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Autore: H a n a e    01/05/2016    8 recensioni
[NaLu] [AU] [OOC]
Lucy era stanca di vedere il mondo in bianco e nero, voleva sperimentare nuovi colori.
Non ne poteva più di vivere in una felicità apparente, di sopravvivere in quella degli altri. Voleva la sua di felicità.
Lucy voleva dare un tocco di colore alla sua vita e Natsu di colori a disposizione ne aveva tanti.
Si dice che esista l’amore a prima vista, ma in questo caso anche quello a primo scontro non è da meno.
•••••••••
---Dal testo---
~“Soffrire a volte significa solamente soffrire. Non è come molti dicono. Non rende più forte. Non aiuta a crescere e non forma il carattere. Fa solo male.
E Lucy era stanca di soffrire e basta, quella situazione la stava distruggendo.”
~“-Sai, Natsu, ogni volta che siamo vicini, per qualche strana ragione desidero sempre che ci sia una prossima volta. Credo che ci sia qualcosa di sbagliato in me.-
-Vuoi sapere un’altra cosa, Lu? Provo la stessa identica sensazione. Forse c’è qualcosa di sbagliato anche in me. Credo però che insieme riusciremo a capirne il perché, ti va di provare?.-”

⭐⭐⭐⭐⭐⭐
✴E n j o y i t✴
🌸H a n a e🌸
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Lucy Heartphilia, Natsu
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 9






