Serie TV > NCIS
Segui la storia  |       
Autore: nikita82roma    01/05/2016    2 recensioni
Ziva è a Tel Aviv, Tony a Washington con il resto della squadra.
Sono passati 3 anni da quando lei decise di rimanere in Israele, ma un evento inatteso sconvolge le loro vite e le loro decisioni: Tony viene rapito e portato a Tel Aviv e solo Ziva che ormai non fa più parte nè dell'NCIS nè del Mossad viene contattata.
Comincia così un percorso difficile per capire la verità sulle reali motivazioni e su quello che questo vorrà dire per il futuro privato dei protagonisti ed anche di tutta la squadra dell'NCIS.
Tony e Ziva si ritroveranno uno davanti all'altra e ricominciare da dove erano rimasti non sarà facile nonostante i sentimenti reciproci non si siano mai sopiti.
"Tra due giorni sono 3 anni, o forse dovrei dire domani, dato che è già mattina. 1096 giorni, 1096 notti. E mi chiedo ancora perché. "
Storia ad alto contenuto TIVA :)
Genere: Romantico, Sentimentale, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anthony DiNozzo, Leroy Jethro Gibbs, Nuovo personaggio, Un po' tutti, Ziva David
Note: Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie '3 Years Later'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

… tell me that you want me
And I’ll be yours completely, for better or for worseI
know we have our disagreements

We’re fighting for no reason, I wouldn’t change it for the world
Cause I knew the first time that I met you
I was never gonna let you …


Quella mattina avevamo parlato delle nostre madri, per la prima volta. Forse era un modo per sentirle più vicine, forse dovevamo solo abbattere un argomento tabù che non avevamo mai affrontato. Dei nostri padri invece, avevamo parlato spesso: li avevamo conosciuti entrambi e non sapevo se dire per fortuna o purtroppo.
Senior era l’adulto che non sarebbe mai cresciuto, aveva fatto soffrire molto Tony da bambino ma non per cattiveria, per incapacità di prendersi cura di un figlio, catapultato dopo la morte della moglie in una situazione che non era in grado di gestire, impaurito dai sentimenti suoi ed anche da quelli del figlio. Però a Tony gli voleva bene a modo suo, anche se non glielo dimostrava, ma in compenso non perdeva mai occasione di mostrare quanto fosse felice che ci sposassimo, ma l’argomento Anthony DiNozzo Senior con Tony era sempre un tasto doloroso e quanto accaduto dopo l’aver conosciuto Nathan non aveva migliorato le cose, per questo non lo avevamo più incontrato. Ma domani ci sarebbe stato, lo avevo detto a Tony e su questo ero irremovibile, se non l’avesse chiamato lui lo avrei fatto io. Si convinse a farlo e ne fui felice, perché sapevo che in caso contrario poi si sarebbe pentito, perché anche lui a suo padre voleva bene, nonostante tutto.
Mio padre non c’era più, ma Tony aveva avuto modo di conoscerlo, anzi aveva avuto la sfortuna di conoscerlo anche troppo da vicino e di vedere in lui solo il Direttore del Mossad. Pensandoci bene facevo fatica anche io a ricordarmi in tempi recenti mio padre in qualche versione diversa, forse solo i giorni prima che morisse, ma avevo dovuto ricredermi anche su quello, visti gli sviluppi che poi c’erano stati.
Mi era capitato più di una volta di pensare a questo momento se mio padre fosse sempre vivo. Probabilmente la mia vita sarebbe stata del tutto diversa, non sarei mai tornata in Israele e chissà se io e Tony avremmo mai trovato il coraggio di fare quel passo in più che solo l’urgenza di una situazione che stava precipitando, ci ha portato a fare. Però sono sicuro che se fossimo arrivati qui, alla vigilia del nostro matrimonio, Tony avrebbe fatto tutto secondo i suoi canoni di gentiluomo, andando anche a chiedere la mia mano a mio padre, che avrebbe anche potuto rispondergli che sarebbe stato lui a prendere la sua, chiedendogli se preferiva la destra o la sinistra. Forse dire che lo odiasse era troppo, l’odio per lui era un sentimento tanto nobile quanto l’amore, degno di essere riservato solo ai grandi nemici e non considerava Tony nemmeno questo. Però aveva una profonda avversione nei suoi confronti. Gibbs una volta mi ha detto che era perché lui, da padre, si era accorto prima di me cosa c’era tra noi. 
Chissà se lo aveva veramente capito che sarebbe stato lui, che sarebbe stato proprio Tony che tanto biasimava, l’uomo che meritava il mio amore, quello con il quale avrei ballato per tutta la mia vita. Se fosse qui avrebbe provato a dividerci in tutti i modi, facendo leva sui miei sensi di colpa e chissà se ci sarebbe riuscito ancora. O forse avrebbe fatto anche di peggio… Un pensiero orribile attraversò la mia mente, ma lo scacciai via subito. Non aveva senso pensare a questo, non adesso. Mio padre era morto e con lui tutte le sue pressioni psicologiche che aveva sempre esercitato su di me. Aveva condizionato anche troppo la mia vita, anche da morto, fino a poco tempo fa. Era ora di mettere una pietra sopra a tutto quello che era stato.

