in parte, la mente impegnata a pensare a quanto cose sbagliate aveva fatto in quei pochi minuti.
 

“Ma allora, dimmi di te… Sposata, mai sposata, ti sposerai mai?” Lexa lo guardò per un attimo, incerta su cosa dire. Domande così le facevano ancora male, nonostante il tempo passato, ma non le sembrava il caso di mettersi a raccontare delle sue tragedie in quel momento, non lì, con Clarke che poteva arrivare da un momento all’altro.

 
Così si limitò a distogliere lo sguardo per un momento “No, no, magari ora la legge ci aiuta.” Finn rimase in silenzio per un attimo “Che vuoi dire?” Lexa gli sorrise “Sono gay.”
 

Finn rise per qualche secondo prima di rendersi conto che Lexa non stava scherzando. Il suo imbarazzo fece presagire a Lexa la situazione che si sarebbe creata da lì a pochi istanti; quando il campanello suonò, capì immediatamente chi doveva esserci dietro la porta.
 

“Deve essere Bellamy.” Ecco, come voleva dimostrare. “Oh, c’è anche Bellamy.” Non riuscì a trattenere una lieve nota di fastidio nella voce. “Eh sì.” Finn sembrava più sconvolto di lei, e quella fu la sua unica, piccola consolazione.
 

 
 
Era facile perdere il conto dei minuti che passavano mentre cercavi di non fissare troppo qualcuno, o almeno così sembrava a Lexa.
 

Forse era la compagnia non proprio gradita di Bellamy, o la cena abbastanza disgustosa che Finn aveva preparato, ma Lexa non riusciva a staccare gli occhi da Clarke. E, con sua sorpresa, anche Clarke sembrava osservarla ogni volta che lei distoglieva lo sguardo, per poi arrossire leggermente quando i loro occhi s’incontravano per sbaglio.
 

“Finn, lo trovo assolutamente rivoltate.” Bellamy indicò il piatto che aveva sotto di sé e per una volta Lexa non poté che essere d’accordo con lui. Finn non sembrò particolarmente offeso “Tu dici?”
 

Clarke rise guardando il marito “Ha ragione, è disgustoso.” Lexa cercò di non ridere troppo, ma era evidente che il futuro di Finn non fosse l’alta cucina; si chiese distrattamente se Clarke fosse più brava di lui ai fornelli.
 

“Parliamo di cose importanti.” Bellamy appoggiò le mani sul tavolo e guardò prima Clarke poi Finn “Sono passate tre settimane. Diciamolo, quanto è meglio il sesso dopo sposati?” Lexa per poco non si soffocò con il vino, ma cercò di farlo in silenzio, senza darlo troppo a vedere.
 

“Ti prego, mi sembra di sentire Raven…” Clarke rise prendendo un sorso di vino, cercando di evitare lo sguardo di Lexa, ma Bellamy continuò imperterrito.
 

“Perché mi è successo di fare sesso con donne appena sposate e mi hanno asserito che era fantastico. Clarke?” “Ti dirò la stessa cosa che ho detto a Raven, sposati e scoprilo da solo.”
 

Finn rise “Non può prendersi l’impegno, massimo due o tre anni della sua vita.” Bellamy lo guardò fingendosi offeso “Io non sono una persona qualunque.” Lexa alzò gli occhi al cielo. “Non esiste la tua metà?”
 

Clarke si sporse verso di lei mentre teneva lo sguardo fisso su Bellamy “Che ne so, qui?”
 

Secondo rischio di morte per soffocamento della serata, andiamo bene, pensò Lexa.
 

“Andiamo Clarke…” Finn cercò di intercettare lo sguardo della moglie e Lexa si chiese come mai non le avesse già comunicato la sua scoperta. Clarke sembrò non captare il messaggio del marito, perché continuò imperterrita “Perché no? Ci sono donne interessanti qui!” Sì che ci sono, pensò Lexa guardandola.
 

“Sì che ci sono.” Disse Bellamy girandosi nella sua direzione con un sorriso sfrontato che metteva in evidenza i suoi zigomi marcati da modello “E cerco di portarmene a letto più che posso.” “E non sbagli un colpo, vero?” Finn sembrava divertirsi un mondo.
 

“Le margheritine adorano essere impollinate da me.” Bellamy le fece l’occhiolino e Lexa scoppiò a ridere, senza più riuscire a trattenersi. La situazione era così assurda da sembrarle quasi divertente. Quello, o aveva bevuto troppo vino.
 

“Cambia tutto se incontri quella giusta.” Clarke gli lanciò uno sguardo pensieroso “E come faccio a sapere che è lei?” rispose Bellamy con un sorriso canzonatorio.
 