 
Per le due settimane seguenti al loro primo incontro segreto si erano susseguite molte altre situazioni del genere e ogni volta che i loro sguardi si incontravano o si trovavano vicini, sgattaiolavano via per andare in un posto più appartato per baciarsi. Le labbra di Lucy erano diventati due canotti gonfiabili.
Ormai era diventato quasi un bisogno vedersi e scambiarsi quei caldi baci.
Natsu a volte era anche venuto a trovarla a sorpresa a casa, entrando da quella finestra che ogni volta dimenticava di chiudere, facendole prendere degli spaventi allucinanti.
A scuola nessuno sapeva di loro e di ciò che era successo, nemmeno Juvia e Levy, che però, secondo la bionda iniziavano a sospettare qualcosa - le labbra gonfie, il lucida labbra sbavato, i capelli arruffati e i vestiti spiegazzati non erano per niente un indizio. No, no.
E nemmeno quel costante sorriso da ebete stampato sulle labbra.
Averlo accanto a sé e sentirlo quasi suo la faceva sentire al settimo cielo. Nonostante tutto andasse bene c'era una cosa che la turbava, a dire il vero erano ben due: prima di tutto ancora non sapeva in che rapporti fosse con lui. Cioè, lo sapeva, ovviamente, però non l'aveva ancora definito, ecco. Non sapeva se fossero conoscenti, amanti o, nel peggiore dei casi amici con dei benefici e se le cose stavano davvero in quel modo quasi si sentiva male al solo pensiero perché voleva dire che non l’amasse...
E poi Lisanna, con lei non sapeva cosa fosse successo dopo che Natsu era andato a casa sua. Aveva provato molte volte a estorcergli qualche informazione, però lui cambiava sempre discorso o iniziava a baciarla e lei, da brava ragazza innamorata quale era, si scordava di ogni buon proposito e si lasciava dominare da quelle labbra che ad ogni loro passaggio lasciavano dei marchi rossi tendenti al violaceo. 
L'unica cosa che era riuscita a capire era che i due ancora non si parlassero, solo lo stretto necessario. Poteva vedere che entrambi ne soffrivano e di conseguenza ci stava male pure lei, passava le nottate intere a sentirsi in colpa per stare con il rosato e a ripensare agli occhi tristi e peni di lacrime dell'albina nonostante sapeva che non doveva starci male accadeva tutto il contrario. Si rivedeva in lei e in parte si sentiva anche in colpa, perché se non fosse arrivata e soprattutto se si fosse stata zitta adesso Natsu non si sarebbe accorto dell'amore di Lisanna e per lei sarebbe stato tutto più facile - o per lo meno avrebbe avuto qualche senso di colpa in meno.
Avrebbe voluto avvicinarsi a Lisanna e parlarle, ma lei per prima non avrebbe provato a socializzare con la persona che le aveva rubato il suo potenziale e quasi certo fidanzato.
Eppure Natsu in tutti quegli anni non si era accorto di niente e aveva finito per innamorarsi di lei e questo doveva rassicurarla, però quel suo cuore tenero che tante volte era stato una sua debolezza l'aveva tradita ancora. Avrebbe dovuto provare pena per sé stessa per non aver ancora fatto capire a Natsu che magari voleva andare oltre quegli incontri fatti solo di baci di nascosto. Lei voleva una relazione seria.
In quel momento però doveva concentrarsi su storia e non pensare a Natsu e Lisanna!
Forza Lucy, concentrati.
Concentrati!
Si sentì picchiettare dietro la schiena da qualcuno e quando si girò vide Juvia chiederle se stesse bene, perché le sembrava più distratta del solito.
Lucy le fece segno di sì con la testa e si rigirò davanti cercando di prendere appunti, però era tutto inutile, non ce la faceva proprio a seguire le spiegazioni del professore e non solo perché aveva la testa tra le nuvole ed era stanca, forse era il caso di prendere una boccata d’aria.
“Sensei, posso andare in bagno?”
I corridoi della scuola erano deserti e siccome il bagno delle ragazze al loro piano era fuori uso fu costretta ad andare a quello del piano superiore, dove erano situate anche le altre sezioni del suo anno.
Spinse la porta color rosa antico dei bagni femminili e vi ci entrò, avvicinandosi agli specchi per aggiustarsi i capelli e controllare in che condizioni fossero le sue occhiaie – l’aveva detto che non ci dormiva la notte.
Era intenta a sistemarsi alcuni ciuffi ribelli sfuggiti al controllo del fiocco blu quando le sembrò di sentire singhiozzare. Tese bene l’orecchio per accertarsi di aver sentito bene – ci mancava solo che fosse anche mezza sorda e si immaginasse le cose.
Con passo leggero percorse tutta la fila dei bagni, guardando attraverso il piccolo spazietto sotto ogni porta e solo quando arrivò alla fine vide un paio di scarpe sbucare da sotto e sentì dei singhiozzi stozzati e mal trattenuti.
Provò a concentrarsi per vedere se riusciva a riconoscerne la voce e, quando finalmente associò chi fosse la persona in lacrime dentro quel bagno le si strinse il cuore e fu costretta a cercare un appoggio alla parete.
Non riusciva a capacitarsi che ci fosse Lisanna dentro quel bagno, probabilmente con due occhi più gonfi di due canotti gonfiabili e il naso colante.
Attese alcuni istanti ancora saldamente incollata alla parete fredda delle mattonelle prima di avvicinarsi alla porta e cercare di ascoltare e capire se fosse successo qualcosa di più serio rispetto a quello che aveva in mente.
Purtroppo però i suoi sospetti diventarono fondati e capì che Lisanna stesse piangendo per Natsu. Si sentiva tremendamente in colpa e una terribile morsa al cuore che lo faceva rimbombare nelle sue orecchie insieme all’eco incontrollabile che ormai era diventato il suono dei singhiozzi dell’albina.
Doveva fare qualcosa per far smettere quella terribile sensazione o avrebbe finito per collassare dal senso di colpa.
Ovviamente non poteva fare molto e forse era la persona più sbagliata per consolarla, però non poteva stare lì ferma, dietro quella porta come una codarda a origliare un momento così delicato e privato.
Spostò il peso del suo corpo sull’altro piede e avvicinò il pungo chiuso sul legno della porta per bussare, aveva le mani completamente sudate.
Mancavano pochissimi millimetri prima che le sue nocche risuonassero sorde nel bagno, quando venne interrotta da una voce maschile molto profonda al di fuori della stanza.
“Lisanna! Ehi, Lisanna mi senti? So che sei lì dentro, esci per favore.”
Lucy ritrasse subito la mano e, silenziosamente come prima sgattaiolò fuori dal bagno, andando a sbattere contro uno studente che bussava insistentemente nel tentativo di richiamare Lisanna.
Quando mise a fuoco chi fosse sbiancò dalla paura: un omone alto almeno due metri con gli stessi capelli argentati e occhi blu della Strauss con un principio di basette molto folte ai lati delle orecchie e muscoli a non finire era lì.
Lucy deglutì rumorosamente perché aveva capito chi fosse ed era un cattivo segno, anzi, cattivissimo: il fratello di Lisanna, Elfman sapeva.
Era morta e in tante piccole parti. Già vedeva la sua lapide al cimitero, accanto a quella dei suoi.
Elfman non aveva di certo la fama di essere un tipo tranquillo, da quello che sapeva, aveva picchiato diversi ragazzi che ci avevano provato con sua sorella maggiore o che avessero solo provato a rivolgergli la parola.
La guardò con le sopracciglia aggrottate dall’alto al basso.
“Ehi, tu. Hai per caso visto mia sorella lì dentro?”
Lucy trasalì, presa dal panico e troppo impegnata a cercare mentalmente una via di fuga dimenticò anche che avesse il dono della parola, per cui rispose scrollando energicamente la testa di no, che non l’aveva vista.
Il ragazzo evidentemente stranito dalla sua reazione la guardò interrogativo per poi riprendere a chiamare.
Lucy come un razzo schizzò via e girò il corridoio, infilandosi sotto lo sguardo interrogativo di alunni e insegnante.
Era nei guai, guai grossi. Se quell’energumeno veniva a sapere che lei era una delle possibili – ma che dico, quasi certa – causa della sofferenza della sua amata sorellina minore era morta, non le rimaneva altro che sperare che non picchiasse le ragazze e che non sapesse di lei.
Si mise le mani nei capelli e ne tirò qualche ciocca per il nervosismo e chiuse gli occhi e quando li riaprì, trovò un bigliettino accartocciato sotto il suo naso.

