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Autore: LittleSun    26/04/2016    7 recensioni
Friendzone: deprimente termine che si usa per intendere una relazione dove una delle due parti prova dei sentimenti verso l'altra parte che invece prova solo un grande senso di amicizia e ignora totalmente cosa prova l'altra persona. Insomma, una cosa complicata da spiegare e ancora più complicata da vivere, cosa deve fare una povera ragazza quando è innamorata del suo migliore amico e questo ignora totalmente questi sentimenti? E se poi la ragazza è anche totalmente incapace di approciarsi in una maniera che non sia "Ehi fratello, facciamoci un giro!" e ogni volta che parla con lui lo sciame di farfalle che ha nello stomaco le vola in testa e la confonde completamente? Aggiungiamo anche una sorella che potrebbe vendere fascino all'emisfero sinistro del pianeta senza intaccare un minimo il suo sex appeal, una sorellastra che passa le sue giornate a sminuirti e il migliore amico del tuo migliore amico che sembra improvvisamente diventare una parte fondamentale del tuo piano di conquista. Non dimentichiamo poi delle amiche scapestrate, dei genitori incasinati e il liceo che di suo è già una maledizione di Tutankhamon.
E il seno... perchè diavolo non ho più seno? Dov'ero io quando distruibuivano le tette?
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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Capitolo 14
Qualcuno al posto mio

“Diventerò omosessuale” e siamo così a quota quindici previsioni riguardo una presunta imminente omosessualità.
“No.”
“Io ti ammazzo” quattordici minacce di morte.
“Lo so.”
“Sono stato violato e usato” venti scene madre da donna violata.
“Mi sono scusata.”
“Le mie labbra sono state usate come test” dieci proclami sul maltrattamento presunto delle sue labbra.
“Chiedo nuovamente scusa alle tue labbra.”
“Hai violato la mia cavità orale con la tua lingua!” cinque accuse infondate inventate sulla scia del momento.
“Era solo un bacio a stampo.”
“Citofoni a casa mia nel pieno pomeriggio, mi baci senza neanche salutare, ti scosti da me subito dopo quasi schifata, mi costringi ad andare in camera mia, mi racconti una storia allucinante, scopro così che eri innamorata di me e non ne avevo mai avuto segno, vengo a sapere che hai fatto un patto con il mio migliore amico per farmi ingelosire e che alla fine hai capito di esserti innamorata di lui, allora vieni da me e mi baci per vedere se ti è passato l’innamoramento per me davvero… Noemi, io ti ammazzo” terzo riassunto della mia situazione sentimentale e degli ultimi anni della mia vita fatto in venti secondi.
“Diventerò gay, sarà per colpa tua!” e così via.
E’ ormai passata un’ora da quando mi sono sventurata a baciare il mio migliore amico per fuggire da me stessa, un’ora da quando gli ho raccontato ogni singola cosa senza tralasciare nulla a prescindere dall’imbarazzo assassino che mi divorava, un’ora in cui ho sentito Andrea farmi la stessa scenata ripetutamente, mi sono tolta un gran peso effettivamente però è passata anche un’ora da quando, purtroppo, ho avuto la conferma dei miei sentimenti per Marco a scapito del mio migliore amico. E’ stato un gesto impulsivo, ero andata in panico e non sapevo come fare chiarezza con me stessa, in quel momento baciare Andrea mi era sembrata la scelta più logica ma ovviamente non era stato così, infatti immediatamente dopo averlo baciato non solo avevo capito la portata di quello che provavo per Marco ma mi ero anche resa conto dell’immane stronzata che avevo fatto.
A quel punto la verità era stata d’obbligo insieme a delle scuse, Andre mi aveva ascoltato con lo sguardo spiritato, quando ero arrivata alla parte del patto per poco non gli erano schizzati gli occhi fuori dalle orbite, era stato quasi tentato di uscire di casa per prendere a pugni il suo migliore amico ma lo avevo fermato, ci mancava solo che preda dello shock andasse a fare ancora più casino. “Ma mi spieghi il motivo per il quale in tutti questi anni non hai mai trovato il coraggio di dichiararti a me?” mi chiede Andrea interrompendo il suo ciclo continuo di lamento.
“Troppo imbarazzante!”
“Fammi capire, baciare il tuo migliore amico senza preavviso non è imbarazzante ma dichiararti lo è?” la sua domanda posta con quel tono da assassino seriale mi intimorisce, lo ammetto.
“Il bacio non era previsto… è stata una scelta presa d’impulso” mormoro evitando il suo sguardo perché il mio lato orgoglioso mi impedisce di affrontarlo a viso aperto dato che chiaramente ha la ragione dalla sua, mi sento come un cane quando viene rimproverato.
“Noemi tra essere impulsivi ed essere totalmente fuori controllo ne passa di acqua sotto i ponti, giusto per mettere i puntini sulle i.”
“Fanculo le i e fanculo i puntini” borbotto io con quel poco di dignità sedimentata alla base della mia coscienza.
“Molto maturo complimenti, comunque ho deciso di perdonarti per questa pazzia, per il patto con il mio migliore amico e per tutto il resto, sono tuo amico ormai da un po’ ho capito che certe tue … peculiarità, come la mente scollegata dal resto del corpo, vanno accettate se ti si vuole essere amici ed io nonostante tutto vorrei continuare ad esserti amico ed, anzi, ti dirò che mi dispiace di essere stato cieco ai tuoi sentimenti in tutti questi anni, mi sento un po’ coglione” si sfrega la nuca nervosamente e poi mi si siede accanto, ci ritroviamo a fissare entrambi un punto casuale della stanza.
“Non sta per arrivare quel momento in cui ti rendi conto di avermi sempre voluto ma non essertene accorto prima, vero?” dico io con la voce apatica.
“No, proprio no, non riesco a vederti in nessun altro modo se non come amica” dice lui e sembra quasi sentirsi in colpa, mi volto a guardarlo sorridendo.
“Grazie a Dio… sarebbe stato il momento più sbagliato di sempre per incasinarmi ancora di più la vita e poi in questo preciso istante voglio che tu sia proprio mio amico e nient’altro” ed è la verità, dopo quest’ultimo suicidio neurale mi sono resa conto di tante cose come ad esempio l’importanza di Andrea come amico, lui sorride a sua volta sollevato e mi passa un braccio sulle spalle, io spontaneamente poggio la testa sulla sua spalla.
“Allora continuerò ad essere tuo amico, devo dirti che è davvero meraviglioso risolvere la questione così, durante gli anni ho avuto varie amiche che si dichiaravano e dopo essere state rifiutate non mi parlavano più, sono felice di avere chiarito in questo modo con te.”
“Ehi, non mi sono mica dichiarata!”
“Un po’, dai” ammicca, gli do un pugno sul fianco in risposta e finiamo ad accapigliarci per la seconda volta durante questo lungo giovedì, alla fine con la ginocchiata sulle palle Andrea mi da ragione e la questione “dichiarazione” viene chiusa e archiviata.
“Comunque sei una persona insensibile, durante questi anni mi hai fatto penare, cerca di essere più delicato in futuro con le povere malcapitate.”
“Guarda che io sono sempre delicato.”
“Ho visto horror con serial killer delicati quasi quanto te.”
“Ah. Ah. sei troppo simpatica… in ogni caso scusami per tutte le volte che ti ho offesa senza neanche rendermene conto, mi dispiace davvero e comunque non ho mai pensato che tu fossi non all’altezza di qualcuno è solo che non capivo.”
“Guarda, questa situazione non riesci a spiegarla, accetto il tuo vocabolario limitato e le tue scuse, non preoccuparti di spiegare oltre, non nuocere a questo momento idilliaco.”
“Sei stronza, stronza nel profondo, sei alta un metro e un pezzetto di minchia eppure trasudi bastardaggine come se fossi delle dimensioni di un titano.”
“Un metro e un pezzetto di minchia… un metr- UN METRO E UN PEZZETTO DI MINCHIA. BASTARDO.” Dopo aver assimilato il suo commento sulla mia altezza tento di dargli una nuova ginocchiata nelle palle ma stavolta lui para il colpo con la mano quasi fracassandosela, le priorità… alla fine di questa ennesima lotta scoppio a ridere e anche lui si unisce.
“Mi volevo vendicare!”
“Fai schifo!”
“Sboccata.”
“Coglione.”
“Appunto.”
“Vaf… vai a quel paese.”
“Quindi sei innamorata di Marco?” interrompe il flusso di insulti gratuito e io rimango in silenzio per qualche secondo, posso dirlo ad alta voce? Posso ufficializzare totalmente la cosa?
“Sì.”
“Pazzesco e pensare che non vi siete mai cacati particolarmente.”
“Credimi se ti dico che non sei tu quello più stupito dalla situazione.”
“Tutto per merito mio” si pavoneggia lui.
“Veramente è tutta colpa tua!” lo accuso immediatamente.
“Come se vi avessi detto io di stringere questo assurdo patto per farmi ingelosire, comunque Marco non me la conta giusta” butta lì pensieroso.
“Che vuoi dire? Andrea non mi illudere perché giuro sulla mia vespa che se mi illudi e poi soffro come un cane, io ti ammazzo e poi mi ammazzo” lo imploro con un misto di minaccia e supplica.
“Non t’illudo proprio per niente, dico solo che Marco lo conosco da anni, è il mio migliore amico e non l’ho mai sentito parlare di patti per aiutare una ragazza che non ha mai cagato, non mi sembra da lui, Marco non è proprio l’essere più altruista della terra, aiuta a stento me quando sono in difficoltà, non capisco che gli sia passato per la testa, in ogni caso noi raramente parliamo di ragazze da un punto di vista romantico se devo essere sincero, non ci infogniamo in discorsi da ragazzine quindi ho dato sempre per buono le cose che mi diceva anche se… ammetto che al primo anno ero convinto gli piacessi ma poi si è messo con Eleonora prima ancora che potessi chiedergli quindi ho archiviato la cosa” mi spiega perso nei suoi pensieri mentre io ho la fronte così aggrottata che se passasse ora una persona casuale penserebbe di stare guardando Andrea parlare con un bulldog francese.
“Volere me? In primo liceo? Ma se ero un cesso vestito dei colori dell’arcobaleno!”
“Ho precisato che è stata una mia sensazione e che non fosse un fatto con basi solide, comunque ti vesti ancora dei colori dell’arcobaleno.”
“BIIIP. Risposta sbagliata, dovevi dire che non sono mai stata un cesso…” lo lincio con lo sguardo.
“Ma… ammettilo, ammettilo che ti diverti a tormentarmi!”
“E a te diverte offendermi.”
“Noemi, lo so che tu hai la passione per i complimenti, non sei mai stata un cesso, al primo anno saltavi subito all’occhio, certo eri piatta come una tavola e la cosa non è cambiata poi molto, però le rosse riscuotono sempre il loro successo e tu hai un bel viso e dei colori che rientrano perfettamente nello stereotipo da rossa, sembri quasi straniera e questo ti regala dei punti e poi tutti sono curiosi di sapere se ce li avete rossi anche sotto” dice difendendosi, mi schiaffo una mano in fronte.
