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Autore: Voglioungufo    25/04/2016    2 recensioni
Sarebbe stato tutto perfetto, come nelle favole che suo padre era solito raccontarle da piccola. Della principessa salvata dal suo meraviglioso principe. Lei ci credeva, ci credeva davvero.
Così, quando Sasuke le aveva chiesto in un sera estiva, una sera silenziosa e calda con il canto dei grilli in sottofondo, di diventare sua moglie Sakura aveva alzato i suoi occhi stupiti su di lui e aveva detto “sì” sentendo che la sua favola era finalmente giunta al lieto fine. Certo, Sasuke lo aveva detto come se fosse un ordine senza nemmeno guardarla, in maniera totalmente distaccata, e fino a quel momento non l’aveva nemmeno mai baciata o sfiorata ma Sakura era felice sentendo tutti i suoi sogni da bambina realizzati e aveva detto “sì” con gli occhi che brillavano come se le avessero promesso la più bella delle stelle.
Sarebbe stato tutto perfetto....
....o almeno così aveva sperato.
[SasuSaku] [Angst]
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Karin, Naruto Uzumaki, Sakura Haruno, Sarada Uchiha, Sasuke Uchiha | Coppie: Sasuke/Sakura
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie
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Sarebbe stato tutto perfetto, come nelle favole che suo padre era solito raccontarle da piccola. Della principessa salvata dal suo meraviglioso principe. Lei ci credeva, ci credeva davvero.
Così, quando Sasuke le aveva chiesto in un sera estiva, una sera silenziosa e calda con il canto dei grilli in sottofondo, di diventare sua moglie Sakura aveva alzato i suoi occhi stupiti su di lui e aveva detto “sì” sentendo che la sua favola era finalmente giunta al lieto fine. Certo, Sasuke lo aveva detto come se fosse un ordine senza nemmeno guardarla, in maniera totalmente distaccata, e fino a quel momento non l’aveva nemmeno mai baciata o sfiorata ma Sakura era felice sentendo tutti i suoi sogni da bambina realizzati e aveva detto “sì” con gli occhi che brillavano come se le avessero promesso la più bella delle stelle.
Sarebbe stato tutto perfetto....
....o almeno così aveva sperato.
 
 
 
 
No Happy Ending
Le favole non esistono
**
 
“Non sei mai stata così bella, Fronte Spaziosa!” disse Ino strizzandole un occhio quando la vide e Sakura le credeva davvero. Non era mai stata così bella nel suo abito bianco, estivo, con le maniche ricamate e stretto in vita da un piccolo nastrino rosa pallido che ondeggiava sinuoso ad ogni passo incerto compiuto sugli alti tacchi lucidi verso l’altare. Strinse il bouquette tra le mani piccole mentre un ciuffo di capelli rosa scivolava  dall’elaborata acconciatura che la costringeva a portare un’intera ferramenta in testa.
Era bella. Sakura Haruno non era mai stata così bella, così radiosa, così felice. I suoi occhi verdi sempre così limpidi erano lucidi per le lacrime di gioia che volevano scenderle ma no, non poteva assolutamente piangere, non voleva mica rovinare il magnifico trucco che le aveva applicato Ino.
Ma alla fine non aveva bisogno di quel vestito ricamato, dei tacchi vertiginosi, di acconciature  elaborate o rossetti pallidi per sentirsi la ragazza più bella del mondo, le bastava quello sguardo di ossidiana. Le bastava che Sasuke la guardasse per essere la più bella donna sulla terra.
Sasuke-kun.
Il suo Sasuke.
Il ragazzo che aveva bramato per anni interi, il ragazzo che aveva sempre sognato, il suo primo amore, il principe dal cuore oscuro che l’aveva stregata. Il suo Sasuke.
La guardava con un sorrisetto ironico e carico di superiorità sulle labbra pallide e dei ciuffi a coprirgli il rinnegan, era stretto nel suo abito da cerimonia e pareva una statua greca.
Non si accorse nemmeno di essergli arrivata accanto troppo presa nella sua adorante ammirazione per quel viso d’alabastro, almeno fino a quando l’Hokage non tossicchiò.
Naruto sorrise fraterno e commosso. “E’ così strano celebrare le nozze dei miei due migliore amici”.
“Usuratonkachi, taci” sibilò Sasuke e sul volto del biondo comparve un’espressione offesa.
“Tem-e...” iniziò a sbuffare e Sakura rise facendo tremare la precaria acconciatura perché davvero, amava i suoi due ragazzi che non riuscivano a non punzecchiarsi nemmeno il giorno delle proprie nozze. Quanto amava Sasuke!
L’espressione offesa scomparve dal volto di Naruto quando sentì la risata cristallina di Sakura e riposò gli occhi su di lei, la guardò cercando di trasmetterle tutto l’affetto che provava per lei.
“Vogliamo iniziare?” sibilò ancora il moro come un vecchio e burbero serpente.
“Certo, certo, ‘tebayo!” sbottò allora l’Hokage, forse troppo ad alta voce dal momento che tutti i presenti dovettero reprime una risata.
Sakura era troppo felice e il suo cuore galoppò quando sentì la mano fredda di Sasuke afferrare la sua, i suoi occhi la guardavano con la stessa ironia che aveva la piega delle labbra poco prima.
“Sei pronta a diventare la signora Uchiha, piattola?”
Oh sì, ora e per sempre Sakura era pronto ad amarlo. Ad essere solo sua.
 