 
“Farai meglio a dirci che sta succedendo perché sei più strana del solito.
Ci vediamo dopo scuola al solito bar, non prendere impegni.
E non mancare!”

-Levy e Juvia

Guardò alle sue spalle e fu fulminata dagli sguardi severi delle due ragazze che pretendevano di sapere.
 
 
 
 
Dopo scuola, con riluttanza, si avviò verso il bar dove aveva appuntamento con Levy e Juvia. Al suo arrivo le due ragazze erano già sedute su dei comodi divanetti color ocra, quelli che di solito occupavano. Stavano parlando fittamente tra loro e molto probabilmente non era buon segno, soprattutto quando la videro sulla porta e la incitarono un po’ troppo vivacemente a raggiungerle.
Si sedette con calma, sotto lo sguardo attento delle due, che non appena posò comodamente i glutei la iniziarono a sommergere di domande.
“Ragazze, calma. Vi sto dicendo che non è successo niente.”
“Non raccontarci frottole, sappiamo entrambe che è successo qualcosa con Natsu.” Esclamò Levy bevendo un lungo sorso dal suo tè.
Lucy divenne rossa come la red velvet che aveva ordinato e abbassò il capo. Anche se loro erano le sue amiche si vergognava comunque a parlarne, soprattutto se poi doveva raccontare di ciò che aveva visto oggi nel bagno.
“So che ci hai detto di non immischiarci, però Juvia e Levy sono preoccupate per Lucy” disse l’azzurra che era stata messa al corrente da poco tempo degli ultimi avvenimenti.
Forse le due ragazze avevano ragione, un aiuto in quel momento non sarebbe stato affatto male.
Alla fine decise di vuotare il sacco e raccontare quanto più dettagliatamente poteva – sotto richiesta delle due – ogni situazione.
Di certo non rimasero sorprese nello scoprire che anche Lisanna fosse innamorata di Natsu, anzi, Levy affermò che sin dall’asilo quei due erano legati e che lei aveva una cotta per lui.
Furono però abbastanza preoccupate nello scoprire che Elfman fosse a conoscenza di tutto ciò, perché sapevano entrambe che aveva problemi a controllare la rabbia e, anche se dubitassero fortemente che arrivasse a picchiare una ragazza, c’era comunque il rischio che combinasse qualcosa. Quando c’erano di mezzo le sorelle quel ragazzo perdeva la ragione e faceva di tutto per proteggerle.
“Juvia e Levy hanno fatto bene a farti venire qui. Questa è una cosa grave!”
“Ha ragione, perché se Elfman arriva a farti del male allora qui si va oltre voi tre,” spiegò Levy “è sempre meglio che in queste situazione ci sia qualcuno a sapere cosa sia successo; per intervenire in caso di bisogno.”
“Forse avete ragione,” rifletté “però l’ultima cosa che voglio è che qualcuno si faccia male, sia fisicamente che emotivamente.”
“Ma in questo caso non si può evitare; il male emotivo intendo. Sei tu o Lisanna e a quanto pare Natsu ha scelto te.” Le fece notare Levy sistemandosi la fascia arancione dietro alle orecchie coordinata al cappotto.
“Ma io non voglio che soffra! Non è giusto, forse quella che più merita Natsu è proprio lei…”
“Ma cosa diavolo dici!” la interruppe Levy “nessuno merita nessuno, qui è una questione di cuore. Se Natsu ama te non puoi farci niente e poi anche tu ti meriti un po’ di felicità. Non puoi essere sempre quella che soffre.”
“Juvia la pensa esattamente come Levy e crede anche che Lucy a volte debba essere un po’ più egoista su alcune cose.”
Lucy che fino a quel momento aveva tenuto gli occhi fissi sul suo piatto li aveva improvvisamente spalancati, colpita dalla profondità delle loro parole.
Se doveva essere sincera si aspettava di tutto, tranne che quello; le avevano appena sbattuto in faccia la realtà che lei aveva sempre cercato di non vedere.
Erano state più le volte in cui era stata felice per un conoscente che per sé stessa, aveva rinunciato a tante cose nella vita e affrontate altrettante e sì, avevano ragione, in quel momento era giusto che fosse egoista. Lisanna aveva già avuto la sua occasione.
“Avete ragione,” disse decisa in un sorriso “avete dannatamente ragione. Adesso tocca anche a me essere felice e vivere la mia storia d’amore, con o senza sensi di colpa.”
Levy e Juvia si illuminarono e, fiere del cambiamento di Lucy la strinsero forte, facendola quasi soffocare.
“Levy e Juvia colpiscono ancora a quanto pare” scherzò la turchina tirando una gomitata d’intesa a Juvia, alla quale tutte e tre risero di gusto.
Lucy posò per caso lo sguardo sull’orologio e si ricordò che doveva andare a lavoro e che era tradissimo.
Si alzò in fretta dalla sedia e lasciò i soldi sul tavolo, biascicando che doveva andarsene o Cobra l’avrebbe licenziata veramente quella volta.
Mentre correva il più veloce che poteva con i capelli scompigliati al vento e la gonna che a momenti si alzava completamente il suo cellulare iniziò a squillare e fu un miracolo che lo ritrovò nella borsa prima che smettesse di suonare.