“Andrea se mai vorrai conquistare una donna ti prego non farle complimenti o se dovrai proprio farglieli conta almeno fino a dieci prima di parlare, te lo dico da amica e da superstite.”
“Non capisco cosa ho sbagliato stavolta, comunque farò tesoro del tuo consiglio, in ogni caso magari sei messa meno male di quanto credi con Marco.”
“Ti ricordo che sta con Eleocagna nel caso te lo fossi dimenticato.”
“Beh, secondo me se si sono lasciati a suo tempo c’è un motivo e c’è un motivo se si sono rimessi insieme.”
“Te lo ha detto lui? Sai qualcosa che non so?” indago subito.
“No, te l’ho detto, è solo un mio parere, tra di noi non facciamo discorsi romantici.”
“Allora me ne frego dei tuoi pareri, c’è un motivo per cui sta con Eleocagna, è vero, te lo dico io ed è perché se lo fa mettere dietro” sbotto volgare solo come io so essere.
“Questo ovviamente è un punto a favore di Eleonora ma guarda che loro due si sono frequentati tanto sia come amici che come scopamici che come fidanzati, lui non sta con Ele solo perché lei è ben disposta a letto.”
“In ogni caso le tue supposizioni sono errate.”
“Come dici tu, Noemi.”
“Toglimi una curiosità però, come mai tu e Giorgio avevate scommesso su e contro di me?” chiedo improvvisamente illuminata, effettivamente è una cosa che avrei dovuto chiedere prima, meglio tardi che mai.
“Beh perché da quando abbiamo saputo del fatto che eravate scopamici non abbiamo mai creduto che tu ne uscissi non coinvolta, di Marco eravamo certi sarebbe sopravvissuto, e poi quando si è messo insieme a Eleonora si vedeva che eri un pochino giù di tono quindi abbiamo dato per buono che ti fossi invaghita di Marco e quindi non avresti resistito molto vedendo che era scomparso dai social e da scuola, o almeno io credevo avresti resistito per orgoglio, Giorgio che alla fine avresti ceduto. Con il senno di poi e alla luce delle recenti confessioni posso dire che parzialmente abbiamo avuto ragione anche se per motivi un pochino diversi da quelli pensati e poi, lasciatelo dire, sei incredibilmente pettegola.”
“Mi sento un pochino sputtanata, lo ammetto.”
“Sono cose che capitano, dai” prova a consolarmi Andrea.
“Sono cose che capitano a me, vorrai dire.”
“Si, bhe, diciamo che tu un po’ te le vai a cercare.”
“Credimi che in questo periodo sono così sfigata che se mi offrissero l’immortalità probabilmente rifiuterei perché un’eternità di sfiga mi sembra troppo anche per me” rido amaramente.
“Ma sei stata sempre così melodrammatica o è una cosa che hai sviluppato nel corso degli anni in modo naturale?” chiede con un ironico sguardo curioso, ricambio con un dito medio.
“Penso di aver iniziato a essere così dopo il primo mestruo…” borbotto poi dopo aver riflettuto sulla sua domanda.
“Argh, che schifo” fa una smorfia schifata e si sventola la mano davanti come se le mie parole puzzassero, inarco un sopracciglio.
“Ma tu sei il primo che nomina sempre il ciclo per infastidire noi ragazze quando siamo nervose!”
“Sì, però la parola mestruo fa proprio schifo” dice come se fosse ovvio, sto per rispondergli con un insulto quando il mio telefono vibra, noto così che sono le sette e mezza di sera, che sono a piedi e che, ovviamente, è già buio.
Mia mamma mi ha appena scritto un sms che trasuda amore e maternità.
 
Mamy: Noemi è tardi, non studi, non ti impegni e sei anche a piedi, torna a casa subito e poi appena arrivi non importa se sei stanca o meno ti metti in camera tua e studi o prenderò provvedimenti, hai diciotto anni ormai vedi di comportarti in maniera assennata.
Noemi: Prima di tutto guarda che ho quasi diciassette anni e non diciotto, secondo, ho dovuto risolvere cose importanti e sto tornando a casa, appena torno studio, basta che non mi urli contro.
Mamy: La tua priorità deve essere diplomarti con un voto dignitoso, torna presto. Ciao :*
 
 
“Mia mamma è sul piede di guerra sarà meglio che torno a casa, grazie per oggi Andre” gli sorrido mentre metto il cellulare in tasca e mi alzo.
“Mio papà si è preso la mia moto altrimenti ti davo un passaggio, grazie a te per avermi detto la verità” ricambia il mio sorriso e mi abbraccia, a mia volta lo stringo a me, è bello poterlo abbracciare senza sentimenti di mezzo, è come se da oggi potessi godermi il mio amico senza il peso di sentimenti amari, mi sento quasi sollevata.
“Vedrai che da qualche parte prima o poi incontrerai il principe azzurro, chissà che non sia proprio Marco, alla fine” aggiunge quando ormai siamo davanti la porta, io sbuffo una risata.
“L’ultima volta che ho incontrato un principe azzurro era carnevale, avevo sette anni ed ero vestita da orsetto lavatore e comunque grazie ma non voglio un principe azzurro, voglio solo essere amata da chi amo, sembra banale ma è la verità” sul finire della frase arrossisco, che frasi da cogliona che dico penserà che sono una cretina, effettivamente Andrea fa una risatina però dal suo sguardo e dal buffetto che mi da in testa capisco che non mi sta deridendo.
“Capita a tutti, prima o poi, comunque voglio vedere una foto di te vestita da orsetto lavatore, ti prego.”
“Stasera la cerco, a domani Andre e… chissà che tu non l’abbia già trovata una persona” ghigno, lui mi guarda perplesso.
“Eh?”
“Quattro lettere, inizia con S e finisce con A” gli mostro quattro dita con aria saputa, lui fissa le dita e me alternando lo sguardo.
“Sara…” mormora poi come se si fosse fulminato.
“Dieci punti a Grifondoro!” detto ciò scendo velocemente le scale ed esco fuori con un gran sorriso, mi sento meglio ora che ho risolto almeno questo inghippo, spero che anche Andrea risolva il suo di problema, glielo devo.
 
Una volta a casa, dopo mezz’ora di attesa del bus, avevo sopportato una ramanzina da almeno mille parole, avevo cenato e mi ero chiusa in camera, mi ero posizionata sulla scrivania davanti al pc e avevo piazzato il libro di latino davanti, dieci minuti dopo ero su facebook a scrivere il più lungo messaggio privato di gruppo di sempre, mentre leggevo fasullamente il testo di latino, infatti, avevo stabilito che era il momento di raccontare tutto alle mie amiche e metterle a parte delle novità, scusarmi per la bugia e pregare che non se la prendessero troppo a male.
Dopo avere mandato il messaggio privato nell’attesa avevo scannerizzato la mia foto da orsetto lavatore e l’avevo messa su facebook con vari tag: #orsettolavatoresinasce #ilprincipeazzurroèdietrolangolo #malaterraèrotonda.
Avevo ricevuto tantissimi mi piace, inaspettatamente, ero certa che se avessi messo una mia foto nuda non avrebbe raggiunto la stessa quantità di like, dopotutto il cibo, i cuccioli e i bambini (e le tette, cosa di cui sono sprovvista) riscuotono sempre un certo successo nei social, ad un certo punto però il cuore mi era scoppiato quando avevo ricevuto un like da Marco, era tornato? Grazie a me?  Impossibile che il merito fosse mio, ero stata tentata di scrivergli ma alla fine avevo desistito, grazie al cielo ero stata distratta dalle mie amiche che stavano rispondendo al messaggio privato, c’era chi come Claudia ringraziava gli dei per avermi finalmente spronata a comportarmi in maniera sensata dopo la recentissima cazzata, o come Delia che mi aveva dato della battona aggiundendo un cuore però, oppure come Jessica che si stupiva della complessità della mia vita, o come Denise che mi diceva di non preoccuparmi e che era felice che adesso avessi detto tutta la verità e poi c’era Chiara indignata per non essere stata informata.
Alla fine dopo molti scleri, numerosi dettagli e infinite scuse avevo chiarito ogni cosa con le mie stupende amiche ed un altro peso se n’era andato dal mio groppone, che bella sensazione essere sinceri, c’era solo una verità che non poteva essere detta  ed era quella a Marco, per il resto avevo ripromesso a me stessa che da quel momento in poi sarei stata più sincera con gli altri ma prima di tutto con me stessa.
Alla fine la conversazione con le mie amiche era degenerata in sparlereccio puro e semplice quando Delia aveva inviato la foto di Eleocagna, durante la gita a Roma quando aveva pesato una cacca, facendoci raggiungere climax massimo del delirio pettegolo, avevo riso tanto e mi ero sfogata di infinite cattiverie senza controindicazioni, alla fine a mezzanotte dopo l’ennesima strigliata di mia madre ero andata a letto serena e felice, avevo tutte le prossime giornate per piangere sulla mia nuova consapevolezza ma non quel giorno.
 Il venerdì era finalmente giunto questo significava che mancava solo un giorno alla grande festa, la White Night, sponsorizzata da Irina come se si trattasse delle nuove elezioni del presidente del consiglio, nei giorni precedenti su facebook erano comparse, nell’evento della festa, numerose anticipazioni riguardo la serata come: neve finta, piscina esterna utilizzabile grazie all’affitto di un importante sistema di riscaldamento per esterni compreso di gazebo, cibi esclusivamente bianchi, in poche parole doveva essere tutto candido tranne gli alcolici e l’animo di alcuni invitati, come ad esempio Eleonora o Ginevra.
Ovviamente durante le giornate precedenti non avevo dato molto peso a tutti questi dettagli presa com’ero dagli altri problemi ma ad un giorno dal grande evento dovevo iniziare a ragionare sul come vestirmi e soprattutto a mettermi l’anima in pace riguardo al fatto che ci sarebbero stati Marco e Eleonora presenti come coppia fissa, che schifo.
Ma questo non doveva scoraggiarmi anzi doveva spronarmi a dare il meglio di me, dovevo diventare appetibile, in sintesi, come mi aveva suggerito durante la sera precedente Delia, quotata da Claudia e Chiara, dovevo fare in modo che Marco paragonandomi a Eleostronza desiderasse più la mia compagnia che quella della sua fidanzata, dovevo essere più spigliata, più divertente, più affascinante, farmi notare abbastanza da far tornare sui suoi passi Marco.
Certo, parlavano facile loro ma perché stroncare il loro entisiasmo? Tanto Matvey mi aveva promesso che mi avrebbe fatta divertire e non avevo dubbi a riguardo, mi sarebbe bastato assecondarlo e probabilmente le cose avrebbero preso il loro corso, non assicuravo il diventare più affascinante di Eleocagna ma sicuramente potevo diventare molto più simpatica di lei, soprattutto sotto effetto di alcolici.
Dopotutto volevo divertirmi davvero a questa festa, spassarmela, dimenticarmi del periodo merdoso, fare tornare un po’ della Noemi casinara di qualche tempo fa.
