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Autore: MZakhar    28/04/2016    1 recensioni
A chi non è mai capitato di affogare la propria delusione nell'alcol?
Sicuramente è successo a Vittoria – 23 anni, operatrice di un call-center – quando il suo, cosa? capo? fidanzato? amante?, ha deciso di darle buca proprio la sera in cui lei si aspettava di ricevere il tanto agognato anello... Ma si sa che l’alcol porta solo guai, soprattutto se brindando hai indossato vestiti firmati e affascinato ogni uomo del pub. Per questo al suo risveglio, non ricordandosi gran parte della serata, Vittoria sente di aver fatto qualcosa di sbagliato. Qualcosa che ha il volto di un uomo affascinante di cui non sa nemmeno il nome. Eppure... cosa sarà vero e cosa farà parte dell’immaginazione? A Vittoria non resterà che scoprirlo a proprie spese e per la prima volta, forse, riuscirà finalmente a vedere la sua vita dalla giusta prospettiva...
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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12
C O I N



Ultimamente avevo la netta impressione che la mia vita stesse sfuggendo al mio controllo: avevo contribuito (sebbene non di proposito) al permesso per l’abbattimento degli alberi di Giacomina; ero finita per ingannare mia madre riguardo al mio fidanzato; ero stata insieme ad un uomo già impegnato che aveva giurato di voler passare il resto della sua vita con me (e probabilmente con almeno altre due donne); mi ero ubriacata in un impeto di rabbia con Nick, ritrovandomelo tra i piedi da quando era successo quel che non volevo sapere fosse successo, e, come se non bastasse, adesso c’era anche questo Coin che aveva intenzione di coinvolgere la mia migliore amica in qualcosa di losco senza che mi fossi mai accorta del problema. Eppure i segnali c’erano stati, ma io ero un disastro completo per riuscire ad accorgermene in tempo...
Questi pensieri mi tormentavano mentre parcheggiavo al solito posto lungo la salita che portava alla casa di Francesca, e per un secondo accarezzai l'idea di dare di matto e di ricominciare a menare lo sterzo come facevo una volta. Mi irrigidii, pronta a sferrare il primo colpo, quando Nicholas mi ricordò della sua presenza al posto del passeggero. Non avrebbe mai capito un comportamento tanto fuori di testa.
«Stai bene?» domandò infatti, notando la mia posa tesa. Io sbattei un paio di volte le palpebre e lasciai andare l'aria.
Se stavo bene? No, non stavo bene. Ma se c'era qualcosa che iniziavo a imparare dai miei continui sbagli era che non potevo rammollirmi, perché non avrebbe risolto i miei problemi. Perciò mi sforzai di risultare credibile quando annuii. Dopodiché scendemmo dall'auto e ci avviammo su per la strada.
Francesca ci stava aspettando, perché il cancello era già aperto, così come la porta d'ingresso. Quando entrammo in casa la trovammo seduta sulla poltrona in salotto, davanti al camino acceso. Reggeva un calice di vino rosso in mano e dal profilo sciupato del suo viso intuii che non aveva dormito molto né molto bene. Quasi potevo leggerglielo nella testa: non bastava che dovesse reggere turni esasperanti all'ospedale, adesso ci si metteva pure Giorgia.
«France» la richiamai. Lei si accorse della nostra presenza solo in quel momento, rivolgendoci un sorriso che non me la diede a bere. «Hai un'aria tremenda» dissi sincera. Lei fece una smorfia, come a dire ''grazie'', e si alzò per porgere una mano a Nick.
«Sono Francesca. Tu devi essere Nicholas. Abbiamo sentito parlare un sacco di te» si presentò, scoccandomi un'occhiata in tralice.
Nick le strinse la mano e si diedero due baci sulla guancia.
«Immagino quanto siano lusinghiere quelle storie» rispose poi lui, scoccandomi a sua volta un'occhiata in tralice.
In tutta risposta a entrambi alzai gli occhi al cielo e mi tolsi il cappotto. «Vi ricordo che non siamo qui per questo» sbuffai.
L'aria di Francesca si fece di nuovo tesa e quasi mi pentii di averglielo ricordato. «Dunque, raccontami di nuovo cos'hai sentito» mi chiese tornando a sedere.
Io mi accomodai sul divano accanto e buttai fuori un sospiro, cercando di ritornare a tre giorni prima, quando avevo sentito Giorgia discutere con il suo misterioso Coin al supermercato.
«Lui ha parlato di un colpo. Non so di che genere, non sono entrati nei particolari. Però ha detto, cito testualmente, ''pensa a tutta quella grana''.»
«Un colpo in banca?» corrugò la fronte Nick, riflettendo ad alta voce.
Francesca scosse con decisione la testa. «Non ci credo. Giorgia non andrebbe mai a rapinare una banca. Non di sua volontà» disse con convinzione.
Ma mi sentii in dovere di deluderla. «France» buttai giù un groppo alla gola, «ti ricordo che sono finita nei guai più volte perché lei mi coinvolgeva nei suoi furti.»
A Nick si inarcarono le sopracciglia. «Hai un passato da criminale?» si trattenne a stento dal ridere.
«Nemmeno tanto passato, a dire il vero» confessai con un sospiro.
Lui non seppe come reagire, se esserne divertito o esserne scioccato.
«Ma quelli erano stati solo piccoli furti» ci interruppe Francesca, mordendosi la pellicina dell'indice mentre fissava il centro del tappeto, bianco come il resto dei mobili. «Borse, accendini, sciarpe... Mentre qui parliamo di una banca, santo cielo!»
«Potrebbe anche non essere una banca in verità» meditai. «Per quanto ne sappiamo, potrebbe essere benissimo una casa, un museo, un negozio... Cavolo, potrebbe essere qualsiasi cosa» le possibilità erano davvero infinite.
L'espressione di Francesca si fece più cupa e se non fosse stato per Nicholas, questo sarebbe stato il momento in cui ci saremmo rinchiuse ognuna nei propri dubbi senza venirne più a capo.
«Okay, non fatevi prendere dal panico» disse lui a braccia conserte. Si appoggiò con una spalla contro il camino e rifletté. «A che ora le avete detto di venire?» domandò, guardando la mia amica.
Lei si schiarì la voce: «per le otto.»
Nick controllò il suo orologio da polso. «Bene, abbiamo ancora un'ora circa. Perciò cerchiamo di decidere che cosa potreste fare a riguardo.»
Alzai gli occhi su di lui e per la prima volta lo studiai attentamente, soffermandomi sulla sua espressione seria. Dunque era questo il Nicholas Gordon-direttore di banca? Aveva un espressione così concentrata e... con la coda dell'occhio notai lo sguardo interrogativo di Francesca, quindi mi affrettai a sfilare un elastico dal polso per rigirarmelo tra le mani come niente fosse.
Nel mentre, dissi: «non credo che andare alla polizia sia la decisione giusta. Non abbiamo prove di alcun genere, e inoltre, personalmente, non riuscirei proprio a denunciare Giorgia.»
Francesca annuì per confermare e abbassò di nuovo gli occhi sul tappeto. «Forse dovremmo semplicemente parlarle apertamente» rifletté mogia.
«Non saprei» disse Nick in tono pratico. «Vi sta già mentendo, e mi pare di capire, già da un po’. Immaginatevi la reazione se l'accusaste apertamente.»
«Non capisco perché debba mentirci, però!» dissi con una nota irritata nella voce. «Ha avuto un sacco di uomini in questi anni e non l'abbiamo mai esclusa per le sue pessime scelte. Al massimo le abbiamo aperto gli occhi! Perché non parlarci anche di questo Coin allora?»
«Coin?!» Francesca alzò di scatto la testa e sbiancò. «Hai detto davvero Coin?» ripeté con voce strozzata.
Mi scambiai un'occhiata con Nicholas prima di annuire. Allora Francesca fece qualcosa che non era solita fare: svuotò il calice alla goccia e si alzò per versarsi altro vino dalla bottiglia che sostava sul tavolino da caffè, fregandosene che domattina avesse un turno alle sei. Un comportamento allarmante da parte sua.
«Quel bastardo!» esclamò lasciandoci di stucco. «Non posso credere che sia tornato! Lo dicevo che da sola non farebbe mai una cosa del genere!»
Nick e io fummo, se possibile, ancora più confusi.
«Tu lo conosci?» le domandai cauta.
«Personalmente!» esclamò, svuotando di nuovo il calice. «È successo l'estate che sei partita per il viaggio in Spagna con i tuoi» aggiunse.
Sì, ricordavo bene quell'anno; avevo appena preso il diploma e mamma e Giuseppe stavano per festeggiare dieci anni di matrimonio. Perciò avevano deciso che sarebbe stato carino partire tutti insieme per un viaggio estivo, stabilendo un itinerario che ci avrebbe portati via per poco più di un mese.
Lo confermai a Francesca con un cenno del capo e aspettai che parlasse. Lei si riempì il bicchiere per la terza volta, ma non bevve. Il suo viso si contrasse in un espressione di chi avrebbe fatto volentieri a meno di ricordare certe cose. Poi però si decise e iniziò a raccontare:
«Questo tipo allora non si faceva ancora chiamare “Coin”, ma con il suo vero nome, Daniele...»