“Ehi Lucy…”
“Natsu! Ehi Natsu ti senti bene? Mi sembri strano” gli domandò preoccupata, aveva una voce nasale e roca, molto roca.
“Sì sì” rispose trattenendo un colpo di tosse che non passò inosservato alla ragazza.
“Sicuro? A me sembra il contrario.”
“No tranquilla, volevo solo dirti che ‘sta sera non posso passare da te perché ho un allenamento imp-” non riuscì a terminare la frase che la voce gli venne spezzata da un colpo di tosse potentissimo seguito da uno starnuto altrettanto forte.
“Tu non vai da nessuna parte. Adesso vengo da te con dei medicinali,” gli disse iniziando ad imboccare la strada per la farmacia “perciò non muoverti da lì e dato che ci sei mettiti a letto” si premurò di ricordargli, anche perché conoscendolo quel testone sarebbe stato capace di aspettarla in piedi davanti alla porta.
 
 
 
“No Lucy non serve!-” non fece in tempo a dirglielo che la ragazza aveva già richiuso la telefonata, facendolo sbuffare dalla frustrazione.
Lo sapeva, era meglio se non la chiamava così non la faceva preoccupare per correre da lui. Non ne aveva bisogno, stava bene, aveva solo un po’ di tosse; motivo non valido per saltare l’allenamento, soprattutto se si trattava di quello che avrebbe segnato il suo futuro per sempre.
Lanciò il cellulare sulla poltrona, abbastanza frustrato e, con uno scatto brusco si alzò in fretta per andarsi a preparare, però un fortissimo giramento di testa lo costrinse ad appoggiarsi alla parete per stabilizzarsi.
Forse doveva smetterla di intrufolarsi a casa di Lucy anche con la pioggia, però per lui ormai era diventato impossibile starle lontano, da quando l’aveva vista per la prima volta l’aveva catturato, con quei suoi occhioni da cerbiatta e i suoi movimenti delicati da farla sembrare così fragile che anche il più piccolo soffio di vento l’avrebbe potuta rompere, spezzare e, portare via da lui. Era la creatura più bella che avesse mai visto.
Lucy era molto importante per lui e non voleva perderla, solo che era troppo stupido per riuscire a dichiararsi apertamente per diventare una coppia. E poi adesso che sapeva anche dei sentimenti di Lisanna tutto quanto si era complicato.
Non voleva che nessuna delle due ragazze soffrisse per colpa sua. Lui voleva bene ad entrambe ed entrambe erano importanti per lui, solo in modi diversi…
Ahh! Queste seghe mentali non erano per lui.
Ma non era più facile agire d’istinto? 
Quando finalmente il giramento di testa finì si staccò dal muro e proseguì per il corridoio fino alla sua stanza, dove con grande fatica si spogliò della tuta e indossò i pantaloncini da basket e una canottiera. Stranamente sentiva un gran caldo e tutto il suo corpo scottava terribilmente, anche più del solito.
Allacciò le scarpe con gran difficoltà e si mise una felpa e i soliti polsini, oltre che la sua immancabile sciarpa.
“Miaoo!” 
Il suo gatto, Happy, si era appeso con gli artigli alla manica della sua felpa e pareva non volerne sapere di lasciarlo andare.
“Che c’è bello?” gli accarezzò la testolina dal pelo morbido mentre con l’altra mano gli prese la zampa con cui aveva artigliato il tessuto della felpa e la staccò.
Happy però non sembrava contento e continuava insistentemente a miagolare, correndo tra le sue gambe facendolo quasi inciampare.
Natsu stava per perdere la pazienza, doveva andare subito o avrebbe fatto tardi all’allenamento da cui dipendeva il futuro della sua carriera da giocare di basket.
Dopo essere riuscito a distrarlo con una manciata dei suoi croccantini al pesce preferiti, chiuse frettolosamente la porta di casa con qualche giro di chiave e prese a correre verso la scuola.
Lungo la strada non si sentiva per niente bene, ad ogni passo le ossa gli facevano malissimo e anche il minimo contatto della sua pelle con l’aria gelida era doloroso. Ignorò i dolori e continuò per la sua strada, una volta fatto l’allenamento sarebbe tornato a casa e magari avrebbe anche passato del tempo con Lucy; doveva solo resistere.
 