Così con Sara mi ero accordata per andare, dopo scuola, al centro commerciale dove mamma aveva il centro estetico per fare shopping e una seduta di bellezza pre-festa, mia sorella era stata subito d’accordo e così le ore scolastiche erano trascorse quasi in fretta nell’attesa di uscire a sbrigare le cose per la festa, l’unica cosa che aveva reso la mattinata a scuola più interessante e felice era stato il ritorno di Marco che mi aveva scaldato il cuore, certo le mie amiche, adesso, mi guardavano aspettandosi una mia reazione e Andrea mi ammiccava non appena Marco si girava ma, tralasciando la voglia di ammazzarli tutti, quando avevo salutato Marco mi ero ritrovata a dissimulare l’imbarazzo con maestria, ci tenevo a dargli il ben tornato e sembrava che un mio sorriso gli fosse bastato per fargli arrivare il messaggio.
Dopo questo episodio comunque avevo passato il resto del tempo a tentare di fare smettere alle ragazze e Andrea di guardarmi come se dovessi saltare in braccio a Marco per baciarlo o scoppiargli in lacrime davanti, loro avevano poi smesso quando ero a portata d’occhio ma non appena mi giravo mi sentivo il loro sguardo addosso, alla fine della mattinata scolastica ero rassegnata e quasi divertita dalle varie situazioni che si erano venute a creare per colpa di quei cretini, come quando Marco mi aveva chiesto a ricreazione se avesse qualcosa attaccato alla schiena dato che gli altri lo fissavano ridacchianti e io quasi isterica gli avevo detto che era perché erano stati preoccupati per lui, gli altri avevano annuito e riso, lui non mi era parso convinto.
O peggio quando, sempre durante la ricreazione, Marco si era messo a parlare per qualche minuto con Eleotroia, che lo aveva chiamato, e improvvisamente gli era arrivata una gomitata sullo sterno,  da parte di Andrea, che gli aveva tolto il fiato ovviamente l’assassino si era giustificato con la scusa banale, e neanche troppo impegnativa, che stava cascando e alla fine Marco aveva dovuto chiudere la telefonata per il dolore, io in tutto questo ero rimasta senza parole con una faccia pietrificata dall’orrore mentre le mie amiche si asciugavano le lacrime per le risate e Giorgio ci fissava come se fossimo improvvisamente impazziti tutti.
Una volta uscita da scuola mi ero riunita a mia sorella e arrivate al centro commerciale avevamo mangiato un’insalata all’Old wild west e poi eravamo andate a trovare nostra madre che ci aveva depilato e sistemato le unghie delle mani, ci aveva anche fatto una pulizia del viso che mi aveva dato la sensazione di essere stata scuoiata, in compenso non avevamo un pelo fuori posto e la pelle era liscia e pulita, fortunatamente il ciclo non aveva lasciato strascichi, brufoli o altri bei regalini, mi sentivo particolarmente carina tutto sommato.
Una volta sole Sara ed io eravamo andate in vari negozi alla ricerca del completo perfetto, dopo numerose prove mia sorella aveva optato per un vestito grazioso, ovviamente interamente bianco, corto davanti e più lungo dietro, neanche troppo scollato e delle classiche decolleté bianche con laccio alla caviglia, per me invece non era stato facile, con certi vestiti mi sentivo un fottuto angioletto, con altri sembravo una meringa incazzata e anche se mia sorella non era d’accordo con i miei commenti alla fine avevo rifiutato sentitamente tutti i vestiti provati fino a quel momento, il colmo era stato quando avevo indossato un vestito di tulle lungo e allo specchio avevo avuto la visione agghiacciante della me del futuro durante il giorno delle nozze, mia sorella aveva riso stavolta e aveva consigliato anche lei di scartare il vestito in questione.
Quando ormai eravamo praticamente disperate ed esauste avevamo adocchiato una specie di top bianco senza maniche con cerniera al centro che non solo mi stava piuttosto bene ma mi faceva sembrare anche con più tette (e si sa, le tette fanno sempre comodo), un dono divino in pratica, a quel punto non era stato difficile trovare un sotto da abbinare ed avevamo optato per dei pantaloni così attillati da sembrare quasi una seconda pelle, sempre meglio di mettere oscene gonne senza senso che mi facevano sembrare un gabbiano obeso.
Le scarpe le avevo prese alte come mia sorella ma senza il laccetto alla caviglia, a conti fatti non potevo lamentarmi, il resto delle cose mancanti come accessori e giacchette varie li avremmo recuperati poi a casa nei reciproci porta gioie o nell’armadio di mamma, soddisfatte decidemmo che finalmente potevamo ritirarci.
“Domani ballerai con Andrea?” butto lì con nonchalance spiazzando Sara mentre usciamo dal parcheggio del centro commerciale che sbanda un pochino per lo stupore ricordandomi il motivo per cui avevo ripromesso a me stessa che non l’avrei più interpellata riguardo a questioni sentimentali durante la guida.
“Non so, ballerò con tante persone, no?” mormora lanciandomi un’occhiata preoccupata per tutta risposta le sorrido intenerita e grata per l’accortezza che dimostra nei miei confronti, evidentemente avendo capito più di quanto vuole fare intendere.
“Sara nel caso tu in tutto questo tempo ti fossi trattenuta per me ti ringrazio ma adesso non è più necessario, dico davvero.”
“Che intendi?” mi guarda di sottecchi mordendosi un labbro ma regolando la sua guida, grazie al cielo.
“Che se Andrea ti piace puoi provare a vedere fin dove potete arrivare, hai la mia benedizione giovane donna” scherzo io.
“Non è che mi piace… però.”
“Non c’è però, ti piace Andrea?” chiedo diretta, di nuovo mia sorella mi analizza con la coda dell’occhio e deve vedere qualcosa che la conforta sul mio viso perché dopodiché annuisce con le guance rosse, le sorrido divertita dal suo imbarazzo.
“Bene, la consapevolezza è importante, domani sera vedi che riesci a combinare, Andrea tanto o sta per capitolare o è già capitolato ai tuoi piedi” le dico per incoraggiarla.
“Vedremo” dopodiché fa un sorriso che definire malizioso è dire poco, rimango sconvolta, non avevo mai visto sul viso di mia sorella quell’espressione da gatto con il topo, di solito questo sorriso mi è capitato di vederla sul viso di Marco, Matvey, Andrea ogni tanto, ma mai su mia sorella, cosa mi nasconde della sua personalità la mia gentile sorella?
“Sembri già sapere come procedere” ridacchio io, lei mi guarda senza traccia di imbarazzo (dove sono finite le guance rosse di qualche minuto fa?) con uno sguardo sfarfallante e un mezzo sorriso furbo.
“Ne ho una vaga idea, grazie dell’onestà sorellina.”
“Figurati, grazie per essere stata prudente in questo periodo a causa mia.”
“Non capivo se ti piacesse oppure no ma non volevo rischiare di rovinare il nostro rapporto.”
“Grazie, adesso però puoi sentirti libera di agire come preferisci” le sorrido grata e per il resto della strada ci mettiamo a parlare del più e del meno.
Mi sento un po’ figa con questa storia della verità, lo ammetto, questa faccenda dell’affrontare tutte le questioni spinose degli ultimi mesi, o anni, mi fa sentire come se fossi diventata improvvisamente più adulta. Questa cosa di dire la verità è pazzesca, mi sento come una persona che cammina gobba perché convinta di non poter fare altrimenti e che poi ad un certo punto si rende conto che può camminare eretta e quindi scopre che oltre al grigio pavimento c’è anche il cielo azzurro, assurdamente figo.
Non dico che da adesso diventerò improvvisamente una persona matura, ligia al dovere e consapevole delle proprie azioni, però sono sulla buona strada per ridurre, come minimo del trenta per cento, le merdate che sembro portata a fare così di natura; un po’ come se da adesso al posto di contare fino a uno prima di dire o fare una cazzata contassi fino a quattro, da un margine di speranza, niente di eclatante ma è già un gradino in meno da fare nella ripida scala dell’adolescenza.
Finalmente a casa mi rintano nella mia camera per tentare di studiare e così ufficializzare il mio cambiamento, mi metto il pigiama, le pantofole, una tazza di thè caldo vicino e a dieci metri (minimo) dal computer e il cellulare, apro il libro e inizio a sottolineare con solerzia, arrivata a due prestigiose pagine però Sara entra in camera mia.
“Sto invitando Irina a studiare e sistemare il completo per domani sera, chiede se può portare anche Mat, tu sei disponibile per fargli compagnia?” chiede poggiandosi alla porta, io guardo prima il libro e poi lei, 1…2…3…4…
“Perché no?” alla fine per studiare c’è sempre tempo, decretato ciò mia sorella esce e mi lascia a me stessa.
Sono passate due ore da quando ho accettato di ospitare per un pomeriggio, per la prima volta, Matvey nella mia stanza ed ho come l’impressione che Irina mi abbia rifilato il gemello per liberarsi dell’esuberante presenza del fratello. che proprio oggi era in casa a darle consigli non richiesti riguardo la festa dell’indomani, questo sospetto mi è dato dal fatto che al momento del loro arrivo Irina era così felice di dividersi dal fratello da sembrare quasi radiosa, mi sento un po’ come la vasca piena di pallini in cui le mamme lasciano immersi i figli quando vanno a fare la spesa.
In ogni caso a distanza di due ore dall’inizio di questo pomeriggio ho trovato due o tre motivi validi per il quale la mia risposta, quando Sara mi aveva chiesto, sarebbe dovuta essere no.
No, aimè, uno dei motivi per cui avrei dovuto dare una risposta negativa non è dovuto al fatto che devo recuperare interi paragrafi di numerose materie ma bensì il fatto che Matvey da quando ha messo piede nella mia stanza mi ha riversato addosso un fiume di domande della portata di una diga aperta, ad ogni mia parola ha riso fino a piegarsi in due, durante il racconto del bacio improvvisato la sua risata era diventata così forte che mia sorella era dovuta venire ad assicurarsi che andasse tutto bene, l’unico momento in cui aveva avuto la decenza di essere serio era stato quando gli avevo spiegato il motivo per il quale non avevo baciato Marco, per il resto tutta la faccenda lo aveva divertito al di là di ogni mia più vaga aspettativa.
