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Autore: tixit    25/04/2016    17 recensioni
Dopo lo strappo, Oscar si reca in Normandia a riflettere.
Genere: Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: Missing Moments, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: i personaggi di questa storia non mi appartengono, ma sono proprietà di chiunque abbia diritti su Lady Oscar - manga ed anime. In questo piccolo scritto non c'è nessuno scopo di lucro.
 


 

Con i se e con i ma si potrebbe mettere Parigi in una bottiglia

Oscar si accoccolò sui talloni, sull’erba giallastra in cima alla falesia, mentre il vento le faceva vorticare il mantello scuro ed i capelli chiari.

E così André.

E così Fersen.

E così lei.

 

Ripensò ad André che le strappava la camicia sul letto - lo stesso lettino di quando era piccola, dove avevano dormito insieme incastrati tante di quelle volte - e le venne da ridere.
Sì, certo, sul momento aveva pianto, si era sentita violata e trattata come non meritava: cosa voleva dimostrare André? Che aveva tutto l’armamentario giusto di una donna?
Grazie tante!
E se non lo avesse avuto, che se le metteva a fare le fasce, fin da ragazzina, quando il suo seno era ancora una ipotesi? Non lo sapeva che erano strette e fastidiose? Si preparava al mattino come una monaca, che non deve ispirare desiderio, e nemmeno la disistima che si ha per il sesso debole, ma solo rispetto per l'uniforme che indossa.
E se non lo fosse stata avrebbe penato così per Fersen?

Aveva pianto, ma adesso le veniva da ridere: André aveva commesso la scemenza della sera - era proprio vero, gli innamorati erano (sono) tutti dei cretini.

Non era stato tanto diverso da lei al ballo, vestita con abiti cuciti da Nonnina, per una lei di tanto tempo prima.
Erano talmente fuori moda che tutti l’aveva scambiata per una nobildonna straniera, una di qualche paese lontano e selvatico, con una moda, che con quella di Versailles aveva poco a che fare. Non una inglese, non una spagnola, ma sicuramente una polacca, una ungherese, una danese, una russa… Greca no - sorrise - per via dei capelli biondi e gli occhi azzurri.

Avrebbe anche potuto essere svedese, ma Fersen non lo avrebbe creduto. Probabilmente gli ospiti Danesi l’avevano immaginata Polacca, e i Russi, Boema. Nessuno aveva visto quello che avevano davanti agli occhi: una donna con un vestito cucito in casa dalla balia, con stoffe di più di dieci anni prima, e che non erano state l’ultimo grido nemmeno allora, su un modello frutto di fantasia e racconti di favole di una donna anziana, contenta di poter giocare, per una sera alla Fata Madrina.
Avrebbero dovuto vedere una donna che cercava di avere di nuovo quindici anni e provare, con ritardo imperdonabile, il piacere del primo ballo, della pelle per la prima volta nuda sotto le candele. Del primo amore.

Una matta che voleva rimettere indietro le lancette del tempo e dire “Guarda me, per una volta, e guardami per prima, accidenti!”
 

Tirò fuori dalla tasca interna del giustacuore una fiaschetta di liquore e bevve un sorso.

Se ne era scappata fuori dal Salone degli Specchi come Cenerentola, solo che non aveva perso nessuna scarpetta, solo la faccia, e nessuno era venuto a cercarla per tutto il reame.

La scemenza della sera l’aveva fatta pure lei.


Tutto per un uomo, che nemmeno l’aveva riconosciuta. Fece una risatina. Se non era un no quello, cosa lo era?


“Caro André, se tu la camicia l’avessi strappata ad un’altra, adesso potremmo andarcene a bere in una guinguette e io ti prenderei in giro e tu forse prenderesti in giro me, ma in quel modo sottile tuo, che non fa mai male, ed io farei il broncio facendo finta di non capire, e brinderemmo ai nostri amori senza pronunciarne mai i nomi e ce ne torneremmo a casa un po’ brilli.”

Alzò la fiaschetta d’argento per un brindisi immaginario al sole che stava piano piano calando sull'orizzonte. 

“E magari faremmo una scazzottata con qualcuno, magari quelli della Guardia Metropolitana, che ci guardano sempre dall’alto in basso, perché si sentono più uomini, per via dell'afrore massiccio.”

Si sdraiò sull’erba, appoggiata sui gomiti “E invece eccoci qui, prigionieri di una legge non scritta, che dice che se scopri che il tuo amico ti ama allora non lo devi vedere mai più.”

Perché quello era successo - le venne di nuovo da ridere - Fersen era venuto fino a  casa sua per dirglielo. Addirittura… che uomo teatrale!

