One shot – Florence
Le
figure, armoniose e statiche, della Primavera del Botticelli, sembrano
spettatrici del loro dialogo, da ormai dieci minuti, durante i quali,
Hannibal Lecter e Will Graham, hanno celebrato il loro ritrovarsi.
Hannibal, con parole emozionanti, al cuore di Will, che lo scruta, assorto, a corto di ossigeno.
Forse
ha ancora paura di lui, senza sapere, cosa il futuro riserverà
loro, portandoli sull’orlo di un baratro, a picco
sull’oceano, dove riusciranno a morire e rinascere, in modo quasi
incredibile, per entrambi.
Adesso,
sono come sospesi, tra il senso di giustizia ritrovato, da parte di
Graham e l’ovvia necessità, da parte di Lecter, di
sfuggirgli.
Eppure
è bello guardarsi, senza sfiorarsi, non ancora, mentre il
più anziano lo vorrebbe stringere a sé, per cullarlo, nel
suo dolore, che egli stesso ha procurato a Will, vittima e carnefice,
pur di catturarlo, in un passato prossimo, non ancora archiviato.
Sarebbe del resto impossibile.
Troppe morti, ma se anche fosse stata una sola, lo psichiatra meriterebbe il carcere a vita, pensa il più giovane.
E poi si chiede, se deve ancora rifletterci, rimuginare sul da farsi.
In
fondo, la possibilità di scappare, Will, gliela aveva servita,
un anno prima, su di un vassoio d’argento, come quelli usati da
Lecter, che gli aveva riservato, però, una sorpresa ingestibile.
Abigail Hobbs, in carne e ossa, come avrebbe sogghignato Jimmy Price, del laboratorio FBI, agli ordini di Jack Crawford.
Questi,
è impegnato in una conversazione inconcludente, nel salotto
toscano, di Bedelia De Maurier, senza sapere dove sia sparito Graham,
come un fantasma, dall’alloggio occupato dall’avvenente
psicologa e da Lecter, sotto mentite spoglie, dove si sono consumati
ulteriori omicidi.
Ordinaria amministrazione o semplice necessità per sopravvivere.
Le bugie portano al delitto, come logica conseguenza all’esigenza di libertà.
Rinunciarvi, potrebbe essere un sacrificio tollerabile unicamente per Will.
Nella
testa di Hannibal, questa convinzione sta prendendo forma,
perché è stanco di scappare, di mentire, di reinventarsi,
ogni volta.
Ogni maledetta volta.
Con
Bedelia, quel marito per finta, quell’eminente professore per
finta, era stato spietatamente sincero, durante il soggiorno fiorentino.
Ciò che egli provava per Graham era semplicemente amore.
Se
mai avesse perduto una parte di sé stesso, Lecter
l’avrebbe ritrovata in Will, completandosi a vicenda, anche se il
profiler non era ancora capace di accettarlo.
Ora aspetta, lo squartatore, dopo avere chiuso il quaderno, dove stava disegnando.
Ora è Graham a dovere fare la prossima mossa.
Alzarsi
e andarsene, senza più voltarsi indietro, dando a Hannibal una
seconda possibilità di mettersi al sicuro dalla polizia locale e
da Mason Verger, che l’ha sapientemente corrotta oppure
arrestarlo, consegnandolo a Jack, come un agognato trofeo.
Sarebbe
un trionfo professionale non indifferente, dopo che proprio il caso
Lecter, aveva portato Crawford ad un passo dalla sospensione o,
addirittura, di un’inchiesta interna, che l’avrebbe poi
umiliato pubblicamente.
Bella era morta, tutto quanto sopra, non gli importava affatto.
Lecter prende un respiro.
Anche se ama anche i silenzi, tra lui e Will, è arrivato il momento di prendere una decisione.
Sembra così esortarlo, con un mezzo sorriso.
Sono malconci, fisicamente, dopo incontri sgradevoli e burrascosi, anche in questo si ritrovano identici.
Graham si solleva e così Hannibal, senza mai smettere di guardarsi.
“Una
cosa …” – anche Will cerca un po’ d’aria
– “… una cosa, io devo dirtela, però, prima
di andare, Hannibal”
“Ti ascolto”
La sua voce è pacata, il suo sguardo innamorato.
È
così semplice amare Will Graham, perché è come
amare sé stessi, in un equilibrio emotivo ed esistenziale,
ambito da molti, raggiunto da pochi.
