Spazio vitale
I
nuovissimi alloggi resi disponibili dalla Shinigami
Dispatch Association consistevano in una serie di casette a schiera,
adornate
ognuna sul davanti con un piccolo giardino attraversato da uno stretto
vialetto
di ghiaia. Sebbene all’esterno apparissero minute, esse erano
abbastanza ampie
da ospitare una camera per ciascun inquilino e le altre stanze
necessarie,
distribuendo il tutto su un pianoterra e un piano superiore adibito a
zona
notte.
William, essere solitario e diffidente per natura, non
poteva essere più soddisfatto di così. Il suo
prezioso spazio vitale non
sarebbe stato violato, almeno non più di quanto lo fosse
già in ufficio. Una
magra consolazione, questo pensava. Eppure già dai
primissimi giorni seguenti al trasferimento
definitivo nella nuova dimora William non poté fare a meno
di notare certi
comportamenti sospetti e decisamente inopportuni.
Non era raro, infatti, che Eric migrasse dalla sua camera a
quella di Alan per, a detta sua, assicurarsi che stesse bene. Ronald,
nonostante
i primi sforzi per dare una frenata alla sua indole da giovane sciupa
femmine,
era difficile che passasse le sue notti da solo. E poi c’era
Grell, che
semplicemente seguiva William come un’ombra ovunque andasse,
qualunque cosa facesse.
Spazio vitale, come no.
Quale spazio vitale?
William sbuffò sonoramente
contro le carte che aveva
davanti.
Quella giornata sembrava interminabile. Certo, se qualcuno
avesse svolto il proprio lavoro
William avrebbe evitato di fare tutte quelle ore di straordinario.
Sospirò
esausto quando finalmente appose l’ennesima firma
sull’ultimo foglio. Pose la
penna nel vasetto che teneva sopra la scrivania e si
stropicciò a lungo gli
occhi.
Strano a dirsi ma voleva davvero andare a casa a dormire.
Salì le scale e si diresse verso la sua stanza,
l’ultima in
fondo al corridoio. Sorpassò quella di Ronald, dalla quale
provenivano risate
sommesse e dai toni decisamente femminili. Superò poi quelle
di Eric a Alan e
raggiunse quella di Grell. Dalla base non filtrava alcuna luce e
sembrava
incredibilmente silenziosa. Non volle indagare oltre ma, non appena
aprì la
porta della propria camera, comprese subito il perché di
quella strana quiete.
Fece qualche passo nella stanza abbandonando la giacca della
divisa su una sedia e si fermò a osservare la losca figura
che stava dormendo
occupando il suo letto. Grell si
era
raggomitolato su se stesso sotto le coperte, i capelli scompigliati a
coprirgli
il viso e gli occhiali stretti in una mano. William valutò a
lungo l’ipotesi di
cacciarlo via e infine prese una decisione. Silenzioso, si
avvicinò a lui e gli
sistemò meglio la trapunta addosso, poi fece il giro del
letto e, dopo essersi
sfilato le scarpe, si sdraiò sul materasso con le braccia
incrociate dietro la
testa e le spalle contro la testiera. Il rosso, sentita la sua
presenza, si
mosse appena e sussurrò un flebile “Will...?"
“Sì, Grell” confermò William.
Era come se stesse rispondendo a se stesso, al suo costante
dubbio se fosse il caso o meno di lasciarlo dormire con lui. Era una
scelta
rischiosa ma era abbastanza sicuro che ritrovarsi un Grell sveglio e
pimpante
nel proprio letto sarebbe stato molto più pericoloso.