Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: MadAka    01/05/2016    1 recensioni
Logan Jackson Miller – a tutti noto come Jack – è un personaggio tormentato. Dipendente da droghe, omosessuale, con una vita sentimentale complicata e con un progetto che desidera portare a termine fin troppo ardentemente. Un ragazzo destinato all’autodistruzione.
A impedire che ciò accada – facendolo a sua stessa insaputa – c’è Riley, la ragazza della porta accanto.
Un’amicizia forte la loro, un legame saldo, che in un momento di duplice debolezza si incrina profondamente.
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Lo sguardo di Riley continuava a seguire i capi di vestiario che venivano spinti dall’acqua nel cestello della lavatrice in una spirale continua. Stava aspettando che il lavaggio terminasse, così da recuperare gli indumenti puliti; gli abiti colorati, la nota effervescente del suo guardaroba.

La lavanderia comune del condominio era un luogo privo di interesse, per questo gli occhi di Riley non si staccavano dai vestiti che roteavano nella lavatrice, il muro di mattoni alle spalle di quest’ultima era decisamente più noioso. Vittima dell’attesa la mente della ragazza prese a vagare e come le succedeva da troppi giorni, ormai, Riley si ritrovò a pensare a Jack per l’ennesima volta.

Il ragazzo mancava dal suo appartamento da più di quindici giorni. L’ultima volta che Riley lo aveva sentito uscire di casa era stato il lunedì di quasi tre settimane prima e poi non aveva più dato alcun segno della sua presenza. Quello stesso week end Jack non si era visto, così come quello successivo e la ragazza era ormai sicura che anche quel giorno – il sabato che anticipava il terzo week end dopo la scomparsa del ragazzo – di lui non ci sarebbe stata alcuna traccia.

Una simile assenza da parte di Jack era strana e la cosa agitava non poco la ragazza. Capitava che lui sparisse, di tanto in tanto, ma mai per periodi così lunghi. Più i giorni passavano più Riley temeva il peggio e non riusciva a darsi pace. Avrebbe voluto cercarlo, ma non aveva idea da che parte cominciare. Aveva addirittura pensato di raggiungere la casa della famiglia Miller e chiedere loro se Jack si trovasse là e, in caso contrario, se sapessero dove fosse andato a cacciarsi. Non lo aveva mai fatto perché le era mancata la forza per imporsi una simile missione, perché ancora non aveva pensato a cosa dire se si fosse trovata faccia a faccia con Jack. Dopo quel pacchetto di marshmallow abbandonato davanti al suo ingresso di casa non aveva più avuto segnali da parte del ragazzo. Se quello era un ramoscello d’ulivo offerto per la loro riappacificazione, lei lo aveva accettato, ma non era riuscita ad andare oltre. Sentiva che, alla vista di Jack, le sarebbero mancate le parole, l’intuizione per articolare la frase giusta e la forza per non lasciarsi abbandonare ai ricordi e cadere così preda del rimorso.

A distanza di quattro settimane da quella fatidica notte, però, era certa che le cose in lei erano cambiate e che possedeva nuovamente la forza necessaria per ricostruire poco a poco il suo legame con Jack. Tuttavia del ragazzo non vi era più traccia e questo era il nuovo problema affiorato a fermare tutto proprio quando lei si sentiva pronta a cominciare.

La lavatrice smise di vibrare con forza, terminando di scaricare l’acqua dopo la centrifuga, il bucato era pronto. Riley inspirò il profumo di lavanda che tanto le piaceva del suo detersivo e iniziò a prendere gli abiti puliti e a ammonticchiarli nel cesto per poter così risalire in casa con il bucato fatto. Salì i due piani di scale con calma, la mente che ripercorreva le strofe di una canzone e arrivò all’appartamento 24. Estrasse le chiavi dalla tasca della felpa, scostò i capelli che, sciolti, si ostinavano a ricaderle sul viso e infilò la chiave nella serratura. Prima di farla scattare sentì dei rumori provenire dalle scale e si voltò istintivamente a guardare di chi si trattava. Dalla rampa, nascosta dietro la parete, comparve Jack.

Il cesto del bucato per poco non cadde dalle mani di Riley appena vide il ragazzo. Jack teneva gli occhi bassi, intento a cercare nel mazzo di chiavi quella che gli avrebbe permesso di aprire la porta di casa. Si accorse di sfuggita della presenza di qualcuno nel corridoio, proprio davanti a lui e come sollevò lo sguardo vide Riley che lo stava osservando. Le labbra gli si incurvarono in un sorriso e tutto il suo volto si distese.

«Riley, ciao» disse, apparendo davvero felice di avere la ragazza davanti a sé.