Era venuto per dirle, in lacrime, che non si sarebbero visti più. E perché? Che diavolo cambiava? Lei non lo avrebbe violentato, e nemmeno dimenticato. Ogni volta che era stata ferita c’era voluto del tempo, prima perché i tessuti si rimarginassero e poi per muovere il braccio senza sentir dolore. La ferita di Fersen avrebbe richiesto il suo tempo, come giusto - era stata profonda, e non intendeva sottovalutarla, ma una ferita mortale? addirittura?

Si guardò la punta delle dita, assorta. Lei non era esattamente una che seguiva davvero tutte le regole - aveva scelto una vita da uomo, e aveva scelto di non duellare davanti al Re, e aveva sfidato a duello un suo pari che non aveva nemmeno capito il perché.
Tutto questo amore per i regolamenti non scritti, che dimenticava ogni volta che voleva, avrebbe davvero dovuto applicarlo proprio con André? Un’amicizia durata una vita, dove lei avrebbe fatto di tutto per lui e lui per lei, ma tutto sul serio, non una cosa da romanzo. La buttava via? E perché?

Guardò il mare, là dove si separava dal cielo in margini netti - aveva davanti a sé due strade. Una era quella ovvia: tornare a casa e dire ad André di togliersi dai piedi, che lo perdonava, ma con la faccia di chi non perdona affatto e vedere cosa sarebbe capitato - se le andava bene sarebbe rimasto accanto a lei, tenace - avrebbe trovato un modo, lo trovava sempre, aveva perfino perso un occhio per non mollarla.
Se le andava male… se ne andava altrove e forse si sarebbero rivisti e forse no e avrebbero pensato distrattamente uno all’altra, per una frase - ce ne erano tante - un duello - idem - o un oggetto - vedi sopra.

Oppure tornava a casa e ne parlavano.

O non ne parlavano, perché avrebbero dovuto parlarne, se le cose stavano come stavano?
Lei aveva capito benissimo i sentimenti di Fersen e li aveva accettati la sera del ballo. Tutta quella sceneggiata di lacrime e frasi fatte sull’amore non le era servita affatto, se non a vergognarsi della sua scemenza.
E lei, per lo meno, nemmeno gli aveva strappato la camicia!

Scoppiò di nuovo a ridere. Povero André. Lui sempre così mite... alla fine aveva pure pianto. Chissà come si stava sentendo ora?


O ma lei lo sapeva benissimo… si stava sentendo come si era sentita lei dopo che Fersen, se ne era tornato a casa sua tutto tranquillo e dopo che lei, come André, aveva pianto. Uno schifo.

 

Se lei avesse saputo di colpo di dover morire, che avrebbe fatto? Avrebbe riflettuto sul fatto che di lei sarebbe rimasta solo cenere, qualche miniatura e le sue medaglie. Cosa avrebbe rimpianto? probabilmente di non aver fatto mai scemenze. O di averne fatte troppo poche.
 

O, pensò, alzandosi dall'erba e ripulendosi alla bell'e meglio i pantaloni, avrebbe rimpianto di aver mollato il suo migliore amico, che non la mollava mai, per una banale faccenda di cuore e una camicia strappata… capirai! ne aveva di camicie… di amici, quelli veri, invece, era sempre stata a corto.
E non c’era pollice del suo corpo di cui, davanti a lui, in tutta onestà, si vergognasse.

 

Sorrise. Non lo aveva mollato quando aveva cercato di uccidere la Delfina, quel testone, e lo mollava ora?

E poi, era vero: lei stava morendo. Moriva ogni giorno un pochettino e pure lui, del resto. Che cosa stava aspettando, quindi? Un secondo giro sulla vita? Come no?

Poi con un fischio, da vera signora, chiamò César: era ora di tornarsene a casa, bere un bicchiere con un vecchio amico e pianificare insieme cosa fare - era ora che André la piantasse di fare l’attendente, con quell’occhio, perché non faceva l’amministratore? Era onesto, era preciso, conosceva tutte le loro proprietà, aveva senso etico e sapeva far di conto. Rise tra sé. Un nuovo incarico anche per lui, uno stimolante, che lo avrebbe distratto. E lei… un incarico nuovo pure per lei… 

 

Spronò il cavallo al galoppo, voltando la schiena al tramonto - andava di fretta: André stava aspettando.
 



Note: il titolo è buffo, ma non è casuale…  è un proverbio francese che io ho sempre sentito in casa mia: avec des si, on mettrait Paris en bouteille ed è l’essenza di un what if.
   
 
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