In ogni caso la parte peggiore non era stata raccontare i recenti avvenimenti ma il seguito, ovvero il momento in cui Matvey aveva deciso che la mia stanza era un nuovo continente da esplorare, il novello Cristoforo Colombo aveva aperto miei vecchi diari segreti, sfogliato ogni mio album di foto, giudicato il mio vestiario e, orrore degli orrori, aveva trovato e rovistato, senza alcun pudore, nel cassetto dei miei reggiseni, in quel momento la sua ilarità aveva raggiunto un picco notevole e mi ero ritrovata ad ascoltarlo raccapricciata mentre affermava che erano così piccoli che una coppa di un mio reggipetto non sarebbe stata sufficiente neanche come capellino per un rabbino, a quel punto snervata avevo afferrato un righello rigido di un metro, usato per il disegno geometrico nel triennio, e gliene avevo dato un colpo ben assestato sulla testa, a quel punto ritenendomi ferita nel profondo aveva deciso di consolarmi, o così credeva, facendomi un elenco per il quale un seno piccolo aveva dei pregi, così avevo scoperto che esistevano almeno sei motivi per il quale valeva la pena palpare un seno piccolo, inutile dire che per l’indignazione e la vergogna durante la sua interminabile filippica ero diventata di tutti i colori dell’arcobaleno per poi diventare giallastra, probabilmente le sue teorie mi avrebbero fatto venire l’ittero.
Dopo di ciò avevo chiamato mia sorella per farmi proteggere dal delirio giullaresco di Matvey e mi ero ritrovata, non so come, ad assistere a un delirante discorso tra fratelli, in cui io e Sara eravamo solo due inermi spettatrici rassegnate, durante questo discorso si era scoperto che: Matvey aveva l’abitudine di usare il letto di sua sorella come nido d’amore poi soprannominato da Irina, in seguito, “il nido delle malattie veneree”, grazie a questo eravamo venute a conoscenza anche del fatto che Irina proprio per superare il trauma del letto profanato usava la lavanderia e il salone come luogo di ritrovo per incontri piccanti, nel frattempo era stato detto anche che, sempre Irina, cambiava le lenzuola una volta al giorno e il materasso ogni tre mesi per il disgusto, non so come poi eravamo passati ad un escursus di esperienze sessuali che era sfociato in una specie di competizione tra i due per poi coronarsi con uno scambio di battute che difficilmente dimenticherò.
“Sai qual è la differenza tra me e te, brutto stronzo?” aveva esordito Irina impettita dopo  che il fratello l’aveva accusata amorevolmente di essere una battona.
“Che io ho sempre lo stesso cazzo tra le gambe?” aveva ghignato in risposta il fratello, alla fine Irina si era avventata sul fratello come un avvoltoio su una carcassa ed era intervenuta un’esasperata Sara per dividerli mentre io sghignazzavo di cuore, come mi aveva detto Sara durante lo scontro tra russi, i due battibeccano sempre ma non arrivano mai a detestarsi e i loro litigi lasciano il tempo che trovano.
Alla fine ci andiamo a prendere tutti un the mentre io accompagno il tutto con delle patatine fritte, da brava bongustaia quale sono, mentre Matvey mi guarda con schifo e Irina ammirata. Riflettendo sul rapporto che hanno i due Sokolov automaticamente mi ritrovo a rimuginare anche sul rapporto che abbiamo io e Sara, siamo unite e le voglio molto bene, lei però non sa tutte le mie paure o i ragazzi con cui sono stata, ci limitiamo ad avere un rapporto tra sorelle ma che si limita alla sfera familiare per non andare oltre, chiaramente invece Mat e Irina vanno oltre l’ambito familiare, forse questo è dovuto al fatto che sono gemelli oppure che molto spesso si ritrovano a dover contare esclusivamente l’uno sull’altro, è vero i miei genitori sono divorziati ma io vedo una volta a settimana mio padre e tutti i giorni mia madre, è decisamente diverso, Matvey non ne parla quasi mai e quando lo fa affronta la cosa scherzandoci su ma è chiaro che sono due ragazzi trascurati da un punto di vista affettivo e questo poi ovviamente influenza il modo in cui Irina conta su Matvey e Matvey conta su Irina, infatti sarei pronta a scommettere che se per caso qualcuno facesse un torto o ferisse la sorella poi Matvey ne prenderebbe immediatamente le difese.
Per carità io prenderei anche le difese di un sasso lanciato a mare con troppa violenza se lo ritenessi giusto quindi figuriamoci se non litigherei con qualcuno se ferisse una persona a me cara come Sara, mia sorella mi copre quando mia mamma torna e io sono davanti al televisore al posto che sui libri, mi aiuta con i compiti quando vede nel mio sguardo l’ombra della morte celebrale, mi difende con mia mamma quando combino i miei soliti casini, capita ovviamente che litighiamo essendo molto diverse o che reagiamo in maniera diversa alle dinamiche familiari ma tutto sommato sono contenta del rapporto che abbiamo, non sono protettiva come Mat ma ci tengo che mia sorella sia felice.
“Noemi fa uso di droghe?” sento chiedere a Matvey rivolto a mia sorella, esco dal limbo mentale in cui ero precipitata e mi guardo intorno, mi stanno fissando tutti e tre quasi preoccupati… da quanto tempo sto riflettendo?
“Non che io sappia, forse le patatine e il the le hanno fatto indigestione” risponde mia sorella poco convinta.
“Dici si sta cagando addosso?” domanda il simpatico Matvey e a quel punto mi riscuoto totalmente dalla trance e gli faccio il dito medio.
“Stavo facendo importanti ragionamenti, coglione!”
“Del tipo?”
“Fatti gli affari tuoi” dico imbronciata e lui per tutta risposta mi scoppia a ridere in faccia, che amore.
“Hai tutto pronto per domani Noemi?” mi chiede Irina ignorando il fratello.
“Manca solo qualche accessorio ma per domani sarà tutto pronto.”
“Mi raccomando, domani voglio che tutto abbia il candore della neve!” esclama estasiata facendo tintinnare tutti i braccialetti che ha ai polsi.
“Peccato che ogni volta il tasso di sverginamenti alle nostre feste è altissimo sennò sarebbe tutto molto più candido” scherza Matvey, il tintinnio finisce e Irina guarda imbronciata il fratello.
“Le feste sono fatte per fare sesso e comunque ci sarebbero molte più vergini se tu non te le facessi praticamente tutte, sei uno Sverginatore di merda” a questa uscita di Irina sia io che Sara ed infine Matvey non possiamo trattenerci dal ridere sonoramente fino a quando non si unisce anche lei alle risate generali.
“Ma non è un amore la mia sorellina? Mi chiama lo sverginatore, è adorabile!” Matvey si allunga sul tavolo e da un bacio in fronte alla sorella che sorride divertita e alza gli occhi al cielo.
“Sei solo un leccaculo.”
E sulla scia di questa ilarità firmata Sokolov anche il mio pomeriggio di cazzeggio volge al termine, quando mia mamma rientra dal lavoro mi ritrova sui libri (aperti dieci minuti prima per pura botta di culo) e quindi mi risparmia della predica quotidiana, prometto a me stessa di ringraziare qualunque divinità mi abbia fatto scampare alle urla di mia madre in questo ilare venerdì.
Il sabato mattina a scuola c’è un’atmosfera elettrica, come ogni volta che casa Sokolov apre i battenti, le ragazze lanciano occhiate allusive agli altri ragazzi, come a volergli ricordare della loro esistenza prima dell’inizio della serata, i ragazzi in risposta camminano con il petto in fuori e lo sguardo da Casanova consumati, per tutta la ricreazione Giorgio ci annichilisce raccontandoci di ogni avance che ha fatto o ha ricevuto durante la mattinata e ci illustra nel dettaglio cosa farà a ognuna delle ragazze che lo “attizzano”, parole sue, Denise e Delia sono le prime ad andarsene pur di non sentire ancora cazzate, Andrea e Marco lo ascoltano esilarati e interessati, Jessica e Claudia ad un certo punto si immalumoriscono e alla voce petulante di Giorgio si aggiungono le loro maledizioni all’interrogazione nel periodo più sbagliato e alla fine se ne vanno esasperate in cortile a prendere un caffè anche se fuori fa freddo, sostengono di preferire il culo congelato ad un altro delirio di Giorgio, alla fine della filata quindi come ragazze restiamo in ascolto solo io e Chiara, io ho uno sguardo vitreo ed ogni tanto emetto versi di disgusto o divertiti, sono troppo pigra per alzarmi e scendere sotto, Chiara invece commenta ogni parola di Giorgio, puntualizza cose o lo riempie di domande per sapere chi, cosa e come, al suono della campanella mi sento come una città dopo un bombardamento ma almeno sono contenta del fatto che nessuno mi abbia interrogata fino ad ora, c’è ancora speranza ed infetti la mia speranza viene premiata visto che riesco ad uscire incolume alla fine della mattinata scolastica.
Dopo pranzo mi rintano in camera mia piena di buoni propositi e crollo, invece, in un sonno profondo che viene interrotto solo intorno alle sei e mezza di sera quando mia sorella mi fa presente, svegliandomi con garbo, che alle otto verranno le mie due amiche e che per allora dovrei farmi trovare come minimo già lavata.
Mi alzo disperata dal letto togliendomi i vestiti mentre corro in bagno, devo fare ancora un sacco di cose tra cui togliermi dei resti di smalto color prugna dalle unghie dei piedi, dato che mi sono dimenticata di chiedere a mia madre questo pomeriggio, e  cercare qualche accessorio adeguato, tutto questo devo farlo in pochissimo tempo e con la consapevolezza di essere una persona lenta nell’anima.
Non sono lenta perché mi muovo in maniera flemmatica ma sono lenta perché ogni volta che faccio una cosa mi ritrovo improvvisamente a fare tutt’altro, ho la distrazione facile, una sorta di deficit dell’attenzione, ed infatti prima di entrare dentro il box perdo tempo selezionando delle musiche adeguate dalla playlist del telefono, fingo di cantare davanti lo specchio, mi concentro sulla forma di alcuni ricci e infine tento di fare delle facce accattivanti allo specchio, una volta finito ciò mi rendo conto che è passata almeno mezz’ora, se non di più, e quindi mi ritrovo a fare una doccia rapidissima, zero relax, esco dalla doccia correndo, rischiando quasi di fare una spaccata mortale a causa dell’acqua sul pavimento, però come se non imparassi mai dai miei errori ripeto, quasi in trance, le stesse azioni di poco prima.
Secondo me c’è qualcosa di maligno nello specchio del mio bagno, è come se si attivasse un antico maleficio non appena sono di fretta, peggio ancora se con della musica, finendo per ritrovarmi poi lì davanti a fissarmi come se mi vedessi per la prima volta ritrovandomi poi ad avere un’oretta scarsa di tempo per completare il tutto prima dell’arrivo di Delia e Chiara.
Non so come ma alle otto, quando arrivano le mie amiche, ho i capelli asciutti e ben definiti e le unghie dei piedi perfette e smaltate con il lucido, non che questo sia molto importante considerato che non è previsto che qualcuno mi osservi i piedi ma non si sa mai, meglio prevenire che curare, in compenso però sono in mutande e reggiseno, e tanti saluti al pudore.
“Accogli tutti così?” mi chiede Chiara ridacchiando mentre si sdraia sul mio letto, attenta a non spettinarsi i capelli legati in una graziosa treccia alla francese, indossa dei pantaloncini con delle parigine ed una maglietta velata con un top sotto, ovviamente tutto in bianco.
