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Autore: Mephi    24/04/2016    5 recensioni
«Oh, andiamo...» disse alzando gli occhi, decidendo di essere troppo stanco per parlare con quell'orso. Perchè sì, ci parlava. Non sapeva cosa fosse, esattamente, era certo fosse un illusione della sua mente che si divertiva a torturarlo, dando a quell'orso la voce... della sua coscienza? Era complicato. Sapeva solo che odiava quell'orsetto.
«È reciproco.» era disturbante. L'immagine di quel pupazzo che doveva essere innocente, bhe, di innocente aveva ben poco. Due sclere nere sostituivano il bianco che di solito si trovava lì, e al posto degli occhioni gialli, due puntini bianchi lo fissavano, e seguivano i suoi movimenti. La sua conscienza se la sarebbe aspettata meno inquietante. Avrebbe preferito un simpatico Girllo Parlante come quello di Pinocchio che... Quel peluche inquietante.
Genere: Comico, Generale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Jeremy Fitzgerald, Mike Schmidt, Purple Guy/Vincent, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Il Ritorno Di Una Guardia Notturna

 

Il Miglior Alleato: L'Orso

 

 

Avevano passato il resto della giornata a sistemare i loro vestiti e le poche altre cose che avevano portato con loro. Poi avevano pranzato, sempre ad asporto - Jeremy si stava astenendo un po' troppo spesso, allo Smith cominciava a mancare la sua cucina - e nel mentre avevano cominciato a discutere su quello che avrebbero fatto d'ora in poi, e non era affatto facile. Solo camminare per le strade della città riportava a galla i ricordi del minore, ciò significava che, se non era pronto ad affrontare la città, figurarsi Vincent e suo fratello.

«Che ne dici di Mike?» propose l'arancione masticando un dango - avevano ordinato Giapponese dato che nessuno dei due aveva intenzione di mettersi ai fornelli - ricevendo in risposta uno sguardo prima confuso e poi un segno di diniego - dato che la bocca era impegnata a masticare -.

«Ti dico una cosa, Jer. Anzi: due. La prima è: per una volta potremmo anche prendere cibo ad asporto... Italiano, magari? Se proprio la tua psiche è così in pezzi da non permetterti di avvicinarti ai fornelli.» disse, e vide Jeremy coprirsi la bocca per nascondere il sorriso che sarebbe divenuto risata mal trattenuta. Da tempo ormai era venuto a conoscenza del profondo amore che legava Fritz al cibo.

«E secondo: Mike era preoccupato.» vide quel sorriso sparire, mandare giù il boccone e prendere un respiro.

«Ci hai parlato.» era un'affermazione. Era chiaro lo avesse fatto, lui e Mike erano amici ma non credeva così tanto da avere l'uno il numero dell'altro. Anzi, ricordava bene che Fritz chiamava lui per poter parlare con Mike, come un tramite, perchè non avevano i rispettivi contatti telefonici. Quando se li erano scambiati? Forse per internet? No, Fritz era troppo imbranato e diceva di non essere interessato ai Social Network. Come se avesse i poteri di Fredbear - se pensava a quell'orsetto anche nella vita quotidiana, era grave - Fritz parve leggergli la mente.

«Accadde poco dopo il tuo arrivo. Mi chiamò, disse che era addirittura andato a rivolgersi ai miei genitori per farsi dare il mio numero, dicendogli di essere un mio amico. E Mike allora aveva la faccia da bravo ragazzo, così mia mamma gliel'ha dato.» disse mangiando un... Qualcosa, di cui non ricordava il nome. Bhe, okay, forse con la cucina Giapponese doveva migliorare. Ma la prossima volta, decisamente Italiano. Mentre si perdeva in queste brevi elucubrazioni, Jeremy aveva interrotto il suo pranzo, per dargli la sua completa attenzione.

«Ad ogni modo mi chiamò e mi spiegò cos'era successo, feci finta di esserne sorpreso e mi chiese se io ti avessi sentito ultimamente. Gli dissi di no e allora stette zitto, poi mi disse che era preoccupato e che-» il rumore delle bacchette che si rompevano lo ammutolì, osservando come la mano di Jeremy avesse spezzato in quattro parti diverse le sue bacchette di legno.

«Preoccupato? Lui mi crede un assassino! Dico, perchè diavolo gli hai risposto!?» chiese, furioso, e in quell'ira ci vedeva perfettamente quel sedicenne iroso, arrogante, che non vuol sentire ragioni se non la sua, che era un tempo.