**
Non era la prima volta che litigavano, era già successo molto volte, ma non erano mai state così brutali, non l’avevano mai fatta sentire così... indifesa e Sasuke non era mai stato così furioso, solitamente si limitava a qualche frase sprezzante e poi se ne andava (dal suo migliore amico, per lamentarsi. Lo sapeva perché dopo Naruto lo diceva ad Hinata e Hinata da brava amica riferiva tutto). Non che adesso l’Uchiha stesse urlando e sbraitando improperi, la sua voce era calma e controllata, gelida e affilata come il ghiaccio, ma i suoi occhi, Kami, sembrava ad un passo dal voler attivare lo sharingan.
“Perché non me lo hai detto prima?!” aveva ringhiato con quel tono orribile, se ne stava al centro della camera da letto a guardarla pieno di rabbia, le mani strette a pugno. Sakura si sentì immensamente spaventata e per questo si strinse alla vestaglia con forza come se bastasse quella a proteggerla dalla furia del marito. Sentiva che dentro di lei qualcosa si rompeva, ancora, non era così che aveva immaginato quel momento, non così dannazione! Lo aveva immaginato pieno di gioia e contornato dal raro sorriso di Sasuke e dai suoi baci rari quanto i sorrisi e per questo ancora più preziosi. Nelle sue fantasie si era vista piangere dalla gioia mentre lui la prendeva per le mani e la faceva roteare per la stanza come una ballerina, come una principessa, e le diceva all’infinito che l’amava.
“Io... aspettavo solo il momento.... giusto” sussurrò con gli occhi bassi portando istintivamente una mano al grembo. Nelle sue fantasie Sasuke non aveva quello sguardo carico di rabbia e odio, non era così gelido e, soprattutto, non era così sconvolto.
“Quando? Quando sarebbe stato il momento giusto nella tua ridicola opinione?!” sbraitò Sasuke, la voce questa volta di qualche tono più alta. “Dopo la rottura delle acque?!”
Si sentì ferita, nel profondo, e dentro di lei lottavano le lacrime per uscire intrappolate com’erano nelle ciglia, le ricacciò coraggiosamente indietro insieme alle parole cariche di rabbia istintiva che le erano salite alla gola. Doveva stare calma, poteva ancore fare in modo che quel momento non fosse totalmente rovinato, magari c’era ancora quella minuscola possibilità...
“Sa-su-ke...” balbettò.
“Zitta!” la interruppe brusco. “Sta’ zitta!” e poi si voltò, per uscire. Sakura lo poteva vedere perfettamente mentre usciva da quella porta e no, non sarebbe rientrato molto presto e no, non poteva farlo, non poteva lasciarla sola in un momento del genere. No, semplicemente era assurdo!!
Si alzò e lo afferrò per la manica svolazzante, strinse le dita sulla stoffa cercando di convincerlo a guardarla, a capirla...
“Ti prego, Sasuke” ansimò “Dobbiamo parlar—”
Ma lo sguardo che le rivolse il moro era impenetrabile, non l’avrebbe capita perché semplicemente non voleva. Si liberà dalla sua presa con uno strattone potente. “Adesso ti accorgi che dobbiamo parlare?” sibilò velenoso. Aveva uno sguardo così cattivo, così nero. “Adesso?” ripeté scandendo bene le lettere. “Adesso è troppo tardi” dichiarò.
NO! Annaspò Sakura cercando di afferrare una manica. “Sasuke, mi dispiace...” singhiozzò.
“STO PER DIVENTARE PADRE!” gridò, oh sì, questa volta gridò con una furia omicida, ma poi sembrò riprendere il controllo. “Sto per diventare padre e a dirmelo è stato Naruto. Naruto! E ora ti dispiace?!”
“Te lo giuro” lo supplicò ancora una volta “Io volevo aspettare il momento giusto– ”
“E quale sarebbe stato questo dannato momento giusto?” la interruppe ancora, allontanò la mano che la donna aveva proteso verso di lui. No, Sasuke non aveva nessuna intenzione di sforzarsi almeno in minima parte nel capire perché si fosse portata quel segreto nel grembo, non l’avrebbe mai capita e questo la fece arrabbiare.
Strinse le labbra in una linea sottile prima di dire: “Quando? Magari una sera, durante la cena, ma ovviamente tu dovevi aiutare l’Hokage a sistemare quelle carte! Oppure una domenica, ma tu eri sempre in missione! Forse di mattina, dopo aver vomitato, se tu non fossi stato ad allenarti con Naruto!” Si zittì con un brusco respiro, aveva iniziato a piangere, non poteva più trattenere tante lacrime. Si zittì aspettando che Sasuke l’abbracciasse, che le chiedesse scusa e che sarebbe andato tutto bene o... in quel momento le bastava qualsiasi gesto di comprensione.  Qualsiasi cosa e lo avrebbe perdonato.
Ma Sasuke non fece niente di tutto questo.
Sasuke, il suo Sasuke, suo marito, uscì lasciandola sola, a piangere.
**
Era tardissimo, la notte era nera come l’inchiostro e non c’era nemmeno la luna a illuminare i contorni delle case di Konoha. Sembrava che la notte l’avesse inghiottita.
Sakura era sul divano, distesa, sfinita, e aspettava Sasuke.
“Quel baka di Naruto procrastina sempre tutto e ovviamente sono io quello che deve rimediare alla sua nullafacenza” aveva sbuffato “Lo aiuto con quei documenti e torno, non credo di fare tardi” aveva poi aggiunto.
“Devi proprio?” aveva chiesto timida. Avrebbe voluto Sas’ke-kun tutto per sé quella sera, ormai mancava poco più di una settima al parto e sentiva che quegli ultimi giorno erano speciali, in un certo senso...
“Tranquilla, ormai la stupidità del dobe non ha più effetto su di me” la rassicurò interpretando male l’ansia nella voce. Le aveva posato, poi, un lieve e distratto bacio sui capelli rosa. “Torno presto”
Ma era tardi e non era ancora tornato e lei stava male, sentiva dolori ovunque e la notte era così buia da spaventarla.
Sei un ninja, Sakura! Si rimproverò. Il buio non può farti nulla, è solo assenza di luce.
Decise di andare a letto, lì sarebbe stata più comoda e al diavolo Sasuke e tutti i suoi buoni propositi di aspettarlo alzato. Una stanchezza mortale le aveva preso le membra.
Un’improvvisa contrazione le impedì di alzarsi e lei sbuffò dal dolore, ormai erano agli sgoccioli e quelle fitte dolorose erano pane quotidiano. Prese un avido respiro e  cercò di ripetere la manovra ma quando finalmente fu un piedi con le gambe molli un’altra contrazione la fece annaspare cadendo a terra sulle ginocchia in un breve rantolo. Questa era stata più dolorosa della precedente. Sbarrò gli occhi piena d’ansia e paura, perché era da sola? Dov’era Sasuke?
Shannaro!
Un’altra contrazione le tolse il respiro, e poi un’altra e un’altra, sempre in rapida successione. Poi qualcosa di caldo le scivolò fra le gambe bagnandola.
Si erano rotte le acque.
 