“Non lo sai, non subito.” Clarke prese a giocare con il tovagliolo che aveva tra le mani, guardandolo mentre parlava con voce tranquilla “Ti senti solo… caldo e a tuo agio, e allora vai avanti e ci provi.” Si girò a guardare Finn “E a un tratto dici sì, eccolo qua. Deve essere amore.”
 

Finn le strinse la mano con un sorriso “Sono d’accordo.” “D’accordo anch’io.” Disse Bellamy sorridendo.
 

Lexa avrebbe tanto voluto riuscire a stare zitta in quel momento, ma fu più forte di lei; non era quello che si provava “Io non sono d’accordo. Credo che te ne accorgi subito.” Guardò Clarke per un attimo prima di distogliere lo sguardo “E’ sufficiente che i tuoi occhi…” pensò alla chiesa, al primo momento in cui si erano incontrati i loro sguardi “E quello che succede da lì in poi prova soltanto che avevi avuto ragione fin dal primo momento. Quando ti sei reso conto che da incompleto eri diventato un intero.”
 

Sentiva lo sguardo di Clarke su di se, forte come non mai, le labbra leggermente aperte per lo stupore, gli occhi azzurri nuvolosi di pensieri; desiderò non aver mai detto quella frase, che metteva in luce in modo così chiaro e lampante quello che lei aveva cercato di negare ogni singolo giorno se stessa da tre settimane.
 

Era successo a lei, anche quando non lo credeva più possibile, per quanto potesse essere assurdo.
 

“In realtà sono d’accordo con lei.”
 

“Anch’io.”
 

I due ragazzi le sorrisero e lei si scostò una ciocca di capelli dal volto, leggermente imbarazzata. Ora che qualcosa era scattato nella sua mente, non riusciva più a guardare Clarke come prima.
 

“No.” La voce di Clarke risuonò limpida e irritata nella stanza, e Lexa fu costretta a incrociare il suo sguardo di nuovo. Era così strano, temere e desiderare allo stesso mondo qualcosa di così semplice come uno scambio di sguardi.
 

“No?”
 

“No. Se credi questo, allora tutti quelli a cui non succede… In quel caso è tutto falso?”
 

“Non ho detto questo.” Lexa si sorprese di doversi mettere sulla difensiva; le capitava molto di rado di doverlo fare.
 

“E’ all’incirca quello che hai detto.”
 

Bellamy si schiarì la gola, sorpreso dalla foga di Clarke quanto Lexa “Ha detto una cosa più carina.”
 

“Zuppa inglese?” Disse Finn dalla cucina, interrompendo la discussione, e Lexa ne fu terribilmente felice.
 
 
 
 

Clarke sentì distrattamente Bellamy e Finn parlare in cucina di qualcuno che cambiava squadra mentre saliva a passo leggero le scale che portavano sul tetto. Aveva visto Lexa salirci poco prima, e nonostante avesse evitato il pensiero con tutte le sue forze, alla fine aveva deciso che unirsi a lei non era poi una brutta idea.
 

La trovò seduta sul ciglio del tetto, lo sguardo perso nella notte, i capelli castani mossi dal vento che le incorniciavano il viso pallido. Clarke cercò di imprimersi quel momento nella mente, desiderando di poter avere con sé il suo taccuino per poterlo disegnare, un’immagine troppo perfetta per lasciarsela sfuggire. Faceva freddo, ma non le importava; sarebbe potuta rimanere lì a guardarla per sempre.
 

“Che cosa stai facendo?” Lexa si girò a guardarla con un sorriso splendido che le illuminò il volto “E’ stupendo qui.” Clarke non riuscì a non sorridere a sua volta “Ma piove.”
 

Lexa guardò il cielo scuro ancora per un attimo prima di scivolare leggermente di nuovo sul terrazzo, camminando senza troppa fretta verso di lei; sembrava incurante della pioggia e del vento, semplicemente felice in quel momento, serena, e Clarke non riuscì a non sentire di nuovo dentro di sé quella sensazione di calma e tranquillità che sembrava provare sempre accanto a lei.
 

“Vengo spesso qui a dipingere. Finn invece non ci sale mai, dicono sia la paura inconscia di cadere.” Lexa la guardò con occhi pieni d’interesse “Tu dipingi?”
 

Clarke sorrise “Sì, insegno arte. E dipingo nel mio tempo libero. E’ la mia passione più grande.” Lexa la guardò con un sorriso “E’ sempre bello riuscire a trasformare quello che ami nel tuo lavoro. Che cosa dipingi?” Clarke guardò di nuovo fuori dalla finestra, incapace di guardarla negli occhi troppo a lungo.
 

