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Autore: rossella0806    28/04/2016    2 recensioni
Il commissario Alessandro Terenzi è ormai alla sua terza indagine letteraria: un lunedì mattina di inizio novembre, viene ritrovato cadavere il noto imprenditore delle ceramiche torinesi Giorgio Appiani Uzia, ucciso nell'ufficio della sua fabbrica e, così, per il poliziotto, si apre un nuovo rompicapo da risolvere il prima possibile.
Ghirodelli, il fedele collega ed ispettore, sarà sempre al suo fianco, così come Ginevra, la simpatica ed impicciona archeologa ormai diventata la fidanzata ufficiale del commissario, la cui unica compagnia, fino ad allora, era stata Miss Marple, la tartaruga di terra.
Tra malanni di stagione, ex mogli, segretarie eccentriche, vecchiette diffidenti e figli ambigui, accompagneremo Terenzi in questa nuova avventura dai risvolti, man mano, sempre più oscuri.
Genere: Comico, Mistero, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Di ritorno in commissariato, si scatenò un nuovo temporale: questa volta non mi freghi, pensò con aria di rivincita il poliziotto, sono al riparo e ho persino l’ombrello.
Aveva accostato in prossimità di via Pisacane, dopo l'ennesimo scroscio che rischiava di subissarlo, e ne aveva approfittato per telefonare a Franco Berardi per avvisarlo che, insieme ai suoi agenti a sorvegliare la zona del parco della Pellerina, avrebbe mandato anche la Finotti e Di Biase: gli rispose una voce di donna particolarmente infantile, che gli comunicò che il collega era ancora in riunione, per cui lasciò detto di farlo richiamare appena si fosse liberato.
Quando entrò in ufficio era già l’una e mezza, ma sembrava fosse piena notte: Terenzi infilò l’ombrello nell'apposito cilindro di metallo adagiato su una parete, appoggiò il cappotto color cammello sul divanetto ed accese l’interruttore della luce.
Scostò le tende lattescenti della striminzita finestra e diede un’occhiata al traffico sottostante, sbirciando i puntini rappresentati dalla moltitudine di persone che si affrettavano ad andare in mille diverse direzioni.
La sua attenzione venne catturata da un gruppetto di operai intenti a riparare un paio di tombini proprio di fronte al bar di Maurizio, protetti da una tettoia di ghisa che li impediva di bagnarsi con quelle gocce spesse e fitte che si riversavano dal cielo: il tempo proprio non ha intenzione di migliorare, constatò con una punta di amarezza, solo il vento si è placato.
Riaccostò le tendine ed uscì in corridoio per andare a cercare l’ispettore, che però non era ancora tornato dal giro di perlustrazione alla banca in cui Agnese Rampi aveva depositato i suoi risparmi: l’agente in guardiola, un giovane che sembrava la fotocopia di Ghirodelli –stessi capelli rossi, stesso naso aquilino da attore degli anni Trenta e stessi occhi penetranti neri come la pece- gli disse che nessuno lo aveva cercato mentre era a parlare con il signor Della Robbia, quindi tornò mestamente in ufficio, starnutendo un paio di volte giusto per non perdere il ritmo.
Si stravaccò sulla poltrona girevole, controllando se ci fosse qualche carta da firmare: fu felice che non vi fosse ombra di alcun documento arretrato, perché davvero non aveva nessuna voglia di concentrarsi per più di un minuto di fila sullo stesso argomento.
Chiuse un attimo gli occhi, incrociando le mani in grembo: lo preoccupò il rendersi conto che non aveva affatto fame, nonostante a quell’ora, di solito, sarebbe stato in grado di mangiare tutto ciò che gli fosse passato davanti.
Per ingannare il tempo in attesa del rientro dell’ispettore, il poliziotto rovistò nelle tasche alla ricerca del biglietto su cui aveva scarabocchiato il nome della clinica dove Giorgio Appiani Uzia si era sottoposto agli esami del sangue: stava uscendo dall’abitazione di Carlo Della Robbia, quando ritornò indietro per chiedergli se sapesse dove l’amico era solito andare per eseguire gli esami di routine e, guarda a caso, l’imprenditore e la vittima si rivolgevano allo stesso centro esclusivo a pochi passi dal centro città.
Adesso, il poliziotto aveva già la cornetta in mano, quando la sua coscienza di commissario lo indusse a richiedere l’autorizzazione alla dottoressa Del Fiore: forse è inutile perdere tempo a visionare il referto, ma era pur sempre meglio non tralasciare nulla.