Il giorno che Vittoria era partita, Giorgia non riusciva a trovarsi pace. Sembrava sul punto di esplodere; girava per casa come una trottola e continuava a ripetere quanto le mancasse la sua amica e quanto avrebbe pagato pur di riaverla lì e uscire insieme a lei. Francesca però non l'ascoltava. Stava ripassando per un importante esame universitario che la metteva parecchio sotto stress. Solo quell'esame la separava dalla laurea e i continui piagnistei di Giorgia non facevano che irritarla. Eppure era stata proprio Giorgia a invitarla a casa sua quel pomeriggio e sempre lei si era offerta di passarla a prendere alla facoltà di medicina, promettendole di darle un po' di tempo per studiare se in cambio le avesse fatto compagnia. Ma Francesca avrebbe dovuto immaginare che la ragazza era semplicemente inquieta senza Vittoria: erano sulle soglie di agosto e questo per Giorgia significava feste in spiaggia e discoteca, prospettive che non la allettavano così tanto senza l'altra combina guai. Quindi, all'ennesimo sospiro di Giorgia, Francesca non ce la fece più e scattò come una molla: «Senti, dacci un taglio, okay?!» le disse in tono brusco. «Il mondo non finirà se per una sera non vai a ballare o non ti sbronzi!»

Francesca ci rivolse un sorriso amaro e percepii l’enorme sforzo che stava facendo.

«Hei! Se sei tanto nervosa non rifartela con me!» rispose a tono Giorgia. «O magari sei un po' invidiosa?»
«E di cosa, di grazia?» domandò incredula Francesca, girandosi sulla sedia per guardare l'amica dritto in faccia. «Del fatto che non mi abbiate mai portato con voi a vomitare l'anima nei vicoletti bui?» abbozzò un sorrisetto cinico. «È nel vostro stile, non nel mio. Io devo studiare per diventare quella che vi raccatterà con la paletta dal marciapiedi quando non sarete in grado di farlo da sole!» aggiunse sprezzante, tornando ai suoi libri.
Giorgia diventò bordò. Non era certo la prima volta che litigavano, ma stavolta l'amica aveva superato ogni limite! Furente, la ragazza scagliò via la rivista che stava sfogliando distesa sopra il letto che precipitò in un angolo della stanza con un tonfo secco, facendo rabbrividire Francesca.
«Adesso dai pure i numeri?» l'apostrofò quest'ultima, tornando a guardarla male.
«No, ma se non esci da casa mia entro un minuto giuro che la prossima cosa che tirerò ti arriverà dritta in fronte!» minacciò Giorgia e si allungò verso il comodino per afferrare una sveglia.
Francesca sgranò gli occhi. «Tu sei fuori di testa!» esclamò alzandosi. «Tutto quell'alcol deve averti bruciato qualche neurone!» aggiunse, infilando le sue cose dentro una tracolla a trama etnica.
Giorgia la osservò truce prendere la borsa e uscire a passo furente fuori dalla stanza. Qualche secondo dopo la porta d'ingresso sbatté e a Giorgia salirono le lacrime agli occhi.
Francesca intanto camminò spedita dritto verso la fermata del pullman che si trovava sulla via parallela a quella su cui abitava Giorgia. Una volta lì controllò il cartello con gli orari non potendo fare a meno di sbuffare: il prossimo mezzo non sarebbe passato prima delle sette, il che significava che sarebbe stata costretta ad aspettare per ben due ore (sempre ammesso che non saltasse la corsa). Forse era il caso di tornare da Giorgia e di chiarire. Ma l'ego ferito di Francesca stava ancora pulsando come una ferita aperta e non glielo permise. Così rimase ad aspettare sulla panchina.