 
 
Lucy rimise il cellulare in borsa e si fermò un attimo per cercare di orientarsi e capire dove trovare la farmacia più vicina; se non sbagliava ce ne doveva essere una proprio a due chilometri da lì.
Avrebbe preso un taxi per raggiungerla più velocemente, il pensiero di Natsu malato e capace di combinare qualunque pazzia la faceva preoccupare parecchio, soprattutto perché al telefono le era sembrato molto contrariato quando lei le aveva vietato di uscire di casa e andare all’allenamento.
Attraversò il marciapiede e si mise al bordo della strada per aspettare che un tassista la vedesse, nel frattempo prese il portamonete dalla borsa e vide che non aveva neanche più uno spiccio.
Accidenti! Aveva lasciato tutto ciò che aveva al bar, le rimaneva solo la carta di credito per le emergenze e con quella non poteva di certo pagarsi una corsa in taxi.
Si morse il labbro inferire mangiando parte del burro di cacao che aveva messo precedentemente in modo frettoloso.
Ci sarebbe dovuta arrivare a piedi in farmacia. Sistemò la borsa sulla spalla e, pregando che Natsu le avesse dato retta si diresse il più veloce possibile verso la sua destinazione.
Se quell’idiota aveva anche solo osato mettere un piede fuori da quelle quattro mura che erano il suo appartamento ci avrebbe pensato personalmente a picchiarlo.
 