“No di certo, altrimenti avrebbe perso la veriginità molto tempo prima di questa estate” la risposta arriva fulminea da Delia che non si degna neanche di guardarmi mentre smanetta con il telefono perdendosi, quindi, la mia occhiataccia. Delia, soprannominata anche la Regina dei tubini da Giorgio, indossa, appunto, un tubino bianco lucido che lascia ben poco all’immaginazione ed ha delle scarpe con un tacco vertiginoso, a confronto le mie scarpe sembrano delle ballerine ed è una cosa che non credevo possibile.
“Non è che entrino poi tutti questi uomini qui” ribatto mentre cerco di infilarmi gli aderentissimi pantaloni, fortunatamente sono di un materiale abbastanza elasticizzato altrimenti avrei rischiato di mostrare a tutti il mio lato B piegandomi durante il corso della serata .
“Le cose sono cambiate direi” ridacchia Chiara.
“Adesso è popolato quanto il porto” si unisce Delia ed ecco che, come prevede la tradizione, le mie due amiche vengono colpite dalle mie pantofole.
“Ehi, non parlate di me come se fossi una bagascia, il mio letto è puro e vergine!”
“Carino il completo…” svia il discorso Delia lanciandomi un’occhiata di approvazione mentre, dopo aver indossato anche il top, mi guardo allo specchio e sono costretta ad ammetterlo non c’è male, i pantaloni mettono in evidenza le curve giuste, i tacchi mi alzano notevolmente il sedere e mi slanciano la figura e, miracolo dei miracoli, grazie al top con la scollatura a cuore e il reggiseno imbottito, abbastanza da proteggermi da un possibile proiettile, il mio seno è ben in risalto, per carità non sarà mai come quello di Sara o Delia, ma è comunque un bel passo avanti, un po’ come se il panorama fosse cambiato da pianeggiante a collinare.
“E’ vero, hai le tette!” esclama Chiara gioiosa.
“Ricordi cosa devi fare stasera?” Delia mi guarda con lo sguardo dell’Inquisitore.
“Sì, ci ho pensato e ho deciso che non farò niente che non sia essere me stessa, non posso fare la baldracca con Marco, è fidanzato e non voglio essere quel tipo di ragazza però mi divertirò e farò in modo di dimenticarmi ogni mia angoscia dell’ultimo periodo. Vorrei fare come mi avete suggerito ma non riesco e non posso farlo” dico con convinzione sperando che capiscano, subito loro mi guardano con lo stesso sorriso di comprensione, Chiara viene ad abbracciarmi.
“La vera Noemi è la migliore delle tue versioni” mi dice con tono gentile.
“Nulla da obbiettare, divertiti, divertiamoci e fanculo a tutti” Delia gesticola con veemenza e ci guarda convinta, come risposta noi le annuiamo entrambe con un ghigno.
Una volta sistemati gli accessori, indosso per completare un cerchietto di metallo con la forma di due orecchiette, e con le mie amiche vado ad aspettare mia sorella in salone che ci raggiunge poco dopo al massimo della forma, sembra una fata delle nevi, accompagnate dal solito chiacchiericcio da ragazze ci dirigiamo alla macchina.
Quando arrivo alla festa mi sento come attraversata da incredibili scariche di adrenalina, da una parte sono elettrizzata dal programma della serata e dall’altra sono un po’ rattristata perché mentre ci avviavamo verso l’ingresso principale della casa passiamo davanti l’ingresso che porta allo spiazzo dove c’è stata la prima volta tra me e Marco, mi sembra passata una vita, chissà come sarebbe ora farlo, adesso che sono consapevole dei miei sentimenti per lui. Scuoto la testa per evitare di precipitare con i pensieri dritto nel burrone della tristezza e con passo sicuro entro dentro la casa, superata la porta per un momento rimango spiazzata, alle mie spalle sento le mie amiche trattenere il respiro e Sara fare una risatina.
La casa di Irina e Matvey è… bianca, sono scomparsi tutti i mobili che avevo visto l’ultima volta che sono stati sostituiti da un mobilio interamente bianco, al centro dell’immenso ingresso c’è niente poco di meno che una gigantesca statua di ghiaccio raffigurante una strana struttura di angeli e fiocchi di neve, non mi risulta di avere visto nella mia vita niente di più pacchiano, dei tappeti bianchi si diramano in varie direzioni, non appena l’ingresso viene superato tutte le altre stanze risultano calde, lasciamo giacche e borse nel guardaroba e ci incamminiamo verso la sala principale guardandoci stordite intorno, Irina sembra avere lo stesso potenziale di Elsa di Frozen, Matvey quindi risulta essere un Olaf nel suo periodo migliore… mi scappa una risatina.
Stiamo per entrare nel grande salone da cui già arrivano le prime vibrazioni dei bassi della musica quando nel fiumare delle persone ci ritroviamo praticamente davanti ai ragazzi e relative “accompagnatrici”, improvvisamente mi sento un po’ come i cani quando si riconoscono tra loro da lontano, il mio sguardo immediatamente si incatena a quello di Marco che a sua volta, scopro con sorpresa, mi sta osservando. E’ bellissimo, di una bellezza che fa male, indossa una maglietta a maniche corte bianca con scollo a v ed un gilet aperto, i pantaloni bianchi gli aderiscono perfettamente addosso e ha optato per delle vans bianche, i suoi occhi verdi in tutto quel bianco sembrano risplendere di luce propria, è come vedere le prime foglie verdi dopo mesi di inverno, dentro di me sento qualcosa sciogliersi effettivamente mi sta guardando come se mi stesse facendo una radiografia anche se non sembra particolarmente contento di vedermi, ad un certo punto prima di interpretare il linguaggio dei suoi occhi, noto la sua mano intrecciata a quella di Eleonora (cosa che mi era assolutamente sfuggita al mio arrivo) che mi sta guardando come se fossi uno spruzzo di vomito sul suo vestito, ha i capelli legati in una coda alta ed un vestito con un profondissimo scollo a V sia davanti che dietro, mostra un seno prospero che probabilmente le sta su grazie ad una magia gravitazionale.
“Ehi, da quanto siete arrivati?” chiede Chiara rompendo il ghiaccio, vorrei rompere anche io del ghiaccio, in realtà, però magari sulla testa di Eleocagna.
“Da una quindicina di minuti, stavamo cercando di capire dove andare prima, voi sapete  già cosa fare?” risponde Andrea anche lui decisamente bello con la camicia sbottonata sulla v del collo e le maniche lunghe arrotolate fino ai gomiti, lancia a Sara uno sguardo inequivocabile, lei gli sorride senza l’incertezza di tutte le volte precedenti ed anzi gli fa un sorriso che fino ad ora non aveva mai rivolto ad Andrea, che deve pensarla come me visto che infila le mani nelle tasche e le fa un cenno con la testa che è tutto un programma, a luci rosse, vietato ai minori.
“Non saprei, io sicuramente devo incontrarmi con Matvey o, almeno, devo prima trovarlo” dico facendo spallucce.
Non appena finisco la frase nel mio cono ottico viene captata la spocchiosa figura di Ginevra che ,con capelli al vento e attillato vestito velato, varca la soglia della stanza in cui mi trovo con lo stesso incedere di un generale sovietico, manca solo il vento dietro e della milizia casuale intorno, non appena ci nota fa una smorfia di sufficienza e si avvicina senza tentennare di un minimo, per un minuto temo che mi passerà sopra senza alcuna remore ma poi, pochi passi prima della mia possibile dipartita, si ferma e ci sorride a tutti con lo stesso sguardo freddo parente della statua di ghiaccio all’ingresso di casa Sokolov.
“Siete tutti qui vedo, ciao sorellastrine” dice rivolta a me e Sara, io e mia sorella per poco non ci strozziamo.
“Sarebbe un tentativo fallito di cordialità?” chiedo riprendendomi velocemente dallo shock.
“Sì, una sorta, vabè… ci si vede in giro, ciao ciao” alza le spalle in un gesto di noncuranza e senza degnare di uno sguardo Eleonora fa un cenno distratto con la mano e si volatilizza. Improvvisamente mi è chiaro il motivo del suo tentativo di socievolezza, voleva solo ricordare a Eleonora che adesso fa parte della plebaglia per lei, guardo la diretta interessata con un sorrisetto finto innocente ma che spero le comunichi tutta la mia oscura soddisfazione, lei capta istantaneamente il messaggio e si raddrizza come se le avessero messo una scopa in culo, cosa che sicuramente gradirebbe.
“Che ridi tu?” sbotta acida, tutti si voltano a guardarla perplessi, Marco con un sopracciglio inarcato.
“Ma chi? Io?” sgrano gli occhi fingendomi confusa e mi indico facendola inviperire ancora di più.
“E chi sennò? Con quello sguardo compiaciuto da stronza, la sconfitta di Ginevra è anche la tua” bercia, mi mordo un labbro decisa a non darle sazio e inarco un sopracciglio.
“L’unica cosa sconfitta di oggi è l’umanità che purtroppo ha membri come te tra le sue fila” acida ma di classe, così mi voglio.
Gli altri assistono alla discussione come se stessero guardando una partita di ping pong, Marco continua a fissare Eleonora come se non si capacitasse del motivo per il quale la sua fidanzata sembra un cane rabbioso a cui hanno pestato la coda.
“Puttana!” mi insulta indignata, la guardiamo tutti con tanto d’occhi senza capire il motivo per il quale oggi sembra così fuori di sé rispetto al solito, sto per ringraziarla delle sue gentili parole quando un tono esuberante e familiare mi viene a togliere d’impiccio.
“Eleonora! Come sei sboccata che ti avrà mai fatto la piccola Noemi?” ed ecco che Matvey fa la sua entrata in scena ammiccando a tutta la fauna femminile, evitando con una certa maestria tutti i pene-dotati, mi si affianca e mi passa un braccio intorno alle spalle con fare da compagnone, mi scappa una risatina.
“Lei sa cosa ha fatto” dice lapidaria Eleonora.
“Sai cosa hai fatto?” mi chiede quindi Matvey con lo sguardo luminoso di chi sta incominciando a divertirsi.
“No, cosa ho fatto?” chiedo guardandolo a mia volta ammiccante e cercando di trattenere le risate.
“Desideri la roba d’altri” sbotta acida Eleonora facendo sussultare sia me che Marco ma lei non nota lui, nota solo me e sogghigna.
“Ok, gente, ci si vede in giro, lasciamogli un po’ di spazio” dice Giorgio prendendo sottobraccio Delia e Chiara e svanendo nella calca insieme alle mie amiche che mi mandano segni d’incoraggiamento, subito seguite da Andrea e Sara che sembrano più dubbiosi però, gli faccio un breve cenno di assenso e anche loro poi se ne vanno anche se lievemente corrucciati.
“Così siamo rimasti solo noi quattro, che dite se questa conversazione si rimanda a momenti più appropriati?” dice quindi Matvey fattosi serio.
“Tu non dici niente? Lui la difende e non stanno neanche insieme ma tu sei il mio ragazzo, potresti dire qualcosa!” stavolta Eleonora si rivolge furiosa a Marco che la incenerisce con lo sguardo, ignorando Matvey che inarca un sopracciglio evidentemente non gradendo le poche attenzioni.