Francesca fece una pausa per prendere qualche sorso dal calice. I suoi occhi erano velati da una tristezza che non le avevo mai visto. Mi si strinse il cuore e fui quasi sul punto di chiederle di non proseguire, quando lei riprese:

Alle sei e quaranta Francesca alzò gli occhi da un libro di testo. Si era detta che se doveva stare lì tanto a lungo tanto valeva studiare un altro po', giusto per non sprecare il tempo in vano. In quel momento, però, con la coda dell'occhio notò una ragazza attraversare la strada e dirigersi in direzione opposta a dove si trovava lei. Francesca la riconobbe immediatamente, nonostante si fosse agghindata come un albero di Natale. Al contrario, Giorgia non la vide. Camminava con il naso incollato al telefono e le cuffiette nelle orecchie, oscillando da una parte all'altra sui trampoli dorati che si era messa ai piedi.
Sul momento Francesca non seppe che fare. Valutò l'idea di richiamare l'attenzione dell'amica, ma dubitava che quella l'avrebbe sentita, e se anche l'avesse sentita, dubitava che si fosse calmata abbastanza da volerle parlare. Quando si trattava di litigare, erano entrambe più testarde di un mulo. Quindi si affrettò a mettere via il suo libro e iniziò a seguirla. Non era sicura per quale ragione lo stesse facendo, le camminò semplicemente a distanza ripassando mentalmente quello che le avrebbe detto quando finalmente Giorgia si sarebbe accorta della sua presenza. Ma Giorgia non mollava il telefono per un attimo e così, prima che Francesca se ne potesse rendere conto, arrivarono in spiaggia. Più precisamente di fronte all'ingresso di un disco-pub dove si era radunata già una bella folla.
Finalmente Giorgia mise via il cellulare. Entrò dentro e superò l'angusto spazio del pub per dirigersi verso una grossa porta a vetri, a destra. Da lì si accedeva ai tavolini all'aperto, dove la ragazza si fermò e si guardò attorno. Ma il suo sguardo non arrivò abbastanza vicino a Francesca da notarla, si fermò prima, su un capannello di ragazzi più grandi che erano seduti attorno a un tavolo a bere birra e fumare. Giorgia li raggiunse esibendo un sorrisone mentre loro iniziavano a salutarla. Francesca rimase in disparte ad osservarli storcendo il naso; il più piccolo di quella combriccola doveva avere come minimo la sua età; era magrolino, pieno di tatuaggi e dal modo in cui squadrava Giorgia di certo era tutto fuorché benintenzionato. Le fece venire i brividi, cosa che non si sarebbe detta di Giorgia che lo salutò come il resto del gruppo, sedendosi in mezzo a quest'ultimo e un grosso tizio dalla barba rossa. Il tizio magrolino le passò la sua birra, accarezzandole intimamente un braccio mentre lei beveva. Francesca non riuscì a restare semplicemente a guardare, il suo istinto da sorella maggiore venne fuori con prepotenza, spingendola a raggiungere lo stesso tavolo e a piazzarsi lì davanti con le mani sui fianchi. Il gruppetto la guardò perplesso ma lei non si fece intimidire. O almeno cercò di non sembrare tale.
«Qualche problema, bella?» le domandò il gorilla dalla barba rossa.
In quel momento Giorgia posò il boccale sul tavolo e riconobbe l'amica. «
E tu che ci fai qui?» chiese inacidendosi.
Francesca sbuffò. «Mi sei passata accanto prima e non te ne sei nemmeno accorta» rispose.
«E allora?» alzò un sopracciglio Giorgia. «Hai deciso di seguirmi come una stalker?»
«Volevo parlarti» rispose Francesca, gettando una fugace occhiata al gorilla.
«Credo che tu abbia già detto abbastanza, non vedo cosa ci sia da aggiungere» disse Giorgia serrando le braccia al petto.
Francesca strinse le labbra per un secondo, riflettendo; non era certo davanti a quella gente che avrebbe voluto chiarire la questione. Ma se Giorgia voleva fare la difficile...
«Fammi passare, Tremo» disse quest'ultima al gorilla. Il tizio si spostò e guardò Francesca in tralice, mentre il più piccolo si passò la lingua su un labbro. Lei fece finta di niente, ma in cuor suo non si sentiva affatto tranquilla.
«Andiamo» disse Giorgia che non aveva notato niente di tutto questo, dirigendosi verso un angolo dello steccato. Francesca la seguì ricambiando la sua occhiata ostile e incrociò le braccia al petto a sua volta.
«Sono questi i vostri amici, quindi?!» sbottò non appena si fermarono l'una davanti all'altra.
«Ecco che ricomincia!» sbuffò irritata, Giorgia. «Questi sono amici
miei! Vittoria non li conosce nemmeno! Ma non vedo perché dobbiamo sempre renderti conto di chi frequentiamo o di cosa facciamo!» alzò di un tono la voce. «E questa cosa che mi hai seguito è raccapricciante! Ma che ti dice il cervello?»
«E a te?!» la rimbeccò Francesca. «Ma li hai visti
quelli?! Al riformatorio hanno un posto riservato a loro nome!»
Giorgia strabuzzò gli occhi, sinceramente perplessa: «Ma ti ascolti? Sei sempre lì, a dispensare consigli a chi non te li chiede! Sempre pronta a giudicare e a fare la maestrina! Ma né io né Vittoria siamo Linda e dovresti smetterla di farci da balie!» concluse in preda alla frustrazione, ma si pentì subito di aver tirato in ballo quel nome.
Il volto di Francesca si fece immediatamente più cupo. La ragazza guardò verso le onde del mare che si scontravano sulla riva e Giorgia la vide buttare giù un nodo alla gola. Stavano dando il peggio di loro e lei non voleva aggravare ulteriormente la situazione. Perciò si voltò per andarsene, quando le parole di Francesca la paralizzarono: «non penso che a tuo padre farebbe piacere sapere che razza di gente frequenti» disse la sua amica senza enfasi. «Che dici? Gli faccio una chiamata?»
Giorgia sbiancò. Si voltò lentamente indietro e studiò il profilo di Francesca. Ma lei non ricambiò il suo sguardo, continuando a scrutare l'orizzonte a palpebre socchiuse.
«Dunque è a questo che sei arrivata?» le domandò allora Giorgia. «Alle minacce? Sul serio?»
In tutta risposta Francesca le scoccò un’occhiata impassibile e inarcò le labbra per un secondo.
Giorgia non poteva crederci.
In quel momento, con un pessimo tempismo, alle sue spalle sbucò il tizio magrolino. Le passò una mano attorno alle spalle e rivolse un sorriso strafottente a Francesca che cercò di non scomporsi.
«Hei, che sono questi brutti musi?» domandò lui, passando in rassegna prima l'una poi l'altra. Tirò su col naso e si grattò dietro il collo. Dopodiché tornò a guardare Francesca. «Dai, Giò!» la strinse senza staccare gli occhi dall'altra. «Torniamo di là, abbiamo ordinato altra birra, paga il Delta e stasera non guido! Voglio sfruttarla questa notte, cazzo!» concluse, e Francesca fu percorsa dai brividi quando nei suoi occhi scorse un bagliore euforico.
Ma Giorgia non si mosse né rispose. Come il suo amico, anche lei stava fissando Francesca, le minacce della ragazza le risuonavano dentro come un eco ed era evidente che non sapesse cosa fare. Dal canto suo, Francesca avrebbe voluto tirarla via per un braccio e andarsene, ma il ragazzo la stringeva in una morsa ferrea, e lei non era così coraggiosa da fronteggiarlo apertamente.
Quindi rimasero in quella situazione di stallo finché il gorilla-barba-rossa non urlò in loro direzione: «Oh, Daniele! Se non vi muovete qui finisce tutto!»
«Sentito?» rivolse con un ghigno alle ragazze quest'ultimo. «Hanno iniziato la festa senza di noi! Forza, muovetevi!» ordinò e allungò una mano verso la spalla di Francesca, che però lo evitò avviandosi automaticamente verso il tavolo. Non voleva affatto restare lì, quei ceffi la inquietavano a dir poco, ma non sapeva come andarsene e inoltre non voleva che Giorgia rimanesse da sola con loro. Non importa se lei diceva che loro fossero i suoi amici, quella gente emanava energia pericolosa a quantità industriali.
Se ne sarebbe pentita di sicuro.
«Allora, ce la presenti la tua amica o dobbiamo tirare a indovinare?» domandò Daniele a Giorgia una volta che ebbero raggiunto gli altri e lui si fu accomodato al solito posto.
Lei però stava ancora digerendo il litigio, perciò il tono con cui scandì «Francesca» suonò quasi come un sibilo. Entrambe, comunque, rimasero in piedi.
«Che? Volete restare lì tutta la sera?» fece una smorfia Daniele.
Giorgia guardò Francesca che le scoccò un'occhiataccia, ma non disse niente. Quindi Giorgia fece spostare di nuovo il gorilla-barba-rossa e si rimise a sedere tra lui e il magrolino, nascondendosi la faccia dietro un boccale di birra. Francesca al contrario non si mosse e Daniele si alzò. La ragazza lo guardò allarmata scavalcare (letteralmente) il tavolo e mettersi al suo fianco con un sorriso inquietante sulle labbra sottili. Trattenne quasi il fiato mentre lui la studiava dalla testa ai piedi. Si aspettava un gesto losco, e non si sbagliò del tutto perché lui le mise una mano sulla schiena e iniziò a indicare gli altri ceffi della banda.
«Quello che sembra un maiale è Valerio» disse con un ghigno indicando il ragazzo all'altro estremo del tavolo, che alzò incurante la mano con cui stringeva una sigaretta come a salutare, «ma noi lo chiamiamo il ''Delta'', perché è il suo cognome e, dice lui, suona più poetico! Quello accanto a lui è il ''Marocco''.. abbastanza ovvio come soprannome in effetti. Poi c'è quel bel pezzo di gnocca della tua amica Giorgia» sogghignò di nuovo, come se avesse fatto una battuta spiritosissima. «Figa davvero.» Francesca la guardò e avrebbe potuto giurare che Giorgia fosse arrossita, ma non ebbe tempo di indagare perché Daniele proseguì, indicando il gorilla-barba-rossa: «Lui è ''Tremotino'', perché fa paura solo di stazza, ma in realtà non è altro che una pettegola e per giunta nemmeno tanto coraggiosa» spiegò e l'altro gli scoccò un'occhiata risentita che a Francesca parve piuttosto minacciosa, a dispetto di ciò che le aveva appena detto il magrolino. Lui comunque continuò imperturbato: «io sono Daniele, per ora senza soprannomi. Ma magari tu potresti trovarmene uno» ammiccò, studiandola di nuovo.
A quel punto Giorgia alzò gli occhi al cielo e sbuffò. «Non è il tuo tipo, Dani. E comunque sta già uscendo con qualcuno» lo informò, tornando a bere. Francesca avrebbe quasi pensato che fosse infastidita dalle attenzioni che le rivolgeva il suo amico, ma non era intenzionata ad assistere alle sue scenate di gelosia. In ogni modo era impensabile che le potesse piacere un tipo del genere. Certo, Giorgia non aveva mai brillato particolarmente per le sue scelte, ma questo era troppo anche per lei!
«Senti, dovremmo andare» le disse ignorando il suo commento.
«Rilassati, tesoro» intervenne Daniele prima che Giorgia potesse rispondere. «È appena arrivata! Perché non ti siedi anche tu e non bevi qualcosa?» e non fu una domanda. Daniele la spinse – all'apparenza – delicatamente verso il gorilla-barba-rossa e lo obbligò a farle spazio. Con una smorfia lui si scansò verso Giorgia, e Francesca dovette sedersi per forza. Daniele si piazzò accanto a lei, passandole un braccio attorno alle spalle, ma Francesca si scosse perché le togliesse le mani di dosso. Lui le alzò in segno di resa.
«Non credevo che le amiche di Giorgia potessero essere tanto nervosette» disse. E la citata spostò lo sguardo in loro direzione, ignorando ciò che le stava raccontando ''Marocco''. A quel punto Francesca fu certa che avesse una cotta per Daniele, lo sguardo dell'amica lo seguiva come un'ombra. Una ragione in più per portarla via. Ma come?
Francesca rifletté: forse, se fosse stata al gioco per un po', avrebbero potuto andarsene senza problemi. Non voleva davvero coinvolgere i genitori di Giorgia, l'aveva detto solo per spaventarla. Tra l'altro non era manco sicura che loro avrebbero preso sul serio la sua chiamata; il padre di Giorgia era un uomo impegnato e la madre era perennemente a qualche festa di beneficenza. Magari non sarebbero nemmeno riusciti a risponderle. No. Non doveva pigiare sull'acceleratore. Doveva solo restare calma e aspettare il momento giusto.