Dopo che Tony era uscito notai una busta sul tavolo della cucina con un post-it sopra.
“Da parte di Gibbs. Tony”
Tolsi il post-it e e presi la busta. In quel momento mi venne in mente che da mesi avevo un’altra lettera da leggere e non l’avevo mai fatto. Inizialmente mi era proprio passato di mente, poi con tutti gli eventi che si erano susseguiti non mi interessava nemmeno più sapere quello che c’era scritto. Ma lì, quella sera, con quella lettera di Gibbs in mano, ripensai alla lettera di mio padre trovata nella cassetta di sicurezza insieme a quegli inutili documenti. L’avevo lasciata per tutto il tempo nel fondo del cassetto del comodino, nascosta sotto libri ed altre cose, ma sapevo che era sempre lì. La presi ed ora avevo entrambe le lettere in mano. Feci un respiro profondo ed aprii quella di mio padre. Riconobbi subito la sua elegante calligrafia ebraica, con i segni leggermente arrotondati, dolci. Nessuno avrebbe pensato che quella era la scrittura di Eli David.

“Ciao Figlia Mia.
Se sei arrivata fino a qui vuol dire che io non ci sono più, che le cose non vanno come devono andare e che le persone di cui mi potevo fidare erano molte meno di quelle che credevo. Però se leggi questa lettera vuol dire che quello che ho fatto nella vita non è stato del tutto vano e che avevo ragione a dire che solo tu avevi la chiave per arrivare qui.

Forse non te l'ho mai fatto capire in vita quanto fossi orgoglioso di te, anche se non ho sempre condiviso le tue scelte e le tue prese di posizione. Sei riuscita a diventare uno dei nostri migliori elementi, stimata e temuta da tutti i tuoi compagni anche molto più esperti di te, la migliore allieva che abbia mai avuto, un vanto per il nostro paese. Avrei sempre voluto tenerti più vicino più legata alla nostra terra ed alla nostra patria ma tu volevi qualcosa di diverso qualcosa in più o forse solo ti dava fastidio essere la figlia del capo.

Non ti dico cosa fare di questi documenti, perchè saprai sicuramente tu quale sia la giusta decisione.  Ti auguro di capire perchè mi sono comportato così e che tu prima o poi riesca a comprendere quale sentimento mi ha animato e che tu lo possa condividere. Il nostro è un mondo complicato, la nostra terra ancora di più, ma ha bisogno di persone come te e magari ora che io non ci sono più per te sarà più facile amarla, anche se probabilmente oggi non è un posto sicuro per te se vuoi continuare a rimanere al di fuori di quelle convenzioni che hai rinnegato.

Avrei voluto che fossi tu a prendere il mio posto, avresti avuto tutte le capacità per farlo e saresti stata la migliore, la più rispettata. Ti auguro comunque di essere felice, qualunque scelta farai. Ti auguro una buona vita, Ziva.
Papà.

La mia scelta era diversa, non sarebbe mai stata la sua. Presi l’altra lettera, quella di Gibbs. Sorrisi, era molto più breve, molto da lui.

Ciao Ziva,
Come sai non sono un uomo di tante parole.