La voce del magistrato era particolarmente squillante, tanto che per un nanosecondo Terenzi si chiese se avesse composto il numero giusto.
-Ah, è lei commissario. Si è deciso a chiamarmi per riferirmi delle novità, spero ... -
L’uomo si schiarì la voce, trattenendo l’ennesimo starnuto, e la mise al corrente delle informazioni riguardanti il referto autoptico eseguito dal dottor Bertani, del colloquio con Clelia Camoletti e con Della Robbia, per poi finalmente andare al motivo della telefonata.
-D’accordo, se crede che possa servire per risolvere le indagini ha la mia autorizzazione. Però, in tutta sincerità, non mi sembra stiate facendo dei grandi passi avanti: i resoconti che mi ha fatto pervenire nei giorni scorsi mostrano numerose lacune e punti interrogativi. Non crede anche lei?-
Per fortuna che non gli aveva detto nulla della sua grandiosa idea di mandare la Finotti e Di Biase insieme al gruppo di Berardi, altrimenti la sospensione non me la negava nessuno.
-E per quanto riguarda Agnese Rampi? Avete verificato la veridicità del suo interrogatorio?-
Quella donna aveva davvero intenzione di non lasciargliene passare nemmeno mezza, ma lui non avrebbe demorso tanto facilmente.
Era un altro punto dolente, rifletté, su cui non era ancora in grado di farle alcun resoconto, ma almeno non avrebbe dovuto mentire.
-Sto aspettando che l’ispettore Ghirodelli rientri in commissariato: questa mattina è andato personalmente alla Banca di Credito Piemontese, in via Malfatti n° 12, dove la donna ha depositato il conto corrente. Le farò sapere al più presto, dottoressa, nel caso vi siano delle notizie-
La Del Fiore riattaccò reprimendo ulteriori lamentale.
Terenzi era già pronto per cercare in Internet il numero telefonico della clinica privata, quando l’istante dopo chiamò Franco Beradi, felicissimo per la collaborazione con il caro Alessà.



Alle due e dieci Ghirodelli entrò in ufficio.
-Commissario, ho delle novità-
Terenzi gli fece cenno con la mano di accomodarsi: lasciò perdere i documenti che stava leggendo al computer, per concentrarsi interamente sul nuovo arrivato.
-Molto bene, raccontami tutto … -
L'altro si mise seduto ed estrasse l'autorizzazione che gli aveva concesso il direttore della banca per effettuare le opportune verifiche del conto della sospettata.
-Dunque, un paio di settimane fa, il 30 ottobre scorso ci sono state due transizioni molto importanti: la prima riguarda il figlio della donna, Francesco Gucci, lo studente di Biologia che vive a Padova. Il ragazzo si è recato alla filiale per convertire un assegno della madre: parliamo di cinquecentosessantotto euro, una cifra relativamente irrisoria rispetto ai centocinquantamila incriminati. Prima che mi chieda se sono riuscito a risalire alla causale dell'assegno, le anticipo la domanda e le do anche la risposta, ovvero di no. Ma non si preoccupi, rimedierò dopo pranzo con una telefonata alla Rampi-
-E il secondo movimento bancario?- continuò interessato il superiore, facendogli cenno di proseguire.
-Nel pomeriggio dello stesso giorno, una donna ha effettuato il misterioso bonifico in favore dell'azienda di Appiani, ma qui viene il pezzo forte, commissario, ovvero che la descrizione sembrerebbe non corrispondere con le fattezze dell'infermiera ... -
-Con chi ha parlato la Rampi quel 30 ottobre? Si sarà rivolta a qualche impiegato o ha fatto tutto da sola?!!- cercò di controllarsi Terenzi, mentre la poltrona sotto di lui cigolava contrariata.
-Certo che lo ha fatto, capo, ma il direttore della filiale è nuovo: il suo predecessore è andato in pensione circa quattro mesi fa, e il sostituto ha incontrato per la prima volta Agnese Rampi quel pomeriggio. Da allora non l'ha più rivista ... -
-Insomma, per dirla in breve, non abbiamo termini di paragoni. Ma la foto della donna che siamo andati a recuperare? Non è servita per un confronto?-
Ghirodelli scosse la testa, facendo spallucce.
-Non è recentissima e, soprattutto, non è un primo piano: questi due elementi fanno titubare l'uomo nel riconoscerla ufficialmente-
Il commissario si grattò la punta del naso, mentre dalla finestra dietro di lui entrava il rumore costante e fastidioso della pioggia torrenziale.