«Il momento giusto, però, non era mai arrivato» ci disse Francesca con un'aria malinconica, agitando il rimanente del vino nel calice. «Me ne pento tutt'ora, Vi. Giuro che non avrei mai creduto che le cose potessero prendere una piega del genere...»

Dopo cena la sua pazienza fu sul punto di esaurire. Francesca era stanca di stare su quella panca a osservare come il resto del branco si scolasse una birra dietro all'altra, tirandosi i salatini e vociando sopra le chiacchiere degli altri. Tra l'altro aveva la netta impressione che ogni tanto qualcuno li lanciasse delle occhiatacce per via di tutto il casino che facevano. La cosa più incredibile era che Giorgia si stava divertendo, non mancando di dare spago al suo adorato Daniele che però continuava a infastidire Francesca. Quindi, dopo l'ennesimo tentativo da parte del ragazzo di metterle le mani addosso, lei si alzò dicendo che doveva andare in bagno. Lasciò la sua tracolla con i libri lì con loro e rientrò nella sala interiore dirigendosi verso la porta del bagno dall'altra parte.
Per fortuna dentro non trovò nessuno. Accese il rubinetto dell'acqua fredda nel lavandino e si sciacquò il viso accaldato, guardandosi poi allo specchio soprastante: aveva un aspetto pietoso e non era ancora riuscita a portare via Giorgia da quella gente. Chissà... forse non avrebbe dovuto farlo davvero, forse si stava accanendo semplicemente perché quei tipi non le piacevano. Magari avrebbe fatto meglio ad andarsene da sola, anche se a quest'ora non c'erano più pullman che avrebbero potuto riportarla a casa. Beh, per quello poteva sempre chiamare Giacomo o una delle sue coinquiline e farsi venire a prendere. Eppure non ci riusciva, sentiva che altrimenti sarebbe potuto succedere qualcosa che... No, doveva convincere Giorgia a lasciarli perdere!
Così tornò fuori. Ma quando giunse al tavolo scoprì con orrore che ad aspettarla c'era rimasto solo il gorilla-barba-rossa-Tremotino. Non le prestava nemmeno attenzione in verità, beveva da una bottiglia con lo sguardo perso tra la folla che si stava accalcando nello spazio centrale, sgombro di tavoli. Poi il DJ fece partire un remix e le gente iniziò a dimenarsi.
«Dove sono tutti?» Francesca dovette gridare sopra la musica per farsi sentire e finalmente il gorilla la guardò. Si strinse pigramente nelle spalle e disse solo: «boh.» Era chiaro che non avrebbe ottenuto altro da lui, quindi Francesca afferrò la sua tracolla, improvvisamente molto più leggera, e guardò dentro: mancava un libro, lo stesso su cui aveva studiato alla fermata. Che diavolo ci dovevano fare con un libro?! Si agitò e corse sull'improvvisata pista per controllare se non fossero lì. Non voleva farsi prendere dal panico o dalla rabbia, doveva cercare di stare calma. Ma della chioma bionda di Giorgia non c'era traccia da nessuna parte e quando, dieci minuti più tardi, non era nemmeno tornata al tavolo, Francesca si sentì sul punto di cedere al panico.
Anche il gorilla-barba-rossa era sparito e lei non seppe che pensare; non potevano essersi volatilizzati nel nulla, no? Controllò il telefono e provò a chiamare l'amica per almeno cinque volte, senza ottenere mai risposta.
Adesso sì che si stava arrabbiando.
Stava quasi per mollare e andarsene, quando qualcuno le arrivò da dietro e le coprì gli occhi. Francesca trasalì a quel contatto, perché quelle mani erano troppo grosse per essere quelle di Giorgia e puzzavano di alcol e sigarette. Se le scollò immediatamente di dosso, voltandosi per ritrovarsi di fronte al ghigno strafottente di Daniele. Era troppo turbata però per cercare ancora di far finta di nulla. Quindi, in un ringhio, disse: «senti, non so quale sia il tuo problema e nemmeno m'interessa.
Tu non m'interessi! L'unica cosa che voglio sapere è dov'è Giorgia! Dobbiamo andare via. Dimmi dov'è!»
Non fece in tempo a terminare la frase, però, che il viso di Daniele si trasfigurò in una smorfia inquietante. I suoi occhi lampeggiarono di una luce strana e il ragazzo iniziò a fissarla intensamente, quasi fosse in trance. Francesca si sentì accapponare la pelle. Si voltò per andarsene ma lui la afferrò per un polso e nonostante il caldo asfissiante si sentì gelare il sangue nelle vene quando lui le si parò davanti e strinse il suo polso così forte che Francesca emise un gemito. Poi la lasciò andare, così, come niente fosse successo, e se ne andò lasciandola tremante in mezzo al pub. Le ci vollero diversi secondi per riprendersi. In quel momento non aveva dubbi che quei ragazzi fossero pericolosi e che doveva assolutamente ritrovare l'amica. Andò a chiedere persino al bar, ma nessuno l'aveva vista e nemmeno negli altri locali del posto le avevano saputo dire nulla. Così iniziò a cercarla sulla spiaggia.
Camminò a lungo, quasi fino a raggiungere lo scoglio a tre chilometri di distanza dal punto da cui era partita, ma non trovò nessuno. Perciò tornò indietro e riprese a camminare in direzione opposta, domandandosi se fosse il caso di chiamare qualcuno dopotutto. Erano passate due ore ormai e non aveva avuto da Giorgia neanche un messaggio o uno squillo. Pian, piano la preoccupazione stava prendendo il posto della frustrazione e Francesca decise di chiamare Giacomo quando d'un tratto la vide, illuminata dai carboni ancora accesi di un falò morente: Giorgia era stesa in mezzo alle rocce lisce e scivolose, sotto uno scoglio incavato, e i suoi piedi scalzi venivano lambiti dall'acqua del mare. Attorno a lei era disseminato il caos: bottiglie, resti di spinelli, la borsa e le scarpe dell'amica gettate alla rinfusa e brandelli del libro di Francesca che qualcuno aveva trovato utile per accendere il fuoco e ricavare delle strisce per le sigarette.