«Se arrivò a me pur di sapere delle tue condizioni-»

«Tu non c'eri quel giorno. Credimi, il suo sguardo non era pieno di preoccupazione. Forse spavento, ma non preoccupazione, te lo possiamo assicurare: io e Freddy!» esclamò il ragazzo lasciando lentamente le bacchette e richiamando la calma per parlare civilmente con Smith.

«Puoi biasimarlo?» chiese l'arancione, lasciando anche lui le bacchette e osservando attentamente l'amico che probabilmente trovava il tavolo più interessante dei suoi occhi, perchè aveva lo sguardo incollato a quello.

«No. Credo che avrei fatto altrettanto. Tra l'altro avevamo litigato proprio poco prima di quel giorno. Però non credo di poter affrontarli. Nè lui, nè mio padre, nè mio fratello.» e finalmente alzò gli occhi azzurri su quelli grigi del conquilino che gli sorrise comprensivo, congiungendo le mani.

«D'accordo. Allora partiamo da uno facile facile: Freddy. Insomma lui può informarci circa quello che succede da queste parti.» spiegò Smith trovandosi d'accordo con l'amico che gli svelò che anche lui ci aveva pensato.

«Quindi... Andiamo noi da lui?

«So che preferiresti non uscire per evitare che qualcuno ti veda e ti riconosca. Ma non siamo tornati qui per affrontare le tue paure? Su, allora, ti prometto che prenderemo vie isolate.» e così fecero. Ci misero quasi il doppio del tempo che avrebbero impiegato normalmente, ma alla fine raggiunsero la casa del ragazzo, una villetta affatto male di colore bianco panna e il tetto di quel colore marroncino chiaro che rendeva più confortevole quel bianco. Dovettero attraversare un piccolo sentiero che collegava la strada agli scalini della casa, circondato dall'erba.

«Ha una casa bellissima.»

«Già, la stessa cosa che pensai io quando venni qui la prima volta. Venni qui una sola volta per farmi aiutare con i compiti. Non so per quale miracolo mi sia ricordato la strada.» e mentre Jeremy spiegava, la mano di Fritz aveva cercato e premuto il campanello, facendo risuonare un "Ding Dong".

«Quante probabilità ci sono che abiti ancora qui? Insomma, ha 22 anni ora, no?» chiese Fritz suonando ancora dato che pareva che in casa non ci fosse nessuno.

«Già. Avremmo dovuto chiamarlo invece di-» e la porta si aprì mostrando un ragazzo dai capelli e gli occhi neri, questi ultimi circondati da un paio di occhiali anch'essi dalla montatura nera.

I tre si squadrarono in totale silenzio, quasi come se non si fossero mai visti prima. 

«Vecchia Volpaccia! Sei tu? Mio Dio, ti davo per morto da tempo!»

«Sì, è proprio Freddy.» constato Jeremy, sorridendo, mentre l'amico si concedeva un abbraccio dato che non vedeva quel mocciosetto da sei anni.

«Ci siamo sentiti l'ultima volta una settimana fa e ora ti trovo qui! Ad ogni modo, entrate, tranquilli non c'è nessuno.» e si fece di lato per far entrare i due.

«E tu devi essere quello che l'ha ospitato. Piacere, Freddy.»

«Fritz. Mh. Jeremy ti aveva descritto come un bulletto invece sembri un...»

«Secchione? Lo sono. Vado all'università. Non l'avresti mai detto, eh, Volpaccia?» chiese orgoglioso mentre Jeremy faceva un segno di diniego, quasi gli faceva strano vedere Freddy con gli occhiali... Però gli donavano davvero tanto.

«Quelli ti danno un'aria intelligente.»

«Ehy, piccolo delinquentello, io sono intelligente.» disse facendo strada ai due attraverso l'enorme casa fino a portarli in una grande sala e sul divano in pelle bianco, su cui si sarebbero dovuti sedere, c'era qualche matita e penna, e sul basso tavolino davanti ad esso libri di praticamente ogni materia, nell'angolo, intenti a lottare per un po' di spazio, qualche snack, per terra, nello stesso angolo accanto alla gamba del tavolino una bottiglietta d'acqua.

