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Autore: herflowers    24/04/2016    0 recensioni
Precedentemente intitolata "Frida" e pensata come singola one shot, questa raccolta è composta da vari aspetti del sentimento che, oltre a caratterizzare i personaggi, contraddistingue il rapporto che un singolo elemento ha con altri individui.
In questo caso, il sentimento sul quale si incentra la trama è l'infatuazione che coinvolge Frida, Alistair e Sebastian in questo triangolo amoroso.
Dal testo del primo capitolo:
"Mani calde e leggere si poggiarono sul suo ventre facendola sussultare, e il profumo di bagnoschiuma, accompagnato da quello di dopobarba, l'avvolsero completamente arrivando a farle accapponare la pelle, estasiata. Subito, quelle labbra morbide e contornate da barba dello stesso colore dell'alba si posarono sul collo, lasciando piccoli baci sulla pelle chiara e ancora sensibile."
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Raccolta | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago
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Frida.
 
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“Si ama solo ciò che non si possiede del tutto.”
La fuggitiva,
Marcel Proust.

 
 
    
Tutti pronti per la pioggia che probabilmente sarebbe arrivata nonostante fosse maggio inoltrato, che si sarebbe poi lasciata dietro quell’afa leggera che ad alcuni piaceva, e l’odore di terra e asfalto bagnato che inebriava i sensi e, al contempo, donavano fastidio all’olfatto. Gente che camminava con passo veloce, tenendo tra le dita i manici della propria borsetta o buste di quella che sembrava una spesa calcolata, insieme agli ombrelli colorati, sgangherati e con stampe infantili, che solo pochi avevano dimenticato uscendo da casa frettolosamente ore prima; erano facilmente individuabili quelli col passo lento che alla pioggia proprio non ci pensavano, occupati a rimuginare ai programmi della serata o del giorno successivo, o sereni, qualunque fosse il motivo.
Il tramonto delle sette era sempre lì al suo posto, luminoso e ancora alto, ma dietro alle nuvole scure e cariche d’acqua. I lampi si scorgevano all’interno della massa scura che pian piano si avvicinava, accompagnati da tuoni l’uno a distanza d’un paio di minuti dall’altro, che Frida contava appoggiata al davanzale della camera da letto indossando una camicia da uomo sgualcita e sbottonata. Tenendo una sigaretta bruciata tra indice e medio, e sentendo il legno solcarle la pelle degli avambracci, guardava assente i passanti, portandosi il filtro alle labbra. Sentiva ancora quella sensazione di gonfiore che si accentuava sfiorando le labbra con l’indice o solamente col filtro della sigaretta, che spense all’interno del posacenere alla sua sinistra, stanca. Congiunse le mani davanti a sé piegando il busto verso il davanzale, arrivando a sfiorarlo col petto, e stendendo una gamba leggermente all’indietro, l’altra comodamente piegata; un soffio d’aria fresca le carezzò il corpo seminudo facendole chiudere gli occhi arrossati, pensando al pomeriggio appena passato tra lenzuola candide, immersa in quel profumo maschile che voleva le rimanesse addosso, fresco come appena spruzzato dalla boccetta riposta sul comò alle sue spalle. E pensava a quelle braccia calde che la trattenevano, l’abbracciavano, e a quegli occhi scuri fissi nei suoi, come mescolando acqua e terra.
Si allontanò dalla finestra facendo piccoli passi all'indietro mentre con le dita, prendendo il tessuto della camicia azzurra, cominciò a coprirsi il seno nudo per incrociare le braccia al petto e voltarsi, osservando le pareti bianche pitturate da poco della stanza, uguali a quelle dei corridoi e del salone. Trovava tutto quello così familiare, come fosse parte del proprio quotidiano; si sentiva a proprio agio come se quel tutto le appartenesse, ma non aveva che un pugno d'aria tra le dita, inesistente, e impossibile da prendere, proprio come una nube di fumo davanti al viso.
Sospirò, percependo qualcosa dentro di sé vacillare, scoprendosi improvvisamente tesa e vulnerabile.
Si voltò ancora, tornando a percorrere i suoi passi verso quella finestra, simile a uno schermo attraverso il quale osservava senza pregiudizi e attese, concentrandosi su qualcosa che probabilmente non avrebbe mai avuto o che sarebbe stata. Ma se ne fregava di quello che l'aspettava in futuro perché "Vivo alla giornata" era quello che diceva a chiunque.
Parole che, dette da lei, potevano sembrare un qualcosa di particolare che lei teneva bene a mente, un'abitudine, oppure potevano essere prese come per un "Non ho ancora deciso di cosa farne, della mia vita". Non si lamentava di nulla, comunque; un lavoro l'aveva, come un appartamento in cui vivere. Non aveva alcun problema per affitto e bollette, la retribuzione non era per niente male nonostante fosse una semplice barista, a volte cameriera, di un pub famoso e molto frequentato. Ma a ventitré anni, si diceva, non poteva pretendere poi tanto. Le andava bene così, si trovava bene in quella che definiva la sua sopravvivenza.
 