Lei era immobile a scrutare attentamente il ragazzo, come per accertarsi che fosse veramente lui e non qualcuno con le sue sembianze. Lo trovò dimagrito, cosa che risultava sospetta. Jack era già piuttosto magro, ma il suo viso era più scavato di quanto lei ricordasse. Tuttavia le fu inevitabile trovarlo perfetto, come era da sempre. I capelli corvini erano leggermente più lunghi e sempre perfettamente scompigliati sopra la sua testa. Il suo sorriso era il migliore che lei potesse sperare di vedere e gli occhi grigio-azzurri continuavano a essere il coronamento di un viso impeccabile.

«Ciao» rispose infine. Rimase sorpresa dalla sua voce, che le parve incerta. Non sapeva esattamente come sentirsi, ma le fu innegabile essere sollevata e felice del fatto di avere nuovamente Jack davanti agli occhi.

Il ragazzo rimase a guardarla, il sorriso in volto, senza dire nulla. Continuava a tenere la mano con le chiavi sollevata, ma il mazzo aveva perso ogni interesse. Riley abbassò un momento gli occhi sulla cesta con i vestiti puliti, il suo sguardò vagò da lì alla sua porta d’ingresso.

«Vuoi venire a bere qualcosa?» chiese all’improvviso.

Un lampo di luce attraversò rapido gli occhi di Jack. Quest’ultimo si esibì in un nuovo sorriso, molto più amabile del precedente. Prima che potesse rispondere, però, Riley riprese la parola: «Posso offrirti un caffè. O un thè. Ho anche della cioccolata calda, se preferisci.»

«Un caffè andrà benissimo, grazie.»

Fu il turno di Riley di sorridere a Jack. Aprì la porta di casa e fece strada al giovane, che seguì il piacevole profumo di lavanda fin dentro l’appartamento. Nella casa di Riley nulla era cambiato e a Jack fece uno strano effetto rientrarvi dopo un mese. Non si accomodò come era abituato a fare, aspettò che fosse lei a dargli il permesso di farlo. Riley scomparve un momento nella sua camera e ritornò quasi subito nel soggiorno con angolo cottura. Raggiunse i fornelli, voltandosi verso Jack. «Siediti pure.»

Il ragazzo si sistemò a un lato del tavolo, tamburellando leggermente sulla sua superficie con le dita. Si sfilò la giacca e si tirò su le maniche del maglione. Il caffè era già pronto. Riley lo fece scaldare per bene e ne riempì due tazze, porgendo la propria a Jack. Si sedette al lato opposto rispetto a quello in cui si trovava lui e lo guardò da dietro il fumo argentato che saliva dalla sua tazza.

«Era da un po’ che non ti vedevo» ammise.

Jack si strinse nelle spalle, una leggera smorfia in viso. «Sono dovuto rimanere per qualche giorno dai miei. Niente di che, solo questioni famigliari.»

«Ho capito. Beh, mi… mi fa piacere rivederti.»

«Anche a me. Volevo giusto passare a salutarti appena rientravo.»

A Jack non sfuggì il sussulto leggero che Riley compì appena lui smise di parlare. C’era ancora della tensione fra loro ed era abbastanza sicuro di sapere perché. Probabilmente Riley era convinta che lui si sentisse a disagio avendola davanti dopo aver scoperto che lei lo amava. Tuttavia per Jack la cosa era quasi priva di importanza. Avrebbe fatto il possibile per riavere la sua amica e ci avrebbe provato anche con la consapevolezza di quel sentimento troppo forte che non era in grado di ricambiare. Ciò che complicava le cose era il senso di inadeguatezza che quasi certamente provava Riley e che la faceva sentire in imbarazzo come non era mai stata davanti a lui. C’era tanto su cui lavorare e la parte più grossa del compito spettava proprio a lui.

«Cos’hai fatto di bello nell’ultimo periodo?»

Jack provò a tastare il terreno, per vedere quanto Riley avesse ancora voglia di parlare di sé. La ragazza fece un gesto vago con la mano. «Niente di che a essere onesti. Lavoro, film, Playstation. Questa è stata la mia routine.»

Si sentiva stupida ad ammettere una cosa del genere, ma in fondo si trattava della realtà. Fatta eccezione per qualche sporadica visita da parte di Elizabeth, a Riley era tornata voglia di ricomparire in mezzo alle persone solo negli ultimi giorni. Jack bevve un sorso di caffè, annuendo.

«Ho visto che tua madre sta andando piuttosto bene nei sondaggi» riprese poi la ragazza.

«Sì» fu la risposta, una leggera risata ad anticiparla. «Siamo tutto molto felici per lei, ovviamente. Anche se è ancora presto per cantare vittoria. Siamo a malapena a metà della campagna elettorale. Ci sono diversi stati che non è ancora riuscita a conquistare.»