Ti auguro di essere felice ovunque tu voglia esserlo e non lasciarti condizionare dai ricordi e dalla voglia di cambiare il passato perché non si può fare. Ora hai una famiglia un uomo che ti ama veramente, uno che non ha paura di rischiare anche la sua vita per te, di anteporre la tua felicità alla sua, non ha paura nemmeno di sposarti e sai bene com’era.
Ricordatelo in tutti i momenti difficili, che ci saranno, come per tutti. Ma ricorda sempre come siete arrivati fino a qui e capirai quanto è importante. Se devi combattere per qualcosa, fallo per te stessa e per la tua famiglia, non contro il tuo passato, perché non si combattono i fantasmi. Non cercare la felicità, cerca le cose che ti rendono felice e la troverai lì. 
Goditi ogni momento, vivi tutto fino in fondo, non rimandare, non aspettare, lasciati andare e quando vorrai qui mi troverai sempre “come un padre”. 
Gibbs”

Una era la lettera di un padre, l’altra quella di un capo. La cosa più difficile era decidere quale era di uno e quale dell’altro.
Nathan mi raggiunse mentre ancora tenevo le mani sugli occhi per cercare di elaborare quello che avevo appena letto. Si fermò davanti a me guardandomi attento senza dire nulla, come ormai faceva spesso. Pensai che da chiunque avesse ripreso, lo spirito di osservazione era nel suo DNA, quindi non mi dovevo sorprendere da questi atteggiamenti investigativi.
- Ehy piccolo che ne dici se stasera ci mangiamo una bella pizza io e te?
La sua risposta entusiasta non lasciava repliche. Ordinai subito e ci mangiammo sul divano insieme la pizza guardando per l’ennesima volta Arlo. 

Quella sera decisi che Nathan avrebbe dormito con me. Ero nervosa, sì, ero molto nervosa adesso. Il giorno seguente mi sarei sposata con lui. Ci potevo credere? Io e lui ci sposavamo. Lui che non aveva mai considerato una storia veramente seria in vita sua, ed io che non avevo mai considerato seriamente l’idea di una famiglia, non perché non l’avessi voluta, ma perché non ritenevo possibile che potessi, un giorno, veramente potermela costruire, dopo le delusioni del passato. Eppure le partecipazioni dicevano così: Ziva e Tony. Io e lui siamo diventati noi, noi tre prima di essere noi due.
Non l’avrei ammesso mai, ma ero nervosa e stringere tra le braccia mio figlio mi avrebbe calmato, come quando appena nato passavo le giornate a piangere e a preoccuparmi e solo quando lo stringevo a me trovavo un senso a tutto e stavo bene. Il mio bambino, la mia ancora che mi ha tenuto ormeggiata alla vita quando pensavo di lasciarmi andare, sopraffatta dagli eventi che non sapevo come controllare. Poi mi sorrideva e passava tutto e tutte le cose tornavano al loro giusto posto nel mondo. Mi stupivo di me stessa di come tutto sommato con lui ero riuscita a diventare una buona madre da subito, senza falsa modestia. Non che non mi piacessero i bambini, ma quelli degli altri, presi a piccole dosi. Una delle cose che mi spaventava di più durante la gravidanza era di dover avere qualcuno che dipendeva da me continuamente, che non mi avrebbe lasciato i miei spazi di liberà e di autonomia. Poi dopo che era nato mi rendevo conto che ero io che dipendevo da lui, continuamente. Che avevo più bisogno io di lui di quanto lui, forse, non ne avesse di me. Perché lui aveva bisogno di me per le cose materiali: mangiare, essere pulito, lavato… Fondamentalmente questo avrebbe potuto farlo chiunque. Non allattarlo, certo, ma chiunque poteva comunque sfamarlo. Se lui fosse stato con qualunque altra persona al mondo i suoi bisogni sarebbero stati soddisfatti ugualmente e forse piccolo com’era non si sarebbe accorto della differenza. I miei no. Io avevo bisogno di lui. Della sua presenza, di mio figlio. Del calore del suo corpicino sdraiato su di me, di averlo tra le braccia, di sentirlo, di respirarlo. E in quella notte lui era cresciuto e non avrebbe più dormito sul mio petto, ma stretto vicino a me, ma il mio bisogno di lui era uguale. La stessa urgenza di sentirlo mio di quando era appena nato, quel filo che lega una madre al proprio figlio che non si può spezzare mai, per niente al mondo, che fa ruotare tutto il mondo in funzione sua, quel bisogno ancestrale di sentirlo, del contatto, per accertarsi in ogni istante che fosse lì, vivo, che stesse bene. Il bisogno di ascoltare ogni singolo respiro ed avere bisogno di quelli suoi più dei propri per vivere, come se fosse la sua aria quella che fa riempire i propri polmoni, ed il suo cuore che batte che fa battere il mio, come se i movimenti fossero collegati, sincronizzati. 
Poi avevo passato intere notti insonni, quando tra una poppata e l’altra invece che provare a dormire qualche ora, lo mettevo nel letto con me e lo guardavo. Solo quello. Con la luce soffusa in camera lo guardavo addormentarsi e lo guardavo dormire. E più lo guardavo, più era perfetto con i suoi boccoli ribelli e le labbra rosse e non riuscivo mai a capacitarmi come quel piccolo miracolo era nato da me, come io avevo effettivamente aver fatto qualcosa di così bello e puro. Ero scappata via per cambiare la mia vita, rimettere apposto i pezzi, perché dovevo rendere orgogliosa Gibbs, che aveva sempre avuto fiducia in me. Non avrei mai pensato che il mio percorso sarebbe stato questo quando salutai con quel bacio straziante Tony che tornava qui, a casa. Non sapevo cosa avrei fatto e da dove avrei cominciato, ma sicuramente non pensavo che avrei ricominciato dal dovermi prendere cura di una nuova vita.
Mi sembrava ieri e, invece, erano già quasi tre anni da quando era nato: mi sembrava che il tempo stesse scivolando via troppo velocemente.

