Finalmente Tu – 883
Note:
tante, troppe licenze poetiche sulla terminologia
clinica.
«Marchesa,
il dottor Ceppi vi sta cercando.»
Il tuo cuore perde
un battito. Extrasistole,
l’avrebbe definita lui.
«È
giù nell’ingresso.»
Sei già
in piedi, a scansare Giannina, a colpire con la
spalla lo stipite della porta, a scivolare giù per i
gradini. Arrivi alla cima
dello scalone con il fiatone. No, iperventilazione.
Sollevi lo sguardo e
lo vedi armeggiare attorno al calesse.
Non ti aveva ancora visto. E da quella distanza era improbabile che si
rendesse
conto del tuo rossore. Iperemia.
Scendi un gradino
alla volta, tenendo sollevata la gonna.
Quasi ti è difficile mantenere l’equilibrio e la
coordinazione. Atassia. Che ti
stava succedendo? Sembrava
dovessi pensare ad ogni piccolo movimento per non inciampare sul bordo
dell’abito, per prendere la giusta distanza tra un gradino e
l’altro, ed era
impossibile nel frattempo alzare il capo per guardare lui, o comandare
al tuo
cuore di smetterla di pulsarti in gola. Cardiopalmo.
Ti ha vista, lo sai.
La sagoma della sua figura entra nel
tuo campo visivo, si avvicina, mentre tu arrivi in fondo, mai
così impacciata e
senza nessuna idea di come iniziare il discorso.
“Con un
saluto, Anna”, ti dicevi. La cosa più facile del
mondo. E adesso la più difficile.
Ti schiarisci la
voce. «Ehm» ne viene fuori, seguito dal suo
sorriso. Afasia?
«Buongiorno»
ti raggiunge la sua voce. Ti prende la mano, tu
ancora con i piedi in bilico sull’ultimo gradino. Si china a
lasciarti un
bacio, quasi non sfiorando nemmeno il dorso con le mani. Ma
è come una scossa,
che ti percorre il corpo in un brivido. Iperestesia.
«Ciao
Antonio.»
“Ciao!?”.
«Buongiorno
Antonio» ti correggi un tempuscolo dopo.
Ti senti la
più sciocca del mondo, e ancora di più quando
Antonio si vede costretto ad afferrarti di fretta perché tu
non finisca faccia
a terra.
L’ultimo
gradino.
«Scusate.»
Ti sistemi un ricciolo dietro i capelli. Quando
alzi gli occhi ammetti di non aver previsto quanto vicini foste ora.
«State
bene?» Per la quasi caduta, per il tuo cuore, i tuoi
muscoli rigidi, la tua incapacità di articolare una frase di
tre parole che
siano quantomeno opportune, per la tua mente che non pensa altro che a
lui?
«No.»
Ti guarda corrugando
la fronte.
«Volevo
dire sì. Sì, sto bene.»
Possibile che la sua
presenza ti stravolgesse al punto di
avvertire cento e più sintomi, tutti insieme e tutti diversi?
Forse la risposta
era una sola, e non servivano medici per
confermare la diagnosi. Sorridi, e lo stesso fa lui.
Innamoramento.