Strinse la mano calda che le era stata offerta con forza aggrappandosi come se fosse un’ancora di salvezza, strizzò quelle dita con tutta la disperazione che aveva in corpo e gemette dal dolore.
“Coraggio, Sakura!” la incitò la voce del possessore della mano ricambiando la stretta con molta più dolcezza e scrutandola ansioso, pieno di preoccupazione ma allo stesso tempo eccitazione. Come un bambino che deve scartare un regalo ma teme di romperlo.
Shannaro, perché nessuno le aveva detto che partorire fosse così doloroso? Perché non avevano adottato? C’erano così tanti bambini bisognosi di una mamma e di un papà dopo quella disastrosa guerra, perché cavolo si metteva a sfornarne di nuovi?!
“Spingi, Sakura, dannazione!” lo sbraito di Tsunade la raggiunse dal suo mondo sfocato dal dolore facendole venire una voglia isterica di ridere e prenderla a pugni.
Erano ore che spingeva, dattebayo! Ecco, adesso iniziava a parlare come Naruto, la cosa stava davvero degenerando.
“Spingi!” continuò Tsunade con voce imperiosa ignorando spudoratamente l’occhiataccia che la rosa le aveva lanciato. Aprì la bocca per dire qualcosa, forse un epiteto poco carino verso la propria Maestra ma dalle sue labbra uscì solo un rantolo di dolore.
“Non arrenderti, Sakura!” ripeté quella voce maschile dolce e ansiosa come se stesse incitando una duellante e non una povera ragazza in travaglio “Hai steso Kaguya con un pugno, sarà una passeggiata tutto questo per te...” continuò cercando di risollevarle il morale.
Strinse la mano con più forza con l’intento di fargli male, perché certo era una passeggiata per lei! Una normalissima passeggiata a piedi nudi su mille spilli. Una passeggiata! Ovvio che diceva così, tutti i maschi dicevano così, perché Madre Natura era stata così malvagia con il sesso femminile?
La mano calda ricambiò la stretta con uguale intensità fraintendendo l’intento della kunoichi di spaccargli le ossa delle dita e, nonostante quella voce continuasse a dirle che era lì, che doveva essere forte e che tutto sarebbe andato bene, Sakura si sentì immensamente sola. Perché non erano neri i due occhi che la guardavano ansiosi ed eccitati, non era pallido il viso proteso verso di lei e la mano non era fredda, lei sapeva bene quanto fredda fosse la mano di Sasuke dopo tutte quelle volte in cui era stata stretta con cautela da quelle dita. Non era suo marito l’uomo accanto a lei per farle forza...
Naruto, con gli occhi blu e attenti, Naruto con la pelle color caramella e il viso rotondo, Naruto con le mani calde sempre pronte a sorreggerla e mai a lasciarla sola.  Naruto era il migliore amico che avrebbe mai potuto capitarle: aveva piantato in asso tutto quello che stava facendo, una volta ricevuto il suo messaggio, ed era corso da lei, l’aveva presa tra le braccia e portata all’ospedale gridandole parole di conforto, e quando Sasuke non si era fatto vivo nemmeno lì era entrato con lei nella sala solo per poterle tenere la mano, solo per ricordarle che non era sola. Quello le aveva dato quel briciolo di forza che le permetteva di non lasciarsi andare in un pianto liberatore e disperato, che le permetteva di pensare a quella minuscola vita che stava nascendo e che fra un po’ avrebbe stretto fra le braccia.
Ma...
Non era lui l’uomo che avrebbe dovuto prenderla in braccia come una principessa, non era lui l’uomo che avrebbe dovuto dirle andrà tutto bene, non era lui l’uomo che avrebbe dovuto tenerle la mano mentre Tsunade imperiosa continuava a gridarle di spingere.
Semplicemente, Naruto non era Sasuke.
“Manca poco!” esultò Tsunade “Un ultimo sforzo”
E Saskura spinse più forte cercando di non pensare a quel vuoto dentro il suo cuore...
 
