Alla Mia Età –
Tiziano Ferro
Note:
ambientata durante la notte in cui Antonio ha
estratto il proiettile a Fabrizio.
Non so cosa stessi
facendo sull’uscio della porta della mia
camera, né da quanto tempo fossi lì. So che ti
eri mosso, ti eri appoggiato
allo stipite, o avevi fatto qualche passo. In ogni modo ti avevo
sentito. E mi ero
spaventata, e ti eri spaventato anche tu, perché sapevi che
non avresti dovuto
essere lì, o comunque non esattamente
lì.
Ti eri giustificato,
ma le parole come “porta aperta”, “mi
dovete perdonare ma”, “è stato
più forte di me” mi scivolavano addosso, mentre
le maniche della camicia da notte asciugavano rapide le mie lacrime. Ti
eri
chiesto perché stessi piangendo, forse non così
silenziosamente, ma prima
dovevi rispondere al mio, di perché.
«Mi ero
preoccupato.»
Adesso
ti
preoccupi per me. Non quindici anni fa, non dieci anni fa, non cinque
anni fa,
non l’anno scorso. Adesso
sei qui,
solo perché Fabrizio è in fin di vita, solo
perché per lui sei
rimasto.
«Mi avete
concesso voi di rimanere.»
Per mio fratello!
Mi metto a sedere,
il bruciore negli occhi, e alla bocca
dello stomaco, la testa che girava, i pensieri che mi tormentavano, il
cuore
che batteva. Fortissimo.
«Passerà
la notte.»
E la mia come
passerà?
Mi aggrappo alle tue
spalle, mentre mi sorreggi, e mi
accarezzi i capelli. E ascolti le mie lacrime, come poco prima. Ti
ringrazio,
anche se non a parole, ma stringendoti di più.