 
Con le mani tese davanti al petto spinse la maniglia a pressione della porta grigia per le emergenze che dava sul retro della palestra. Non avrebbe dovuto usare quell’entrata, ma a dire il vero non gliene fregava più di tanto, soprattutto in quel momento.
Mentre scendeva le scale iniziò a slacciarsi le scarpe per sostituirle con quelle da basket infilate nel borsone. Dopo essere inciampato diverse volte per le scale riuscì a sistemarle e a infilare anche la fascia di spugna per capelli, per non averli davanti agli occhi.
Una volta negli spogliatoi lanciò la borsa rossa su una delle panchine insieme alla felpa e come un lampo uscì fuori, ritrovandosi direttamente sul campo da basket.
Si guardò intorno per vedere se Gildarts fosse da qualche parte, quell’uomo dai capelli rossi era come un padre per lui, ma quando si trattava di basket e della sua futura carriera era davvero severo e lo allenava fino all’ultima goccia di energie che aveva in corpo.
Si lasciò scivolare sul pavimento, completamente distrutto e provato dalla corsa. 
Avrebbe dovuto iniziare a fare due tiri per riscaldarsi, però sentiva tutto il corpo pesante e tenere gli occhi aperti era un’impresa, si sarebbe riposato qualche minuto lì e poi, non appena avrebbe sentito qualcuno arrivare avrebbe preso un pallone e iniziato a riscaldarsi.
Non fece in tempo a finire di pensarlo che riconobbe la voce di Gildarts farsi sempre più vicina dalla stanza dei coach, insieme a una sconosciuta, probabilmente dell’uomo che avrebbe deciso se si meritava o no quella borsa di studio per giocare nelle nazionali giovanili e realizzare il suo sogno.
Per questo motivo era fondamentale essere presente a questo allenamento e dare il meglio di sé stesso, ne parlavano da più di un anno ormai e se fosse stato accettato avrebbe lasciato Magnolia e iniziato a giocare da professionista e fare anche carriera.
Il basket era tutta la sua vita e di certo un po’ di febbre non l’avrebbe fermato. Mancava così poco per farcela.
“E così, come le dicevo questa palestra è stata ristrutturata due anni fa. Fortunatamente non è stata danneggiata dopo l’ultima tempesta abbattutasi su Magnolia” spiegò Gildarts molto entusiasta all’uomo accanto a lui, che studiava tutto ciò che gli capitasse sott’occhio in modo minuzioso. 
“Oh, eccolo qui! Il nostro ragazzo!” esclamò Gildarts tutto orgoglioso indicando Natsu a braccia aperte, per dargli una grande pacca sulla spalla che fece traballare il poverino già in precario equilibrio.
Natsu fece un sorriso tirato, sempre più dolorante, soprattutto dopo la manata.
“Bene Natsu, questo è Purehito Gaebolg, colui che oggi valuterà le tue capacità,” presentò Gildarts “ perciò vedi di dare del tuo meglio!” gli sussurrò in un orecchio subito dopo.
L’uomo aveva un aspetto molto intimidatorio, con i suoi quasi due metri di altezza, i capelli e la barba grigi, lunghi e ben curati se ne stava con una valigetta in mano nel suo completo nero e guardava il rosa con occhio molto critico.
Natsu quello sguardo lo prese come una sfida e, sfoderando uno dei suoi migliori sorrisi si caricò di quell’adrenalina, facendogli dimenticare per un momento tutti i malesseri.
Gildarts con un cenno della testa gli indicò uno dei palloni poggiato accanto ad uno dei canestri.
Natsu fece come gli era stato detto e raggiunse il canestro, si abbassò e raccolse la palla; quando si rialzò la vista gli si appannò e perse l’equilibrio, cadendo come un sacco di patate sul pavimento, con un suono sordo che rimbombò per tutta la palestra.
Gildarts gridò il suo nome allarmato e gli corse subito incontro per aiutarlo, mentre Purehito si avvicinò con passo calmo verso di loro.
“Natsu, si può sapere che cosa diavolo hai?!” domandò l’uomo dai capelli rossi aiutandolo a mettersi quantomeno seduto.
Il ragazzo si teneva le tempie con la testa ed evitò di guardarlo negli occhi, dentro di sé provava rabbia, rabbia per non essere stato in grado di controllare quegli stupidi giramenti di testa dovuti a una stupida febbre.
Gildarts staccò la mano dal suo braccio e la posò sulla fronte, scostando la fascia. 
La sua fronte si corrugò e una smorfia di rabbia si dipinse sul suo volto “Natsu,” chiamò in tono minaccioso, “sei bollente.”
Il ragazzo si strinse su sé stesso ancora di più e continuò a fissare il pavimento.
“Hai la febbre e sei venuto lo stesso. Stai male e sei venuto. A fare cosa poi? A peggiorare la situazione e a buttare nel gabinetto tutti i tuoi sforzi?! Mi hai davvero deluso Natsu, ti credevo più responsabile” concluse alzandosi da terra e andando incontro a Purehito, adesso doveva cercare di riparare la situazione o finiva lì, tutto il loro duro lavoro.
Non l’aveva mai sentito in quel modo, non aveva mai usato quel tono di voce con lui; si era arrabbiato altre volte, ma in quel momento era anche deluso da lui e dal suo comportamento menefreghista nei suoi confronti e quelli della sua salute. Aveva lavorato tanto e adesso cosa aveva fatto? Aveva mandato tutto a quel paese per non aver riconosciuto di essere malato.
Lo sentiva parlare con il supervisore, ma non capiva veramente cosa stessero dicendo, colse solo alcuni pezzi della conversazione, il giusto per capire che aveva appena combinato una cazzata enorme.
“…mi dispiace, non avrebbe mai fatto una cosa del genere se non la riteneva davvero importante. Natsu da sempre il meglio si sé, è per questo che-“
“Signor Clive, il ragazzo non ha dimostrato maturità e diligenza ed è una delle cose che noi cerchiamo in un giocatore, oltre al talento sia chiaro”
“Ma le assicuro che-“
“È stato un piacere tornare a Magnolia dopo tanto tempo, ma adesso è tempo di ripartire. Mi saluti Makarov e gli faccia sapere che sarò qui ancora per qualche giorno, nel caso abbia voglia di fare una chiacchierata. Buona serata.” Concluse lasciando la palestra senza ascoltare nessuna spiegazione.
L’ultimo suono che Natsu sentì prima di buttarsi per terra fu l’eco della porta che si chiudeva.
Gildarts non gli aveva neanche più rivolto la parola se non per un: “va a casa”.
Rimase a fissare il soffitto fatto di travi d’acciaio pensando a quanto fosse stato idiota, non aveva neanche avuto la forza di reagire e far cambiare idea a quello.