Dopo tre ore e mezza di estenuante travaglio, Sakura non si sentiva più stanca. Ma nemmeno felice. Era... vuota.
“E’ una femminuccia!” aveva gridato gioiosa Tsunade davanti agli acuti d’aquila della piccola “Ed è perfettamente in salute”.
Sarada aveva un solo ciuffo di capelli neri, un viso rossissimo e paffuto e due occhi esageratamente enormi, neri. Stringeva i pugni e si era divincolata finché Sakura non l’aveva stretta al petto, protettiva. Era piccolissima, forse un po’ troppo, e pesava come una piuma. Quel ciuffo nero le ricordava una foglia di insalata. In quel momento Sakura si era sentita felice come se finalmente un tassello avesse trovato il suo posto del puzzle.
Adesso Sarada riposava su una culla poco distante, placida, e Sakura guardava fuori dalla finestre chiedendosi perché Sasuke non fosse lì. Ma realizzò, con una punta di rammarico, che se fosse arrivato e le avesse baciato la fronte gli avrebbe perdonato tutto. Tutto.
“Sakura?”
Sospirò e si girò a guardare il suo migliore amico, aveva le occhiaie e sembrava molto più stanco di lei nonostante si fosse limitato a tenerle la mano e a gridare qualche parola; sul volto aveva un sorriso allegro. Sentì un profondo affetto per quel biondino.
“Grazie” disse abbassando gli occhi. “Mi dispiace per averti chiamato così all’improvviso, scusami...” sospirò sentendosi in colpa e ancora pensò quanto fosse fortunata ad avere un amico così fantastico.
Don’t worry, ‘tebay-ò!” strizzò gli occhi “Io e Hinata stavamo solo guardando un film. Appena mi è arrivato il tuo messaggio lei mi ha praticamente costretto a venire da te. Ma sarei venuto lo stesso, eh!” si affrettò ad aggiungere.
Sakura strinse le labbra. “Perché hai lasciato Sasuke-kun in ufficio fino a tardi?” domandò cercando di non avere un tono accusatorio. In fondo erano ninja, anche quello faceva parte della loro vita. Solo, era difficile da accettare al momento...
Sul viso di Naruto comparve uno sguardo confuso. “...in ufficio?”
“Sì, doveva sistemare delle carte” ripeté con enfasi. Improvvisamente agitata si mise a sedere continuando “Quelle carte sui rapporti con il Paese della Polvere, erano da consegnare all’ambasciata mercoledì ma tu te ne sei dimenticato”.
Il viso di Naruto si adombrò “non aveva nessun compito del genere. Oggi Sasuke aveva la serata libera. È un mese che congedo Sasuke prima dal lavoro per farlo stare con te” aggiunse e Sakura sentì una fitta alla stomaco al pensiero di tutte le cene che aveva consumata da sola in quell’ultimo mese. No, non poteva essere vero, semplicemente non poteva essere così. Naruto si sbagliava, si stava confondendo con qualcun altro...
“Ma quei documenti...” ripeté testarda e l’Uzumaki distolse lo sguardo dal suo, rimanendo in silenzio. E quel silenzio valse più di mille parole.
Sakura sentì il proprio cuore farsi pesante come piombo.
Si morse un labbro e poi prese un respiro profondo per impedire alla propria voce di tremare. “Naru-to... vai a casa. Hinata ti sta aspettando”.
Ma il biondo capì che Hinata non c’entrava nulla, Sakura voleva solo restare sola per piangere e per quanto sentisse prepotente il desiderio di abbracciarla e prendere a sberle quel teme si alzò dalla sedia accontentandola. Si alzò senza dire niente ma quando fu alla porta la guardò ancora e disse.
“Sei forte, Sakura-chan. E sarai un’ottima madre”
No, Sakura-chan non e forte, pensò, ma grazie per la fiducia.
Anche in quel momento, tra le lacrime, capì che se Sasuke fosse arrivato lo avrebbe perdonato, ancora e ancora.
Ma lui non arrivò.
**
 