Il cellulare vibrò sul comodino. Nathan non se ne accorse nemmeno e continuò a dormire.
“Ciao futura moglie, mi manchi da morire. Ti Amo il tuo futuro marito”
Sorrisi.
“Ciao futuro marito. Mi manchi tantissimo anche tu, anche se adesso c’è un altro uomo che dorme abbracciato a me, spero tu non sia geloso”
“Solo se quell’uomo ha metà del mio splendido patrimonio genetico, allora è autorizzato. Non vedo l’ora che sia domani”
“Nemmeno io. Ti amo. Z.”

Pensavo che avremmo potuto continuare a mandarci messaggi senza dormire per tutta la notte, ma Tony capì che forse era meglio dormire per qualche ora. Mi addormentai con tutti quei pensieri per la testa che nemmeno i messaggi di Tony avevano scansato, stringendolo a me più che potevo e a lui piaceva e ricambiava il mio abbraccio.

La mattina mi svegliai prestissimo, mi guardai allo specchio e pensai che avevo un aspetto orribile considerato che era il giorno del mio matrimonio. Abby arrivò poco dopo portando tutta la sua energia dentro casa ed il suo entusiasmo. Se qualcuno ci avesse visto avrebbe pensato, dalle nostre facce, che chi si sarebbe sposata sarebbe stata lei. Acconciatura, trucco, vestito, Nathan che non si voleva far preparare, Abby fu ben presto presa dall’agitazione della giornata: correva per casa in preda al panico più di me e mi diceva di stare calma. Ok, dovevo stare calma. Calma.