“Sai come la penso riguardo ai litigi fatti durante le serate e soprattutto le scenate in pubblico, sai anche come la penso riguardo al motivo per cui ti comporti in questo modo” afferma lui guardandola di traverso e con un tono tagliente, che motivo?
“Lei ti guarda come se ti volesse fottere e tu lo neghi, mi prendi per cretina per caso?” sbotta Eleonora con un espressione furiosa e frustrata che non le avevo mai visto, quante volte hanno già discusso a causa mia? Io dal mio canto sono paralizzata e a dir poco perplessa, se non fosse per il braccio confortevole di Matvey intorno alle spalle credo che sarei già a terra svenuta per lo sputtanamento appena subito.
“Direi che queste sono cose vostre, se avete problemi in paradiso risolveteli senza coinvolgere altre persone” interviene Matvey notando forse la mia temporanea paralisi, Marco lo ignora e mi guarda con fastidio, beh? Qual è il problema adesso?
“Sarà fatto, Ele basta, andiamocene, parliamone in privato” detto questo Marco afferra per la mano la sua recalcitrante ragazza e se la trascina via non senza averci lasciato un ultimo sguardo di fastidio.
“Non c’è che dire, mi odia proprio” ridacchia Matvey una volta rimasti soli.
“Eleonora? Sono certa ti perdonerà nel giro di qualche ora, il tuo bel faccino è un valido motivo” borbotto io riprendendomi e facendomi guidare da Matvey lontana dal campo da wrestling.
“Parlavo di Marco veramente.”
“Ma perché dovrebbe odiarti? Al massimo gli sei indifferente!”
“Oh no, credimi, mi odia proprio, forse pensa che metto le mani su questo bel corpicino” sghignazza Matvey mentre mi tasta un fianco con finto sguardo da marpione, gli do uno schiaffetto mentre rido.
“Che pensiero ridicolo, comunque preferirei cambiare argomento, non dovevi farmi divertire stasera e dimenticare chi sono? Ti assicuro che per il momento il ricordo di me stessa è fin troppo vivido” blatero con un sospiro non riuscendo a cancellare dalla mia mente l’immagine di Marco che con fastidio si allontana da me tenendo per mano quella fogna di fidanzata che si ritrova.
“Giusto ma prima di iniziare la nostra pazza serata voglio presentarti un ospite, un nuovo arrivato, lo adorerai anche tu” esclama Matvey per poi afferrarmi per un polso e trascinarmi come un peso morto verso un’area dell’immensa casa.
Arriviamo davanti una porta e Matvey sorride raggiante poggiando la mano sulla maniglia, lo guardo perplessa indecisa se temere cosa mi mostrerà o limitarmi ad essere solo curiosa.
“Vuoi farmi vedere il tuo harem?”
“Non essere sciocca, molto meglio!” e detto ciò spalanca la porta ed entra trascinandomi, una volta chiusa la porta si guarda intorno soddisfatto, invece se possibile la mia perplessità ha raggiunto nuovi livelli, siamo in una bellissima e sontuosa stanza da letto, c’è persino una vasca idromassaggio internata al centro della camera, dei divani, un maxi schermo, un piano bar, è tipo un’altra abitazione, questa casa è come una matrioska, per restare in tema di Russia.
“Molto bello ma perché ritieni che questa stanza sia molto meglio di un harem? Stai cercando di sedurmi per caso? Vuoi mostrarmi il tuo pene?” lo guardo con entrambe le sopracciglia alzate, lui alza gli occhi al cielo.
“No, guarda sul letto ragazza cieca e idiota” risponde indicandomi con il mento il letto a due piazze, metto a fuoco con lo sguardo e noto che sul pregevole copriletto è disteso un enorme e pelosissimo gatto bianco dalla faccia schiacciata e gli occhi gialli, occhi puntati su di me che mi guardano con incomprensibile crescente disgusto.
“Non sapevo avessi un gatto…”
“E infatti non lo avevo ma oggi con Irina stavamo cercando le ultime cose della festa in giro e ci siamo imbattuti in un negozio di animali che teneva questo gattone di lato in un box, dice che i padroni lo hanno restituito perché la figlia era allergica, era così solo e triste che Iri lo ha voluto adottare” mi racconta mentre si avvicina al gatto e gli fa delle carezze, il gatto accetta con malagrazia le carezze e non mi toglie gli occhi di dosso.
“Che storia commovente e questa sarebbe la stanza del gatto? Perché in caso il gatto potete darlo a mia madre e invece adottate me, sono pulita e più carina” rido io mentre fisso con sospetto l’animale.
“Oh no, questa è la stanza dei nostri genitori, mia madre odia i gatti” Matvey lo dice con un tono così dolce e carezzevole che per un momento fatico a fare combaciare il senso della frase con il tono della sua voce.
“Dispetti filiali?”
“Una specie ma Pulviscolo ormai è parte della famiglia e poi Irina sostiene che non può essere un caso aver trovato un gatto bianco il giorno della White Night, ha ragione!”
“Pulviscolo?” chiedo perplessa ignorando il resto della sua frase e tornando a fissare quella palla di pelo che non mi stacca gli occhi di dosso, inizio a provare del disagio.
“Sì, Noemi, ti presento Pulviscolo Polkovnik Sokolov” fisso Mat con la bocca semi aperta.
“Quasi quasi la parola Pulviscolo sembra lì buttata per caso, che vuol dire Polkovnik?” chiedo con notevoli difficoltà.
“Generale, ha una faccia autoritaria, gli calza a pennello, dai fagli una carezza” il mio amico mi fa cenno di avvicinarmi alla belva che, non appena inizio a muovermi comincia a farsi le unghie nel costoso copriletto, la cosa non sembra turbare minimamente Matvey che continua ad accarezzare la creatura senza alcun timore, forse gli ormoni dei Sokolov hanno un effetto sedativo e calmante sugli animali.
Una volta davanti la bestia bianca allungo una mano per accarezzarlo con cautela ma, ancora prima che la mia mano sfiori il candido pelo, vengo graffiata con entrambe le zampine del gatto che ha ben pensato di tirare fuori gli artigli, urlo e tiro indietro la mia mano su cui adesso ci sono delle rosse linee sanguinolente.
“Bastardo gatto di merda!” sbraito soffiandomi sulla mano che brucia da impazzire, Matvey balza su ridendo mentre il traditore peloso si sdraia sulla schiena mostrando la pancia come a volere fare vedere quanto è in realtà innocuo, per tutta risposta gli faccio un dito medio.
“Ooook, direi che possiamo uscire di qui prima che tu e Pulviscolo ve le date di santa ragione, povera creatura sei la prima estranea che gli presento e sei così aggressiva nei suoi confronti” dice rammaricato Mat, per tutta risposta lo lincio.
“Ma se è stato lui a graffiarmi!”
“Sarà per il cerchietto a gattino che hai messo” motiva dandomi dei colpetti con l’indice sulla fronte, sbuffo e scosto la sua mano.
“Sei un coglione come il tuo gatto” lo insulto ed esco dalla stanza tamponandomi con un fazzolettino la mano per evitare di insanguinare i miei vestiti.
“Dopo questo gradevole intermezzo adesso è il momento di iniziare a divertirci però, sei pronta?” esordisce ammiccandomi e scompigliandosi la bionda e lucente chioma.
“Credimi, non chiedo altro” ribatto sorridendo nonostante la precedente irritazione.
“Bene, allora si aprano le porte dell’inferno” annuncia Matvey con entusiasmo.
E dopo quelle parole effettivamente Matvey spalanca delle porte e da lì inizia a scatenarsi il caos, i ricordi iniziali vividi vengono poi seguiti da ricordi ben meno vividi, ricordo soltanto di essere andata al piano bar con il mio amico russo e di avere bevuto insieme a lui qualsiasi cosa ci suggerissero i ragazzi messi intorno al bancone o il barman, alla fine avevo ingurgitato la qualunque compresa una roba bianca dall’aspetto sospetto che avevo chiesto cosa fosse e alla risposta che mi era stata data, ovvero “sperma”, avevo riso, fatto un’alzata di spalle e bevuto l’intruglio alla mandorla accompagnata da un coro di voci esaltate che mi incitavano a bere più velocemente il peccaminoso liquido, a quel punto però ero ormai divertita da qualunque cosa mi succedesse quindi non mi aveva dato fastidio che degli sconosciuti si pigliassero certe confidenze, una volta ubriachi come due vecchi barboni io e Matvey ci eravamo ricongiunti in maniera totalmente casuale alle mie due amiche anche loro parecchio brille, dei ragazzi neanche l’ombra ma non importava a nessuno arrivati a quel punto della serata.
Durante l’avanzare della notte quindi mi ero ritrovata a ballare in maniera piuttosto disinibita su dei cubi bianchi insieme a Delia, Chiara e Matvey, fare un girotondo con degli sconosciuti dove chi cascava prima per terra poi doveva fare penitenza, io mi ero dichiarata ad un estraneo, Matvey si era calato i pantaloni (e mutande) davanti a delle ignare ragazze che avevano gradito dopo il primo urlo di sgomento, Delia aveva toccato il pacco di un partecipante al gioco e Chiara invece aveva mostrato di avere un equilibrio notevole e si era risparmiata l’umiliazione.
In ogni caso la notte non aveva portato consiglio ma solo sguaiataggine, per caso ad un certo punto ci eravamo ritrovate a trascinare Giorgio al centro della pista, recuperato in maniera misteriosa, poi mi ero ritrovata sulle spalle di Matvey e Delia su quelle di Giorgio, Chiara su un estraneo ed altre persone nella stessa condizione per fare una specie di danza dove vinceva chi resistiva di più, la gara era finita in un pareggio perché Irina era piombata su di noi come un avvoltoio e ci aveva spruzzato con una pompa una quantità notevole di schiuma facendoci quasi scivolare mortalmente, era stato solo in quel frangente che ero riuscita a distinguere mia sorella nella calca, probabilmente più sobria di me, mano nella mano con Andrea che sembrava uscito da una centrifuga.
Inoltre Delia aveva perso una manica del suo vestito ma nessuno si era saputo spiegare il come ed io avevo perso le scarpe, entrambe, probabilmente lanciate durante un raptus, fatto sta che arrivati alle tre di notte siamo devastati, c’è chi ha il vestito smezzato come Delia, chi non ha più scarpe come me, Chiara ha il vestito quasi trasparente sul seno perché una ragazza è inciampata rovesciandole il drink addosso e puzza come una distilleria, e Matvey è a petto nudo perché è un egocentrico e un borioso.
Ci dirigiamo a passo traballante all’esterno, dove abbiamo sentito dire che si sta per fare un super bagno, e quindi ci trasciniamo fuori dove c’è una calca di persone radunate intorno alla piscina, si guardano tutti intorno mentre le stufe rendono l’esterno a una temperatura tropicale e il dj mette un inspiegabile tarantella remix, mi sento totalmente frastornata come se mi fossero passate sopra delle mandrie di bufali ubriachi anche loro, Chiara e Delia stanno parlando tra loro e ridono convulsamente senza motivo, Matvey invece si guarda intorno con uno sguardo lucido compiaciuto e poi si sfila le scarpe e le lancia a bordo del giardino, lo fisso confusa.