Francesca si portò una mano alla bocca facendosi di pietra – il corpo dell'amica giaceva inerme con le braccia spalancate. L'istinto di Francesca la spinse a correre da lei; le controllò il respiro e si accorse che era irregolare, aveva le labbra e le punta delle dita di un colore pericolosamente bluastro e le mani fredde. Francesca tentò di risvegliarla, ma non ebbe reazioni. Si ripeté che non poteva farsi prendere dal panico e chiamò d'urgenza un'ambulanza. Fino al suo arrivo fece del suo meglio per prendersi cura di Giorgia, come le avevano insegnato al corso di medicina. Una volta arrivati i soccorsi, Giorgia fu caricata sull'ambulanza e portata via sotto lo sguardo disperato di Francesca. Uno dei medici le aveva ordinato di chiamare i parenti della ragazza e lei aveva obbedito.
Un'ora più tardi erano tutti nella sala d'attesa dell'ospedale di San Lombardo: lei, Giacomo che era venuto a recuperarla e i coniugi Callisto. Da quando Francesca era arrivata, la signora Callisto non aveva fatto altro che singhiozzare e suo marito camminava su e giù davanti alla finestra.
«Che cos'è successo a mia figlia?! Come ci è finita in coma etilico?!» l'aveva aggredita la signora non appena Francesca aveva varcato la soglia. «Dov'eri?! Perché l'hai lasciata sola?!» aveva proseguito in preda al panico.
Ma Francesca non aveva saputo risponderle; nella sua mente era ancora vivido il ricordo di Giorgia, pietrificata dalla paura al pensiero che il padre potesse scoprire con che razza di gente usciva. E anche se sapeva che la cosa più giusta da fare era raccontarle tutto (
tutto), era rimasta lo stesso in silenzio, schiacciandosi contro Giacomo che la teneva stretta a sé per rassicurarla. Fortunatamente a quel punto a interromperli era arrivato il medico per comunicare ai signori Callisto che la figlia non era in pericolo. Francesca l'aveva trovata giusto in tempo e aveva reagito nel modo più corretto. Ne erano stati sollevati, ma erano rimasti comunque lì, ad aspettare il suo risveglio.
A un certo punto Francesca doveva essersi addormentata sulla spalla di Giacomo, perché quando riaprì gli occhi fuori c'era l'alba e il ragazzo le dormiva accanto con la testa a penzoloni. Anche i genitori di Giorgia dormivano e Francesca non voleva svegliare nessuno. Si alzò piano per sgranchirsi le gambe e prese qualcosa da mangiare alla macchinetta, oltre a un caffè senza zucchero. Lo bevve quasi in un solo sorso e finì gli snack con altrettanta rapidità, perché era dalla sera precedente che non mangiava, salatini a parte. Quando ebbe finito, si avvicinò al cestino della spazzatura che era ad appena un metro dalla porta di Giorgia. Ci sbirciò dentro senza rendersene conto e si sorprese di vedere Giorgia sveglia; la ragazza stava fissando la parete davanti a sé con aria inespressiva e non si era accorta dell’amica.
Senza farsi beccare, Francesca sgattaiolò nella stanza attirando l'attenzione di Giorgia. Le avevano tolto la mascherina d'ossigeno e l'amica riuscì a farle un sorriso. Era appena accennato ma fece stare meglio Francesca che si sedette sul bordo del letto e le strinse gentilmente una mano.
«Dovrei avvertire qualcuno che ti sei svegliata» le disse.
«Dammi solo un altro minuto» gracchiò Giorgia, «non voglio essere assillata dalle domande.»
Francesca annuì e abbassò lo sguardo sulla flebo. «Tua madre si è preoccupata un sacco. Mi ha chiesto cos'è successo...»
«E tu?» la guardò improvvisamente in ansia, Giorgia.
Francesca si scrollò nelle spalle. «Non le ho detto niente. In verità non so nemmeno cos'è successo dopo che sei sparita.»
Giorgia tornò a guardare davanti a sé. «Non dirle niente» disse in tono secco. «Non dire niente a nessuno. Per favore. Nemmeno a Vittoria! Non voglio che si precipiti qui per niente.»
Francesca cercò di dominarsi – quella richiesta non le andava giù, non era esattamente
niente quello che le era successo! Ma non era certo il momento di litigare. Perciò, invece di rispondere, chiese: «dimmi cos'è successo, Giò.»
Ma Giorgia rimase con un’aria impenetrabile.
«Giò» la pregò allora di nuovo Francesca.
L'amica sospirò, arrendendosi.
«È stata solo colpa mia. Ho chiesto ai ragazzi di scaricarti perché ero ancora arrabbiata con te e volevo svignarmela. Daniele non era d'accordo» e qui fece una smorfia, «ma gli altri sono riusciti a convincerlo. Così ce ne siamo andati, a parte “Tremo”, gli dispiaceva lasciare la tua roba incustodita sulla panca di un pub» spiegò, abbozzando un sorrisetto. Poi tornò a guardare Francesca. «Mi dispiace» aggiunse.
Francesca non disse niente, continuò semplicemente a guardarla in attesa di sentire la parte più importante, e cioè: com'era finita abbandonata sulla spiaggia, priva di sensi. Francesca parve leggerglielo in faccia.
«Ti abbiamo preso un libro e abbiamo pensato di fare un piccolo falò e fumarci un po' di roba che aveva portato il Delta» disse, deglutendo a fatica. «Ho proposto di rendere le cose più divertenti chiedendo a Daniele di andare a prendere un paio di bottiglie di tequila al pub. Conosce il barman e sapevo che gliele avrebbe passate sottobanco, e lui ci è andato. È tornato incazzato un quarto d'ora più tardi, dicendo che mi stavi cercando. E io...» deglutì di nuovo, «io ho detto che potevi andare al diavolo» concluse, abbassando colpevolmente lo sguardo.
A Francesca ci volle qualche secondo per digerirlo. «E cos'è successo poi?» domandò, lasciando tuttavia la presa sulla mano dell'amica.
Giorgia parve davvero dispiaciuta. «Non lo so. A un certo punto tutto è diventato più confuso. I ragazzi parlavano di andare in centro per fare qualcosa, ma io non capivo più nulla. Poi mi sono sentita male e infine...
blackout
Nella stanza cadde il silenzio. Dal corridoio iniziarono a provenire le prime voci. Qualcuno rise e Francesca si alzò per andarsene, non voleva rischiare di passare guai per essersi intrufolata nella stanza di una paziente senza il permesso del medico. Quindi uscì con la promessa di non raccontare niente a nessuno.
In quel momento i genitori di Giorgia si svegliarono e Francesca li disse che le era sembrato che loro figlia fosse vigile. Il signor Callisto andò subito a cercare un infermiere, ma Francesca non rimase ad aspettare che tornasse, salutò la perplessa signora Callisto e si fece riaccompagnare a casa.