Suonò il campanello. Ancora in accappatoio andai ad aprire.
Davanti alla porta c’era un ragazzo sorridente con un bouquet di rose bianche e orchidee.
- Buongiorno, fiori per lei, è lei Ziva David?
Un flash. Tel Aviv, solo qualche mese prima. I fiori, la foto di Tony, la mia collana, la corsa verso di lui, la bomba, la sparatoria, Tony avvelenato, Nathan rapito dal Mossad. Mi trovai improvvisamente bloccata, con lo sguardo perso nel vuoto, rivedere come in un film la mia vita degli ultimi mesi che scorreva via e tutte le sensazioni peggiori si alternarono in pochi secondi dentro di me. Ansia, paura, terrore, disperazione, angoscia, dolore fisico e morale. E poi ancora Tony sofferente sul letto a Tel Aviv, io in ospedale e lui che se andava urlando, il senso di vuoto per quel bambino che non sarebbe mai nato, la voce di Nathan al telefono e la sua mancanza che era così forte da fare male. “Basta Ziva! Non pensare più, non pensare più
- Allora signora è lei? - Chiese spazientito il ragazzo
- Li prendo io! - La voce di Abby mi riportò alla realtà
- Auguri eh! - Disse prima che la mia amica chiudesse la porta
- Grazie - sussurrai.
- Ehy Ziva, tutto ok? Stai bene? - Abby mi passava la mano davanti agli occhi come a volersi assicurare che ero presente a me stessa.
- Sì Abby, scusami. Sono solo stata sopraffatta dai ricordi. È successo così tanto in così poco tempo che alcune volte ritorna in mente tutto tutto insieme.
- Dai siediti, rilassati un attimo, bevi un po’ d’acqua e guarda chi ti manda questi fiori… - mi disse facendomi l’occhiolino mentre mi accompagnava ad uno degli sgabelli della cucina e mi porgeva un bicchiere colmo d’acqua fresca
Mi sedetti, bevvi solo un sorso per farla contenta ed aprii il biglietto
Ecco il tuo mazzo di orchidee, donna della mia vita. Ti Amo Tony
Ripensai a quella sera, a tutti i problemi superati più volte, per arrivare fino a lì. A quante volte avevamo rischiato di perderci e non ritrovarsi più, ma alla fine ce l’avevamo sempre fatta. E ce l’avremmo fatta ancora, perché io lo sapevo, la vita non era semplice e i “vissero felici e contenti” dopo i matrimoni esistevano solo nei film, anzi nelle favole. Avremmo affrontato tutto insieme, era questa la mia unica convinzione quel giorno, ma non volevo pensare al futuro, la mia massima idea di futuro, ora, era da lì a qualche ora.

Non feci in tempo a riporre il biglietto che suonarono ancora alla porta. Abby era alle prese con Nathan particolarmente capriccioso quella mattina, perché ovviamente se un bambino può fare i capricci sceglie sempre la giornata meno adatta.
Aprii la porta ed un signore distinto di mezza età aveva in mano una scatola blu con un fioco argentato.
- Buongiorno è lei la signora David?
- Sì, sono io - Ripetei questa volta senza timori
- Questo è per lei da parte del signor DiNozzo. Le nostre più sentite congratulazioni signora - mi disse porgendomi la scatola
- Grazie, molto gentile

Sciolsi il fiocco, aprii la scatola e rimasi immobile a vedere il contenuto.
Presi il biglietto contenuto nella scatola “Siamo noi. Così diversi ma così uguali, che finiscono per fondersi insieme e creare qualcosa di bellissimo. Spero che oggi credi a quello che ho scritto

Abby arrivò con Nathan in braccio finalmente almeno lui vestito
- Ehy se piangi dobbiamo rifare tutto il trucco.
- Credo che dovremo rifarlo allora… - sorrisi mentre mi scendeva una lacrima sul volto.
Abby si avvicinò guardò dentro la scatola. C’era un collier: una parte ricoperta di piccoli diamanti si andava ad intrecciare e fondere con una completamente liscia.
Gli feci leggere il biglietto, non so perché, avevo bisogno di condividere questa cosa con qualcuno.
- Ziva così fai piangere anche a me però!
- Mamma perché piangi?
- Niente Nathan, tutto bene. Come sei bello oggi!
- A me non mi piace questo vestito.
Io e Abby ridemmo mentre lui sbuffando andava a giocare con il pallone.
- Lo vuoi mettere oggi? - Mi chiese Abby
- Assolutamente.
Quando Abby lo prese dalla scatola per allacciarmelo me lo mostrò dietro
- Che c’è scritto?
Era un’incisione in ebraico. La lessi e chiusi gli occhi
- Ehm se si può sapere eh… se no fa nulla… 
- “Perché non posso vivere senza di te” c’è scritto questo.
- Il biglietto allora si riferisce a quello che c’è scritto qui. - Disse indicando la scritta
- Sì…
- Oh immagino che per voi sia una frase importante allora! Beh per chi non lo sarebbe, a me se una persona dicesse una cosa così la sposerei immediatamente senza pensarci due volte!
- Tony me lo disse quando venne a prendermi in Somalia. - Le parole mi uscirono senza un motivo. Solo McGee che era lì con noi era a conoscenza di quanto Tony mi aveva detto, ma non ne aveva mai più fatto parola e questo per me significava molto, mi faceva capire quanto la lealtà ed il rispetto di Tim nei nostri confronti fossero assolute. Mai con nessuno avevo fatto parola di quello che era accaduto durante quel periodo, nemmeno Tony sapeva nulla e non avrebbe mai dovuto sapere. Ma quel giorno, dopo aver letto quella frase, sentii il bisogno di spiegare il suo significato ad Abby, il cui abbraccio appena ritornata all’NCIS dopo quei lunghi mesi è uno dei ricordi più belli che conservo ancora.
- Ziva!!! E tu hai aspettato tutto questo tempo??? 
E continuò la sua infinita ramanzina sul quanto siamo stati stupidi in tutti questi anni eccetera eccetera. Come se non ci avessimo già pensato da soli a dircelo chissà quante volte. Fortunatamente con le sue chiacchiere infinite riuscì a farmi passare di mente quei ricordi tristi che quella mattina decidevano di venire tutti a galla.