“Cosa cazzo ci fai tu qui?!”
La mattina dopo il parto, Sakura era scappata dall’ospedale stringendo Sarada al petto furiosa con Sasuke e il mondo, pronta a fare il culo a quell’incompetente di suo marito. Non era arrivato, nessun Uchiha aveva chiesto di lei, probabilmente il bastardo non sapeva nemmeno di essere padre. Questa consapevolezza le aveva fatto sparire tutta la tristezza per lasciare al suo posto una cieca rabbia, si sentiva una bomba ad orologeria pronta ad esplodere. Probabilmente Naruto si sarebbe preoccupato, l’avrebbero cercata, ma quello non le era parso un buon motivo per restare a casa a girarsi i pollici invece di prendere a calci in culo suo marito.
Quando era arrivata al rifugio del Team Taka, quella era stata l’imprecazione con cui l’aveva accolta Karin: “Cosa cazzo ci fai tu qui?!”
Ma si era calmata subito dopo non appena aveva visto agitarsi Sarada tra le sue braccia, sul volto della nuniken dai capelli rossi era apparso un sorriso stupito e gli occhi si erano spalancati dalla sorpresa. Chissà, forse nella piccola Uchiha aveva percepito un chakra simile a quello di Sasuke.
“Lei è...?” aveva chiesto con un filo di voce totalmente differente a quello che aveva usato prima. Sakura aveva semplicemente annuito.
“Forse è meglio entrare” aveva proposto a quel punto Juugo, che silenzioso aveva assistito alla scena.
Suigetsu l’aveva trovato dentro e quando l’Hozuki aveva visto la piccola Sarada aveva sbottato qualcosa di molto simile a: “Ma che diamine, questo posto non è un asilo!”.
“Strozzati, Suigetsu” aveva detto Karin.
“Qual è il problema?” aveva chiesto più diplomatica Sakura.
Allora l’Uzumaki le aveva fatto vedere un bel bambino pallido dai capelli bianchi che riposava dentro una culla molto spartana.
“Lui è Mitsuki”
“Oh” aveva sospirato “è figlio tuo e di Hozuki?”
L’altra aveva fatto uno sguardo nauseato. “Certo che no! È il pupo di Orochimaru-sama”.
“Ah, il pupo di Orochimaru-sama” aveva ripetuto prima di realizzare con un gridolino strozzato “C-cosa?! E chi.... chi–?”  
“Non lo vuoi sapere” aveva ribattuto seria la rossa e Sakura si era ritrovata d’accordo con lei anche se quei capelli bianchi non lasciavano tanto spazio all’immaginazione.
Oddio.
“Cerchi Sasuke?” si era infilato nella conversazione Juugo e a quel nome la rabbia di Sakura si era fatta sentire ancora, talmente forte che Sarada si era agitata fra le sue braccia. Si era imposta di calmarsi e l’aveva cullata dolcemente per non farla piangere.
“Non è qui” aveva continuato l’energumeno “sono mesi che non si fa sentire. Se vuoi posso vedere se riesco a trovarlo” e aveva guardato Karin, che aveva a sua volta sospirato e annuito.
“Ma che è successo?” si era intromesso Suigetsu “Problemi di coppia?”
Oh, per una volta l’idiota chiacchierone ci aveva azzeccato.
 
Rimase in quel nascondiglio per un mese, ad un certo punto chiese perfino al Team di smettere di cercare l’Uchiha. Non aveva più voglia di vederlo, voleva che uscisse dalla sua vita, non voleva nemmeno tornare a Konoha dove lì si sarebbe ricordata della sua solitudine. Voleva rimanere lì, in quel luogo dimenticato dal mondo e nascosto dal mondo. Sorprendentemente si era affezionata a Suigetsu riconoscendo in lui qualcosa di Naruto e Juugo che con la sua voce possente la calmava, ma ancora più sorprendente fu l’amicizia che strinse con Karin. L’Uzumaki adorava la piccola Sarada e la coccolava a tutte le ore del giorno e della notte.
Era cresciuta, la piccola, e i ciuffi neri sulla sua testolina erano aumentati e più il tempo passava più rivedeva in lei qualcosa di Sasuke. Sembrava una maledizione ma nonostante tutto l’amava con tutto il disinteresse e l’affetto che solo una madre può provare per i propri figli.
“Dovresti tornare” diceva di tanto in tanto Juugo.
“Forse, un giorno” diceva lei, malinconica. Forse era da codarda restare nascoste lì, ma non trovava la forza di tornare al suo villaggio e ancor meno voleva sentire qualche scusa idiota da Sasuke. Magari non le avrebbe nemmeno mentito dicendo la verità così come stava.
Non ti amo.
No, non poteva sentirlo ancora. Era già stato doloroso una volta.
 