“Perché ti togli le scarpe?”
“Adesso vedrai” sogghigna mentre fissa un punto indefinito in zona piscina che poi scopro essere il trampolino, in quel momento Irina sale traballante e noto, dietro di lei sotto la scaletta, mia sorella che fissa l’amica e poi si copre il viso con entrambe le mani probabilmente sapendo già cosa sta per succedere.
“Vorrei ringraziare tutti voi per essere qui e per essere… così fighi… e alcuni di voi così boni, bei culi davvero… Do inizio alla seconda parte della serata, è il momento di farci un bagno in piscina, ragazzi via i pantaloni e ragazze via i reggiseni!!!” sbraita Irina mentre si fa scivolare il vestito di dosso, conclude il discorso slacciandosi il reggiseno e lanciandolo via, una volta con l’enorme seno di fuori fa una precaria corsetta sul trampolino e si tuffa mentre è circondata da urla di giubilo, mia sorella, noto da lontano, sta boccheggiando e si sta allontanando dalla zona seguita da Andrea che la guarda quasi dispiaciuto… le voleva vedere le tette, non ho dubbi a riguardo.
Subito intorno a me si scatena l’anarchia mentre io ancora sto cercando di riprendermi dallo shock, in pochi minuti vedo una quantità di tette indicibile e tutto intorno pantaloni che si calano, probabilmente stanotte la piscina conterrà altri liquidi oltre che il semplice cloro, nonostante la poca lucidità decido che io in piscina non entrerò, al mio fianco Chiara sembra aver preso la mia stessa decisione al contrario di Delia che invece è già senza vestito e sta facendo volare via il reggiseno, sia io che Chiara la fissiamo senza parole, poi Delia si tuffa a bomba in piscina inondandoci.
Matvey sta ridendo con le lacrime nel frattempo mentre è appoggiato alla mia spalla, visto il suo barcollare, inevitabilmente finisco per unirmi anch’io alla risata generale.
“Mia sorella fa schifo nei discorsi, domani non si ricorderà neanche cosa ha detto menomale che qualche segaiolo la filma sempre” si asciuga le lacrime e si raddrizza, poi si sbottona i pantaloni e sia io che Chiara ci ritroviamo a fissarlo con gli occhi a palla.
“Ma che stai facendo?” biascico io ridacchiando isterica mentre lui lentamente si abbassa la cerniera, penso che a Chiara siano appena saltate le coronarie.
“Vado a frullarmi qualche bella ragazza, è arrivato il momento di scopare, vi consiglio di farvi un bel bagno e provvedere” detto ciò si cala definitivamente i pantaloni e inevitabilmente l’occhio mi cade sulle grazie del mio amico, non c’è che dire… rimango senza parole, una veloce occhiata alla mia amica mi fa capire che non è più capace di intendere e di volere.
“Hai proprio un bel pacco” dice, infatti, spiazzandomi, ha lo sguardo vitreo e fisso sul pacco del mio amico, atteggiamento che da sobria ovviamente non oserebbe avere, mi tappo la bocca con la mano mentre mi sale una risata fragorosa dalla gola con prepotenza.
“Non sei la prima che me lo dice, a più tardi ragazze” detto ciò Mat si scombina i capelli, ci ammicca e con due sicure falcate si tuffa in piscina e sparisce nel casino acquatico.
Io e Chiara ci ritroviamo, quindi, a bordo piscina a fissare quel caos di tette e culi, siamo ancora scosse da risatine insensate e allo stesso tempo paralizzate dalla visione di ciò che ci circonda, sto vedendo nude persone che mai nella vita avrei pensato di vedere nude, o seminude.
“Ha proprio un bel kalashnikov” mi urla Chiara all’orecchio prima di scoppiare a ridere ancora più fragorosamente, capisco immediatamente che sta parlando di Mat e mi unisco a lei.
“E’ l’unica parola in russo che conosco… fa sempre comodo” mi spiega poi facendomi ridere ancora più forte, ho la vista appannata per le lacrime.
Nel frattempo dalla piscina fuoriescono tsunami di acqua e sul bordo noto che si stanno arenando un paio di mutande femminili.
“Non conviene allontanarci di qui?” chiedo alla mia amica facendole distogliere lo sguardo dalla piscina.
“Ma no dai, restiamo un po’, sediamoci là in fondo e tra un po’ ci allontaniamo” mi indica un angolo più tranquillo perché l’acqua è troppo alta così a passo lento raggiungiamo la meta e ci sediamo con i piedi penzoloni nell’acqua, devo dire che è una bella sensazione rinfrescante e si ha un’ottima visione generale.
Passa un’oretta in cui io e Chiara abbiamo più riso che altro davanti a scenari comici tra i più disparati, degni dei peggiori film, l’ultima scena riguarda una discussione tra una ragazza che ha paura di essere rimasta incinta perché ha bevuto l’acqua della piscina e una sua amica che la prova a convincere che non è possibile una cosa simile, alla fine si allontanano dopo essere state raggiunte dalle risate fragorose di me e Chiara, ne è valsa la pena.
A un certo punto Chiara mi da una gomitata per richiamare la mia attenzione e mi indica un punto non troppo lontano da dove siamo messe noi dove sta passando Eleonora con una smorfia impettita in faccia, la sto osservando divertita a causa del suo atteggiamento snob quando improvvisamente fa una brusca impennata perché con la suola liscia della scarpa è passata sopra il pavimento bagnato, per miracolo riesce con poca grazia a non cascare all’indietro ma nonostante la caduta mancata per me e la mia amica questo è troppo ed esplodiamo in una risata così fragorosa e sguaiata che per poco non precipitiamo nella piscina, Eleocagna si gira verso di noi, accorgendosi di noi due in quel momento, linciandoci ma la cosa non ci intimidisce per nulla anzi se possibile peggiora le cose.
“Eleonora ti consiglio di stare attenta al tuo culo che da quello dipendono tante cose… non vorrai rimanere sprovvista di pretendenti” la derido io mentre Chiara al mio fianco per poco non si strozza.
“Devi solo andartene a fanculo” mi sbraita in risposta Eleoculo.
“Quella è una tua peculiarità” ribatto prontamente sentendomi rinvigorire dal battibecco.
“Ti piacerebbe fosse anche la tua…”
“Magari un giorno mi darai ripetizioni!”
“Sei una stronza, fottiti” detto ciò mi da le spalle e se ne va sculettando seguita dalla mia risata ma quando è ancora abbastanza a portata d’orecchio le urlo un ultimo insulto.
“In India saresti sacra!” lei si volta indignata, mi fa un dito medio e sparisce dalla mia vista.
“Ma … che vuol dire…” ansima Chiara al mio fianco.
“Le ho detto che è una vacca” le spiego soddisfatta e a quel punto mi unisco alla risata fino a farmi uscire le lacrime.
Le nostre risate vengono interrotte da un nuovo annuncio di Irina che, dopo aver fatto abbassare la musica, sta urlando dal centro della vasca.
“Via le mutande!!” sbraita e non so come sia possibile ma sembra ancora più ubriaca di quando si è immersa, a questo punto i più coraggiosi seguono l’ordine di Irina e quelli, invece, a cui è rimasto un po’ di riserbo escono dall’acqua, in quel frangente decido che per me è troppo e mi alzo dal mio posto che ormai ha preso quasi la mia forma del sedere.
“Io vado, questa situazione sta diventando traumatica, tu rientri?” chiedo alla mia amica che ora sta guardando avidamente l’interno della vasca.
“Sto un altro po’ a guardare, non faccio sesso da così tanto…” risponde trasognata senza staccare gli occhi da certi bei sederi che ora sfilano nudi davanti a noi, vediamo anche qualche orrore ma evidentemente il nostro filtro mentale è attivo non lasciandoci soffermare troppo su certe schifezze.
“Ci vediamo dentro allora” le do una pacca sulla spalla e poi, prima che tutte le mutande vengano lanciate fuori dalla piscina, e quindi su di me, me ne vado anche se le mie gambe sembrano non seguire alla lettera gli ordini che il cervello gli manda, mi ritrovo quindi a camminare obliquamente.
Dentro la situazione non è delle migliori, non vedo volti familiari, la statua di ghiaccio sembra stare dando l’ultimo saluto, l’aria è pregna di odore di fumo e quello che, a mio parere, è vomito.
Mi guardo intono alla ricerca delle mie scarpe ma non ce n’è neanche l’ombra, noto sul bancone dei cocktail alcuni bicchieri di champagne e, nonostante l’alcol in esubero all’interno del mio corpo, decido di sorseggiarlo ma si rivela una pessima idea perché mi provoca un violento conato che mi costringe a tapparmi la bocca con una mano e correre alla ricerca di un bagno, al primo piano i bagni sono tutti occupati o da persone nella mia stessa situazione o da individui che hanno ceduto agli ormoni, maledicendo tutti corro al piano di sopra e mi infilo dentro al primo bagno libero senza neanche chiudere bene la porta, non appena mi inginocchio davanti il water il getto acido che stavo contenendo irrompe dalla mia bocca spezzandomi in due per la sua potenza, che brutta idea  quella di ubriacarmi, che pessima idea.
A un certo punto sento la porta aprirsi mentre sono ancora piegata sul water.
“Ops… non pensavo fosse occupat… Noemi?” chiede stupita una voce fin troppo familiare, mi scappa un singulto, mi volto a guardare l’intruso in modo da dissipare il mio dubbio che viene però brutalmente confermato.
Perché tra tutti proprio lui? Quante maledette probabilità c’erano che entrasse proprio lui tra tutti i presenti nell’unico momento in cui sono riversa sul water a vomitare l’anima?
Altro che farmi vedere desiderabile, desiderabile un paio di palle.
“Perché proprio tu?” gemo prima di essere costretta da un altro conato a piegarmi e vomitare ancora, sono praticamente abbracciata al water, sento un sospiro e poi la sua mano calda e familiare mi si poggia sulla fronte per sorreggermi mentre un’altra mi regge i capelli in modo da non farmi sporcare, mi escono delle lacrime che potrò, in seguito, imputare al vomito e non alla tenerezza struggente che mi sta colpendo al petto come un pugno.
Dopo minuti che sembrano ore mi sento svuotata di tutto sia dell’alcol che dell’ilarità, mi scosto da lui, arranco verso il lavandino e mi do una sciacquata per rinfrescarmi, mi osservo allo specchio e mi trattengo dal gettare un urlo di orrore, la matita e il mascara sono sbavati, il rossetto e scomparso così come l’ombretto, ho gli occhi rossi, gonfi e lucidi… è difficile da dire ma probabilmente ero più attraente quando ero ricoverata in ospedale.
“Che schifo…” mormoro con voce roca prima di sedermi per terra con le gambe distese e la schiena poggiata al bordo della vasca, Marco si accovaccia davanti a me studiandomi pensieroso, lo fisso deglutendo a fatica.