Dovetti rifarmi il trucco da capo. Andai in camera mentre Abby rimase a giocare con Nathan. Era il momento di mettermi il vestito ed ora ero decisamente nervosa. La mia amica insisteva per aiutarmi, ma in quel momento avevo solo bisogno di stare da sola. 
Entrai nella cabina armadio, estrassi il porta abiti bianco, lo appesi a feci scorrere lentamente la zip, fino a quando non mostrò tutto il suo contenuto. Non lo aveva visto nessuno quell’abito. Ero andata per due giornate intere con Abby a provare abiti da sposa, ma non ne trovavo uno che sentivo mio. Erano bellissimi, ma nessuno era lui, nessuno quando lo indossavo e mi guardavo mi dava quel brivido che mi faceva pensare che era quello l’abito con il quale volevo andare incontro a Tony, per sempre. Poi un pomeriggio mentre passeggiavo sola per Georgetown mi trovai davanti ad un negozio di abiti da sposa, uno di quelli dove non ero mai entrata. Mi ritrovai a girare tra i modelli quando ne vidi uno. Una commessa si avvicinò sorridendomi. Chissà quante spose aveva visto nella sua vita, quante erano passate lì ed avevano trovato quello che volevano. Guardò l’abito, guardò me. “È lui vero?” parlava dell’abito come se fosse una persona, però sì, era lui. E quando lo indossai e mi guardai la sensazione che fosse “lui” fu ancora più forte. Era elegante e semplice, con un taglio lineare e dal morbido tessuto di seta, con dei leggeri drappeggi che accarezzavano le curve. Un abito in stile greco, mi disse la ragazza, sottolineando che avevo anche i giusti “colori” e che vestita così sarei potuta essere un personaggio di un poema epico. Sorrisi, pensando a quante frasi ad effetto avevano preparato, sicuramente una per ogni tipologia di vestito, ma a me non importava quello che diceva lei, era il vestito che mi stava parlando e quando lo provai quella sensazione aumentò al punto che guardandomi allo specchio cominciai a piangere da sola del mio riflesso. Vestita così era tutto più reale. Dovetti far fare solo poche modifiche per la lunghezza e le spalle. Lo ritirai pochi giorni dopo, quando lo provai per la seconda volta ed era perfetto.
Ora era qui, lo stavo prendendo tra le mani e lo avrei indossato, non era una prova. La lucentezza della seta faceva quasi sembrare risplendere il tessuto mentre scorreva sulla mia pelle. Mi guardai di nuovo allo specchio e sospirai. Chiamai Abby per aiutarmi a chiudere la cerniera sulla schiena e vidi nello specchio la sua espressione meravigliata nel vedermi con quel vestito. All’inizio era rimasta molto delusa che lo avessi comprato senza dirle nulla, da sola, ma credo che nel vedermi, dalla sua espressione, si sia convinta che la scelta fosse quella giusta.

- Ziva… è… io… insomma… tu… Avevi ragione. E’ proprio quello giusto!
- Dai, Abby, dammi una mano!
Chiuse la zip, mi voltai su me stessa, misi le scarpe con il tacco decisamente alto e mi guardai di nuovo. Era esattamente quello che volevo, come lo volevo.
- Niente velo? - Mi chiese
- No, niente velo, delusa?
- Un po’, però sei bellissima così, hai ragione.
La collana che mi aveva regalato Tony era incredibile come fosse perfetta per quella scollatura, mi venne quasi il dubbio che avesse visto il vestito prima! Stevy citofonò puntuale: era venuto ad aiutarci per portare tutte le cose.
Avevo il bouquet, le scarpe erano apposto, come unico gioiello avevo indossato il regalo di Tony. I capelli sciolti sulle spalle formavano delle grandi onde. Abby mi seguiva con Nathan e tutte le sue cose, perché sicuramente subito dopo la cerimonia avrei dovuto cambiarlo, speravo almeno non prima. 