 
Poi, un giorno, semplicemente successe. Sakura stava guardando la piccola Sarada giocare con Karina mentre beveva una tazza di tè. Era una giornata placida, la primavera era alle porte e nell’aria si respirava quella sensazione di positiva stanchezza che ti prende le membra, il tempo sembrava appeso e immobile.
Improvvisamente Karin rizzò la testa, all’erta, prendendo tra le braccia Sarada e si alzò con gli occhi sbarrati, non fece in tempo a dire una parola che la porta si spalancò, o meglio venne direttamente buttata giù e nella stanza comparve Sasuke. Sì, Sasuke con i capelli neri elettrici, il rinnegan attivo e la kusanagi sguainata pronto a ad abbattersi con furia omicida. La piccola bambina iniziò subito a piangere mentre Sakura si alzava e intimava con un’occhiata Karin a portare sua figlia fuori dalla stanza; tutta l’indolenza di quel pomeriggio primaverile sparì.
“Sakura!” ruggì quello quando fece per seguire la rossa ma lei si sovrappose. La kunoichi sussultò davanti a quella voce rabbiosa ma non si fece intimorire, non lasciò la sua posizione restando per salda sui piedi. “Lurida puttana, razza di...” non terminò l’insulto, la fissò con più rabbia possibile. “Lasciami passare!” abbaiò alla fine.
Sakura si erse in tutta la sua minuta statura, con lo sguardo duro e le mani stretta a pugni. “Non t’azzardare a chiamarmi ancora in quel modo!” ringhiò furiosa.
“Voglio vedere mia figlia!” la ignorò spudoratamente e fece per superarla ma la donna si piazzò ancor più saldamente davanti alla porta da cui era uscita Karina spalancando le braccia.
“Potevi vederla quella notte, quando è nata invece di...di fare i tuoi stupidi giretti del cazzo!”
“Quella è mia figlia!” si ostinò, sembrava sul punto di trapassarla con la spada pur di passare ma lei non si fece intimorire.
“Ma davvero? E te ne accorgi solo ora?” replicò sprezzante e incredula. Come osava farsi vivo dopo un mese e fare come se niente fosse? Come osava anche solo pensare di poter avanzare qualche richiesta sulla bambina che non aveva nemmeno visto nascere?!
“Me l’hai portata via!” ma per favore  “Sei sparita nel nulla e me l’hai portata via! Lei è l’erede del mio clan!”
Si era avvicinato e ora la guardava dal basso verso l’alto, la spada a pochi centimetri dal suo collo. Sakura deglutì ma non indietreggiò di un passo cercando di mantenere fermo il proprio sguardo.
“Sono sparita nel nulla per venire a cercarti” ringhiò sprezzante “Per venire a cercare un bastardo come te”
“Non osare...” tuonò più forte ma venne interrotto dal pianto stridulo di Sarada proveniente dall’altra stanza, percependo l’astio fra i suoi genitori aveva iniziato a gridare più forte. Quel pianto fece immobilizzare i due adulti nelle loro posizioni.
Sakura sentì una stretta al cuore. Che pessimi genitori....
Sasuke invece spalancò gli occhi e lo sharingan si spense lentamente facendo tornare l’iride color pece e spostò lo sguardo alle spalle della moglie, verso la porta, verso la provenienza di quel pianto, lasciò cadere la mano che teneva kusanagi come in trance.
“Sakura...” sussurrò .
“Vattene” lo interruppe sentendo il magone appesantirgli il petto. Si sentiva stanca e vecchia, voleva piangere come una bambina e chiudere gli occhi  e ripetere che quello era solo un brutto sogno, un brutto sogno.
Sasuke la ignorò provando ad aggirarla ma lei si mise ancora in mezzo facendo scuso con il proprio corpo, le spalle dell’Uchiha tremarono impercettibilmente mente si incurvavano. Ora che lo guardava bene anche lui pareva molto stanco.
“Ti abbiamo cercata dappertutto. Naruto era preoccupatissimo, non riusciva più a dormire...” sussurrò l’Uchiha.
Sakura abbassò lo sguardo cercando di intrappolare fra le ciglia le prime lacrime. “E tu?” e tu eri preoccupato per me?
Sasuke non rispose. “Mi... dispiace” disse invece, con una certa fatica. “Ho sbagliato con te, lo so. Ma non puoi tenermi lontano da lei. È mia figlia” la voce tremò sull’ultima parola ma Sakura non ce la faceva a perdonarlo, non poteva proprio. Dentro di lei pensava a tutte le volte che ingiustamente era stata maltrattata da Sasuke, di quanto l’avesse fatta sempre soffrire e ora, nemmeno il ricordo del periodo felice appena dopo il matrimonio, riusciva a risollevarla. Sasuke, probabilmente, non era l’unico ad aver sbagliato.
“Dov’eri quella sera?” chiese stanca.
Lui si prese un secondo prima di rispondere. “Non lo so. Volevo solo stare lontano da Konoha... mi dispiace” si affrettò ad aggiungere “Ma non riesco ancora a sentirlo il mio posto, tranne quando sono con Naruto o con te. Ma ultimamente eravate entrambi assillanti ed esasperanti con tutti quei discorsi sui pannolini. Anche quel dobe, come se fosse lui quello a dover partorire... Non riuscivo più ad ascoltarvi... così....” tacque. Non c’erano altre parole da aggiungere.
Sakura sospirò. Era davvero stata così egocentrica ed assillante? Probabile, appena aveva saputo di essere incinta il bambino era diventato il suo punto fisso.
“Quando sono tornato a Konoha, Naruto mi ha detto tutto. E io sono corso in ospedale. Ma tu non c’eri più, era troppo tardi...” alzò la mano come per accarezzarla ma lei allontanò la testa.
“Hai ragione, era troppo tardi” disse a bassa voce. Non poteva perdonarlo, non ce la faceva davvero. Si sentì afferrare la mano da Sasuke.
“Andiamo a casa. Torna a casa” disse deciso.
Scosse la testa sentendo qualcosa dentro di lei andare in briciole.
“Sakura... se non per noi, per lei. Fallo per lei” e l’abbracciò e Sakura si odiò, si odiò profondamente perché si accorse con rabbia di essere ancora la ragazzina innamorata che piangeva ma pensava “Se adesso Sasuke mi abbraccia gli perdono ogni cosa....
 