Congedò l'ispettore, ringraziandolo per il lavoro svolto, dopo averlo messo al corrente del colloquio telefonico con la Del Fiore, che gli aveva accordato il permesso di visionare il referto delle analisi del sangue.



Erano quasi le sei e, per tutto il pomeriggio, non c’erano stati contrattempi.
In compenso, la Finotti e Di Biase non erano riusciti a trovare Katiuscia, o Svetlana come si faceva chiamare adesso, e così l’umore di Terenzi continuò ad essere al di sotto della soglia critica accettabile.
La pioggia persisteva a scendere e non accennava a diminuire: era talmente buio che il commissariato sembrava una vecchia discoteca illuminata a giorno.
Aveva deciso di tornare a casa un po’ prima, per andare a rifornire la dispensa, passare alle Poste a pagare le bollette – su questo punto non era particolarmente sicuro, perché non si ricordava l’orario di chiusura, ma ci avrebbe provato lo stesso- e andare in tintoria a ritirare i due completi che aveva portato da lavare e stirare.
Stava recuperando le chiavi della Panda, quando la porta si aprì ed entrarono Ghirodelli -che aveva supervisionato il tutto-, la Finotti e Di Biase.
-Allora ragazzi? Avete scoperto qualcosa?-
-No, purtroppo. I colleghi di via Cavour sono ancora sul posto, ma hanno avuto pietà di noi e ci hanno rimandato alla base. Comunque abbiamo domandato ai negozianti lì in giro, a un paio di portieri degli stabili lì intorno, ma nessuno sembra che l’abbia mai vista-
L’ispettore si fece avanti con aria abbastanza stravolta, i capelli crespi dall’umidità della pioggia, mentre gli altri due colleghi confermavano con la testa le sue parole.
-Come vi siete organizzati con i turni di sorveglianza?-
-Domani mattina alle sette l’agente Finotti ed io andiamo a dare il cambio ai colleghi della notte, poi vedremo-
Terenzi mugugnò poco convinto e Ghirodelli ne approfittò per fare un azzardo:
-Commissario, lo so che gliel’ho già fatto presente questa mattina, ma è una zona vastissima quella che dobbiamo sorvegliare: vi abitano centinaia di persone, come facciamo a trovarla se non abbiamo nemmeno un vago indizio da cui partire?-
-Dobbiamo trovarla, prima o poi ce la faremo- tagliò corto il superiore, starnutendo ed aprendo la porta.
-Ora devo andare, ci riaggiorniamo domani mattina. Buona serata a tutti-
L’uomo recuperò il cappotto e l’ombrello, strinse una spalla dell’ispettore, quindi sorrise agli altri due presenti e uscì dall’ufficio.



Alle otto e dieci, parcheggiò la macchina nei pressi del parco del Valentino.
Come aveva inconsciamente previsto, Terenzi non era riuscito a svolgere tutti i lavoretti da perfetto casalingo che si era ripromesso di fare: al supermercato aveva temuto di rimanere schiacciato nella bolgia di impiegati e donne in carriera che, usciti dal lavoro, assalivano gli scaffali come se non mangiassero da anni; le Poste stavano abbassando la saracinesca nello stesso istante in cui lui si era presentato trafelato al cospetto degli addetti alla chiusura; solo la vecchietta della tintoria gli aveva dato un po’ di soddisfazione, porgendogli, con il solito sorriso mezzo sdendato, giacca e pantaloni perfettamente lavati, stirati e custoditi nell’involucro di carta.
Così, per non rischiare di arrivare eccessivamente in ritardo all’appuntamento con Ginevra, era tornato a casa solo il tempo necessario per cambiarsi velocemente ed indossare qualcosa di più comodo, le buste della spesa abbandonate tristemente in mezzo al corridoio.
Adesso, sceso dall'auto, stava per aprire l’ombrello quando gli si ruppe lo scatto: non ci posso credere, questa è una maledizione!
Riaprì imbufalito la portiera, appoggiò velocemente sul sedile anteriore l’ombrello e, con una corsa degna di un atleta in pensione, raggiunse il portone, miracolosamente aperto.
-Ciao!- gli andò incontro l’archeologa, aprendogli la porta con una perfetta mise da cuoca, grembiule a pettorina di un intenso giallo canarino e i capelli castani raccolti in una ordinatissima coda di cavallo.
-Non è proprio giornata, Gin. Questo maledetto raffreddore mi tormenta ogni minuto, la pioggia che non smette un solo attimo, le indagini che sono ad un punto morto, la Posta che mi ha praticamente sbattuto la porta in faccia e, adesso, persino l’ombrello che si è rotto! Se non è una persecuzione questa, allora che cos’è?!-
La ragazza si mise a ridere, gli occhi color ambra che luccicavano dalla gioia di rivederlo.