Il giovane parlava della campagna elettorale della madre con disinvoltura, ormai troppo abituato ai rapporti fra la sua famiglia e la politica. Suo padre era stato Presidente degli Stati Uniti due mandati prima e sua madre, che stava concorrendo per quella carica alle prossime elezioni, era l’attuale Segretario di Stato del governo. Anche suo fratello Connor avrebbe sicuramente seguito le orme dei genitori. L’unico a cui di politica importava il minimo necessario era proprio lui. A lui sarebbe bastato riuscire a portare a termine il suo progetto per sentirsi realizzato, ovvero aprire, finalmente, il night club che aveva sempre desiderato possedere. Una casa dei vizi – come suo padre lo aveva definito – per cui non possedeva il denaro proprio perché i vizi di cui era prigioniero gli portavano via i soldi a ogni fine settimana. Una situazione difficile la sua che in pochi, davvero in pochi, conoscevano.

Come se gli avesse letto nella mente, Riley domandò: «Il night invece, come procede?»

Jack si strinse nelle spalle, allontanando un momento lo sguardo chiaro dalla ragazza. Inspirò a fondo prima di parlare: «Ah, a rilento, purtroppo. Non ho ancora trovato un finanziamento. Vorrei evitare di indebitarmi con una banca.»

«I tuoi genitori non sono disposti ad aiutarti?»

Scosse la testa: «No. Mia madre mi ha detto che se mio padre fosse stato d’accordo mi avrebbe dato i soldi. Ma, com’era prevedibile, mio padre non vuole assolutamente che io apra il night.»

Pareva essere più irritato che dispiaciuto per la cosa.

«Comunque sia non mi arrendo. Da qualche parte ci sarà senz’altro qualcuno disposto a mettersi in gioco con me.»

Sorrise, con apparente sicurezza. Tuttavia Riley riuscì a notare la leggera incertezza che trapelava ugualmente da quel gesto. Conosceva ormai troppo bene Jack e sapeva che la paura di non riuscire a realizzare il proposito per il quale aveva perso il sonno tante volte lo tormentava. Quel night club, che rimaneva solo un progetto ambizioso e studiato fino ai minimi dettagli, restava una delle cose che avrebbe permesso a Jack di dare un senso effettivo alla propria vita.

«Le idee chiare le hai. Secondo me è solo questione di tempo.»

Riley tentò di rincuorarlo così, con parole in cui credeva. Jack rispose sorridendole e bevve un nuovo sorso del suo caffè, ormai prossimo a essere ultimato. Gli fece piacere vedere che la ragazza avesse ancora voglia di spendere parole di fiducia nei suoi confronti. Anche se sottile e fragilissimo c’era pur sempre qualcosa che continuava a unirli. Era fondamentale evitare di compiere gesti che avrebbero potuto rovinare tutto una seconda volta.

Prima che Jack potesse ringraziare per quell’iniezione di fiducia il suo telefonino squillò. Sospirò, cercando fra le tasche della sua giacca il cellulare, che continuava ostinatamente a suonare. Quando lo ebbe finalmente trovato le sue labbra si tirarono in una smorfia. Passò una mano fra i capelli scuri e lanciò un’occhiata a Riley. «Scusami» le disse, apparendo davvero dispiaciuto. «È una di quelle chiamate che non posso ignorare. E mi ha anche ricordato che ho un impegno.»

Si alzò in piedi, infilandosi in fretta la giacca. Il telefono, intanto, non ne voleva sapere di zittirsi. «Grazie per il caffè. Ci vediamo presto.»

Riley replicò al saluto con un gesto della mano e un sorriso appena abbozzato. Jack aspettò quel cenno prima di regalare un nuovo sorriso alla ragazza e uscire dal suo appartamento, rispondendo finalmente al cellulare.

Lei rimase a sedere al tavolo, finendo il suo caffè, gli occhi sempre puntati sulla porta chiusa. Jack aveva riportato il suo profumo in casa della ragazza. La cosa portò una sorprendente ventata di speranza in Riley. Il ragazzo si era comportato con lei come aveva sempre fatto e questo non poteva che farle augurare che, con il tempo, le cose fra loro si sarebbero aggiustate.

Tuttavia nel ragazzo c’era qualcosa che non andava. Il modo in cui lui aveva parlato del night e dall’occhiata che aveva lanciato al cellulare appena letto il nome sulla schermata, le avevano permesso di intuire che non era tutto così sotto controllo come il tono usato da Jack voleva lasciar supporre. Con molta probabilità qualcosa lo tormentava, oppure qualcosa gli era accaduto e continuava a perseguitare il giovane a distanza di giorni.

  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: MadAka