Quello stesso pomeriggio Francesca si ritrovò da sola: le sue coinquiline erano uscite e Giacomo era tornato a casa per riposarsi dopo la scomoda notte passata sulla sedia di ferro della sala d'attesa. Quindi la ragazza mise via il libro di testo che si era fatta prestare da una delle sue coinquiline (dato che il suo era stato ridotto a pezzi) e decise di fare una pausa e prepararsi un tramezzino.
In cucina accese la televisione e aprì il frigo. Stava giusto tirando fuori un barattolo di maionese quando l'annunciatrice del telegiornale diede la notizia: la scorsa sera era avvenuta una rapina in Corso dei Cavalieri, a riportare i danni era stato il rinomato negozio... Coin. Tuttavia i colpevoli erano stati ripresi dalle videocamere della sorveglianza e il video stava per essere mostrato al pubblico per eventuali segnalazioni.
Lentamente, Francesca si voltò verso lo schermo e il barattolo le scivolò dalle mani e cadde per terra, rompendosi e schizzando un po' di salsa ovunque. Francesca si portò una mano alla bocca mentre in tivù passavano le immagini in bianco e nero di quattro figure maschili con i volti nascosti dalle bandane, ma lei li avrebbe riconosciuti ad occhi chiusi: il tizio magrolino tutto tatuato, il giovane grande e grosso dai capelli ramati, quello più basso accanto a lui e il ragazzo di colore che chiudeva la fila, mentre tutti insieme se la davano a gambe, esultando per il bottino. A Francesca parve che nella stanza mancasse l'aria e si dovette sedere un secondo per elaborare la notizia. Dopodiché corse a prendere il telefono e digitò a Giorgia un messaggio:

DEVI ASSOLUTAMENTE VEDERE IL TELEGIORNALE!


La risposta giunse appena un minuto dopo:

LO SO. L'HANNO VISTO TUTTI, QUI.
RICORDA CHE ME L'HAI PROMESSO...


Francesca stentò a credere a ciò che lesse. Giorgia aveva intenzione di proteggerli? Dopo tutto quello che era accaduto? Dovette rimettersi a sedere per non sentirsi di nuovo male. Si appoggiò con la fronte contro la mano e prese un profondo respiro: improvvisamente le tornò in mente di come l'aveva guardata Daniele, i suoi occhi vitrei e assenti e il modo in cui le aveva stretto il polso – se lo massaggiò istintivamente ed ebbe i brividi. Avrebbe cercato di farle di nuovo del male se avesse saputo che lei voleva denunciarlo? Ne avrebbe fatto a Giorgia? Francesca a stento non scoppiò in lacrime. A interromperla furono le sue coinquiline che rientrarono proprio in quel momento, facendo un sacco di chiasso. Le ragazze risero e scherzarono finché non entrarono in cucina, dov'era seduta Francesca, e di fronte alla sua espressione strana ammutolirono.
«Hei! Tutto bene?» domandò una di loro.
In tutta risposta Francesca annuì e prese uno stracco per ripulire il pavimento.

«Quindi...» esitò Nick, «non hai detto niente a nessuno?»
Francesca non gli rispose, si alzò in piedi per versarsi altro vino e mi domandai se fosse il caso di far sparire la bottiglia. Ma la mia amica aveva l'aria lucida e dannatamente triste nello stesso tempo, perciò non mi mossi, aspettando con ansia la risposta.
Francesca emise un breve sospiro: «No. Avevo avuto paura e Giorgia continuava a supplicarmi di non parlarne con nessuno. Inoltre dovevo pensare alla laurea e i miei stavano attraversando un periodo piuttosto turbolento. Ero confusa e nei giorni seguenti avevo evitato Giorgia come la peste, finché un pomeriggio fui costretta a chiamarla...»