**
“Apri la bocca, su”
La cucina profumava di pane e altre fragranze culinarie, dalle finestre aperte entravano i raggi calde del sole estivo illuminando il colore caldo dei mobili. A tavola, seduta sul seggiolone scalciava e scuoteva la testa agitando i pugnetti rifiutando contrariata la pappa che Sakura le poneva con il cucchiaino.
“Guarda, sta arrivando un aeroplano!” cercò di corromperla la rosa agitando l’utensile, ma in fondo era di una Uchiha che si parlava, non l’avrebbe ottenuta vinta con quei sciocchi trucchi.
“Dai, la minestrina ti fa bene” la supplicò sconfitta. Sarada ride e la colpì alla fronte con una manina ripetendo parole prive di senso. Sakura sorrise davanti a quella faccia sbuffa e sdentata.
La porta del soggiorno si aprì e la figura di nera e tetra di Sasuke fece la sua entrate in cucina ma la cosa fece rallegrare Sarada che iniziò a battere le mani. “pa-pa, pa-pa!”
Sakura fece un leggero sorriso che il maritò ricambiò con un cenno del capo mentre riponeva il mantello e si sedeva a tavola.
“La mocciosa fa i capricci?” sbottò in quello che la donna aveva imparato a riconoscere in un malriuscito tentativo di affettuosità; quasi ad aver capito la domanda del padre la bambina nascose la faccia dietro le manine.
“Non vuole ascoltarmi” borbottò Sakura al che Sasuke fece una faccia di petulante superiorità rizzando le spalle e con un gesto distaccato del capo le disse:
“Faccio io”
Scettica Sakure gli passò il cucchiaino con ancora la gelatina molle che aveva provato a rifilare alla figlia solo un minuto prima. Sasuke lo prese fra le dita in maniera aristocratica e poi si rivolse con serietà alla bambina.
“Da brava, mangia” ordinò, secco.
Sarada contraria all’ordine scosse la testa indietreggiando il più possibile dal seggiolone.
“Mangia” ripeté con pazienza l’Uchiha e quando vide che la cosa non funzionava le mise praticamente il cucchiaio in bocca attivando lo sharingan. “Man-gia!” scandì imperioso. La bambina, intimorita, aprì la bocca ubbidendo con riluttanza al genitore. Soddisfatto, Sasuke si ritrasse proponendo sempre quell’odioso sorrisetto di superiorità. “Ci vuole solo un polso fermo” disse come a rimprovero della moglie.
In difesa della madre arrivò Sarada che dopo un singhiozzo di disgusto colpì con tutta la forza delle sue braccia minute il piatto gettando così tutto il suo nauseante contenuto sui vestiti dell’ex-nuniken.
Nella stanza scese il silenzio mentre tutti gli occhi erano puntati sulla macchia color vomito sulla veste nera e pulita di Sasuke.
“Non importa, si lava” sentenziò freddamente decidendo che fosse meglio per il proprio orgoglio e per la salute della bambina ignorare quell’incresciosa macchia.
 