“Ti senti meglio?” mi chiede con un tono gentile anche se nel suo sguardo percepisco del rimprovero.
“Penso che l’acido mi abbia corrosa internamente ma mi sento meglio, grazie per avermi aiutato.”
“Forse hai esagerato stasera, non ti sei fermata un minuto” fa un mezzo sorriso e mi osserva i piedi “dove sono le tue scarpe?” ridacchia poi.
“Mat mi aveva promesso che mi sarei dimenticata pure chi ero ed effettivamente così è stato, comunque le scarpe le ho perse, non so quando né dove, probabilmente tornerò a casa scalza” ridacchio senza energie.
“Dov’è Matvey?” mi chiede dopo aver alzato gli occhi al cielo.
“A frullarsi da qualche parte probabilmente” mi scappa un risolino ripensando all’ultima volta che ho visto il mio amico.
“E Andrea?”
“L’ultima volta che l’ho visto era con Sara ed era dispiaciuto di non averle visto le tette, non so se poi ha rimediato” alzo le spalle con un sorrisetto divertito, lui mi guarda come a voler soppesare le mie risposte per capire se sto fingendo o se sto per piangere, in verità vederlo che mi guarda così intensamente e averlo vicino mi fa venire una gran voglia di frignare ma, sicuramente, non per i motivi che crede lui.
“A te sta bene?” stringe gli occhi cercando di analizzarmi, ha gli occhi un po’ acquosi deve aver fumato, per il resto non sembra molto ubriaco, il verde è quasi più luminoso, rimango in silenzio sovrappensiero studiandolo pensierosa.
“Non dovrebbe?” chiedo retorica infine prima che pensi che mi stia per venire un aneurisma.
“Non eri innamorata di Andrea?” mi chiede confuso.
“E’ passata…”
“Allora ti piace Matvey?”
“No.”
“Quindi ora non ti piace nessuno?” nel fare questa domanda il suo sguardo si fa sfuggente e si posa sulle mattonelle alle mie spalle.
“In verità qualcuno che mi piace c’è ma non posso fare niente per cambiare la situazione” mormoro senza riflettere più di tanto.
“E chi è?” chiede aguzzando lo sguardo.
“E’… un… segreto” sussurro poggiandomi un dito sulle labbra e facendogli l’occhiolino, ok, forse non ho proprio smaltito la sbornia, lui in risposta alza un sopracciglio ma una luce divertita gli accende lo sguardo.
“Da quando sei così misteriosa?” sghignazza anche se confuso, probabilmente non sta capendo nulla.
“E tu da quando tu sei così curioso?” ribatto io sorridendogli, allungo una mano e gli sfioro la guancia senza quasi rendermene conto, lui trattiene il respiro ma non si scosta.
“Sono stato sempre curioso…” risponde sottovoce come se non volesse danneggiare l’atmosfera che si è creata, lo guardo e mi soffermo sulle labbra carnose che si sta mordicchiando nervosamente per poi spostarmi sui capelli scombinati, gli zigomi alti, poggio l’altra mano dall’altro lato del suo viso e lo guardo intensamente.
“Sei proprio bello, sai?” mormoro mordendomi il labbro inferiore e bloccando una risatina sul nascere, lui sgrana gli occhi sorpreso.
“Ma quanto hai bevuto?”
“Un po’, ti ricordi l’ultima volta che siamo stati a una festa qui?” gli chiedo improvvisamente triste, probabilmente se mi potessi sdoppiare l’altra parte di me sobria mi darebbe una ginocchiata sui denti pur di farmi perdere il dono della parola.
“Sì, ricordo bene” fa un sorrisetto divertito che mi fa sciogliere, vorrei dirgli che mi piace, mi piace da impazzire, vorrei dirgli che non voglio nessun altro che lui, che lo vorrei stringere a me, che non voglio dividerlo con nessuno.
“Vuoi replicare?” sussurro scostando le mani dal suo viso per portarle sul mio corpetto per abbassare un po’ la cerniera, lui adesso sembra frastornato, sembra voler dire qualcosa ma la vibrazione del suo telefono ci riporta alla cruda e devastante realtà, lui prende il telefono e legge il messaggio che gli è arrivato stringendo le labbra.
“Devo andare, dobbiamo andare…” dice poi senza però incontrare più i miei occhi ed improvvisamente da un angolo recondito della mia mente sento rimbombare la voce della mia coscienza che mi ricorda che io non faccio parte di quel plurale, che si sta riferendo ad Eleonora, che io non farà mai parte di quel plurale e che, anzi, ho fatto la figura della ragazza facile, stavo per fare lo stesso errore di qualche giorno fa, quanto posso essere stupida e troglodita.
“Certo, stavo scherzando comunque, volevo solo vedere che faccia avresti fatto” mi costringo a ridere e tento di sollevarmi mentre anche lui si alza e mi fissa confuso come se fosse indeciso se credermi o meno, spero opti per la seconda opzione.
“Tu che farai?” mi chiede con un tono amareggiato.
“Andrò a cercare le altre o Mat, nel frattempo cercherò anche le mie scarpe altrimenti rischio di tornare a casa scalza” ridacchio fissandomi i piedi nudi, alla fine ne è valsa la pena di perdere del tempo per mettere lo smalto.
“Aspetta qui, torno subito” dice improvvisamente e poi esce dal bagno lasciandomi perplessa a fissare la porta.
Dopo una quindicina di minuti ritorna un po’ trafelato ma con le scarpe in mano, lo fisso spiazzata e per poco non mi metto a piangere, sono emotivamente distrutta, per un momento la mia mente malata ha pensato a lui come a un principe e a me come la sua Cenerentola, che pensiero ridicolo e infantile, menomale che non può leggermi in mente, sarebbe imbarazzante, poi sarei costretta a cambiare identità e stato.
Per cercare di eliminare questa stucchevole immagine dalla mia mente gli tolgo le scarpe di mano e tento di metterle ma mi ritrovo a barcollare pietosamente e rischio, anche, di sbattere la mascella nel bordo del lavandino, Marco dopo avermi osservata attentamente decide che non sono in grado e senza dire nulla mi si avvicina e mi fa sedere sul bordo della vasca e dopo, velocemente, mi infila le scarpe senza incrociare i miei occhi, quando alza lo sguardo faccio appena in tempo a chiudere la bocca che avevo spalancato per la sorpresa.
Ho il cuore che mi batte dolorosamente nel petto, mi sento i palmi delle mani sudati e al posto delle canoniche farfalle nello stomaco mi sembra di avere delle tenie che mi divorano gli organi interni, non sono mai stata tipo da principe azzurro, forse a cinque anni quando ero convinta di essere la bella addormentata del bosco ma ne era passato di tempo da allora, quindi questa mia tachicardia dopo un gesto così fiabesco non dovrebbe farmi sentire così… cosa mi sta facendo questo bastardo con i suoi occhioni luccicanti? Ma è legale guardare le persone come mi sta guardando lui?
“Ce la fai ad alzarti?” chiede poi dubbioso probabilmente domandandosi se può lasciarmi sola o deve chiamare il pronto soccorso.
“Ovvio che sì, ti ringrazio per tutto, sei stato una splendida crocerossina, ora vai, non fare aspettare la tua ragazza” dico sorridendo e mettendomi in piedi in modo da farlo andare via, più lo guardo più avverto il desiderio di piangere, devo restare sola.
“Ah ah spiritosa… alla fine ci aiutiamo sempre noi due” dice poi facendosi serio e fissandomi quasi intenerito, non riuscendo a trovare le forze per dire qualcosa gli sorrido e poi mi avvicino per dargli un bacio in guancia, lui ricambia il sorriso, mi fa un cenno con la mano e mi lascia sola in bagno.
Mi ritrovo ad afferrare con tutte le forze la ceramica del lavandino per impedirmi di corrergli dietro per urlargli di stare con me, non voglio che torni da lei, che la baci, la abbracci, le dica di amarla, dovrei esserci io al posto di quella stronza, Marco dovrebbe fare l’amore con me, dirmi che sono sua, tenermi per mano, dovrei esserci io al posto di Eleonora, è insensato, è stupido, ma mentre fisso il mio riflesso incollerito allo specchio non posso fare a meno di pensare che ci sia qualcuno al posto mio.
Mi sento impotente e disillusa perché so bene che non potrò mai averlo ed è come se mi fossi resa conto dei miei sentimenti per lui giusto in tempo per vedermelo portare via da qualcuno che ha avuto i riflessi più pronti di me… e per la prima volta, da quando la conosco, mi ritrovo a invidiare Eleonora.
Ma cosa si deve fare quando non si capisce cosa faccia più male tra l’arrendersi o il continuare ad amare nonostante tutto?
 
 Nota dell'autrice di cacca:
Voi non potete immaginare l'inferno che ho passato... il mio pc amato (ce l'ho da 11 anni, è il mio bambino, capitemi) sta esalando gli ultimi respiri e quindi nonostante si accenda ad un certo punto si spegne sputtanando tutto, io ho salvato in continuazione ma ho avuto il doppio delle difficoltà per scrivere, salvare tutto mille volte ovunque, poi ovviamente l'ispirazione era morta e per poco non sepolta, grazie a qualche musica e a delle giornate più positive però sono riuscita a finire questo benedetto capitolo, l'ansia. Giuro che se lo dovessi rileggere mi verrebbe una sincope, spero sia rimasta qualcuna a leggerlo anche se non lo merito. T____T
Fatemi sapere cosa ne pensate, allego un'immagine di Noemi da piccina, non sono riuscita a trovare una prestavolto da nessuna parte, solo qualche illustrazione, se siete interessate la prossima volta le metto!
mmmh Che dire ancora?  Spero non ci siano troppi errori e che vi piaccia il modo in cui ho affrontato la questione Andrea/Noemi, non volevo soffermarmici più del dovuto perchè non volevo incentrare la storia su un possibile triangolo tra i tre, spero di non avervi deluso...
Prossimamente sarò parecchio più impegnata per una cosa bella che mi è successa, però giuro che la storia la completerò e che non vi dimentico, spesso rileggo anche le vostre recensioni per darmi una mano quando non riesco a cavare un ragno dal buco, quindi tornerò sempre, aspettatemi se potrete altrimenti vi ringrazio comunque per avermi seguito fino a qui, è tanto per me.
Grazie a tutte, a chi legge, chi segue, chi ricorda e un grazie di cuore a chi spende qualche minuto per farmi un commento, grazie grazie.
Un abbraccio,
Vostra
LittleSun

Abito Noemi ---> 
http://www.polyvore.com/white_night/set?id=189283251     (è graficamente osceno ma non sapevo come risolvere il fatto che altrimenti non avreste visto nulla, perdonate la grafica schiferrima)

http://i66.tinypic.com/9ih9p1.jpg <- il link per vedere Noemi da piccina, mi dispiace non mi ha fatto mettere l'immagine direttamente
 
 
 
 
 
 
 
  
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