«Perdonatemi, ma non aspettavo visite e di certo non me le sarei mai aspettate da voi. Comunque possiamo sederci qui. Che volete che vi dica, la vita di un universitario: 0 vita sociale e 1000 libri.» disse sedendosi sul divano, sgomberandolo dal libro che stava leggendo e dagli altri oggetti scolastici, facendoci sedere i due ospiti.

«Ti dirò, Jer, cominciavo a pensare non saresti più tornato.» gli confessò il ragazzo, poggiandogli una mano sulla spalla una volta che entrambi si sedettero.

«Cominciavamo a pensarlo tutti.» aggiunse Fritz, beccandosi un'occhiataccia da Jeremy.

«Ma bentornato! Sono felice del fatto che finalmente ai trovato le palle per affrontare questa situazione.»

«Cominciavo a pensare che il vecchio Freddy fosse morto tra tutti questi libri, e invece...»

«Invece è ancora vivo, sotto tutti questi libri. E anche sotto questi occhiali. Annaspa per dire la sua e ogni tanto si fa strada persino tra le mie buone maniere!» era bello rincontrare vecchi amici dopo tanto tempo, Fritz pensò che anche lui avrebbe dovuto rivedere i suoi, di amici. Ed era felice di vedere quel mezzo sorriso tranquillo sul volto di Fitzgerald... Fitzgerald effettivamente era "nato" anche grazie a Freddy se non errava, Jeremy gli aveva detto anche che era stato lui a dargli quel documento che gli aveva permesso di continuare la sua vita da un'altra parte. Grazie a quello era riuscito a continuare a studiare, fino al diploma, poi aveva lasciato, decidendo di aiutarlo con l'affitto e le varie bollette, perciò si trovò un lavoro e non volle sentire ragioni. Credeva si sentisse in debito, in un certo senso. 

«Cosa studi?» sentì domandare da Jeremy che si allungò appena sul tavolo per sbirciare i libri.

«Psicologia. Voglio diventare Psicologo, sinceramente credo di essere seriamente portato.» svelò Freddy, indicando all'amico un tomo di psicologia aperto.

«Stavo ripetendo l'esperimento di Pavlov, una cosa interessante su una campanella, un cane e... Non credo v'interessi. Sei qui per altro immagino.» disse incrociando le gambe e aspettando che uno dei due parlasse. Dato che Jeremy si finse interessato a Pavlov, leggendo anche qualche riga del libro, fu Fritz a dare il via alla conversazione che tutti aspettavano.

«Siamo qui per essere aggiornati un po' su cos'è accaduto qui in giro negli ultimi sei anni e abbiamo pensato a te. Sei l'unco a cui possiamo rivolgerci.» spiegò brevemente Fritz mentre Jeremy riportava la sua attenzione su Freddy su cui era puntata, ora, tutta la loro attenzione.

«Immaginavo. Dunque... Subito dopo l'incidente, praticamente già dal giorno dopo il Feazbear era praticamente deserto, tutti avevano paura degli Animatronics. Quando te ne andasti, Jer, furono organizzate veri e proprie riunioni da Gente Che Voleva Lamentarsi. Si mettevano fuori al locale con cartelli e facevano cori, urlavano in nome della sicurezza e... Insomma, non se la passava bene. Ci furono controlli anche agli animatronics, probabilmente in seguito alla notizia che si era sparsa, ed effettivamente venne dichiarato che quei robot, non tanto quelli da poco aggiunti, quanto quegli che chiamano "Antichi" Fossero da rottamare. Loro e Foxy. Dicevano che quella Volpe era quello messo peggio e che se non aveva ancora causato qualche guaio, bhe, l'avrebbe fatto a breve.» disse, notando il volto serio di Jeremy, sapeva cosa gli passava per la testa, la stessa cosa che aveva pensato lui: Quella gente era ipocrita. Tutti sapevano degli animatronics, sapevano che Foxy era quello messo peggio, tutti sapevano eppure solo dopo l'Accaduto, magicamente, tutta quella storia non gli stava più a genio. Il massimo che sarebbe potuto succedere era lo spegnimento improvviso dei robot, non certo uno sterminio di massa da parte di questi come alcuni genitori, invece, avevano avuto il coraggio di raccontare.