“Io
… io ho compreso il tuo disegno Hannibal” – e si
compiace di ripetere il suo nome, perché è come una
carezza calda, che gli sale dallo stomaco, gli vibra in gola, si
espande ovunque, sino alle sue dita magre, che infine si posano sugli
zigomi, dell’uomo che l’aveva marchiato, con una lama
sottile, a Baltimora, sul principio di una notte senza fine.
L’ennesima mattanza, con un’unica perdita irreversibile.
“Eri
pronto a darmi una casa e … e una famiglia, la nostra casa, la
nostra famiglia, tua, mia e di … Abigail” – e tutto
si frantuma in lui, le palpebre gli si chiudono, le lacrime sgorgano
dai suoi occhi, di un blu zaffiro incantevole.
“Nostra figlia, Will”
Anche per Lecter è difficile non commuoversi, in quel ricordo.
“Siamo
padri, un giorno l’hai detto” – Graham riprende con
foga il dialogo – “lo eravamo almeno!”
“Almeno finché io non te l’ho portata via per la seconda volta, vero?”
Un istante di estrema lucidità, di confronto non più evitabile.
“Per colpa mia!” – ruggisce Will.
Disperato.
Allo stesso modo lo abbraccia, appendendosi a Lecter, che resta inerme, per un secondo.
Graham potrebbe persino ucciderlo, con quel coltello, di cui l’altro sa, nella tasca destra di Will.
Will
che sente tremare tutto intorno a sé, mentre Hannibal lo sta
baciando, dopo essere scivolato lungo il suo volto ispido, ma
bellissimo.
E lo avvolge, mentre lo bacia insistentemente, inclinando il capo a destra e poi di nuovo a sinistra.
Graham lo segue.
L’ha sempre fatto.
Anche quando Lecter lo prende per mano, portandolo all’esterno, da un’uscita laterale.
Ormai è sera, le vie brulicano di passanti frettolosi di tornare a casa.
Sta per scoppiare un temporale.
Nessuno sembra notarli, in quel loro incedere lento, assorto, ma determinato.
E poi la pioggia.
Alcuni portici, deserti, li proteggono dalle intemperie, ma un vento gelido e improvviso, li esorta a ripararsi meglio.
Un anfratto, una rientranza, creata davanti ad un antico lavatoio.
È sufficiente.
Hannibal
lo tiene a sé, sul petto, la guancia sinistra di Will appoggiata
sul proprio cuore, che ha ritrovato una ragione, per andare avanti.
O perché tutto finisca.
Accanto a lui, che ascolta le sue pulsazioni e chiude gli occhi.
Al sicuro.
“Guardami”
La sua richiesta, incisiva, desta Graham come da un’assurda quiete interiore.
“Guardami
mentre sto per toccarti Will” – e le sue mani corrono sotto
agli abiti sgualciti dell’ex professore, dell’ex agente
speciale, perché dopo il lungo ricovero e la convalescenza, a
restaurare la sua barca, Graham si era lasciato alle spalle tutto.
O si illudeva di averlo fatto.
Il
suo corpo ferito, segnato, lacerato dentro e fuori, si irrigidisce, poi
prova a rifiutarla, quell’invasione cruenta e virile, da parte di
Lecter, che ricomincia a baciarlo, perché si rassegni,
più dolcemente, al suo desiderio di lasciargli anche questo
ricordo.
Le
falangi da pianista di Hannibal, frugano, entrano, salgono blandamente
umide, quindi febbrili ridiscendono, grondanti di umori, imprigionando
poi l’erezione di Will, in un doppio assalto, simbiotico,
bollente.
Graham si arrende, reclinando il viso, bagnato da un pianto vivido, come il suo sorriso ansante.
Infine
si rifugia, prossimo all’orgasmo, nel collo di Lecter, che lo
devasta di baci sulla tempia destra, mentre, avvinghiati, gemono felici.
Hannibal, per averlo portato su quell’altare immaginario di lussuria.
Will, per esserci arrivato insieme a lui.
“Non permettere mai a nessuno, di toccarti così Will” – ringhia nella sua bocca, ma sta per piangere.
“Te
lo prometto Hannibal” – annuisce il ragazzo che giocava con
i cani, tra la neve, arridendo alla loro accoglienza, limpida e sincera.
Quel
fotogramma, accompagnava Lecter, verso l’oblio, ad ogni imbrunire
italiano, dopo che si erano salutati tanto brutalmente nel Maryland.
Un ultimo bacio.
Taciturni, riprendono il cammino, allo scoperto, dove Chiyo può controllarli dall’alto.
E proteggere Hannibal Lecter, con il suo fucile di precisione.
E sparare.
Se necessario.
The end