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Autore: Deep blue_    25/04/2016    1 recensioni
" Era maggio inoltrato quando Sarah e suo marito, David, decisero di concedersi una breve vacanza di tre giorni in montagna.
Scelsero un posto abbastanza isolato e tranquillo che comprendesse un bosco.
A loro piaceva stare soli, a loro era sempre piaciuto. "
Piccola One Shot senza pretese, scritta in un momento di noia.
Chiedo scusa in anticipo se sono presenti degli errori grammaticali.
Nota: Ho pubblicato questa storia anche su wattpad con l'account Amesisameatball.
Genere: Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Era maggio inoltrato quando Sarah e suo marito, David, decisero di concedersi una breve vacanza di tre giorni in montagna.
Scelsero un posto abbastanza isolato e tranquillo che comprendesse un bosco.
A loro piaceva stare soli, a loro era sempre piaciuto.


Sarah sistemò i pochi vestiti che si era portata nell'armadio in legno chiaro della piccola stanzetta in cui alloggiavano, per poi sedersi sul letto e fissare il muro di fronte a se, sospirando lentamente.
Aveva una strana carta da parati color giallo canarino con dei disegni di alcune margherite un po' sbiadite. Si fermò a tracciare le linee curve dei piccoli petali con gli occhi, concedendosi il lusso di perdersi nella sua stessa mente per una manciata di minuti.
Si portò una mano sui capelli castani giocherellando con delle piccole ciocche, senza neanche accorgersene, in ricordo di un vizio lontano.
Erano così belli una volta, quei capelli.
Ora sono tutti arruffati, con le doppie punte, scoloriti.
Ed i suoi occhi, oh, i suoi occhi. I suoi bellissimi occhi, ora cerchiati da due occhiaie ben marcate e le iridi color verde prato non erano limpide come una volta ma piuttosto spente e senza vita.
Sembrava solo un contenitore arrugginito e senza linfa, la povera Sarah.
Meccanicamente si tirò in piedi appoggiando una mano al muro e scivolando su di esso fino a sedersi per terra, esaminando il restante della camera.
Non era piccola come aveva supposto all'inizio, anzi, tutto il contrario.
Dall'altra parte del letto c'era una grande vetrata con delle tende gialle sbiadito che aveva il privilegio della vista sul vasto bosco, lo stesso in cui lei e David si erano incontrati la prima volta.
Un piccolo sorriso sghembo vece capolino sul suo viso al ricordo del suo David così impacciato e gioviale, mentre le raccoglieva un libro che le era appena caduto dal grembo.

Una lacrima silenziosa le scese giù per la guancia, percorrendo la stessa strada delle sue sorelle, marcando ancora di più quella piccola via umida che da mesi era ormai parte del suo volto.
Girò di poco il viso verso un piccolo comodino su cui era appoggiato un vaso non troppo grande con dei ghirigori color ciano che quasi sembravano formare delle piccole scanalature d'acqua nel candore della ceramica.
Una smorfia di dolore ed ancora lacrime che bruciavano a contatto con la pelle, ma che Sarah sentiva più fredde del ghiaccio stesso.
Lei era fredda.
Con una camminata traballante raggiunse il vaso stringendoselo al petto e piangendo così forte da farsi venire l'emicrania.
Cadde sulle ginocchia, dondolando leggermente, stringendo quell'oggetto avendo paura che potesse esserle portato via.
Non si rese conto del passare del tempo e le lacrime cessarono solo quando il dolore era così profondo da non riuscire più ad esternarlo.
Si decise, quindi, di lasciarlo andare.
Non prese neanche la giacca ed uscì nel cuore della notte con solo delle vecchie ballerine a proteggerle i piedi ed un logoro maglione addosso.
Si fermò davanti ad un burrone da cui, dall'altro lato, si poteva intravedere un enorme prato rigoglioso di fiori.
Osservò un'ultima volta il contenitore che stava reggendo, per poi sollevare il coperchio.
Cenere.
Al suo interno c'era solo della cenere scura che sembrava quasi brillare alla luce della luna.
Sollevò il capo in direzione di quest'ultima chiudendo gli occhi ed assaporando il vendo freddo della notte passarle fra i capelli e seccandole la pelle.
“Addio, David. Ti amerò sempre.” si lasciò sfuggire.
Era un debole sussurro che nessuno sarebbe riuscito a capire, ma a lei non importava.
Sapeva che David avrebbe capito.
Lentamente gettò le ceneri nel burrone, osservando rapita i piccoli granuli volteggiare nell'aria.
Non sapeva perché le avesse chiesto, nei suoi ultimi istanti di vita, di lasciar cadere quello che restava di lui in quel baratro oscuro.
Non le interessava, dopotutto.
Voleva solo renderlo felice.
Alzò lo sguardo verso il prato di fronte a lei, intravedendo una sagoma.
Sussultò riconoscendola come quella del suo amato.
“David? David, sei tu?” urlò con la voce spezzata ed incredula, continuando a fissare quel punto.
E poi lo vide. Le stava sorridendo.
Sarah sorrise, facendo un passo. E poi un secondo.
Doveva raggiungerlo.
Il terzo, però, le fu fatale.
E così cadde in quell'abisso nero, lo stesso che aveva nel suo cuore.
Ora non avrebbe sofferto, mai più.
La ritrovarono degli escursionisti il giorno dopo, con un sorriso in volto ed i vestiti lacerati.
Ora era finalmente libera.  

  
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