«La gente pareva più incentrata sul "L'Orso non si è fermato", che sul fatto che eravamo stati noi a mettere Kentin là in mezzo. Non ci ha denunciati nessuno. Nemmeno chi sapeva chi si trovasse sotto le maschere.» e a saperlo erano solo in quattro: Vincent, Mike, Kentin e Phone. Ci fu un lungo silenzio, pareva farlo apposta come per dare il tempo di metabolizzare le notizie che dava, solo che ora pareva non voler andare avanti, e di certo Jeremy non l'avrebbe stimolato. Fritz capiva che, seppure in modo molto ridotto anche Freddy si doveva essere sentito in colpa. Per nessuno di quei due era facile, quindi ci pensò Fritz a sollecitarlo.

«Poi cosa successe?» chiese, e Freddy rise senza allegria, brevemente, una risatina sarcastica che non era diretta a lui, ma a se stesso.

«Fallì. Cioè in realtà no... Ma ci andò molto vicino. Nessuno ci andava più, perchè Feazbear era pericoloso, e chi lavorava in quel posto era disperato, perchè dicevano di essere affezionati agli animatronics. Così il Signor Feazbear dovette prendere una decisione, quella decisiva, a cui sarebbero andate le sorti della pizzeria e l'avrebbero condotta o alla Rinascita o al Fallimento definitivo. Decise di spegnere tutti gli animatronics e prenderne dei nuovi. E così fece. Se ora entrate la dentro ci troverete solo Toy Freddy, Toy Chica e Toy Bonnie. Di quelli di sei anni fa è rimasto solo un lontano ricordo. Io, sinceramente, questi robot gli ho visti solo in televisione. Da... "L'Incidente" non ci ho messo più piede lì dentro.» 

«E il Pirate Cove? Era una vera e propria zona del locale!» esclamò con veemenza Fritz, che era sempre stato un grande fan della pizzeria e ricordava di aver anche avuto un bellissimo rapporto con Bonnie, da piccolino fino all'adolescenza, tanto che pianse quando andò a dirgli che se ne sarebbe andato. Arrossì in imbarazzo ricordando quella faccenda, nessuno doveva sapere o sarebbe stato preso in giro fino alla fine dei tempi ma... Pensare che quel coniglio ora fosse stato in pezzi! Fu come se gli avessero detto della sua morte. 

«La zona è stata smantellata completamente. Ora il locale è più esteso, è un luogo dove mangiare anche quello. Mh? Amico, hai gli occhi lucidi?» e a quella domanda di Freddy anche Jeremy si voltò verso il conquilino ed effettivamente ci trovò quegli occhi grigi velati di lacrime.

«Scusate, ci sono praticamente cresciuto in quel posto e...» lasciò la frase in sospeso, asciugandosi frettolosamente gli occhi, e vide del dispiacere negli occhi di entrambi i ragazzi che aveva di fronte.

«Non preoccuparti, amico, non è la prima volta che assisto a queste scene che tormentano quella coscienza che non sapevo di avere. Tu puoi capirmi, Jer.»

«Già...» disse il ragazzo sentendo del dispiacere farsi strada nella sua anima, ma Freddy non gliene diede il tempo, perchè proseguì con il racconto.

«La tua stessa reazione infatti l'hanno avuta i nostalgici, con alcuni di quelli che lavoravano lì e i bambini ovviamente. Ma tutti si sono affezionati a questi nuovi arrivati, dimenticando in fretta il dispiacere. Ed è così che, come una Fenice, Freazbear è rinato dalle sue ceneri. Perdonate il momento poetico.» disse con un mezzo sorriso in volto, sistemandosi gli occhiali.

Fritz si riprese in fretta, e simulando un colpo di tosse decise di fargli una domanda ben precisa, quella domanda che Jeremy non gli avrebbe mai posto perchè forse temeva la risposta. E lui era lì per quello, per sostenere Fitzgerald.

«Ascolta, Freddy...» comincio, facendo intuire a entrambi il percorso su cui stava tentando di portare la conversazione.

«Ho capito. Vuoi sapere come se la passano la Guardia e il Piccoletto del morso, vero?» forse fu per sensibilità che Freddy non usò i loro nomi, e di questo Jeremy lo ringraziò mentalmente, rimanendo curvato su quei libri e continuando a fingere che gli interessassero.

«Dunque, la Guardia lavora ancora al Feazbear, di questo ne sono sicuro. Non so come stia psicologicamente, però, se è quello che v'interessa. Il piccoletto invece stà alla grande! Dopo la storia del morso in classe era qualcosa come un eroe. Lo so perchè alcuni marmocchietti li conosco. Credimi, Jer, stà bene, meglio di quando l'hai lasciato.» disse Freddy, certo di fargli un piacere, quando vide un sorriso incurvargli le labbra. Ma aveva qualcosa di insano, quel sorriso... Che divenne risata, una risata senza allegria, anzi, pareva isterica, come per scaricare qualcosa che lo turbava nel profondo.