Cazzo.
Cazzo, cazzo!
Iniziò a prendere furiosamente a pugni il pavimento e soffocò un urlo di frustrazione, insieme alle lacrime di rabbia.
Piano si rialzò e raggiunse lo spogliatoio, si rivestì con estrema lentezza e cambiò le scarpe; una volta chiuso il borsone lasciò la palestra, con la felpa chiusa fino al collo e le mani in tasca.
Lasciò la porta chiudersi alla sue spalle con un tonfo sordo.
Alzò la testa al cielo ormai stellato, doveva essere tardi e molto probabilmente Lucy era già a casa sua, attaccata al campanello e preoccupatissima con in mano le medicine che gli aveva promesso.
In quel momento però non ce la faceva a vederla, non ce la faceva a vedere nessuno, voleva solo starsene da solo ad autocommiserarsi.
Molto probabilmente quel comportamento non era da lui, anzi, ne fu sorpreso lui stesso, di solito quanto era giù di morale si riempiva di amici e si divertiva.
Sbuffò, lasciando uscire l’aria calda dai polmoni che una volta incontrata quella fredda della sera formò una nuvoletta di vapore acqueo che andò poi a scomparire pochi istanti dopo.
Camminò fino a un lampione e poi si fermò, aveva sentito un rumore di passi, solo che non c’era nessun altro a parte lui lì fuori.
Si girò intorno alla ricerca del proprietario di quei passi, però non vide nessuno.
Era stanco e non ci capiva molto, la testa gli faceva male e molto probabilmente la febbre gli stava anche salendo, quindi doveva esserselo immaginato.
Riprese a camminare per la sua strada quando all’improvviso venne colpito da qualcosa che gli fece perdere l’equilibrio e cadere a terra, facendogli sbattere forte la testa.
Riuscì a ritrovare un po’ di stabilità facendo leva con le braccia sulla breccia del marciapiede; cercò di tenere gli occhi aperti e di individuare chi lo avesse appena colpito, ma la vista gli si stava appannando e la testa gli sembrava che stesse quasi per scoppiargli, senza contare il fatto che aveva il naso sanguinante e un labbro spaccato.
Un altro colpo, un rumore anomalo e un dolore allucinante al braccio gli fece contrarre il viso in una smorfia di dolore.
Riaprì gli occhi e per quel poco che poté mise a fuoco la figura del suo aggressore: i tratti erano sfocati e tutto ciò che vedeva era un corpo gigantesco, due manone enormi e una chioma di capelli di un colore chiaro, quasi argentati.
L’ultima cosa che vide e udì, prima di perdere i sensi fu l’ennesimo colpo in faccia e la voce profonda dell’uomo biascicare qualcosa.
Poi più niente, buio totale.
 