-Fatti abbracciare, poverino! Togliti il giubbotto, la giacca e la camicia: te le metto ad asciugare sul termosifone … -
L’uomo entrò nell’accogliente ingresso e attraversò il corridoio in direzione del soggiorno: vi era un caldo tepore che gli fece dimenticare per un istante l’arrabbiatura che si era impadronito di lui.
-Va bene. Ascolta, se non è ancora pronto, vado a farmi una doccia. Ce l’hai ancora la tuta che avevo portato qualche tempo fa? -
-Sì certo, dovrebbe essere nel terzo cassetto dell’armadio in camera mia. Se vuoi ti do il mio accappatoio ... -
-Basta che non sia rosa-
-No, è arancione- sbuffò lei, alzando gli occhi al cielo.
Venti minuti più tardi, Terenzi fece il suo ingresso trionfale in cucina.
-Credevo ti avesse risucchiato lo scarico!-
Ginevra aveva apparecchiato in soggiorno in maniera meno elegante dell’altra volta, ma la tovaglia con la stampa a frutti esotici faceva comunque la sua bella figura.
-Scusami, mi sono messo a pensare, sai com'è, intanto che aspettavo almeno dieci minuti prima che arrivasse l’acqua calda ... - puntualizzò, mentre la seguiva in cucina per aiutarla a portare i bicchieri rossi, in tinta con i piatti che erano già in tavola, assieme alle forchette dall’impugnatura gialla.
-Oh, che noia, sei sempre il solito esagerato! Le tubature sono un po’ vecchie, lo sai, ma mica sono dell’età della pietra! Avresti dovuto regolarla prima di entrare: ogni volta te lo dico e tu, puntualmente, ogni volta ti dimentichi!-
-Da adesso cercherò di ricordarmelo-
Le cinse la vita da dietro e le baciò il collo, mentre lei ridacchiava e si voltava per restituirgli il favore sulla bocca.
-Qui è pronto, andiamo a mangiare: ti ho preparato le lasagne verdi-
-Ti ho già detto che mi vizi? Pensa che, mentre ero in macchina, temevo mi avresti cucinato un caldo ed insipido brodino … -
-Ad essere sincera, ci avevo pensato, ma mi sembrava brutto dopo una giornata di lavoro farti trovare solo la minestrina, così all’ultimo ho cambiato idea-
La ragazza gli sorrise ironica, continuando a trafficare con le stoviglie da infilare nella lavastoviglie.
-Però, per quanta riguarda l’infuso miracoloso, non ho cambiato idea, non ti credere. Te l’ho già messo sulla credenza in sala, così dopo cena te lo puoi prendere-
-Pensi proprio a tutto, eh?-
-Lo so, senza di me sei perduto! Adesso che ti sei riscaldato grazie alla mia doccia, portami di là le lasagne, intanto che prendo le bottiglie-
-Agli ordini!-
Quindi lo trascinò in sala da pranzo e lo seguì con la teglia fumante che aveva appena estratto dal forno spento.
Ginevra tagliò due porzioni abbondanti dalla teglia di ceramica, le mise nei piatti e finalmente si accomodarono.
Terenzi assaggiò un boccone, bofonchiando allegramente.
-Buone, le fai sempre ottime. Era da tanto che non le preparavi-
-Lo so, è che avevo perso la ricetta e ho dovuto andare a recuperarla in mezzo alle altre centinaia che ho disseminato in giro per casa-
L’uomo bevve un sorso di vino rosso, riflettendo su quanto quella ragazza fosse disordinata, ma a lui piaceva anche per questo piccolo difetto.
-Come va il lavoro al museo?-
-Al solito. Ultimamente abbiamo un sacco di cose da fare: stiamo organizzando la mostra sugli ultimi reperti che ci sono arrivati dal British Institute, ricordi che te ne avevo parlato l’altra sera per telefono?-
-Sì, sui corredi delle spose dell’Alto Egitto, vero?-
-Esatto: dobbiamo aprire la mostra tra un paio di settimane. Siamo a buon punto, ma ci sono ancora un sacco di cose da preparare. Tu, invece? Non ho più sentito nulla sulla morte di Giorgio Appiani-
-Infatti non c’è molto da dire- tagliò corto, puntando già alla seconda porzione di lasagne.