“Paesaggi soprattutto. Ma anche persone, oggetti… Quello che più mi piace.” Lexa rise “Mi sembra perfetto. Mi piacerebbe vedere i tuoi quadri.” Clarke alzò lo sguardo senza riuscire a trattenere un sorriso “Davvero?”
 

Non si era accorta di quando Lexa le fosse vicina in quel momento, tanto da riuscire a sentire il profumo delicato dei suoi capelli, ma non riusciva a curarsene troppo, le sembrava tutto così naturale, così giusto.
 

“Davvero. Se lo vuoi ovviamente.”
 

Clarke annuì forse con troppa foga, felice come una bambina “Scusami per prima, a cena…”
 

Lexa alzò le spalle “Ho mangiato peggio.” Clarke rise, ma non cambiò discorso “Sono scattata.” Il sorriso dell’altra non abbandonò mai le sue labbra, e Clarke si chiese come poteva in quel momento sentirsi così imbarazzata e felice allo stesso tempo “Non sei scattata, se solo un po’ scattata.”
 

Gli occhi di Clarke catturarono il leggero tremito nelle braccia di Lexa, e senza pensarci allungò le braccia per toccarla, per passarle leggermente la mano sulla leggera giacca di tela completamente bagnata; si pentì di quel contatto che Lexa avrebbe potuto non gradire, ma fermarsi fu più difficile del previsto.
 

“Sei tutta bagnata.” Lexa arrossì di colpo, ma lei non riuscì a vederlo mentre si toglieva il maglione e glielo porgeva “E hai freddo.”  
 

“Sto bene!” Protestò l’altra senza troppa energia, lasciandosi circondare dalle braccia di Clarke mentre le appoggiava delicatamente il suo maglioncino addosso, avvicinandosi a lei senza esitazione. Qualcosa nella sua testa le stava dicendo di allontanarsi, che erano davvero troppo vicine per il loro stesso bene.
 

Sentì gli occhi di Lexa scivolare lentamente sulle sue labbra, solo per un attimo “Adesso hai freddo tu” Disse piano la ragazza, ma Clarke sentiva tutto fuorché freddo in quel momento; lei era così vicina che le sembrava di sentire su di se il tocco caldo della sua pelle.
 

“Ehi cosa state combinando lassù?”
 

La voce di Finn la riportò alla realtà come una doccia fredda, e si stacco velocemente da Lexa, il cuore che sembrava volerle esplodere in petto.
 

Dopo quel momento non riuscì più a pensare lucidamente. Continuava a rivivere quell’attimo, a quel momento in cui si era trovata così vicina alle labbra di Lexa che il suo unico, limpido pensiero era stato di baciarla.
 

Cercò di incolpare il vino, alla stanchezza, alle discussioni di poco primo, eppure quando Lexa si avvicinò per salutarla con un abbraccio si tirò indietro, incapace di dirle altro se non un semplice ciao.
 

Le sembrava di sentire ancora sul suo maglione il profumo delicato di lei, inebriante come quello dei fiori che aveva portato quella sera, e dopo aver lottato contro se stessa per non fermarsi a stringerlo per un solo momento, se lo tolse di dosso con un gesto irritato, lanciandolo a terra senza troppe cerimonie.
 

Quando Finn si avvicinò a lei nel letto, baciandola delicatamente sulla spalla come faceva sempre quando facevano l’amore, lei si tirò indietro di nuovo, cercando di non affogare nel senso di colpa, asserendo con voce tremante di essere troppo stanca per quello; eppure non riuscì a prendere sonno.
 

Alla fine, dopo aver sentito il respiro del marito farsi più pesante e regolare, si alzò dal letto e prese il suo taccuino, cercando di disegnare a memoria i contorni di quel volto che continuava a perseguitare i suoi pensieri.
 
 
 
 
 



Note: Ciao a tutti! Che dire, Lexa e Clarke non sono proprio bravissime a nascondere i loro sentimenti ma... come dar loro torto? Ho cambiato un po' di cose rispetto al film in questo capitolo, fatemi sapere cosa ne pensate! Adoro la frase che dice Luce a cena sull'amore e ci tenevo a rendere bene le loro emozioni, non solo perché mi fa pensare alle mia ragazza, ma anche perché penso che Lexa abbia provato esattamente la stessa cosa vedendo Clarke per la prima volta, quindi spero davvero che vi sia piaciuto! Grazie per le recensioni e per leggere la storia, alla prossima!
  
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