 
“La ringrazio” disse Lucy prendendo i pacchetti in mano per riporli poi nella borsa che aveva sulla spalla.
Per fortuna quella farmacia era ben fornita e aveva trovato tutto quello che cercava, se non anche più del necessario.
Una volta fuori dal negozio cercò il bancomat che la commessa molto gentilmente le aveva indicato e prelevò abbastanza per una corsa in taxi, giusto per arrivare il prima possibile da Natsu.
Aveva una strana sensazione dentro di sé, però pensò che fosse dovuta al fatto che il rosa stesse male a casa da solo.
Quando finalmente trovò un taxi disponibile a quell’ora che l’accompagnò fino all’appartamento di Natsu si era fatto molto tardi.
Trovò il portone del palazzo aperto e percorse le scale abbastanza agitata e bussò alla porta; poteva sentire Happy miagolare nervoso e attese che il ragazzo le venisse ad aprire, però nessuno arrivò e allora a quel puntò iniziò davvero ad agitarsi e a farsi prendere dal panico.
Happy nel frattempo non smetteva di miagolare e aveva anche iniziato a graffiare con le unghie il legno della porta.
Lucy con mani tremanti prese il cellulare dalla borsa e compose il numero del rosa, attenendo che squillasse.
Accostò l’orecchio alla porta per sentire se magari era dentro e si era solo addormentato facendola preoccupare per nulla, però non sentiva nessuna suoneria provenire dall’interno dell’abitazione.
Continuò a bussare e suonare sempre più agitata e in preda al panico; cercò anche una chiave di scorta da qualche parte, magari sotto lo zerbino o in una pianta.
Ad un certo punto le squillò il telefono e per poco non prese un colpo, lo cercò disperatamente nella borsa e quando lo trovò sul display lesse ‘Numero Sconosciuto’.
Rispose con voce tremante: “P-pronto?”
“Salve, è il l’ospedale di Magnolia che parla, cerchiamo Lucy Heartphilia.” Disse la voce dall’altra parte della chiamata.
Il suo cuore perse un battito.
“Sì, sono io Lucy.”
“La chiamiamo per informale che il signor Natsu Dragneel è stato appena ricoverato d’urgenza.”



























Angolo autrice:

Buonasera o buongiorno! Dipende in che momento state leggendo questo capitolo XD
Sono tornata! Yeeee!
Molto probabilmente alcuni di voi mi uccideranno per essere sparita così all’improvviso senza dare notizie per quasi due mesi e vi prego di scusarmi (diciamo che spero di essermi fatta perdonare con l'intenistà e la lunghezza del capitolo :).
Questo capitolo è stato un parto a tutti gli effetti, ho avuto grandissime difficoltà a scriverlo perché richiedeva tempo che io in quel periodo non avevo da dedicare e quindi quel poco che riuscivo a scrivere lo scrivevo male e frettolosamente; ho iniziato ad avere problemi più o meno quando passo al punto di vista di Natsu, perché la parte precedente l’avevo scritta tempo prima non appena avevo pubblicato il capitolo precedente.
Sarà che trovo qualche difficoltà a scrivere dal punto di vista di un personaggio maschio in quanto ragazza e abituata a trattare principalmente con personaggi femminili XD
Comunque non scherzo se dico che non ho avuto tempo per dedicarmi alla scrittura in quest’ultimo periodo se non negli ultimi quattro giorni.
Pubblico all’una di notte perché non ce la faccio più ad aspettare e a far aspettare voi che molto probabilmente aspettavate questo capitolo da secoli.
Non ho molto da dire al riguardo anche perché penso che parli da sé, insomma siamo finalmente alla parte della storia in cui iniziano gli intrecci e le cose si complicano, soprattutto il triangolo Natsu-Lucy-Lisanna.
Questo e il prossimo capitolo credo che saranno quelli in quei ci saranno più chiarimenti possibile, però non dico altro, sennò rovino la sorpresa ;)
Spero si sia capito di chi sia l’aggressore di Natsu. Ah e al riguardo vorrei dire che il rosa non ha potuto reagire e tirare fuori la “sua ira di Dragon Slayer” perché è malato, e da malati si può fare ben poco, perciò è stato steso così facilmente, spero abbia reso l’idea XD
Le parti in corsivo è il punto di vista di Natsu, mentre quelle normali sono sempre Lucy, non mi è venuto nient'altro in mente per distinguerli, quindi se avete qualche idea fatemelo sapere.
Ho scelto Purehito perché mi sembrava perfetto nel ruolo di supervisore severo e dalle regole rigide, mentre Gildarts non poteva mancare, soprattutto perché chi meglio di lui può allenare Natsu e fargli da padre quando non c’è Igneel?
Prima di lasciarvi e mettermi finalmente a dormire vorrei scusarmi con le persone a cui non ho ancora risposto, vi prometto che lo farò presto 😘 e in più voglio ringraziare quelle che hanno recensito il capitolo scorso: Lilla_1309, naku_kun94,  daimler, tanomax , snowfeari, Sayaka chan 94 e Dark Angel Love. Come farei senza il vostro supporto!
Insomma spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto e magari fatemelo sapere, soprattutto mi farebbe piacere qualche consiglio su come posso rendere Natsu più IC, visto che ho proprio l’impressione che non lo sia.
Un bacio e buon inizio settimana!
 
Hanae
   
 
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