Chapter 21
Perdonami
se puoi…
Furono
le sue ultime parole prima di avvicinarsi, con cautela in principio in modo
lento e ritmato con ogni muscolo del corpo teso, e successivamente sempre più
veloci con scatti fulminei e ben controllati.
I
suoi occhi brillavano come fornaci ardenti e mi guardavano con ardore. Potevo
vedere l’espressione del mio viso, in quegli occhi lucenti, farsi sempre più
attonita e sorpresa, ma per niente spaventata.
Quella strana creatura demoniaca possedeva le
fattezze di Gee, del ragazzo che amavo. Capii in
quell’istante che non mi sarei mai allontanato da lui volontariamente, che
l’avrei seguito ovunque con o senza il suo consenso.
Le sue labbra indugiarono per un istante sul
mio collo.
Sentivo il suo respiro irregolare e ancora
una volta i suoi canini acuminati avvicinarsi irrimediabilmente alla mia
giugulare.
Potevo sentire il sangue premere nelle vene
come un inno che echeggiava alla mia morte.
“Ti amo”
Quelle uniche parole, pronunciate prima di
affondare i suoi denti nella mia carne, mi resero l’essere più felice sulla
terra.
Felice perché la sua voce non era mutata.
Felice perché era sincero.
Felice perché mi amava e mi desiderava come
io amavo e desideravo lui dal primo giorno che lo vidi.
Poco contava nella mia mente malata se non
era del tutto umano.
Poco contava se in quel momento stava bevendo
il mio sangue, se si stava nutrendo di me.
il mio sangue cado usciva dalle vene per
entrare nella sua bocca accogliente. Lo sentivo succhiare ingoiando avido quel nettare
prelibato.
Le sue enormi ali mi accolsero come una
seconda casa e mi avvolsero completamente proteggendomi dall’oscurità, per
farmene conoscere una maggiormente oscura che profumava di morte.
Il suo corpo era estremamente freddo e
scolpito come nel marmo o nella roccia ed i vestiti sembravano delle invenzioni
umane brutali che velavano la vista di quell’essere perfetto, senza difetti.
Il suo profumo, da vero predatore, era
intenso e sensuale e mi ricordava l suo profumo preferito di colonia e rose.
Beveva ancora e senza alcuna sosta. Sentivo
le miei forze venir meno e ad ogni secondo mi sentivo più debole ed indifeso.
Frank…
Una
voce lontane ed echeggiante mi chiamava distante. Una voce che credevo di conoscere
ma di cui non ricordavo il proprietario.
Frank…
Ancora
una volta quella voce nella mia testa.
Frank…
Guardai
per l’ultima volta quella che era stata per tanti anni a mia stanza, il mio
rifugio dal mondo esterno e dagli altri esseri umani. La finestra che si
affacciava sul giardino era aperta ed i rami di un noce, per il forte vento,
sbattevano sul davanzale incuranti del rumore che producevano.
Pioveva.
Era stata fin dal principio una giornata uggiosa e ricca di tensioni, ma stava
giungendo al termine in modo tragico
teatrale.
Piccole
gocce di quella pioggia si sistemarono sul vetro della finestra aperta formando
strane immagini ed ostacolando la vista del giorno che giungeva al termine…
La
vista si annebbiò…
Non
vidi più niente…
Era
forse la fine?
Scusate il ritardo…causa: perdita dell’ispirazione!!!
^^”