Il telefono non squillò a lungo. Giorgia rispose dopo appena due squilli, ridacchiando in maniera sciocca.
«Sì-ì?» strascicò.
Francesca prese un bel respiro. «Tua madre mi ha chiamato in preda al panico. Dice che non le rispondi al telefono di casa e continui a buttare giù le sue chiamate al cellulare. Che sta succedendo?»
«Ah!» sbuffò scocciata Giorgia e in sottofondo tintinnò qualcosa. «Da quando mi hanno dimessa non fa altro che starmi addosso!»
«Giorgia.»
«Non ti ci mettere anche tu!» esclamò la ragazza, strascicando leggermente le parole. «Siete esasperanti!»
«Okay. Non importa» tagliò corto Francesca in tono esausto. «Le dirò che sei in giro per i negozi e hai il telefono in borsa. Però, per favore, rispondile. Devo studiare e non ho tempo per questo.»
«Come desidera, capo!» ridacchiò Giorgia. «Torni pure alle sue noiose tesi ed esami.»
Stava già per buttare giù, quando all'altro capo si sentirono rumori indistinti e un'altra voce prese posto a quella dell'amica: «Oh! La Santa Salvatrice!» esclamò lui. «L'altra sera ti sei persa tutto il divertimento.»
Francesca si paralizzò con il telefono schiacciato contro l'orecchio. Nella sua mente scorsero brevi immagini della sera in cui lei e Giorgia erano state al disco-pub e di quello che era successo subito dopo. Le sembrava ancora di poter sentire le sirene dell'ambulanza.
«Cosa fai lì con lei?» disse finalmente e le venne il mal di stomaco.
Daniele non rispose subito, si prese il tempo per scambiarsi una battuta con Giorgia che protestava per riavere indietro il suo cellulare. «Dai, bella» disse poi rivolto a Francesca. «Unisciti alla festa! Abbiamo tutta la dependance a nostra disposizione e...»
Francesca non finì nemmeno di ascoltarlo. Buttò giù la chiamata, prese le chiavi dalla mensola e si precipitò alla fermata del pullman.
Venti minuti più tardi era di fronte alla casa di Giorgia. Sul vialetto c'era parcheggiata una grossa moto nera che non apparteneva certo al signor Callisto. A Francesca tremarono le mani mentre faceva il giro attorno alla villetta per raggiungere il retro della casa. Si fermò accanto alla piscina e guardò verso la dependance con il cuore che le martellava in gola – la porta della dependance era socchiusa e dall'interno proveniva una musica psichedelica. Non rimase a riflettere a lungo, facendosi coraggio spinse la porta e sgranò gli occhi; era una scena a cui avrebbe preferito non assistere: Giorgia era stesa per terra con addosso solo una vestaglia azzurra che lasciava intravedere una buona parte del suo corpo, era intenta ad accendersi una sigaretta con aria stordita mentre Daniele, in piedi a torso nudo, si muoveva a ritmo del ritornello vicino allo stereo. Aveva una bottiglia di whisky quasi vuota in una mano e nell'altra uno spinello ancora acceso a cui diede una lunga boccata. L'aria era irrespirabile e attorno a loro c'erano diverse lattine vuote e un posacenere pieno di mozziconi che a Francesca ricordarono il disastro sulla spiaggia.
Istintivamente la ragazza deglutì.
«Ma guarda chi è arrivato!» esclamò Daniele che si accorse di lei solo in quel momento.
Giorgia girò pigramente la testa in direzione dell'amica e sbuffò: «non ci posso credere!»
Francesca avrebbe potuto dire lo stesso, invece guardò Daniele che spegneva lo spinello dentro il posacenere traboccante per avvicinarsi. Francesca fece automaticamente un passo indietro. Lui rise.
«Non mordo mica» le disse.
«Preferisco non correre rischi» rispose lei portandosi una mano dentro la tasca dei jeans, dove teneva il cellulare. «Faresti meglio ad andartene» aggiunse poi. Lui rise più forte.
«E da quando sei tu a deciderlo?» le domandò Giorgia. Le sue palpebre erano pericolosamente pesanti. In realtà non aveva una bella cera in generale e questo spinse Francesca a insistere.
«Da quando ti ho ritrovata mezza morta sulla spiaggia!» la apostrofò, stringendo più forte il telefono.
Daniele si voltò sopra la spalla tatuata verso Giorgia e tirò su col naso. «Avevi ragione, è proprio una rompipalle» le disse e Francesca strinse i denti.
«Una rompipalle che chiamerà la polizia se non te ne vai subito!» lo informò, dimostrando più coraggio di quanto non se ne sentisse in realtà. E con questo tirò fuori il cellulare e digitò il 113. «Mi basterà schiacciare un tasto» aggiunse, portando il pollice a mo' di ammonimento sopra l'icona con la cornetta.
Finalmente Giorgia si alzò da terra e rivolse un'occhiata preoccupata al ragazzo, che però era troppo occupato a fulminare Francesca per ricambiare. Dal canto suo, Francesca cercò di non farsi intimidire e avvicinò un po' di più il pollice allo schermo dello smartphone. A Daniele pulsò la mascella. Poi si voltò, andò a prendere la canottiera dal divanetto e raggiungendo la porta diede una forte spallata a Francesca, facendola vacillare. Mentre attraversava il cortile Giorgia provò a raggiungerlo, urlando: «
Coin! Fermati! Torna indietro!» ma Francesca la trattenne per un braccio prima che potesse uscire dalla dependance e Giorgia era più bassa, più gracile e decisamente molto meno lucida dell'amica per riuscire a strattonarsi.
«Che diavolo credi di fare?!» se la prese con Francesca non appena il rumore del motore della moto giunse fino a loro. «Perchè devi sempre impicciarti? Eh?!»
Francesca fu sul punto di risponderle per le rime, ma non fece in tempo ad aprire bocca che Giorgia assunse un preoccupante colorito verdastro. La lasciò andare immediatamente, appena un secondo prima che Giorgia si voltasse e si piegasse in avanti per dare di stomaco. Francesca si voltò da un'altra parte in attesa che finisse, prima di prenderla per le spalle e accompagnarla all'aria aperta. A fatica la aiutò a mettersi su una sdraio e rimase con lei per tutto il tempo. Nel frattempo Giorgia aveva iniziato a delirare tra le lacrime, sostenendo che ''Coin'' – «Sai, adesso ha un soprannome anche lui! I ragazzi dicono che se l'è guadagnato!» – fosse l'amore della sua vita e che odiava Francesca perché lui adesso sembrava più interessato a lei.
Quando Giorgia si fu finalmente calmata, Francesca le tolse delicatamente una ciocca di capelli dal viso e le batté dei colpetti sulla spalla. Nel giro di due minuti Giorgia si addormentò e Francesca guardò di nuovo il telefono dov’era ancora segnato il numero della polizia. Era di nuovo combattuta perché non sapeva davvero che fare. Poi gettò un'altra occhiata all'amica e capì: quel ragazzo non le avrebbe lasciate in pace e Giorgia non l'avrebbe mai allontanato, perché si era presa una bruttissima cotta per quel criminale! Perciò
doveva proteggerla, soprattutto dal momento che era la più grande.
Quindi racimolò tutto il coraggio di cui disponeva e fece l'unica cosa possibile...

«Che cosa? Cosa hai fatto?» la incalzai chinandomi in avanti.
Francesca agitò il vino nel calice: «Ho chiamato la polizia» rispose.
Io e Nick ci scambiammo un'altra occhiata, poi, a braccia ancora conserte, lui si staccò dal camino.
«Non avevi scelta» disse. «L'hai detto anche tu, non vi avrebbe lasciato in pace.»
«Già» ci rivolse un sorriso amaro, Francesca. «È esattamente quello che non sta facendo anche adesso, lasciarci in pace...»
«Credi che sia tornato per fartela pagare?» le domandai preoccupata. Lei si strinse nelle spalle con aria quasi indifferente. Ne rimasi colpita, perché non l'avevo mai vista in uno stato del genere.
In quel momento suonò il citofono e Francesca si raddrizzò nelle spalle e andò ad aprire, rimanendo sulla porta in attesa dell'arrivo di Giorgia. Nicholas mi si avvicinò e mi strinse una spalla, rivolgendomi un mezzo sorriso che non ricambiai. Quando Giorgia entrò, portandosi dietro due grosse buste bianche, non riuscii a fare a meno di ripensare al racconto di Francesca e alla sera del mio ritorno dal viaggio – loro due mi avevano accolta all'aeroporto con enormi sorrisi stampati in faccia... possibile che non mi fossi accorta di niente? Ma più di tutto, possibile che fossero state così brave a dissimulare?
Giorgia intercettò il mio sguardo e alzò su le buste come fossero un bottino di guerra. «Spero che non abbiate iniziato la festa senza di me!» disse tutta allegra e parve quasi che Coin non fosse mai tornato nella sua vita. O, più probabilmente, che la sua folle cotta non fosse mai stata superata dopotutto.



---------------------------------- MOMENTO AUTRICE ----------------------------------


Here I am a scusarmi per l’ennesima volta del ritardo. Purtroppo questo capitolo ha richiesto più tempo del previsto e mi sembrava giusto dargliene, soprattutto dal momento che desideravo dare spazio anche alle amiche di Vittoria perché fanno parte integrante della sua vita. Quindi eccoci qui, a scoprire qualcosa di nuovo su di loro! Un passato tutto da dimenticare per Francesca e un eccitante (dal suo punto di vista) ritorno di fiamma per Giorgia. Che cosa ne uscirà fuori? Un bel casino di sicuro, anche perché Vittoria e Nick si troveranno coinvolti in questa storia più di quanto si potrebbe immaginare. Ma niente spoiler, perciò vi lascio qui, miei cari, prima di lasciarmi sfuggire altro! ;)

Have a nice day e alla prossima!


M.Z.

   
 
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