«Già. Stanno bene.» disse poi, sovrapensiero, tornando ancora dritto sul divano ma con uno sguardo... Ferito.

«Stanno bene.» ripetè come per convincersene, quasi dimenticando di essere in compagnia, infatti gli occhi dei due erano puntati su di lui.

«Stanno meglio senza di me.» e ci fu un profondo silenzio. Effettivamente Jeremy non aveva mai pensato a come se la stessero passando nel presente i due familiari, perchè la sua mente era bloccata a quel giorno, fossilizzata, per lui non esisteva un ora, qui, solo un quel giorno, in quella pizzeria. Fermo. Bloccato. Per 6 lunghi anni. No, non era così. Era andato avanti. Aveva un lavoro, abitava in un'altro posto, degli amici, certo la sua mente lo conduceva lì ma... Perchè era tornato? Cosa si aspettava di fare? Davvero credeva di rimediare? Erano andati avanti anche senza di lui, trovando una vita migliore. Ritornare avrebbe distrutto quell'equilibrio. Egoista. Pensi sempre e solo a te stesso, sei qui solo perchè la tua coscienza ti aveva messo con le spalle al muro. Già, ma non era giusto che pagassero loro, per il suo egoismo. Aveva fatto bene a sparire dalle loro vite! Forse avrebbe dovuto farlo prima, almen-

«Dio, è grave.» 

«Hai visto? Lo fa spesso. A volte fa paura. È come se non fosse più in questo mondo.» quando si riscosse dai suoi pensieri si voltò trovando Freddy a un millimetro dal suo volto, e di colpo si allontanò.

«Che diavolo fai!?»

«Era come se fossi svenuto! Non ci sentivi quando ti chiamavamo e avevi lo sguardo vuoto.»

«Stò bene!» disse frettolosamente, alzandosi e sistemandosi la giacca, preparandosi ad andar via.

«Fritz andiamo, abbiamo tutto ciò che ci serve.» per tornarcene da dove siamo venuti aggiunse mentalmente, deciso a prendere il primo treno disponibile e tornare a casa. Nessuno l'aveva cercato per sei anni! Un motivo ci doveva essere, bastava farsi una domanda e darsi una risposta: nessuno lo cercava perchè nessuno lo voleva.

Fritz si alzò e Freddy li condusse ancora alla porta mentre scambiava il suo numero di telefono con Fritz.

«D'accordo, allora. Se diventerò pazzo stando dietro Jeremy, ti chiamo.» disse ridendo Fritz, mentre Jeremy lo aspettava fuori dalla porta, ansioso di andare via.

«Sempre a disposizione, Fritz!» rispose Freddy mentre il ragazzo raggiungeva Fitzgerald.

«Allora ci si vede.» disse Jeremy, limitandosi a un cenno del capo.

«Sì, ah, Fitzgerald?» chiamò Freddy, e Jeremy lo conosceva troppo, fin troppo bene, tanto da sapere cosa significasse essere chiamati per cognome. Il cognome falso, tra l'altro. Significava che Freddy stava per combinarne una.

«Stà attento quando vai in giro, non farti vedere da troppa gente.»

«Questo lo sapevo già, Freddy.»

«Quello che non sai è che Papino, sei anni fa, dopo due mesi che non ti facevi vedere ha denunciato la tua scomparsa.» e Jeremy smise di respirare. L'avevano cercato? La risata di Freddy gli giunse alle orecchie.

«Probabilmente vuole ucciderti personalmente! Buona fortuna, ragazzacci!» e chiuse la porta. 

Ancora una volta l'intuito di Freddy lo colpì, come...? Sorrise, grato al compagno.

Sarebbe rimasto anche solo per chiedere scusa a Kentin. Almeno quello, glielo doveva.

E con quel pensiero tutte le voci che, maligne, gli ripetevano ciò che era accaduto quel giorno, mescolando presente, passato, sovrapponendo i ricordi felici a quelli dolorosi, senza pietà, quelle che gli riproponevano una versione peggiorata di Quel giorno, quelle che lo chiamavano codardo, egoista... Tutte quelle voci e immagini, con quel pensiero, sfumarono.

Per poco, Sconfitte.

   
 
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