Mani calde e leggere si poggiarono sul suo ventre facendola sussultare, e il profumo di bagnoschiuma, accompagnato da quello di dopobarba, l'avvolsero completamente arrivando a farle accapponare la pelle, estasiata. Subito, quelle labbra morbide e contornate da barba dello stesso colore dell'alba si posarono sul collo, lasciando piccoli baci sulla pelle chiara e ancora sensibile. Chiuse gli occhi, lasciandosi sfuggire un sospiro dalle labbra, e abbandonando il capo sulla scapola dell'uomo alle sue spalle che, intanto, riprese a sentirla sua, assaggiandone la pelle, ritrovando ancora il suo odore, e affondandole i polpastrelli callosi sui fianchi coperti dalla camicia che lui stesso indossò quella mattina per il lavoro.
Quando Frida si ritrovò a sussurrare il suo nome, assalito da una voglia improvvisa di prendere la ragazza tra le sue braccia e portarla verso le lenzuola sfatte e arruffate dove si trovarono distesi un'ora prima, quel "Sebastian" riecheggiò nei timpani di lui. Allentando la presa dai suoi fianchi e staccandosi, la fece voltare così da poterla osservare in quelle iridi azzurre.
La camicia, sotto la quale il seno piccolo e nudo la sfiorava, lasciando così a Frida una piacevole sensazione che s’irradiò nel ventre come quando i polpastrelli dell’amante si poggiano sul suo corpo, fu aperta scoprendole la pelle calda. Prendendo l'iniziativa, sfiorò le dita dell’amante con le proprie; vicina al letto, diede le spalle a quest'ultimo per fissare il proprio sguardo nelle iridi scure di Sebastian, che la guardava senza proferire parola, cominciando a far scivolare l'indumento via dal suo corpo, abbandonandolo sul pavimento scuro come fosse solo un involucro inutile usato per gli oggetti fragili in spedizione.
In quel momento si sentiva piccola e fragile, anche se audace, e sul punto di prendere le sue cose e uscire da lì, anche se ancora davanti a chi voleva e desiderava più di qualsiasi altra cosa, che portava al dito la fede del suo matrimonio con un’altra donna. Fede che lei ovviamente non avrebbe mai avuto, se non per uno stupido anellino che Sebastian stesso le regalò qualche mese prima così da "dimostrarti che non è semplicità, quello che c'è tra noi" le aveva detto, porgendoglielo. Non l'aveva preso come un gesto d'amore o simile, piuttosto l'aveva interpretato come una richiesta di perdono nei suoi confronti perché non avevano certezze loro due, nemmeno quella di un domani che si avvicinava e gli permetteva di poter stare insieme senza dover curarsi del fatto che Sebastian fosse già di un'altra donna, e che lei, la graziosa Frida, fosse semplicemente l'amante.
Per il momento, però, l'uomo che la faceva tremare di piacere semplicemente passandole vicino, sfiorandola, che non smetteva di osservare e studiare assorbendo ogni parola pronunciata dalle sue labbra, ogni occhiata o semplicemente  il profumo, era suo. Completamente.
Rimanendo in slip, la pelle fresca e gli occhi lucidi, Frida continuava a osservare l’amante, che sembrava non avere altro che lei, l'unica persona che vedeva con occhi diversi, l'unica che gli faceva stringere lo stomaco e provare piacere con un semplice bacio. Quelle labbra, carnose e molto spesso ricoperte di rosso, le sognava persino di notte tanto n'era diventato dipendente, tant'era l'abitudine di averle sulle proprie anche se di nascosto e per pochi secondi.
Non rimase impalato ad ammirarla ancora per molto, cominciando così ad avanzare verso di lei, poggiandole poi una mano sulla guancia e attirandola a sé, baciandola con quella lentezza straziante carica di sensualità e voglia di tenerla lì con sé per sempre. Frida era sua, il suo cuore gli apparteneva, oramai.
Senza interrompere quel contatto, Sebastian fece un passo in avanti così che Frida arrivasse a toccare il bordo del materasso con le cosce, sdraiandocisi e portandoselo dietro che, gemendo, si sostenne puntando i gomiti sul materasso. Le dita finirono tra i capelli corvini di lei; Frida allargò e piegò le gambe così da poterle stringere attorno ai fianchi di Sebastian.
Alzandosi momentaneamente, Sebastian afferrò i lembi della maglietta grigia e sgualcita che indossava buttandosela alle spalle, per piegarsi nuovamente e sentire le mani di Frida prima sulla schiena, poi sul petto e sulle spalle. La baciò, gli occhi chiusi e la muscolatura contratta, respirando a pieni polmoni il loro odore misto a quello fresco di biancheria pulita.
Schiena inarcata, sospiri caldi sulla pelle, baci umidi su ventre e petto... continuarono fino a sentirsi sfiniti, fino a rimanere in silenzio a guardare il soffitto con il petto ansante e lo stomaco sottosopra.
 
   
 
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