Quando la piccola fu messa a letto Sasuke raggiunse Sakura nella camera da letto.
“Mi hanno affidato una nuova missione” disse a bruciapelo. La donna lo guardò freddamente.
“Ti sei fatto affidare una nuova missione” lo corresse “E conosco già tutti i dettagli. Naruto me ne ha parlato” continuò dandogli la schiena.
Sasuke ignorò la propensione del suo migliore amico di mettersi in mezzo nei loro affari e continuò. “Starò via molto”.
“Lo so”.
“Si parla di anni”
“Lo so”
“Sarà molto difficile.”
Sakura, a quel punto, si girò a guardarlo negli occhi per affrontarlo. “Ti ho già detto che so tutti i dettagli”  sbottò meno rabbiosa di quanto volesse apparire. In realtà.... era solo triste.
Rimasero in silenzio, poi Sasuke riprese la parola. “Ti va bene?”
Sakura rise. “Certo che no” borbottò “Ma tu non mi ascolterai”.
“Grazie, Sakura”
Vaffanculo, pensò. Il periodo in cui era tornata era stato strano. Amava Sasuke, lo amava ancora suo malgrado e una parte di lei sapeva che non avrebbe mai smesso, ma la sua parte infantile si era calmata. Era passato un anno, ormai. I primi tempi erano stati difficili, bastava la più piccola cosa per farli saltare entrambi e subito iniziare a litigare. Sembrava impossibile ritrovare una pace stabile e Sarada questo lo percepiva, ne era pienamente cosciente e piangeva sempre, a tutte le ore del giorno e della notte. Fortunatamente, con la nascita del primogenito degli Uzumaki e il conseguente fatto che avesse messo le tende a casa Uchiha le acque di erano calmate un poco. Boruto era un’esplosione di vitalità come il padre ma aveva ereditato una dolcezza nei gesti tipici della madre che avevano un potere calmante sulla piccola Sarada. Senza rendersene conto era diventato il pupazzo personale della bambina che se lo scarrozzava avanti e indietro per casa con uno sguardo spaventosamente simile a quello del padre. Sulla scia del buon’umore di Sarada per l’amico trovato, anche Sakura e Sasuke si erano tranquillizzato ritrovando quell’equilibrio necessario al quieto vivere. Senza che se ne rendesse conto, Sakura si era innamorata ancora di quel bastardo, ma questo era un amore disilluso che non aveva niente del primo, non aveva nemmeno un briciolo di quella forza e sicuramente non sapeva di nuvole di zucchero e arcobaleni. Però l’amava, in maniera abitudinaria forse. Come se fosse diventato parte della quotidianità. Erano una famiglia, non la più felice, ma le cose funzionavano.
Ovviamente, avrebbe dovuto saperlo che le cose non sarebbero durate. Adesso Sasuke partiva per chissà quanti anni abbandonando quella bistrattata  e bislacca famiglia.
“Va tutto bene” disse a sé stessa, a  Sasuke, a tutti e nessuno ricordando le parole che le aveva detto Naruto quella sera.
Sei forte Sakura-chan.
**
“Siamo davvero sicuri?”
Sono passati anni. Anni in cui la loro famiglia si è fatta sempre più debole e infelice. Sasuke è stato via per dodici anni, poi per altri cinque e quando è tornato ogni cosa del loro rapporto era crollato. Sakura lo aveva capito subito ma per amor di Sarada aveva aspettato, erano stati in silenzio per anni fingendo di essere ancora una coppia e non più due sconosciuti, ma quando finalmente la loro figlia era cresciuta e aveva trovato l’amore aveva capito che non era più necessario fingere.
“Voglio il divorzio” ha detto, quella sera, con voce seria e triste. Una parte di lei tende ancora verso Sasuke ma ormai sa che non c’è più niente da fare, specialmente se vuole essere felice.
Per questo Sakura adesso annuisce davanti alla domanda del quasi ex-marito e si ritrova a pensare che le cose non potevano andare peggio di così. Sasuke sospira e guarda anche lui la porta dell’ufficio per il divorzio.
“Sono stato davvero un pessimo marito” dice piatto. Non che non approvi la scelta di Sakura, tutt’altro, sa che è necessaria, sa che l’ha resa infelice e che quella donna merita di meglio.
“Lo sei stato” conferma lei.
“Mi dispiace”
“Anche a me”
Si sorridono ma poi Sakura distoglie lo sguardo con un sorriso amaro pensando alla sé tredicenne piena di sogni e speranze con l’idea del principe azzurro. Se solo quella piccola Sakura avesse saputo prima che le favole non esistono....
 
“This is the way you left me
I’m not pretending.
No hope, no love, no glory
No happy ending”
 
 
 
V’s corner.
Chi non muore ci si rivede! O qualcosa del genere...
Lo so, sono imperdonabile visto il modo in cui sono sparita da questo fandom (Con l’ultimo capitolo di una long ancora da postare, per intenderci...)
Il fatto è che, discepole care, che mi è rotto il computer e quella puzzola della mia sorellina non voleva darmi il suo. (strozzati con amore). Oggi sono riuscita a rubarglielo ma, appena ho aperto la pagina per quel famoso ultimo capito, mi sono accorta che non aveva ispirazione. Non riuscivo a mettere insieme due parole che fossero due, dico ‘-‘
Allora mi sono messa a spulciare fra le mie incomplete (sono una cinquantina, per dire) e ho trovato questa cosettina qui. L’ho riletta, corretta, messo il finale (che si nota quanto è fatto alla culo lol) ed eccomi qui.
Se non sbaglio l’avevo scritta per protesta del finale, non tanto per la coppia in sé ma per il modo orribile in cui finisce Sakura. Andiamo, non è questo che meritava dopo il meraviglioso sviluppo nello shippueden, dovrebbe prendere a calci in culo i nemici invece di fare la casalinga <.< e non mi esprimo su Sasuke che non finiamo più.
Davvero Kishi, vergognati.
Finito questo monologo, che come al solito sta diventando più lungo del testo, lo sapete che sono logorroica, prometto di rubare il prima possibile il pc a mia sorella e postare l’ultimo famoso capitolo e dare pace alla vostra anima.
Recensioni/critiche/Gufi sono ben accetti e vi vorrò bene per sempre (*3*)/
V.
 
Ps, la canzone è Happy Ending di Mika.
   
 
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