Il posto era perfetto, così come lo avevo immaginato. 
Nel giardino dell’hotel un arco di fiori bianco apriva la strada ad una passerella dello stesso colore. I nostri amici erano tutti seduti sulle  sedie ai lati, sempre bianche, addobbate con fiori di mughetto che profumavano tutto l’ambiente. 
E poi in fondo c’era lui che mi aspettava sotto il piccolo gazebo fiorito. Lo vedevo sorridere raggiante mentre teneva in braccio Nathan. Erano vestiti uguali.
Mi guardavo intorno aspettando Ducky, quando mi accorsi che era seduto vicino a Palmer e sua moglie che teneva in braccio la loro bambina e nello stesso momento sentii un braccio forte che prendeva il mio.
- Andiamo Ziva? Tony ti aspetta.
- Gibbs!
- Posso avere l’onore di accompagnarti?
- Non potevo desiderare di meglio. 
Non mi rispose, ma non mi aspettavo una risposta. Mi diede un bacio sulla fronte e mi mise tra i capelli un fermaglio. Era una farfalla con le ali puntellate di piccole pietre blu.
- Qualcosa di vecchio e di blu… - Mi disse Gibbs
- Non sono superstiziosa - Le risposi imbarazzata ma ebbi paura di essere stata sgarbata.
- Lo so, ma volevo che lo avessi tu. 
Non gli chiesi altro, non era quello il momento di fare troppe chiacchiere.
Solo molto tempo dopo venni a sapere la storia di quel fermaglio che lui e Shannon avevano comprato per la figlia quando aveva scoperto di aspettare una bambina, con l’idea di darglielo il giorno delle nozze. Ringraziai Gibbs di non avermelo detto lì mentre mi stavo per sposare, altrimenti sarei arrivata da Tony piangendo senza soluzione di continuità. Era stato un regalo splendido, da custodire per sempre tra le cose più care. 
Strinsi forte il suo braccio per darmi coraggio mentre il mio sguardo era fisso su Tony che mi aspettava alla fine del tappeto bianco con il suo sorriso più smagliante disegnato nel volto. Ora teneva per mano Nathan, in piedi davanti a lui vestito uguale che mi guardava incuriosito e poi si guardava intorno per scrutare i volti di tutte quelle persone che ormai aveva imparato a conoscere, salutando con la manina quando vedeva qualcuno di cui non si era accorto in precedenza. 

Erano il mio mondo, la mia perfezione, e mi aspettavano a pochi passi da lì.

 

 

NOTE: Questo capitolo non ha cambi di narratore, è tutto dal punto di vista di Ziva. È la sua notte prima delle nozze, con le sue paure, le sue riflessioni, il suo resoconto sulla vita, un bilancio prima di una tappa così importante. Lei e suo figlio abbracciati sul letto, e tanti pensieri per la testa. Il paragone tra le due lettere che legge le lascia un dubbio che le farà male.
Poi c’è la frenesia della mattina dopo, con i preparativi, le consegne che arrivano e quella paura che dura solo un attimo quando le consegnano i fiori, ricordando che da lì era partito tutto, pochi mesi prima e dimostrando che, correndo così come hanno fatto loro da quando si sono ritrovati, non si sono lasciati il tempo di assimilare bene tutto quello che è successo. 
Arrivano nel luogo scelto e c’è la prima sorpresa. Tony non poteva non far esaudire quel desiderio di Ziva che era rimasto inespresso no? Quindi sarà Gibbs a portarla all’altare, ovviamente! “Come un padre”. 
Spero vi sia piaciuto e di non essere andata troppo fuori strada. Fatemi sapere che ne pesate.
Vi lascio ancora un po’ di attesa per la cerimonia, ma credo che ci voglia un capitolo dedicato, no?

   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > NCIS / Vai alla pagina dell'autore: nikita82roma