-Siamo fermi. Purtroppo non abbiamo fatto passi avanti. Ho i nervi a fior di pelle al solo pensiero, per cui ti prego di non tormentarmi con le tue solite domande, Gin-
Lei lo guardò contrariata per qualche secondo, la forchetta a mezz’aria: lo vedeva abbastanza provato, per cui, in un impeto di inaspettata compassione ed amore, decise di lasciar perdere, almeno per quella volta.
-Mi dispiace, Ale, vedrai che presto riuscirete a catturare l’assassino-
Il poliziotto le sorrise riconoscente e approfittò della tranquillità del momento per riempire i piatti con un’altra generosa porzione di pasta.
-Scusa, ma non ho fatto nient’altro: con questa cosa della mostra sono arrivata a casa alle sette ... -
-Figurati, sono sazio così- la rassicurò, trangugiando il secondo bicchiere di rosso.
-Adesso ti preparo un po’ di camomilla, così ci fai sciogliere l’infuso!-
-No, anche la camomilla no, ti prego!-
-Invece sì! Ti assicuro che con la camomilla è tutta un’altra cosa. O magari preferisci il tè?-
Terenzi si stava quasi strozzando nel sentire quella proposta che gli suonava tanto come un’offesa al suo stomaco.
-Per carità, oggi ne ho bevuti già tre in commissariato. Se proprio mi vuoi male, allora preferisco rassegnarmi alla camomilla- si arrese, riempiendole il bicchiere con il vino.
-Va bene. A proposito, sabato siamo stati invitati a cena-
Lei si alzò con i piatti vuoti in mano e scomparve in cucina.
-Da chi?- le urlò dietro, mentre cercava un modo efficace di far sparire la confezione che aveva adocchiato sopra un mobiletto credenza rosso laccato, contenente il malefico infuso che gli voleva appioppare.
Controllò con fare circospetto il posto ideale adatto a nasconderlo: ma, attorno a lui, i due divani color panna e il puff ordinato non erano certo degli angoli ideali in cui occultare il pacchetto incriminato, perché sicuramente Ginevra lo avrebbe trovato appena si fosse seduta.
Magari in uno degli scaffali della libreria? Oppure dietro la TV? ricordandosi l'attimo dopo che lo schermo a quarantadue pollici era assolutamente e maledettamente piatto sulla parete.
-Da Anna, la ragazza che lavora con me dal notaio Marchetti: si è trasferita dalle parti del parco della Pellerina e sabato vuole invitarmi a cena. Non preoccuparti che non ha nulla in contrario che venga anche tu, anzi, le ho parlato talmente tanto di te che non vede l’ora di conoscerti!-
Appena avvertì i passi cadenzati della ragazza, si rese conto di ciò che gli aveva detto, e lasciò perdere all’istante il misero tentativo di furto, piombandole davanti con aria entusiasta.
-Che cosa hai detto?!-
Lei lo guardò arcuando un sopracciglio, la scatola di biscotti al cioccolato tra le mani: si era tolta il grembiule, così adesso si potevano vedere meglio le forme delicate sotto la tuta blu e bianca.
-Che sabato vuole invitarmi a cena perché si è trasferita …?-
Il commissario sorrise di giubilo: quasi avrebbe voluto battere le mani dalla felicità, davvero non poteva credere a un colpo di fortuna così inaspettato e casuale!
-Sei un genio, Gin, tu e la tua amica Anna siete dei geni!-
-Ti senti bene? Non è che hai la febbre?-
L’archeologa gli tastò la fronte e, contemporaneamente, lo spinse verso il divano, insistendo perché si sedesse.
-La donna che stiamo cercando per l'indagine Appiani dovrebbe abitare proprio vicino al parco della Pellerina: magari la tua collega la conosce! Da quanto tempo si è trasferita?-
-Due settimane. Tu lo pensi davvero?-
Una luce emozionante degna di una spia in erba si affacciò nel suo sguardo.
-Non lo so, può darsi. Se i miei uomini non dovessero trovarla, puoi chiederle se è disposta a parlare con me?-
-Certo, glielo dirò-
Poi, con aria cospiratoria, gli si avvicinò e, sussurrandogli ad un orecchio, cercò di raggirarlo candidamente.
-Vuoi che nel frattempo le dica di tenere gli occhi aperti?-
Terenzi le si staccò dopo averle dato un bacio su una guancia:
-Gin, cosa mi hai promesso prima? Per il momento va bene così, ti faccio sapere io se ce ne sarà bisogno-
-Come vuoi- sbuffò, picchiandogli sul petto e annunciando che sarebbe andata a vedere se l’acqua bolliva, pronta a vendicarsi con un'abbondante tazza di camomilla
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